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24/9/2016

Uomini che producono il male: alcune note su The lord of the Flies 

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​di Andrea Di Carlo
Quando nel 1954 William Golding scrisse Lord of the Flies nessuno si sarebbe mai aspettato un’opera così dirompente a livello epistemico e sociale. Innanzitutto è fondamentale evidenziare l’intertestualità biblica: “il signore delle mosche” è la traduzione de demone ebraico Belzebù, che occorre sia in pagine vetero che neotestamentarie. Forte è dunque la componente religiosa all’interno del capolavoro dello scrittore inglese (Humberg 2010: 35).
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Altrettanto dirompente è il ribaltamento che l’autore opera del pensiero di uno più grandi esponenti dell’Illuminismo europeo, Jean-Jacques Rousseau. 
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Sintetizza il filosofo ginevrino che l’infanzia è l’unica età dell’uomo al riparo dalla corruzione della società: ma siamo sicuri che questa asserzione apodittica sia valida anche nel romanzo di Golding? La fabula smentisce le nostre aspettative: i bambini che si ritrovano su un’isola deserta sono tutt’altro che un’immagine di pace e serenità in quanto essi diventano preda dei peggiori istinti, facendo sì che un’oasi di tranquillità e di fuga da una guerra nucleare diventi il regno della morte e della sofferenza.
Il riferimento filosofico più prossimo al testo di Golding è senza ombra di dubbio Thomas Hobbes: a giudizio del filosofo inglese la vita è una continua guerra di tutti contro tutti. L’individuo è dunque allo stato di natura malvagio e cattivo e non può vivere senza un’autorità che lo controlli e lo regoli (Newey 2008: 18).
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Ulteriori considerazioni si assommano al romanzo: la natura umana descritta da Golding risente fortemente dell’influenza luterana e, in generale, protestante. La natura umana, da dopo il peccato adamitico, ha perso la sua originale integrità e non può far più niente per recuperare uno stato di natura inattingibile. In questo contesto, l’uomo è soltanto animato da istinti ferini e primordiali, che deve assolutamente reprimere e nascondere per poter vivere in società. Lo scrittore cornico stende un resoconto sull’uomo non dissimile da quello dello Stevenson di Jekyll and Hyde (1886): per poter esistere si deve reprimere il proprio essere, ma esso, come il perturbante freudiano, si libererà nel momento in cui il soggetto meno se lo aspetta (Saposnik 1971).
Un simile testo, che non può che configurarsi come un rifiuto di un’immagine consolidata e ossidata dell’infanzia e di un’intera tradizione filosofica costruita su di essa. L’iconoclasta Golding si era già pronunciato chiaramente sulla sua visione dell’umanità durante il periodo in cui aveva lavorato come insegnante: l’uomo produce il male come le api producono il miele. Come non sentirsi chiamati in causa di fronte a una simile asserzione? 
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Bibliografia:
 
Humberg, M-L (2010)  Das Sozialverhalten in den Romanen William Goldings. Bern und Pieterlen: Peter-Lang-Verlagsgruppe.   
 
Newey, G (2008) Routledge Philosophy GuideBook To Hobbes and Leviathan. London: Routledge.      
 
Saposnik, IS (1971) “The Anatomy of Dr Jekyll and Mr Hyde”. Studies in English Literature 1500-1900 11(4), Nineteenth Century: 715-731.

Immagini tratte da:
 
https://www.amazon.co.uk/Lord-Flies-William-Golding/dp/0571191479
Jean-Jacques Rousseau, Pubblico Dominio, Wikipedia inglese, voce “Jean-Jacques Rousseau”.
http://www.famousphilosophers.org/thomas-hobbes/
https://newrepublic.com/article/76959/william-golding-lord-of-the-flies

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