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17/9/2016

Variazioni belliche

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Amelia Rosselli
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di Lorenzo Vannucci
Il primo libro di poesie di Amelia Rosselli, Variazioni Belliche, costituisce uno dei punti più alti e di maggiore sviluppo della neoavanguardia  italiana. Una raccolta in cui la Rosselli iscrisse la propria vita, il ricordo del defunto padre - colpito da ventisette pugnalate -, senza mai cadere in un banale autobiografismo, facendo del linguaggio stesso il luogo di interrogazione della propria esistenza in rapporto al contesto storico e socio culturale in cui si trovò a vivere.
La lacerazione dell'io, derivata dalla condizione di esule e dal trauma della morte del padre Carlo – e successivamente della madre Marion e di Rocco Scodellaro  – si riflette dal punto di vista linguistico in un continuo gioco di parole e suoni che fanno saltare non solo la sintassi, ma l'integrità stessa dei segni. Il termine Variazioni, dichiara Amelia in un'intervista, si rifà alla tecnica musicale delle variazioni (alternanza di ritmo, riproposizione di un'idea in cui essa subisce modifiche), mentre Belliche assume diverse sfumature: da un lato rimanda alla dolorosa vicenda del padre, ucciso, forse, per comando di Mussolini, dall'altra a un tormento di natura amorosa (si pensi al rapporto fraterno con Rocco Scodellaro, amico, confidente e amante).
Questa musicalità, sotto forma di variazioni, la ritroviamo nella sua poetica in un registro caratterizzato da forti contrasti e conflitti di senso: frasi che negano affermazioni precedenti a distanza di pochi versi, un uso molto frequente degli ossimori . Una poesia, come afferma Amelia, «di onde, che si ritrae per tornare, si disfa per ricomporsi, è uno struggimento che conosce l’ironia e la disperazione del ridere in cui le frasi compongono un senso costantemente in procinto di svanire», la cui apparente incoerenza, fatta di lapsus e flashback, non è altro che manifestazione della sua tragica esperienza, del suo essere donna dopo la diagnosi di schizoide e di scissione dell'io.
Una poesia, frutto di una ricordanza di ricordi, mero linguaggio dell'inconscio, connessa semanticamente al termine bellum (guerra) e a bello (bellezza). Questa, forse, la vera intenzione di Amelia, che in maniera ironica cerca  qualcosa che possa essere bellezza estetica in un mondo, il suo, in cui la bellezza è morta perché oscurata dalla guerra, dalla società consumistica e dagli avvenimenti a cavallo della Seconda Guerra Mondiale «e cosa voleva quella folla dai miei sensi se non la dimensione dell'estetismo […] mai più correrò dietro la bellezza, la bellezza è vinta».

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Un'opera, pertanto, il cui titolo rimanda a cambiamenti – personali e oggettivi - derivati dalla guerra e dalla morte del padre, alla musicalità del verso, e a un mondo in cui “bellum” non è  solo qualcosa di dinamico, ma anche una manifestazione ineluttabile e ripetitiva della violenza. Due realtà, il conflitto e il trauma, stabili, di fronte a un mondo che non è altro che una variazione di questa amara realtà.
La guerra, oltre ad essere rievocazione di amare vicende storiche (si veda il racconto delle fosse ardeatine) – Amelia, avendo impresso il ricordo degli omicidi che videro vittime Carlo e lo zio «la morte era una crescenza di violenze che non si  sfogavano nella tua testa d’inganno», ricorre ad un lessico carico di rifermenti alla carne umana –,capovolge la brutalità della guerra in una metafora della violenza che mira a distruggere le relazioni personali convertendo l'amore in morte. «Le fosse ardeatine  combinavano credenze e sogni io ero partita,  tu eri tornato- la morte»  – è un chiaro intreccio tra pubblico e privando, rendendo la guerra come forza creatrice e vitale.
Che cosa è dunque Variazioni Belliche? Morte e bellezza  – un continuo gioco di Ossimori  che si rifà alla dialettica degli opposti di Eraclito «la guerra è l'origine e il signore di tutte le cose, è l'armonia dei contrari», un eterna antitesi hegeliana, –ricordo e fantasia, un alternanza continua di assonanze, pensiero dell'inconscio che gioca sulla polisemia delle parole, distruggendone il significato originario per restituirne una luce che già possedeva, invisibili fino al rigo precedente. É ricerca di perfezione, una variazione musicale, che si rifà ai sonetti trecenteschi, strettamente connessa alla formazione della poetessa in musica alla scuola di Darmstadt.
Se Luca Pacioli ricercava la sezione aurea nelle stelle e nei corpi celesti, la proporzione divina quintessenza della perfezione e dell'armonia nel mondo, Amelia si limitava a ricercare un legame tra musica e poesia convinta che entrambe le discipline fossero fondate su categorie universali in cui è possibile risalire a una certa “forma geometrica”. Amelia, pertanto, da una parte cerca di racchiudere la poesis in un tempo e in uno spazio assoluto, dall'altra essendo le parole libere associazioni del suo inconscio (si ricorda la diagnosi di schizoide e di io scisso) si viene a creare un groviglio di parole.

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«Il versificare equivale al sentire e pensare [...] in forme approssimativamente cubiche» esprime al meglio il tentativo, da parte di Amelia, di iscrivere la propria poetica secondo canoni geometrici, conferendo al componimento una dimensione di profondità creando un continuo legame associativo tra le parole e le lingue (si ricorda la condizione di esule, rifugiata e di trilinguismo della Rosselli).
Una poetica sperimentale, originale, codificata in Spazi Metrici che gioca sull'eterna polarità tra ordine e disordine, tra sperimentazione, e ricerca di regolarità metrica (una sintesi hegeliana che coincide con le materne praterie di un lontano giorno del '68 nelle dolomiti) «Sulla pagina bianca i confini metrici raccolgono e comprimono  idee e parole, le barriere grafiche salvano la parola poetica dallo  schizofrenico propagarsi dei significati, perimetrando senza tuttavia  annullare il formicolio dei ritmi e dei timbri, lasciando il loro insieme  parlare da sè senza che questo conduca alla dissoluzione del  messaggio».
Tralasciando la dimensione amorosa (per il padre e per Rocco  Scodellaro), Variazioni Belliche è un effetto estetico raggiunto attraverso l'uso ossessivo della ripetizione. Basti pensare alla ricorrenza, sempre crescente, della parola contro – quasi a ricordare ancora una volta l'antitesi -, dell'utilizzo di sintagmi volti a creare un groviglio di assonanze che, come direbbe Amelia, è «un onda che non trova requie ma solo pause di spazi vuoti, fino a raggiungere poesie perfette composte da una manciata di sillabe che implorano e imprecano»
Compattezza e sregolatezza, amore e morte, continue giustapposizioni di immagini che si ricongiungono sempre ad un unico ricordo, il padre Carlo. Pensieri che sono come fiumi violenti, arginati dal rettangolo mentale di Amelia che non permette l'assenza di metrica.

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Bibliografia
A. ROSSELLI, Variazioni Belliche, Milano: Garzanti, 1964

A.Rosselli, Introduzione a Spazi Metrici, in Scrittura Plurale, 200

D.La Penna, La promessa di un semplice linguaggio, Milano: Carocci, 2014

Laura Barile, Laura Barile legge Amelia Rosselli, Roma, Nottetempo, 2014

Immagini tratte da:
www.youtube.com
boinlettere.wordpress.com
tremendousandsonorouswords.tumblr.com

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