di Lorenzo Vanni Stabilire i confini tra vita e morte sembra impresa semplice, ma non è sempre così. La letteratura ha in passato affrontato il tema con esempi celebri di cui la maggior parte nell’antichità greca e latina; il rapporto con l’aldilà veniva affrontato in un’ottica razionalizzante per cui era prevista la presenza delle divinità che, pur presentandosi con caratteri del tutto umani, rappresentavano il potere di una volontà superiore i cui moti di collera e riappacificazione con gli uomini determinava il corso della vita sulla terra. Ma oggi i tempi sono cambiati, non ci sono più divinità a cui affidarsi e quindi l’esperienza della vita e del suo opposto si scontra inevitabilmente con la possibilità, tutt’altro che remota, dell’insignificanza della vita stessa. Il romanzo di Roberta Bobbi intitolato Velia, amorevole estetista delle salme, pubblicato da La Caravella Editrice, va in questa direzione anche se le cose non sono così semplici. Velia svolge un mestiere apparentemente sgradevole: è una tanato-estetista, ossia la persona che si occupa di ricomporre le salme dei defunti in modo che possano avere un aspetto il più presentabile possibile nel momento dell’ultimo saluto. La sua giornata inizia come tante altre, i corpi la attendono e Velia stabilisce con ognuno di essi un rapporto di vicinanza; attraverso i loro vestiti e le loro espressioni facciali instaurano un dialogo silenzioso in cui si assiste a uno scambio continuo di considerazioni che interrogano il modo in cui ciascuno di noi si rapporta al momento finale, le strategie che mettiamo in atto per dimenticarlo e come acquisiamo infine la consapevolezza che tutto quel che facciamo avviene in vista di quel traguardo finale. Nel frattempo fuori si affollano i parenti dei defunti e Velia si affretta. Poi accade l’inaspettato: Velia sviene e vede, come in un sogno, una sorta di convegno di anime di cui anche lei fa parte introdotte alla tecnica funebre del compostaggio. Da qui il romanzo prende una piega che non riveliamo. Ci limitiamo a far notare che mentre da questo momento si potrebbero frettolosamente intendere gli eventi successivi come una sorta di visione new-age, osservando bene si possono distinguere i segni dello spirito del tempo: da un lato una visione naturalistica che ricollega l’umano ai cicli naturali e la continuazione della vita sotto altre forme, e dall’altro la percezione tutta terrena della finitezza. Da qui il romanzo sarà un susseguirsi di rivelazioni e dubbi che non riveliamo. In termini generali possiamo sicuramente ribadire come la struttura del romanzo sia costruita sul rapporto tra vita e morte, su quali siano i confini e quali siano le possibilità della coscienza nell’immaginare il mondo secondo l’orizzonte cognitivo individuale. Al netto di alcune imprecisioni stilistiche perdonabili, questo testo rientra nella casistica di quelli che tengono con il fiato sospeso fino alla fine. Inizia come un romanzo di Viola di Grado e finisce come Shutter Island di Martin Scorsese; non serve altro per andare a recuperarlo.
0 Commenti
Lascia una Risposta. |
Details
Archivi
Maggio 2023
Categorie |