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28/7/2018

Via da Questo Mondo (1988)

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di Lorenzo Vanni
Graham Swift è indubbiamente uno degli scrittori di riferimento per comprendere questi tempi incerti. Nonostante le sue opere principali siano collocabili a fine Novecento, è impossibile non prenderlo in esame per l’analisi della crisi che, a livello filosofico, colpisce la cultura occidentale. L’impossibilità di rifarsi ad Assoluti, la Verità ridotta a questione di opinioni, la Realtà eternamente discutibile: sono questi i campi in cui serve l’aiuto di una guida che ci aiuti a intuire la portata tragica di un’epoca, quella postmoderna, che ha fatto della relativizzazione degli Ideali il suo punto forte.
Per chi non lo conoscesse, e in Italia sono in molti, Graham Swift è l’autore che inaugura il postmodernismo come corrente letteraria in Inghilterra grazie al (o a causa del) suo terzo romanzo, considerato il suo capolavoro, Il Paese dell’Acqua (1983) recentemente ripubblicato da Fazi dopo anni in cui era stato fuori catalogo. Qui la memoria personale si sostituisce alla memoria storica e un insegnante di Storia si rifiuta di insegnare per l’ennesima volta la Rivoluzione Francese (apice dell’Illuminismo, la grande narrazione di cui Lyotard aveva già annunciato la fine nel 1979) e racconta invece la propria vicenda autobiografica, vissuta distante dai moti del mondo.
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Swift tornò poi cinque anni dopo con Via da Questo Mondo (1988), in cui riflette sullo stato comatoso in cui si trovava la filosofia alla fine del Novecento. Vengono alternati capitoli in cui parlano, a turni, Harry, fotografo di guerra e padre di Sophie, e la stessa Sophie, in cura da uno psicanalista per la sua ossessione erotica verso gli uomini più anziani. A questo si unisce la grande Storia nel momento in cui l’auto del nonno di Sophie viene fatta esplodere da una bomba piazzata dai terroristi dell’IRA.
Alcuni elementi su cui concentrare la nostra attenzione: la fotografia e la necessità di essere testimone sono alla base di un approccio realista al mondo, ammettendo implicitamente che esista una Verità da poter raggiungere grazie all’oggettività garantita attraverso lo sguardo richiesto al fotografo stesso. Dato che la Verità è l’obiettivo della filosofia e che la persona che dovrebbe, più delle altre, conservarla dentro di sé (Sophie) è in cura da uno psicanalista, risulta evidente che la Verità non appartiene più a questo mondo. Harry appartiene a una generazione diversa da quella di Sophie che a sua volta, attraverso la sua fissazione erotica per gli uomini anziani, indica una filosofia debole che non riesce a rinnovarsi diventando autoreferenziale e morendo, di fatto, per le nuove generazioni.
Il medico a cui si rivolge Sophie viene chiamato semplicemente Dottor K., e scatta immediata l’associazione con Kafka che in Il Processo (1925) presenta un protagonista, K. appunto, che viene arrestato senza motivo apparente. Data l’ignoranza totale da parte di K dei motivi che hanno portato al suo arresto e che è il tema centrale del romanzo di Kafka, è evidente che questo non promette bene per Sophie. Il Dottor K. incarna quindi la crisi epistemica di un mondo lasciato alla deriva.
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Il dilemma per Harry si pone nelle fasi in cui alterna visioni di impostazione realista ad altre in cui invece prevalgono le istanze filosofiche del tempo, in particolare lo strutturalismo di Claude Lévi-Strauss secondo cui la realtà è composta di diversi elementi di mosaico che possono essere separati e ricombinati tra loro in modi nuovi; questo significa che la realtà non è fissa, ma varia in base a chi la osserva, senza che sia possibile riconoscere dei tratti in comune.
Quando l’auto del nonno di Sophie, ex eroe di guerra, viene fatta saltare in aria si potrebbe pensare a un’irruzione della realtà nel mondo caotico. Invece la scena viene descritta dalla prospettiva dei giornalisti, pronti a scattare fotografie del luogo e delle persone coinvolte; una fotografia che è testimonianza, non della realtà, ma dei sentimenti. Se l’occasione potrebbe essere per uno come Harry quella di testimoniare ancora una volta la Verità, quel che vede sono fotografi che si immergono nelle emozioni dei partecipanti, rinunciando alla scarna osservazione dei fatti, senza giudicare, considerata, con i tempi mutati, una forma crudele di osservazione delle disgrazie senza intervenire in nessun modo. I tempi mutati richiedono la condivisione dei sentimenti, non la cruda analisi della realtà. L’analisi della crudeltà viene scambiata per la sua giustificazione. Come diceva Nietzsche “Non esistono fatti, solo interpretazioni”; questo è il cardine concettuale di tutta la filosofia del Secondo Novecento.
Graham Swift è un autore intellettuale nel modo più completo, perché nella sua opera filosofia e letteratura sono inseparabili. Nonostante questo, mai si lascia andare allo sperimentalismo, mantenendo sempre una leggerezza di fondo che non è superficialità, ma pura orchestrazione mitopoietica. 
 
Immagini tratte da:       
https://www.independent.co.uk/arts-entertainment/books/reviews/mothering-sunday-by-graham-swift-book-review-a-haunting-tale-of-life-and-lust-a6867591.html
http://www.anobii.com/books/Via_da_questo_mondo/9788811663416/0129de3adcd11213a5

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