di Lorenzo Vannucci Un luogo privilegiato del racconto è senza dubbio il viaggio, inteso, nel corso della storia, come avventura geografica, viaggio sentimentale, volo pindarico, esperienza mistica, ritorno in patria. L'Ulisse omerico costituisce il prototipo del viaggiatore, di colui che attraversa un'infinità di ostacoli pur di fare ritorno in patria. Odisseo è un modello, un paradigma di conoscenza, e di dolore «considerate la vostra semenza […] fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza». Un topoi così importante da essere ripreso dallo stesso Dante diventando archetipo dell'uomo che va oltre l'orizzonte individuale sfidando se stesso e l'ignoto. Un folle volo il viaggio di Dante, proprio come quello di Icaro così bramoso di sfidare le leggi dell'universo da rimanere cieco al calore del sole. Ulisse è un personaggio caro anche a Umberto Saba che coglie nell'eroe omerico la metafora della vita. Il suo spingersi al largo, infatti, testimonia le coraggiose scelte del poeta che vuole vivere di avventure, addentrandosi in un luogo dove nessuno desidera andare. Se il porto per Saba è un rifugio, “Itaca” diviene nella poesia di Kavafis la fine di un percorso di crescita e di maturazione individuale, intrapreso da Odisseo nel suo peregrinare fatto di esperienze, avventure, gioie e dolori. Una maturazione che per Pascoli consiste nel ripercorre, a ritroso, il proprio cammino, interrogandosi sul significato della propria esistenza. Esistenza, quella del poeta lucchese, che, come nella poesia Voi che Novellamente di Gaspara Stampa, rischia di essere spezzate dal mare. Disillusione, silenzio, morte. Se nel Pascoli le sirene nel loro silenzio negano all'eroe poeta ogni possibilità di conoscenza, nel componimento della poetessa di Padova il modello petrarchesco di amore diventa un monito dal guardarsi dagli inganni dell'amore. Annientamento senza remissione, impossibilità di afferrare l'intero universo, questo il messaggio del Pascoli che termina in un oscuro messaggio di morte. Morte che, nel “Viaggio” di Baudelaire, sprofonda verso gli abissi dell'ignoto. Un viaggio nell'aldilà non più compiuto da un traghettatore, quel Caronte dantesco vecchio e ripugnante, ma da un capitano accecato dalla propria sete di conoscenza che vuole portare il proprio equipaggio lontano dallo spleen che caratterizza la vita dell'essere umano. Stesso destino, quello di Baudelaire, per Rimbaud che, nel Battello Ebbro, intraprende quella che può essere definita “l'odissea di un veggente”. Una corsa, quella del poeta francese, che non ha ritorno, mera metafora dell’autodistruzione del poeta che, abbandonandosi alle acque dell’oceano, regala al battello l’ebbrezza della libertà. Emarginato, al poeta resta, libero da ogni vincolo, abbandonando ogni sicurezza, intraprendere un viaggio lontano dalle convenzioni imposte dalla società. Immagini tratte da: www.UlisseilNavigatore.it www.countrylife.com www.youtube.com
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Febbraio 2023
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