Per un estate di suspence e granelli di cinismo di Cristiana Ceccarelli Herman Koch, dopo il premiato romanzo "La cena", non ha deluso con la sua nuova storia, ancora una volta rappresentativa della nostra società. Il libro è "Villetta con piscina", con una trama che intesse varie tematiche, dalla sessualità all’etica professionale, esalate come sospiri di disincantante stanchezza dalla voce narrante. Quasi con noia, non fosse per l’attenta descrizione, riflessione e percezione di cui il protagonista è capace. Ma chi è questa voce narrante? Una voce crudele e non del tutto affidabile, un medico di base che si rivela schietto e impietoso verso tutti tranne che sé stesso; il lettore non mette in dubbio che quello che racconta, quasi come un flusso di coscienza, sia vero, ma che il racconto comprenda tutti gli aspetti, e non solo quelli che lui ha notato o scelto di rivelare. Fatta sta che quelli di cui ci rende partecipi sono estremamente vividi, veritieri, in un flusso di coscienza a tratti glaciale nella freddezza della registrazione degli eventi, degli atteggiamenti delle persone. Marc Schlosser ammette di essere un dottore dalle ricette facili, che spesso nasconde la dura verità delle diagnosi ai propri pazienti, celando la realtà con sproloqui generici e accondiscendenti, che li attrae con i venti minuti di visita concessi che fanno loro credere il suo reale interesse verso la propria condizione, ma che in realtà risultano solo essere una strategia di attrazione. A Schlosser basta un minuto per capire quello che hanno, i restanti diciannove minuti li spende fingendo interesse e fantasticando su scenari sessuali che coinvolgono i pazienti; è un attento osservatore, quindi comprende subito i possibili retroscena di chi siede davanti la scrivania. Mentono, i pazienti, ma con lui non possono farlo, lui riconosce l’alcolico abusato dall’odore del corpo, le conseguenze dall’ascolto del torace, le loro bugie. Ma questo non sembra importargli poi molto, perché nella maggior parte dei casi sta anche pensando alle plausibili scuse che può questa volta inventare per eludere l’ennesimo invito a una prima di teatro o di cinema; copiosi data la cerchia dei suoi visitatori. Il medico non risparmia nemmeno le loro attività, le ridicolizza con i tentativi di evitarle, nel disprezzo del tempo che sembra non passare mai in quegli eventi, nei tentativi di fuga, della noia e nell’inquietudine che questi spettacoli gli provocano. Il dottor Marc sembra accettare solo ciò che all’istinto si riconduce, un istinto come causa e scusa per tutto quello che accade: afferma il suo sguardo prolungato su altre donne che non siano sua moglie quando belle e possibili, non nega che avrebbe preferito un figlio maschio alle due femmine sue figlie, che comunque ama; il perché è spiegato nel suo essere così e basta, semplicemente ci sono cose insite che non si vuole ammettere, che nessuno dice, ma che ci sono e come tali devono essere accettate. Intransigenza, menefreghismo, accettazione della futilità della vita, della sua inconsistenza, chi lo sa, ciò che sembra certo è che questo medico sembri svolgere il suo lavoro con noncuranza, come noncuranti sono gli stessi pazienti nei confronti delle proprie vite: artisti mangiati dai vizi, dall’alcool e dalle droghe, solo senza conseguenze disciplinari. Tutto però sembra cambiare quando nel suo studio si presenta il famosissimo attore teatrale Ralph Meir, dalla fisicità rotonda quanto la sua fama e il piacere per il cibo stellato. Si scoprirà l’attore essere malato e Schlosser negligente, perché pur intuendo la gravità della situazione anziché procedere con esami e cure lo tranquillizza dicendogli di non preoccuparsi. Perché questa scelta? E’ stata un omissione volontaria? E’ forse per colpa di quello che è successo nella villetta con piscina dell’attore, nella quale la famiglia del medico è stata invitata? Dopo un anno e mezzo dalla prima comparsa dell’attore nel suo studio, Ralph ha scelto l’eutanasia, sua moglie ormai vedova lo accusa di assassinio e Marc Schlosser deve presentarsi davanti a una commissione disciplinare che ha il compito di appurare attentamente il caso; per fortuna in Olanda una diagnosi errata non sembra poter rovinare una carriera, risolvendosi con un’ammonizione o al massimo una sospensione. Questo “presunto” errore deve appunto sembrare tale davanti a questa commissione perché la verità, che lo riguarda, che riguarda entrambe le famiglie, non può essere svelata; e spetta a noi lettori scoprirla pagina dopo pagina, cercarla attraverso il suo punto di vista, in una storia che non lascia nessuno incolpevole. E allora il medico pensa nel libro che a volte si ripercorre la vita alla ricerca del momento nel quale sarebbe stato possibile fare un’altra scelta; ma che la vita solo da’ la possibilità di pensare al bivio e mai di ritornarvi a ritroso per percorrere l’altra strada, così da dover accettare quello che è e aspettare il prossimo rimorso. Una narrazione cruda, cinica, che comprende tutta l’oscurità dei rapporti odierni, anche quelli familiari, con una capacità di racconto, ritmo e sospensione magistrali. Già questa rappresentazione della società e quindi di tutti noi e del contesto in cui viviamo vale la pena della lettura, una lettura che non solo fa riflettere ma anche ci scopre nella nostra insita cattiveria istintuale che solo con il duro lavoro riusciamo a stento a far soggiacere sotto la patina (falsa?) della civiltà. Non siamo forse tutti noi come il gp Schlosser, impietoso, ci dipinge? Immagini tratte da foto dell'autore
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Maggio 2023
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