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Wystan Hugh Auden (1907-1973) è una delle voci più feconde e più significative della poesia britannica del Novecento. Gli anni universitari che il poeta trascorse a Oxford, si dimostrarono significativi per la sua formazione critica e umana: iniziò a interessarsi alla filosofia kierkegaardiana e al Marxismo, ma, soprattutto, si appassionò alla mitologia scandinava. Il poeta credeva di avere origini islandesi e, col poeta Louis McNeice, tenne un resoconto del loro viaggio in Islanda (Lettere dall’Islanda, 1937).
Anche la musica occupa un posto di rilievo nella vita dello scrittore: appartenente alla Chiesa alta (l’ala della Chiesa anglicana più simile per teologia e liturgia alla Chiesa romana), egli rimase colpito dalla musica della liturgia (gli interessi per i libretti lo accompagneranno tutta la vita). L’Auden che intendo ricordare in questo articolo è, tuttavia, quello politico ed esistenzialista, che si interroga sul senso della vita all’approssimarsi del secondo conflitto mondiale. Del 1939 è infatti la poesia 1 settembre 1939, dove l’allusione al conflitto mondiale è evidente. Il poeta di York, influenzato da Pasqua 1916 di Yeats (dove il poeta irlandese celebra l’inizio delle lotte per l’indipendenza del suo paese), annuncia un futuro di speranza, nonostante l’inizio della guerra. La passione politica è riflessa nel componimento Spagna (1937), dove la guerra civile contro l’imminente dittatura di Franco è motivo di riflessione e speranza per un avvenire più radioso. Il testo di Auden fu elogiato da Orwell, egli stesso autore di uno scritto sulla guerra civile.
Emblematico e programmatico è il testo composto subito dopo la fine della guerra: in l’Età dell’ansia (1947), un componimento che sembra già alludere alla società liquida ben tratteggiata dal compianto Zygmunt Bauman. La particolarità della poesia, inoltre, è l’utilizzo del metro allitterativo di origine anglosassone, oltre al fatto che è stata musicata ed è stato composto un balletto.
Personalmente, la poesia che più preferisco di Auden è Musée des Beaux Arts (1938), ispirata a una visita al Museo di belle arti di Bruxelles, città visitata in quell’anno dal poeta. Il testo unisce riflessioni di ordine socio-politico e religioso, il cui culmine è raggiunto dall’ekphrasis (descrizione verbale di un’opera d’arte) di tre quadri di Bruegel il Vecchio, i cui temi sono sempre gli stessi: gli indifferenza verso gli ultimi. Nel primo sono rappresentati Giuseppe e Maria nel celebre censimento, nel secondo la strage degli innocenti e, infine, una vicenda non biblica, ma mitologica: la caduta di Icaro, punito per aver osato avvicinarsi al sole con le sue ali di cera. Il tema conduttore delle tre vicende è l’indifferenza, la noncuranza e la mancanza di empatia verso gli ultimi e i derelitti (nella vicenda di Icaro, il contadino che sta arando il suo campo non si cura del ragazzo che sta per cadere in mare).
Wystan Hugh Auden si è dimostrato poeta e intellettuale a tutto tondo, offrendo acute rappresentazioni della sua epoca, ma dimostrandosi anche attento ai malesseri socio-economici della società post-bellica.
Immagini tratte da: http://poetrypages.lemon8.nl/life/musee/museebeauxarts.htm http://emilyspoetryblog.com/biography-of-wystan-hugh-auden/ http://press.princeton.edu/titles/9412.html http://mairangibay.blogspot.it/2014/07/why-w-h-auden.html
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Maggio 2023
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