di Enrico Esposito
In occasione dell'uscita a fine marzo del suo nuovo Ep intitolato "ÀNEMA" abbiamo avuto il grande piacere di intervistare Guido Maria Grillo, cantautore campano molto apprezzato sulla scena italiana anche per le sue esperienze nella scrittura e nel teatro, e discendente del grandissimo Toto'.
1) Buongiorno Guido e grazie mille per essere qui con noi oggi. “ÀNEMA” è un Ep che dalle prime note conduce l’ascoltatore in una dimensione interiore come lascia presupporre il suo titolo. All’interno dei cinque brani che la compongono l’evocatività della voce e dei suoni conducono lontano dalla complicata quotidianità. Quando hai iniziato a concepire questo disco?
Grazie a te. Vivo la musica nella dimensione interiore da fruitore, prima ancora che da autore. Dunque, per me, è assolutamente necessario che sia capace di toccare corde profonde. Quando mi sono trovato davanti alla scelta del titolo di questo Ep, ho cercato una parola che riassumesse il senso di una ricerca personale, la scoperta di una dimensione intima e atavica, la capacità evocativa di una lingua drammatica, nel senso etimologico del termine: nessun titolo mi è sembrato più adatto, seppur semplice, di ÀNEMA. L’evocatività della voce, cui accenni, è, anch’essa, risultato di una ricerca personale, di un percorso di consapevolezza della forma espressiva e delle sue capacità. Un lavoro di anni, in continua evoluzione. Sono convinto che la voce, in quanto strumento personale ed unico, debba essere espressione di una individualità, originale, non derivativa, perfettamente riconoscibile. Tutto, nella musica che scrivo ed eseguo, è assolutamente interconnesso, musiche, melodie, vocalità, arrangiamenti, perché volto ad un fine comune, raggiungere, cioè, la dimensione interiore dell’ascoltatore predisposto ad accogliere. Nella diffusione di certa musica d’autore è, forse, questo l’ostacolo maggiore: la scarsa, o perduta, abitudine a lasciarsi investire emotivamente da ciò che si ascolta, così disimpegnati, come siamo diventati. Ho iniziato a concepire questo disco poco più di un anno fa, per soddisfare una nuova urgenza espressiva, dopo aver fatto i conti con la consapevolezza di dover dialogare con una contemporaneità non perfettamente affine. 2) “ÀNEMA” si presenta come un incontro continuo: la musica antica e classica si mescolano con l’elettronica, la musica d’autore italiana si poggia su richiami mediorientali. L’italiano e il napoletano si fondono l’uno nell’altro senza scompensare l’ascolto. Ti andrebbe di raccontarci come è nata la spina dorsale dell’Ep? ÀNEMA è la sintesi di quel che sono diventato e del mondo da cui provengo. È il frutto di un percorso a ritroso, alla ricerca di una radice, e di un costante dialogo tra la mia storia e la contemporaneità. Poco più di un anno fa, percepii di essere ad un giro di boa, di aver concluso un periodo significativo, dal punto di vista artistico, e di aver bisogno di collocarmi in una contemporaneità dalla quale stavo scivolando via, per attitudine, gusto, generazione. Riflettendo su quanto svilente siano derivatismo e conformismo, nell’arte in generale, come in molta musica che ci circonda, pensai che mi avrebbe salvato solo la mia verità, unica ed originale. Capii che non esiste nulla di più vero, originale e credibile della propria origine e che, al netto di ogni successiva sovrastruttura, sia inequivocabilmente ciò che ci appartiene più di ogni altra cosa. Iniziai, così, a sperimentare un linguaggio musicale che mi rappresentasse pienamente ma che, al contempo, potesse pormi in dialogo con la contemporaneità. Ecco come sono approdato al dialetto, alle suggestioni armoniche e melodiche della canzone classica napoletana ed, indirettamente, a certe evocazioni mediorientali o nordafricane, a loro volta sintesi di secolari influenze culturali tra le sponde del Mediterraneo. 3) Tradizione e innovazione in “ÀNEMA” sono connesse tra loro grazie ai temi affrontati all’interno delle canzoni. Grande rilievo assume il tempo nelle sue diramazioni passate e presenti, un testimone di ricordi malinconici, di speranze, di immaginazione. Le parole affiorano sulla musica come i pensieri scaturiscono dalla tranquillità di un tramonto in spiaggia. Riflessioni libere che da esperienze intime si espandono in una prospettiva universale. In quali momenti e “sfondi” hai scritto i testi delle canzoni e ci sono state delle ispirazioni particolari? Per attitudine, scrivo di sensazioni, stati d’animo, immagini; non mi riesce raccontare storie, se non, appunto, per evocazione. Ricordi e memorie di esperienze personali sono sempre il punto di partenza di ogni mia canzone. A volte, mi lascio trasportare dalla musica e mi incanalo in un flusso di coscienza che, sulle prime, lascio correre assolutamente libero. Il fatto che tutto questo, che attiene ad una sfera assolutamente personale, riesca a diventare messaggio o esperienza universale è ciò cui naturalmente ambisco e che si concretizza solo nella più felice delle prospettive. L’ascoltatore coinvolto ed appassionato cerca sempre qualcosa di riconducibile alla propria sfera emotiva, anche inconsciamente. Io appartengo certamente a questa sparuta minoranza. Ho scritto l’intero Ep nei mesi scorsi, in buona parte durante il primo lockdown, che mi ha concesso il tempo necessario per dedicarmi a questa nuova esperienza espressiva, alla ricerca, alla riflessione, alla sperimentazione ed, infine, alla produzione. 4) L’Ep si conclude con “Tramonto” che sembra rappresentare la summa intera della raccolta. Una riflessione sulla condizione umana di fronte all’universo. L’uomo osserva il cielo e si rende conto di esserne solo una minima parte, un punto che però può brillare davanti agli altri. A differenza dell’ombra, al cui riparo invece si rimane solo nascosti. Ti andrebbe di descrivere questo brano e il messaggio (o i messaggi) che esso contiene? E’ proprio così, il tramonto è sintesi plastica ed abbagliante dell’esperienza dell’esistenza. E’ splendore, un attimo prima del buio, è tempo di promesse e malinconie, di “per sempre” e di addii, è veglia che prelude al sonno, sentimento di appartenenza ad un tutto luminoso, prima della solitudine dell’oscurità. E’, ancora, preannuncio di un nuovo inizio, di rinascita, dunque, rappresentazione del ciclico succedersi delle stagioni della vita. Le suggestioni scaturite da questi pensieri mi hanno fornito l’input per realizzare il videoclip della canzone, i cui protagonisti sono i miei figli, colti nella prima meraviglia al cospetto del candore abbacinante di un’inattesa nevicata. In quel lento pianosequenza, vivono lo stupore dinanzi alla bellezza, ma anche il timore dell’ignoto, loro stessi, che sono testimonianza in carne ed ossa della ciclicità della vita. 5) All’interno della tua formazione musicale si ritrovano molteplici punti di riferimento: dalla cultura napoletana in cui affodano le tue origini alla grande tradizione dei cantautori italiani (De Andrè, Tenco) e statunitensi (Jeff Buckley). Ci consiglieresti i titoli degli album che hanno assunto un rilievo significativo nel tuo approccio alla musica? Ho sempre amato la canzone classica napoletana ma non avevo mai pensato potesse essere riferimento o ispirazione tanto decisiva. E’ sintesi di quel che la musica dovrebbe sempre essere, poesia, lirismo, sentimento, scuotimento, afflato. La scoperta del dialetto, che ha trascinato con sé armonie per me inconsuete, è stata un’illuminazione. Mi piace pensare di aver composto una canzone napoletana classico-contemporanea, concetto solo apparentemente ossimorico, che, anzi, considero assolutamente concreto. Tutta la mia musica è attraversata dall’esistenzialismo e dalla malinconia di Tenco, così come dall’ispirazione poetica e dallo sguardo sul mondo di Fabrizio De Andrè. Jeff Buckley, invece, appartiene alla mia esperienza di ascoltatore adolescente degli anni ‘90, con la sua prorompente carica emotiva a supporto di un talento musicale e vocale fuori dall’ordinario. Di De Andrè consiglio, senza dubbio La buona novella, un concentrato di poesia ed intelligenza politico-sociale, in perfetto equilibrio tra loro. Di Buckley, ovviamente, Grace, unico album completo pubblicato in vita. 6) Guido Maria Grillo e lo stop forzato dai concerti dal vivo. Come stai vivendo questa situazione che purtroppo dura da molto tempo adesso? In occasione dell’uscita dell’Ep stai preparando delle sorprese per i tuoi fans? Con quest’ultima domanda noi ti salutiamo e ti ringraziamo molto per quest’intervista! In una fase iniziale, lo stop è stato utile a raccogliere le idee, a fare ricerca, a sperimentare e a produrre. Ora, ammetto, l’incertezza e l’immobilità iniziano a pesare decisamente su me che, fino ad un anno fa, vivevo di concerti, incontri, chilometri, viaggi, città. Sono pronto a ricominciare, appena sarà possibile, per portare in giro queste canzoni che, sono certo, in una dimensione live sprigioneranno la carica emotiva di cui si sostanziano, quella che ho alimentato e, forzatamente, trattenuto nella mia camera-studio, in tutti questi mesi. Io e l’agenzia di booking con cui collaboro stiamo pianificando i prossimi mesi ed i tanti concerti che mi auguro di fare in giro per l’Italia. Grazie a te per l’interesse e le domande stimolanti.
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio stampa AM Productions Press
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di Enrico Esposito
Oggi Serena Altavilla fa ufficialmente il suo debutto. Non nella musica chiaramente visto che l'artista pratese rappresenta da anni un'apprezzata frontwoman e vocalist. L'album "Morsa" è infatti il suo primo lavoro discografico da solista che mette in mostra le notevoli capacità vocali in universo di suoni variegati e volutamente disorientanti. Martedì mattina ho avuto anch'io la fortuna di partecipare alla conferenza stampa di presentazione organizzata dall'Ufficio Stampa Red&Blue per presentare un disco costituito da dieci brani che danno però adito a sensazioni e ipotesi di dimensioni superiori.
La protagonista, lei, Serena ha intrapreso il racconto della nascita di "Morsa" in punta di piedi, con un sorriso e una circospezione che si sono poi spiegati largamente tra una domanda e l'altra da parte dei giornalisti. Serena Altavilla ha costruito il suo esordio "in proprio" insieme a Patrizio Gioffredi, autore di testi scritti due anni fa sulla scorta di esperienze personali vissute dalla cantante che oggi si ritrova a osservarli da una prospettiva nuova. L'approccio al percorso solista è legato alla volontà di "sentirsi al centro" non certo rinnegando la lunga militanza nei contesti delle bands. Legittima appare quest'intenzione sia per l'eclettismo artistico di Serena al di là dell'ambito musicale (con la parallela passione e affermazione nel teatro) sia ancor di più inoltrandosi tra le nebbie e gli imprevisti di cui si nutre "Morsa". Sin dal brano d'apertura "Nenia" l'ascoltatore diventa consapevole di una cosa fondamentale: deve mettersi disteso e affidarsi a un flusso di suoni e riflessioni in continua mutevolezza. Questa è la morsa: una stretta sofferta ma vitale affinché si possano aprire e liberarsi da paure e fragilità. La strada per la rinascita.
"Una lotta da superare, un vento per ripulire" definisce Serena Altavilla l'essenza del viaggio di "Morsa" in uno stato di semicoscienza come quello inferto dalla tarantola con il suo morso profondo (l'artista sottolinea anche la relazione con le tradizioni a lei ben note della Taranta date le sue origini pugliesi). Realtà e sogno si confondono in un'atmosfera avvincente dai risvolti oscuri, dark che lasciano poco adito a illuminazioni: potreste benissimo sentirvi nei panni di Ulisse catturato dai canti irresistibili delle sirene oppure al posto dell'Agente Dale Cooper risucchiato tra le stanze della Loggia Nera. Vi troverete persi ma non dispersi mentre strumenti antichi e ritmi elettronici disegnano quieti idilliache, tempeste furenti. C'è un'autentica orchestra di eccellenti musicisti che si esibisce intorno alla "poetessa" come la saluta affettuosamente Paolo Benvegnù all'inizio della conferenza stampa. Serena occupa infatti il cuore della scena per le doti interpretative con cui esprime ricordi, speranze, certezze sulla spinta delle onde sonore prodotte da Adele Altro (Any Other), Francesca Baccolini (Hobocombo), Alessandro Cau (Geoff Barrow, Miles Cooper Seaton), Luca Cavina (Calibro 35, Zeus!), Enrico Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey, Mariposa), Matteo Lenzi (Filarmonica Municipale LaCrisi), Jacopo Lietti (Fine Before You Came), Fabio Rondanini (Afterhours, Calibro 35, I Hate My Village) e Valeria Sturba (OoopopoiooO).
.Come da sempre, la cantante toscana è partita dal nucleo melodico, dal potere dei suoni. Pianoforte e voce sono l'abito originale che si evolve "sganciandosi da ogni genere". Sbagliato tentare di dare un'etichetta precisa al sound di "Morsa": la parola d'ordine giusta è libertà per la sua sperimentazione. L'esempio più concreto sembra arrivare dalla traccia n.8 "Forca", brano in cui la voce abbandona sillabe e sintassi per intrecciarsi nei fili delle melodie. Il brano conclusivo "Quaggiù" porta alla mente una scena cinematografica di altri tempi sullo sfondo di una scogliera, "Epidermide" invece gioca su un gioco ossessivo di vuoti e pieni che si traspone in riflessi visivi all'interno del videoclip creato dal collettivo John Snellinberg per il singolo che ha anticipato la pubblicazione dell'album. Nel corso dell'incontro di martedì mattina per gli addetti ai lavori Serena Altavilla ha concesso un' anticipazione delle grandi potenzialità nascoste dietro l'apparato di "Morsa": tre videoclip di performance realizzate in un live "deframmentato" come ha detto lei stessa. Perché in fondo scendere una "scalinata interiore" non è facile per molti, ma forse un'artista sincera vi potrà aiutare a farlo. Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa Red and Blue COMUNICATO STAMPA È uscito venerdì 26 marzo, “DIADORA” il nuovo singolo e videoclip di ESTHER, primo di 3 canzoni che usciranno entro l’estate 2021 e proietteranno Esther come la nuova voce femminile del panorama Pop/Trap italiano. Link all’ascolto del brano: https://esther.lnk.to/DIADORA Giovanissima, classe 2001, con i suoi primi singoli “Arcobaleno” e “Bonsai” Esther ha raggiunto centinaia di migliaia di stream tra visualizzazioni e ascolti, spopolando sulla piattaforma TikTok, dove conta milioni di view e più di 45mila follower, fatti in totale autonomia. Numeri importanti e personalità stravagante, grazie ai quali l’artista si è guadagnata il supporto della Stardust House, factory che raccoglie i migliori influencer e TikToker nazionali e casa frequentata da moltissimi artisti, tra cui J-Ax, Riki, Gaia, Chadia Rodriguez e numerosi altri. La Stardust House ha deciso di scommettere su Esther e sulla sua musica, che, come nel nuovo singolo “Diadora”, parla alla sua generazione, attraverso l’uso di un linguaggio diretto e senza filtri, traducendo l’ampia formazione musicale di Esther - studia canto, lirica e pianoforte fin dagli anni della scuola – in un’espressione artistica contemporanea, dall’immaginario colorato ed eccentrico. Partendo da una base trap, “Diadora” si arricchisce e si sviluppa con una produzione musicale accattivante curata da Sam Lover. Esther racconta così la nascita del nuovo singolo: “Diadora” è uno sfogo che ho tenuto dentro per anni e nasce dalla mia convinzione di volermi riscattare. Quando non sei nessuno per gli altri vali zero, le persone che ti circondano voglio sovrastarti per vedersi migliori di te, cercano di buttarti giù a tutti i costi. Sono pochi coloro che apprezzano ciò che sei e che decidono di credere in te, chi ti sostiene quando non sei nessuno lo farà per tutta la vita. Ho frequentato un liceo musicale, studiavo lirica e pianoforte, un mondo a cui sentivo di non appartenere al 100%. A scuola nessuno ascoltava la mia musica, nessuno poteva capirmi. “Diadora” è un pezzo di me, un pezzo della mia vita in una fase delicata, è un brano autocelebrativo, rappresenta la mia rivincita. Non smettete mai di credere in quello che fate, non ascoltate chi la pensa diversamente da voi, ognuno di noi vive in un mondo proprio, un universo a parte, e la cosa più bella è quando riusciamo a condividerlo e farlo apprezzare anche ad altri. CREDITS BRANO Voce Esther (Maria Sterpeta Barile) Prodotto da Sam Lover (Samuel Aureliano Trotta) Scritto da Samuel Aureliano Trotta, Daniele Pagni, Mirko Grieco, Maria Sterpeta Barile Mixato e Masterizzato da Samuel Aureliano Trotta Esther indossa Diadora ed è patrocinata da Puglia Sound. Clothing Line: FIK.Y Etichetta e Management: XT600 – Giungla Dischi Distribuzione: Artist First ESTHER – BIO BREVE Maria Sterpeta Barile (in arte Esther) nasce a Barletta nel 2001 e fin dall’adolescenza studia canto e pianoforte, diplomandosi al liceo Musicale e Coreutico A. Casardi di Barletta nel luglio 2020. Negli anni la sua formazione prosegue, conseguendo diversi diplomi di merito in concorsi canori e strumentali, nello specifico “Concorso Nazionale di Musica al Bosco Sonoro” cat. coro a cappella “Juvenilia”; “Concorso Nazionale di Musica al Bosco Sonoro” cat. canto moderno solista; “Primo Concorso Nazionale per Giovani Musicisti - Città di Trinitapoli”, strumento pianoforte. Si è esibita come corista presso il Castello Svevo di Barletta e il Teatro Comunale G. Curci di Barletta. Ha partecipato alle selezioni dei talent show: Tour Music Fest e The Coach su LA7. Nel 2019 ha iniziato una collaborazione con il producer Sam Lover a cui si è aggiunta, nel 2020, XT600, con i quali ha prodotto e pubblicato su tutte le piattaforme di streaming due brani: “Arcobaleno” e “Bonsai” con cui ha ottenuto 250.000 stream su Spotify e più di 7.000 video su TikTok. Attualmente è impegnata nella produzione del suo primo album, realizzato con la collaborazione del produttore Sam Lover, di cui il singolo “Diadora” è il primo estratto. TikTok: https://vm.tiktok.com/ZSa8UAKa/ Instagram: https://www.instagram.com/esther__real/ Facebook: https://www.facebook.com/imesthereal YouTube: https://www.youtube.com/c/EstherReal Vevo: https://www.youtube.com/channel/UC4GDc-9Hc3ypS000nrtMvcg di Enrico Esposito
“Grilli” è il primo album di Lou Mornero pubblicato lo scorso 22 gennaio. A quattro anni di distanza dall’Ep omonimo il cantautore milanese torna con un volume composto da otto canzoni frutto della solida collaborazione con il musicista e produttore Andrea Mottadelli. Un disco attraversato da sfumature diverse dal punto di vista tematico e sonoro. Oggi Lou Mornero è qui con noi per introdurci alla sua opera prima.
1) Buongiorno Lou, ti ringraziamo molto per aver accettato quest’intervista. “Grilli” si presenta come un disco peculiare e di grandi sperimentazioni. Otto tracce eterogenee nei contenuti ma legate dalla predominanza della musica, che giunge a sovrastare le parole e quasi a sostituirsi ad esse. Come sono nati “Grilli” e la sua idea sonora? Buongiorno a voi e grazie per lo spazio dedicato! Scherzosamente si può dire che questi “Grilli” siano me che racconto allo specchio una parte di me...più per necessità che per diletto. E che questi, stufi di stare nella mia testa, siano usciti. Realisticamente si tratta della mia personale esigenza di dare sfogo alla pulsione creativo-musicale che mi anima da sempre e che trova un senso compiuto nel pubblicare questa manciata di canzoni raccolte nel tempo condividendole con chi ha la curiosità di ascoltare artisti del sottobosco, che talvolta possono rivelarsi piacevoli scoperte. Per quanto riguarda l’idea sonora dietro a ogni brano mi sono affidato alla sensibilità di Andrea, di cui parleremo anche successivamente, nel momento in cui sin dalle prime fasi di arrangiamento e produzione aveva accennato al fatto di voler sperimentare e spaziare con i suoni e dare contemporaneità a canzoni che per logica sarebbero risultate più tradizionali. Pertanto sarà lui a dir la sua in merito: ”Non sono d'accordo sul fatto che la musica sovrasti o si sostituisca alle parole. Credo che vada a braccetto con esse, a tratti fondendosi in un tutt'uno forse. Almeno questo era l'obiettivo. La canzone nella sua forma primitiva, con chitarra acustica e voce, è sempre stata al centro di ogni successiva evoluzione sonora. Ogni suggestione che poi ha portato ad ampliare lo spettro sonoro e l'aggiunta di altri strumenti è stata generata da ciò che comunicava il brano con la sua armonia, il suo testo e la sua melodia. L'idea rispetto al precedente lavoro è stata quella di non limitarsi per forza di cose ad un approccio minimale, il che di suo ha sicuramente creato una differenza importante. Di conseguenza si sono aperte le porte della creatività lasciandosi trasportare dagli input ricevuti nell'ascolto e nella convivenza con i brani. Confrontandosi tra di noi abbiamo, penso, cercato di raggiungere un equilibrio, trovare una sorta di "quadra" in ogni canzone. Non credo peraltro questo sia stato mai problematico visto il continuo confronto appunto e l'unità d'intenti. Magari ha necessitato di più tempo, per raggiungere un'idea sonora più ricercata che ha preso forma passo dopo passo nella realizzazione.” 2) Un album sviluppatosi tra Milano e Londra, le città in cui vivete rispettivamente tu e Andrea. Un rapporto creativo e artistico diventato per certi versi “simbiotico”. Quando è iniziata la collaborazione con Andrea Mottadelli e in che modo si è svolta la lavorazione del disco? La collaborazione artistica con Andrea risale al 2015/2016, ossia quando iniziammo a lavorare sugli arrangiamenti del primo EP, anche se la nostra conoscenza risale a molto prima, abbiamo suonato insieme e siamo stati compagni di mille avventure. In virtù di ciò è stato naturale proseguire il percorso iniziato allora per giungere fino a “Grilli” che è quindi contenitore delle sensibilità di entrambi. Come è stato anche per il precedente lavoro, ho registrato le chitarre e le voci per conto mio, seguendo la nervatura iniziale delle canzoni così come girava nella mia testa, ho poi inviato i file ad Andrea che in principio ha reso qualitativamente ascoltabili le mie registrazioni terribilmente casalinghe. Nella fase successiva il timone è passato da Milano a Londra, quindi ad Andrea che ha iniziato a dare sfogo a tutta la sua fantasia, che pare infinita, per tessere mondi sonori che calzassero a pennello sulle canzoni e che andassero oltre il semplice arrangiare, fortemente spinto dall’intento di esplorare e giocare con i suoni. Grazie alla sua costante piena di idee e dedizione totale le canzoni, come dicevo, hanno abbandonato una collocazione logica eludendo i confini dei generi per respirare più liberamente, in questo senso posso riconoscere chiaramente quanto sia cristallino il suo talento che spesso sconfina nel genio.
3) Rispetto all’Ep d’esordio, “Grilli” si arricchisce ulteriormente di sfumature musicali provenienti da mondi diversi tra loro. Dall’ apertura folk tribale affidata alla title-track si passa alla forte impronta elettronica di canzoni come “Due e “Aquario”, per arrivare al soul con “Happy birthday songwriter”. Non mancano influenze dub e rock che riproducono nel complesso un universo senza limiti di immagini e riflessioni. Sei soddisfatto del risultato finale di “Grilli” ed esistono dei modelli provenienti da passato che hanno recitato un ruolo importante nella costruzione di un lavoro così variegato?
Certamente soddisfatto del risultato finale sia per la varietà che citi che per la resa sonora. Considera che non si è passati per un vero e proprio studio di registrazione, fatta eccezione per “Ouverture”, ma abbiamo lavorato presso i nostri home studio e arrivare così vicini a quello che sento essere un buon livello professionale gratifica alquanto entrambi. Venendo alla seconda parte della domanda io credo che un buon disco, pur rispecchiando lo stile di chi lo compone e di chi ci lavora, debba avere la sostanza del viaggio, un viaggio musicale, mutuando attraverso i cosiddetti generi, che spesso, se rimescolati un pò, sono molto meno distanti di quanto non si pensi, ed esplorando paesaggi e stati d’animo diversi. Fortunatamente esistono fin troppi modelli, dal passato e non solo, che hanno concorso a formare, in me come in Andrea, questo tipo di attitudine aperta alla varietà, ma non faccio nomi, chi vuole si armi di curiosità e curiosi per conto proprio. 4) Nelle tue canzoni le parole sembrano provenire dal sottofondo, dal fondo del mare per ricollegarci alla traccia numero 4 “Aquario”. La musica occupa infatti il centro della scena, riempiendola con la sua densità e costruendo emozioni che poi le parole ribadiscono. In quale modalità si sviluppano i testi dei brani? Quanto è importante inoltre l’elemento autobiografico nella tua scrittura e nella condivisione con gli ascoltatori? Non so scrivere d’altro se non di qualcosa che abbia posseduto nelle viscere, emotivamente o fisicamente. L’elemento autobiografico è fondamentale per il mio modo di relazionarmi con i testi; parte tutto da lì, lo si può romanzare un pò ma non si può mentire a se stessi ed è ciò che vorrei fosse percepito. Sono molto legato a certi scrittori che raccontano la vita così com’è, nuda e cruda, senza la ricerca ossessiva di un lessico che elevi i concetti ma, al contrario, di concetti che elevino un lessico più terra a terra e nel mio piccolo procedo così. Ammetto che la stesura dei testi è la parte che più mi richiede tempo e impegno, spesso decantano per settimane prima che si accendano lampadine nuove e ci rimetta mani per aggiungere, magari, una sola frase. Arrivare, quindi, a una conclusione e provare la sensazione che nulla è fuori posto addolcisce molto la pillola della pazienza. 5) All’interno della tracklist ritroviamo anche un featuring con Paolo Saporiti in “Happy birthday songwriter”. Ti andrebbe di raccontarci di questa collaborazione? Volentieri, soprattutto per rendere omaggio ad artisti che, come Paolo, sono liberi e si lasciano trasportare dall’istinto piuttosto che da futili convenienze. Premetto che prima di collaborare al brano conoscevo solo l’artista Paolo Saporiti, come lo conosce chiunque ascolti la sua musica. Molto semplicemente lo contattai su Facebook chiedendogli se sarebbe stato disponibile a cantare una strofa di una canzone e dopo averla ascoltata mi rispose quasi al volo che sì, la canzone gli era piaciuta e avrebbe partecipato. Immagina il senso di appagamento che provai quando con quel suo “sì” mi confermò di avere per le mani qualcosa che poteva piacere. Similmente, quando mi inviò le sue tracce di voce ero un bimbo che aveva ricevuto in dono qualcosa di molto atteso e desiderato. L’ascolto del risultato finale, elegantemente confezionato da Andrea, fomentò ulteriormente queste sensazioni così chiesi subito a Paolo se gli avrebbe fatto piacere partecipare alle riprese del video e, in assenza d’indugio, ricevetti un altro sì. Che potevo chiedere di più? 6) Lou Mornero e la distanza forzata dal pubblico negli ultimi tempi. In che modo hai affrontato e stai affrontando questa situazione e ti stai interfacciando con i tuoi fans? Con questa ultima domanda noi ti salutiamo e ti ringraziamo molto di essere stato qui con noi. Questo progetto musicale ha vissuto esclusivamente tra le mura casalinghe se non per essere pubblicato e condiviso nel mondo virtuale, ma non è ancora capitato di portarlo su un palcoscenico, pertanto non soffro alcuna distanza di questo genere. Viceversa, da spettatore e fan della musica dal vivo è veramente terribile! Negli ultimi anni i concerti sono il motivo più felice che mi spinge a uscire di casa e questa astinenza forzata che dura da più di un anno, e pare il doppio, è per me la peggior conseguenza dell’attuale situazione. Si sa che abbiamo davanti altri mesi nei quali è richiesta ulteriore attenzione e pazienza, c’è poco da fare se non mettersi il cuore in pace. Io però qualche biglietto per concerti autunnali l’ho già preso e...non aggiungo altro! Grazie a voi per le domande, è stato un piacere, e buona musica.
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio stampa Fleisch Agency (Foto 2 e 3 credits Giovanni Verdicchio)
COMUNICATO STAMPA Sibode DJ, al secolo Simone Marzocchi, annuncia il suo terzo album da solista, il primo per l’etichetta romagnola Brutture Moderne. S’intitola “NON LO SO” e uscirà il 7 maggio. Oltre che dal videoclip “Meno male (che meno bene)”, già pubblicato, il nuovo lavoro sarà anticipato dal video del secondo singolo “Suko”, in uscita nelle prossime settimane. Rispetto ai lavori precedenti, “NON LO SO” è più strettamente legato alla dimensione dal vivo: chiunque abbia assistito a un live di Sibode DJ sa che non si tratta di un semplice concerto, ma di una celebrazione della corporeità, un rito pagano, un ironico baccanale dall’altissima carica erotica. “Questo mio nuovo disco è un tentativo in 12 gridi-carezze-funkydance-psichosexive-incertezze-pop. Nasce dopo numerosi live in giro per l'Italia ma siccome inscatolare un live è impossibile, forse sfuggire è il suo intento. Così queste 12 canzoni vogliono sfuggire da ogni certezza, perché di certo c'è solo il fatto che tutto è anche il contrario. Roba forte, roba da ballare, roba da cantare e gridare, roba da stare lì piccoli piccoli, roba che ti fa respirare un po' più profondo come quando mandi giù un pianto che non esce ma che c'è, roba scema, roba che fa ridere, roba che ci fai quello che vuoi, roba sexy, roba giusta.” (Sibode Dj) L’unico modo per inquadrare la nuova opera di Sibode DJ è chiamarla musica sessuale, di “freakantoniana” memoria, in cui ogni cosa è il suo contrario, e l’ironia un’arma contro le assurde amarezze della vita. “NON LO SO” è dedicato alla memoria di Mirko Bertuccioli, l’indimenticabile cantante dei Camillas. “Mi hai fatto male, hai fatto bene / nessun dolore nessun dolore” SIBODE DJ Sibode Dj vive da 38 anni dentro al corpo di Simone Marzocchi. La loro non è una convivenza pacifica. Sibode odia Simone: non sopporta il suo modo serio di fare le cose serie; il suo fare il figo facendo l'attore, il compositore e il musicista con l'orchestra Corelli ed il Teatro delle Albe di Ravenna. Sibode Dj vuole il controllo del corpo estremamente sexy che condivide, Sibode vuole fare a modo suo! Prima di tutto: basta con gli altri! SDj canta e suona da solo, con tastiera, chitarra, tromba e loop station. SDj registra da solo in casa le sue canzoni, perché ha un estremo bisogno di canzoni, canzoni pop e dance e psichedeliche e ossessive, canzoni che ti si piantano lì dove le hai sempre sentite ma che non le hai mai sentite ma che sai che ci sono. Perché Sibode Dj vuole stare con te e vuole stare da solo e vuole stare non lo so, perché le cose serie non lo sono e le cazzate sono cose serie. Alcuni hanno definito la musica di Sibode Dj musica sessuale, ed effettivamente gli alcuni non hanno sbagliato del tutto, le canzoni di SDj sono sexy (come lui) e sono piene d'amore. Sibode Dj, nel suo odio verso tanti, cerca con le sue canzoni di diventare un culturista del cuore. E ce la farà. di Enrico Esposito Domenica 21 Marzo è uscito in radio e in digital download, “ANCORA IN PIEDI” (Carioca Records/Artist First) il nuovo singolo dell' artista siciliana JULIE. "Overthinking": pensare continuamente, intensamente e senza sosta, senza però mai arrivare a una conclusione. È una situazione che Julie ci descrive in "Ancora in piedi", brano pop dal ritmo coinvolgente, attraverso il racconto di una sua tipica notte insonne, in modo diretto e senza troppi giri di parole. Più pensa, più aumenta la sua confusione, più si generano dubbi e insicurezze che creano un contrasto di dolore tra chi è e chi vorrebbe essere, tra la vita che ha e quella che sogna di avere, proiettando la sua felicità nel futuro. Nonostante ciò cerca un appiglio nel presente, un'ancora di salvezza, forse una persona, che le dia la forza di non crollare malgrado il suo tormento interiore. Il brano è stato prodotto, arrangiato e mixato da Leo Curiale al Masterplay Studio in Sicilia e masterizzato da Gianni Bini agli HOG Studios di Viareggio. La distribuzione digitale è affidata a Carioca Records / Artist First. Note biografiche: Lei si chiama Giulia Scroppo, ed è nata il 21 Marzo 2000. Cresciuta a Campofranco (CL), piccolo centro dei Monti Sicani dove ha da piccolissima dimostrato la sua indole artistica prendendo lezioni di danza, cantando e recitando in vari Musical della compagnia teatrale locale. Dall’età di 8 anni studia canto moderno e partecipa a diversi stage e masterclass, esibendosi in diverse manifestazioni e programmi televisivi locali. Appena maggiorenne Giulia scopre il pianoforte e si ritrova a comporre le sue prime canzoni che vengono incise e curate presso il Master Play Studio seguito dalla direzione artistica di Leo Curiale che ne cura gli arrangiamenti. A Luglio 2020 firma per Carioca Records con cui a Settembre ha pubblicato i primi due singoli, SCIE CHIMICHE e APPESI A UN FILO che hanno superato i sessantamila stream su Spotify. JULIE nelle sue canzoni è semplice ma mai banale. Leggera come un bacio che lascia il segno. Senza filtri e diretta. Allegra e spensierata. canta di sé e dei suoi sogni con leggiadria ed emozione. Un’artista di cui sentirete molto parlare. Fb: https://www.facebook.com/julie.xofficial/ IG: https://www.instagram.com/julie.xofficial/ YT: https://www.youtube.com/channel/UCgnM009R59aNg6gpsIVrVzw
Onstage sostiene i lavoratori dello spettacolo con l’emozionante video WE ARE - ONSTAGE AWARDS 2021, firmato da Pepsy Romanoff
In occasione dell’avvicinarsi di quella che sarebbe dovuta essere la decima edizione degli Onstage Awards, Onstage, punto di riferimento per la musica dal vivo, settore fortemente penalizzato dall’attuale emergenza sanitaria, si schiera nuovamente al fianco dei lavoratori dello spettacolo per sensibilizzare l’opinione pubblica in merito alla loro grave condizione. Così facendo Onstage - sostenuto nella causa dal partner Würth MODYF Italia, brand specialista nel settore dell’abbigliamento e delle scarpe da lavoro - si unisce al coro delle associazioni che negli ultimi mesi hanno portato avanti iniziative a sostegno di questa categoria. Da Bauli in Piazza a #Chiamatenoi, da Scena Unita a La Musica che Gira, Onstage è vicino e solidale a chi ha lavorato per sedersi a un tavolo con le istituzioni, a chi ha protestato pacificamente, a chi ha cercato in modo costruttivo di fare proposte per amplificare tutte quelle voci rimaste inascoltate. Purtroppo poco o quasi nulla è stato fatto e, ad oggi, più di 500.000 persone sono ancora senza lavoro e in attesa di provvedimenti concreti. La passione per la musica dal vivo di fan e artisti e l’importanza di tutte le professionalità di cui si compongono le maestranze dello spettacolo sono al centro del video, che viene pubblicato oggi, 18 marzo, sui social di Onstage e che è stato realizzato dalla casa di produzione Except fondata da Maurizio Vassallo e Pepsy Romanoff, uno dei registi più affermati in ambito musicale (sua la prestigiosa firma di alcuni lavori di Vasco Rossi, Pino Daniele, Ezio Bosso e Sfera Ebbasta). In questa breve clip dal forte impatto emozionale, artisti come Tiziano Ferro, Giuliano Sangiorgi, Levante, Francesca Michelin, Francesco Gabbani, Lorenzo Fragola e gli Eugenio in Via Di Gioia pongono l’attenzione sul lavoro di tutte quelle persone che, dietro le quinte, contribuiscono in modo fondamentale e determinante all’ideazione, alla progettazione e alla realizzazione di ogni concerto. Un ricordo che è anche un messaggio di speranza affinché club, promoter, agenzie di booking, light designer, sound engineer, tour manager, backliner, service, stage manager e tutte le altre professionalità di questo settore possano presto tornare ai loro palchi. Il video riunisce i contributi ricevuti da fan, artisti e lavoratori dello spettacolo dopo il lancio di una call to action dedicata sui profili social di Onstage, amplificata dalle associazioni che hanno scelto di supportare quest’attività, vale a dire Bauli in piazza, La musica che gira, Scena Unita, This is la crew, Squadra Live Touring Pass, #Chiamatenoi e Music Innovation Hub. L’iniziativa è stata ideata da Musa, agenzia di music branding ed editore di Onstage.
ONSTAGE è la community di appassionati di musica dal vivo che da 13 anni racconta le emozioni che si vivono sopra e sotto il palco, premiando i migliori tour e concerti dei più grandi artisti del panorama musicale italiano e internazionale. Dal 2021, gli Onstage Awards sono i premi della musica live, prestigiosi riconoscimenti ai protagonisti dei concerti e festival organizzati ogni anno nel nostro Paese. MUSA Boutique creativa nel mondo della musica e dell’intrattenimento che si pone come interlocutore indipendente e qualificato per brand e talent nell’ideazione e realizzazione di contenuti creativi e progetti di comunicazione unici e innovativi. Per maggiori informazioni www.musagency.it.
Con questo articolo il Termopolio inizia a dedicare spazio sulle sue colonne ai premi musicali che in Italia premiano i giovani interpreti della musica d'autore. Nel nostro primo articolo parliamo del Premio Bianca d'Aponte - Città di Aversa".
di Enrico Esposito
Il 2021 celebrerà la diciassettesima edizione del "Premio Bianca d'Aponte - Città di Aversa" . Il Premio Bianca d'Aponte è una rassegna molto importante della musica italiana per la sua esclusività. E' infatti rivolta "solo" a cantautrici perché è stato istituito nel 2004 in memoria di una splendida voce femminile precocemente strappata alla vita. Bianca d'Aponte infatti era un talento già ben noto all'interno del panorama della musica d'autore. A soli ventidue anni purtroppo fu costretta ad arrendersi ad un aneurisma, poco dopo aver firmato un contratto discografico con la Bmg. La prematura scomparsa di Bianca commosse il movimento artistico italiano e grazie allo straordinario impegno dei suoi genitori sono nati prima un'associazione e poi il riconoscimento che ogni anno viene assegnato nella città natale di Aversa. Il titolo del concorso prende nome dall'ultima canzone scritta da Bianca d'Aponte: "Sono un'isola".
Il bando di concorso per edizione 2021 del Premio Bianca d'Aponte sarà disponibile fino al 30 aprile prossimo, sebbene non si siano ancora potute disputare le finali dello scorso anno a causa delle normative legate all'emergenza sanitaria. L'appuntamento si sarebbe dovuto tenere al Teatro Cimarosa di Aversa nell'autunno scorso, ma è stato rimandato di mese in mese e potrebbe essere svolto questa estate. Nella speranza di ricevere presto una conferma della data ufficiale, si conoscono già i nomi delle cantautrici in lizza per la vittoria finale: BamBi da Napoli, Simona Boo da Termoli (Campobasso), Ebbanesis da Napoli, Lamante da Piovene Rocchette (Vicenza), La Zero da Piano di Sorrento (Napoli), Lucrezia da Bologna, Miglio da Brescia, Elena Romano da Firenze, Sara Romano da Monreale (Palermo), Veronica da Aversa (Caserta), Chiara White da Firenze.
Le finali della 17esima edizione sono previste per il 22 e 23 ottobre, ma anche queste date dovranno essere convalidate in virtù dell'andamento della pandemia. Attesa dunque per conoscere il programma delle esibizioni che vedranno la presenza di due nuove madrine d'eccezione, ruolo ricoperta da una artista di grande popolarità. Per la 16a edizione era stata scelta Arisa, che era stata preceduta da: Rachele Bastreghi dei Baustelle, Rossana Casale, Ginevra di Marco, Cristina Donà, Irene Grandi, Elena Ledda, Petra Magoni, Andrea Mirò, Simona Molinari, Nada, Mariella Nava, Brunella Selo, Tosca, Paola Turci, Fausta Vetere. La direzione artistica del Premio Bianca d'Aponte è affidata al musicista Ferruccio Spinetti che ha raccolti da alcuni l'eredità lasciata da Fausto Mesolella, chitarrista indimenticato che conobbe personalmente la stella luminosa di Bianca. Le finaliste del Premio 2021 saranno come sempre selezionate da un nutrito e prestigioso Comitato di garanzia, composto da cantanti, autori e compositori nonché da operatori del settore e giornalisti e critici musicali. Alla vincitrice del premio assoluto sarà attribuita una borsa di studio di € 1.000, a quella del Premio della critica “Fausto Mesolella” una di € 800. Riconoscimenti della giuria andranno anche alla migliore interprete, al miglior testo ed alla migliore musica. Sono poi previsti molti altri premi assegnati da singoli membri della giuria o da enti e associazioni vicine al d’Aponte. Nelle passate edizioni il premio assoluto è andato a Veronica Marchi e Germana Grano (ex aequo, 2005), Chiara Morucci (2006), Mama’s Gan (2007), Erica Boschiero (2008), Momo (2009), Laura Campisi (2010), Claudia Angelucci (2011), Charlotte Ferradini (2012), Federica Abbate (2013), Elisa Rossi (2014), Irene Ghiotto (2015), Sighanda (2016), Federica Morrone (2017), Francesca Incudine (2018), Cristiana Verardo (2019). ll premio della critica, dal 2017 ribattezzato "Premio Fausto Mesolella" in omaggio allo storico direttore artistico della manifestazione, è stato invece attribuito a Marilena Anzini (2005), Ivana Cecoli (2006), Giorgia Del Mese (2007), Silvia Caracristi (2008), Momo e Giorgia Del Mese (ex aequo, 2009), Paola Rossato (2010), Rebi Rivale (2011), Cassandra Raffaele e Paola Rossato (ex aequo, 2012), Rebi Rivale (2013), Elsa Martin (2014), Helena Hellwig (2015), Agnese Valle (2016), Fede ‘N’ Marlen (2017), Francesca Incudine e Irene Scarpato (2018), Lamine (2019). L'Associazione Musicale ONLUS Bianca d'Aponte è nata dall'amore per Bianca, cantautrice di grande talento prematuramente scomparsa e che aveva il pregio e la capacità di saper raccontare, attraverso i versi delle sue canzoni e la sua musica che lei stessa interpretava con un'intensità e una voce uniche, il disagio, le speranze, i sogni e i sentimenti visti da una donna. L'Associazione svolge attività di divulgazione della cultura musicale promuovendo attività concertistiche che spaziano dalla musica d'autore, a quella sperimentale, al jazz. Ad oggi, nell'apprezzato Auditorium – anche sede dell'Associazione - si sono tenuti oltre 400 concerti. Divenuta ormai un riferimento, l'Associazione Musicale Bianca d'Aponte collabora attivamente alla realizzazione di progetti musicali anche con altre associazioni e con istituzioni locali. Resta, comunque, l’organizzazione del Premio l’attività più significativa. Contatti: Sito web ufficiale Pagina Facebook Pagina Youtube Immagini tratte da: - Sito ufficiale - Pagina facebook
COMUNICATO STAMPA
Guido Maria Grillo, pronipote del “principe” Totò, avanguardia della canzone napoletana, tra Murolo, Tenco e Jeff Buckley.
Ha appena pubblicato due singoli, A chi tene ‘o core, uscito lo scorso 20 gennaio, e Tramonto, il 19 febbraio, ottimamente accolti da stampa ed addetti ai lavori.
Parentela con Antonio De Curtis, il “principe” Totò, canzone napoletana contemporanea, echi del Mediterraneo, tracce di elettronica e di musica araba, incontri tra culture e tradizioni: questo, in sintesi, è Guido Maria Grillo, giovane cantautore apolide.
Immerso nell’arte fin da piccolo (nella casa materna, della famiglia De Curtis, zeppa di quadri dello zio pittore, echeggiavano arie d’Opera intonate dal nonno, tenore e violinista, e da un altro zio, grande esperto di Giacomo Puccini), Guido Maria Grillo è cresciuto ascoltando Tenco, Jeff Buckley, la grande canzone napoletana, Fabrizio De Andrè (a cui ha dedicato la sua tesi di laurea in Filosofia). Da sua madre, pronipote del “principe” Totò e docente di Storia dell’arte, ha ereditato vocalità e passione per l'arte figurativa.
La sua musica è sintesi del mondo da cui proviene ed è intrisa di malinconia, romanticismo, tradizione, emotività e, contestualmente, offre una nuova prospettiva sulla contemporaneità. Suoni ed armonie classiche dialogano con elettronica e sonorità moderne, l'incontro tra contemporaneità e tradizione culmina nell'intreccio di italiano e dialetto napoletano, che si contaminano naturalmente, condividendo un suono, un timbro, una simbologia. L'utilizzo del dialetto ed il richiamo ad armonie e sfumature melodiche tipiche della canzone partenopea classica raccontano la sua radice musicale, ne celebrano la bellezza e, contestualmente, la traghettano nella contemporaneità del suo personale mondo musicale. Cenni biografici Nato a Salerno, si è laureato in Filosofia con una tesi dal titolo “Lotta politica e sentimento religioso ne La buona novella di Fabrizio De Andrè”. È musicista, cantautore, autore per il teatro e scrittore; dal 2009 ad oggi, ha pubblicato tre album, un EP e un singolo (Startup/Warner Music). Ha collaborato con Levante, Musica Nuda, Cristiano Godano, Paolo Benvegnù ed aperto concerti di Rufus Wainwright, Anna Calvi, Avion Travel, Marlene Kuntz, Musica Nuda, Paolo Jannacci, Niccolò Fabi, Levante ed altri. Nel 2011 è stato ospite al Premio Tenco per la presentazione della compilation “Come fiori in mare”. Nel 2016, in duetto con Levante, ha realizzato un clip live di "Salsedine", sua canzone contenuta nel terzo album (https://youtu.be/rMBnJCRmUnY). E’ vincitore del Premio Bruno Lauzi 2017. E’ autore per il teatro e attore. Nel 2008 ha debuttato, al Parma Poesia Festival, “ME-DEA della sua grazia”, spettacolo di teatro contemporaneo interamente scritto da Guido Maria Grillo, in scena con l’attrice Francesca De Angelis. Nel 2015 ha debuttato, al Piccolo Auditorium di Cagliari, “La Maledizione dei puri – Se Pasolini e De Andre”, spettacolo di e con Francesca Falchi e Guido Maria Grillo, prodotto da Origamundi Teatro/L’eccezione. Nel 2017 ha pubblicato il suo primo libro, “Questa nostra guerra”, edito da Les Flaneurs Edizioni.
Pagine web e contatti
Facebook: www.facebook.com/guidomariagrillo Instagram: www.instagram.com/guidomariagrillo www.guidomariagrillo.com di Enrico Esposito
Gli Yo Yo Mundi sono un pezzo di storia vivente della musica italiana. Il 2020 ha segnato il trentunesimo anno dalla fondazione di questa folk-rock band proveniente dalla terra di Luigi Tenco (Monferrato) che ha collaborato con tantissimi artisti nostrani e stranieri (Ivano Fossati, Giorgio Gaber, Lella Costa, Eugenio Finardi, Violent Femmes, Michael Brook, Hevia, solo per citarne alcuni). I primi a introdurre la fisarmonica e il basso acustico nel combat- folk italiano, “i selvatici” come li definì una volta Paolo Conte. Oggi il Termopolio ha il privilegio di intervistarli, rivolgendo domande e curiosità sull’uscita de “La rivoluzione dei battiti di ciglia”, il loro diciannovesimo pubblicato il 27 novembre scorso.
1) Buongiorno! Siamo davvero molto contenti di essere qui con voi oggi e poter conoscere meglio la genesi de “La rivoluzione del battito di ciglia”, il vostro ultimo disco dal titolo contemporaneamente accattivante e lieve. Come le due componenti riunite all’interno di quest’ossimoro: la rivoluzione da una parte con il suo corollario di azioni, motivazioni, obiettivi e il battito di ciglia dall’altra, un atto così naturale, ma sottovalutato. Qual è la rivoluzione del battito di ciglia per gli Yo Yo Mundi? E noi siamo assai contenti di raccontare qualcosa di noi e del nostro nuovo album! La parola “rivoluzione” è così piena di energia e di voglia di cambiamento mentre il battito di ciglia è un atto spontaneo e, in qualche modo, delicato. Due movimenti opposti, ma non contrapposti, bensì complementari perché entrambi in grado di generare, trasmettere e diffondere emozioni. Prevediamo, non solo tra le tracce di questo disco, una rivoluzione gentile che cambierà radicalmente il mondo, una rivoluzione nel segno del rispetto e della tutela dell’ambiente, delle differenti culture e dei diritti delle persone. Questa è sì, la nostra speranza, ma è anche la nostra “visione” del futuro prossimo venturo mescolata ai suoni, che da più parti definiscono nuovi rispetto alla nostra cifra stilistica, de “La rivoluzione del battito di ciglia”. 2) Ascoltando gli undici brani presenti nella tracklist mi sono ritrovato a respirare aria di campagna, seduto su di un prato a scandagliare le riflessioni che voi raccogliete l’una dopo l’altra. Dalle scelte contrapposte che gli uomini compiono lungo il solco della vita in “Fosbury”, all’immersione da capo e piedi nell’encomio al vino de “Il paradiso degli acini d’uva”, a “VCR”, urlo contro la violenza scaraventata sull’ecosistema naturale. Ci sono dei momenti precisi che hanno ispirato la scrittura dei brani? Sai la vita ti passa addosso, proprio come se stessimo camminando dentro il letto di un fiume, ma l’acqua di un fiume, così viva, così materna - dunque capace di procreare, di proteggere, di desiderare -, non si accontenta di bagnarti, o di girarti intorno, ti accarezza, poi ti bagna, poi ti inzuppa, poi ti leviga e infine ti entra dentro: dai pori, dagli occhi, dalla bocca, dall’ombelico. E così si arriva al punto in cui non c’è più differenza tra l’acqua e te, perché lei diventa te e viceversa. Ecco le canzoni sono così, tu ci cammini in mezzo, quando loro ancora non ci sono, quando sono storie, racconti, sensazioni, colori, attimi, battiti d’ali, il procedimento è lo stesso che ho descritto poc’anzi, ci scivoli in mezzo fino a quando loro non ti entrano dentro, diventano te e tu diventi loro. I momenti precisi della composizione di una canzone, sono in realtà il compendio di un’infinità di “imprecise cose felici”, prendendo in prestito un verso di una poesia di Pessoa.
3) La sensazione è un fulcro dell’album. Dall’apertura con “Ovunque si nasconda”, celebrazione della felicità attraverso figure e fonti autobiografiche (compaiono De André, Fenoglio, Pazienza) all’invito a catturare il potere della leggerezza ne “Il silenzio dell’universo”. Fino alla tensione data anche dall’incalzare dei suoni e dall’incontro scontro tra il sassofono di Maurizio Camardi e il violino di Chiara Giacobbe che ne “Il silenzio che si sente” riproducono le terribili conseguenze delle guerre. Sensazioni volatili e corrose, senza filtri e fronzoli. É ancora possibile al giorno d’oggi coltivarle e anzi trasmetterle alle generazioni future?
“L’eccesso di immagini sta distruggendo i nostri sogni” diceva Wenders presentando il suo film “Così lontano, così vicino”, prevedendo, già negli anni ‘80, quel che poi sta accadendo nella nostra epoca, dove la vista ha preso il sopravvento su tutti gli altri sensi. È un tempo, questo, dove tutti quanti patiamo continuamente un eccesso di immagini - sarà un caso che questa bestia che sta tormentando il mondo, quando ci assale oltre a toglierci il respiro, ci nega l’olfatto e il gusto? -. Spero che le generazioni future non si perdano per strada i sensi, che ne ristabiliscano l’equilibrio. Spero che trovino l’antidoto per rimettere ordine in questa confusione che destabilizza il nostro quotidiano, che, a gioco lungo, distrugge il pianeta. Forse, senza mai credere che sia una missione, la nostra utilità in quanto artisti è generare curiosità, stimolare l’interesse, portare gioia e muovere il pensiero, ma anche diventare un ponte tra le generazioni. E quel ponte non potrà che essere costruito mescolando a piacere le giuste misure di emozioni e di sogni, di lotta e di speranza, di resistenza e di poesia. 4) “Bacio sospeso” è un’istantanea meravigliosa che sembra descrivere di fatti il soggetto di una fotografia, se non il centro di un bozzetto pittorico. L’attimo sospeso di un incontro lentissimo come la voce del narratore e la musica dolce che tessono i fili di un racconto a metà strada tra sogno e ricordo. Com’è nata “Bacio sospeso”? È nata, per magia, guardando - solo per pochi secondi -, due adolescenti, seduti sui gradini del portone di casa mia. Erano l’uno dentro gli occhi dell’altra. Ho fatto piano per non disturbarli. E sono scivolato via. Ma nei minuti successivi non riuscivo a smettere di pensare a quel incanto. Dopo aver preso un caffè, ritornando verso casa, li ho rivisti: lui era in auto, sedili posteriori, targa straniera e bagagli stipati ovunque, anche sul tetto, finestrino giù, sguardo un po’ perso. Lei dall’altra parte della strada seduta sul motorino, sguardo fisso su di lui. L’auto è partita, non mi pare si siano salutati, lei l’ha guardata andare via, perdersi dietro una curva verso la periferia del paese. Io, una volta rientrato a casa, ripensando a quel “bacio sospeso” ho preso la chitarra e ho cantato la canzone. Se non è magia questa! 5)“Umbratile” sembra essere stata inserita in conclusione a “La rivoluzione del battito di ciglia” non per un caso fortuito. In un’atmosfera solitaria e illuminata dalle ombre disegnate dalle fiamme di una brace, i sensi (ancora una volta) catturano il godimento di tutto ciò che li circonda mentre la musica da distesa si fa travolgente, crescendo d’intensità e arricchendosi di strumenti secondo una cifra stilistica costante nell’album. Può essere considerato questo brano dunque una sorta di summa sia tematica che sonora del vostro ultimo lavoro? Umbratile sono due, dieci, cento, mille canzoni. È il racconto di una sola voce che diventa sarabanda. È la scintilla che si trasforma in fuoco d’artificio. È il filo che diviene prima ricamo poi intreccio e infine un giocoso caos di lenzuola colorate danzanti nel vento. Ci piace pensare, quando scegliamo l’ultima canzone di un disco, che quella canzone possa essere una porta - avete presente quelle girevoli di certi grandi alberghi? -, ecco chi ascolta l’ultima traccia del disco deve essere invogliato a riascoltarlo da capo, ma per noi, la traccia finale, è la porta spalancata sul nostro futuro .
6) Veniamo dunque alla molteplicità di strumenti e voci che come da consuetudine si diffonde all’interno delle vostre raccolte. Il flicorno di Giorgio Li Calzi e la sezione di cornamuse a cura di Simone Lombardo in “Fosbury”, Gianluca Magnani dei Flexus all’ocarina bassa ne “Il bacio sospeso”, le chitarre di Fabrizio Barale e di Gianluca Vaccarino ne “Il silenzio del respiro”, la fisarmonica di Fabio Martino e la ghironda di Simone Lombardo in VCR”, Alan Brunetta de Lastanzadigreta alla marimba in “Umbratile”, Maurizio Camardi al sassofono in differente tracce. E poi le voci: dai cori tribali de “Il silenzio del respiro” a quelli quasi gospel a cura di Andrea e Alice Cavalieri (padre e figlia) e Donatella Figus in “Lettera alla notte”, alla voce “ribelle” di Marino Severini in “VCR” e Daniela Tusa che in “Ninna nanna del filo” si sovrappone dolcemente a quella di Paolo Enrico. In quanto tempo gli Yo Yo Mundi sono riusciti a mettere insieme un’orchestra di dimensioni e varianti così gigantesche e in che modo l’hanno inserita all’interno dell’album?
Forse questo è il nostro disco con meno ospiti, sai? Da una parte il virus ci ha negato qualche partecipazione (un pezzo, in inglese, è saltato proprio per questo motivo, shhh che non si sappia in giro!) ma poi, in realtà, negli ultimi anni ci siamo trasformati in una sorta di collettivo e di conseguenza tra Yoyo più o meno ufficiali - Eugenio, Andrea, Chiara, Daniela e il sottoscritto -, quelli storici - Fabio e Fabrizio - e quelli ad honorem, strettissimi collaboratori come: Simone, Andrea Grand Drifter, Donatella, Alice e insieme a loro Dario Mecca Aleina (che, oltre a suonare, ha registrato, missato e coprodotto con me l’album) e Ivano A. Antonazzo (autore della copertina, che si occupa della grafica, delle fotografie e dei video), siamo già una bella banda. Et voilà il gioco è fatto e gli ospiti effettivi diventano solo sei! Per cui, nonostante tutto, è stato relativamente facile mettere insieme questa compagnia creativa, suonante e sognante. 7) “La rivoluzione del battito di ciglia” è un album realizzato grazie a una campagna di crowdfunding su Produzioni dal basso, dunque con l’apporto spassionato da parte dei fans. Anche per permettere ai sostenitori di ricevere le “ricompense” dovute, avete deciso di non pubblicare nei primi tre mesi dalla pubblicazione del lavoro alcun contenuto sulle piattaforme di streaming audio. Vorremmo salutarvi, ringraziandovi di cuore per essere stati qui con noi oggi, invitandovi a concentrare in due soli versi l’amore che gli Yo Yo Mundi nutrono nei confronti di tali ammiratori e più in generale del pubblico che da anni non smette di seguirli e oggi aspetta di rivederli al più presto sul palco. Felici e grati anche noi, ci rivediamo presto in giro, non si può sapere quando, ma è sicuro che accadrà. Noi Yoyo non vediamo l’ora di portare queste canzoni in concerto… Un grande abbraccio resistente e fraterno per voi de Il Termopolio e per tutti coloro che leggeranno queste nostra bella chiacchiera! Buona vita, Paolo Enrico Archetti Maestri per Yo Yo Mundi Ringraziamo l'Ufficio Stampa Big Time Web per le immagini e altro materiale stampa |
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Aprile 2021
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