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16/12/2016

The Zen Circus e La Terza Guerra Mondiale

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di Alice Marrani

La carriera degli Zen Circus arriva alla maggiore età con La Terza Guerra Mondiale. Nella copertina sono seduti fra un aperitivo e un selfie, dietro di loro solo un mucchio di macerie. 
È uno degli album su cui hanno lavorato di più. La scelta delle dieci tracce è il risultato della scrematura su circa quaranta brani scritti negli ultimi due anni. Fra rock, punk e pop il suono si pone l’obiettivo di essere, questa volta, il frutto della registrazione in studio con soli chitarra, basso, batteria e voce eliminando effetti delle tastiere, archi, fiati e sostituendoli con un lavoro minuzioso fatto sulle chitarre. Ne guadagnano il carattere di apparente semplicità e l’intento diretto dei brani.

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Nella title track si capisce di che tipo di guerra stiamo parlando: una guerra mondiale ancora / per cominciare una nuova era / per capire chi è il nemico / per vederlo dritto in viso / una guerra mondiale ancora / per vedere che fareste ora / voi che parlate di fucili / di calci in culo ed esplosivi / una guerra mondiale ancora / una vera e non su una tastiera. Da un lato le guerre vere, dall’altro quelle che si combattono ben protetti dietro lo schermo di un computer, contro tutti e contro noi stessi. Tutti attivi e determinati a cambiare il mondo o a distruggerlo ma solo in un messaggio lasciato con lo smartphone prima dello spritz del venerdì sera. Un album che fotografa la realtà con il solito cinismo e realismo. Nella Terza Guerra Mondiale, Andrea Appino, Karim Qqru e Massimiliano “Ufo” Schiavelli, lanciano bombe che non danno soluzioni etiche e nemmeno politiche ma che si inscrivono in una sorta di critica e auto-critica sociale rimanendo forti spunti di riflessione. La denuncia di piazze che ormai mute “fanno rivoluzioni solo quando sono vuote” sono alternate a grossi e pesanti schiaffi morali in dieci brani intrisi di cupa disillusione più che rabbia. Uno degli esempi più lampanti è forse un certo senso di disagio che nasce nell’ascoltare il testo pericolosamente razzista di Zingara (il cattivista), che inevitabilmente cresce guardando il video ufficiale, realizzando che le frasi del testo sono frutto di un collage di commenti trovati su YouTube. Politicamente scorretto e un tantino pericoloso anche per loro stessi se, senza spiegazioni, non è immediato capire il senso del brano (basta leggere i commenti sotto il video). Eppure lo scopo di cui parlavamo precedentemente è pienamente raggiunto.

Le difficoltà di essere adolescenti e post adolescenti oggi sono racchiuse nel brano che ha preceduto l’album come singolo, Ilenia, nato direttamente dalle parole di una fan mentre un retrogusto nostalgico e più cantautorale caratterizza il rapporto a due raccontato in Non voglio ballare.
Il provincialismo che ingabbia e non ti lascia, esemplificato in Pisa Merda, titolo abbastanza esplicativo considerando che loro sono proprio pisani, si allarga arrivando all’essenza della provincia, a quella dimensione che scompare nelle grandi città ma che è comune in tantissimi luoghi d’Italia. Un amore/odio che diventa essenza fondante di chi questi luoghi li vive, o li ha vissuti. “ma la provincia crea dipendenza / se non ci sei nato non lo puoi capire”.
L’anima non conta, è il più vicino al pop. A chi ha detto loro che poteva essere un brano di Ligabue, di Tiziano Ferro o dei Negrita, hanno puntualizzato che piuttosto è un pezzo soul bianco, una ballad nata per il gusto di sperimentare qualcosa per loro insolito.

Nella seconda metà dell’album, dopo Zingara ci troviamo, in Niente di spirituale, davanti a “figli un po’ sballati ed arroganti” “senza vela né motore, senza remi né timone”. Attraverso San Salvario, con temi sempre malinconici, tanto da fare un pensierino a ricominciare a drogarsi a trentotto anni suonati “tanto gli anni se ne vanno come sono arrivati” arriviamo al ritmo ossessivo di Terrorista, altro brano dal testo leggermente “scomodo”.
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Andrà tutto bene conclude il tutto in una passeggiata nelle vie del centro, dove la rivoluzione scoppia fra un aperitivo e i saldi di fine stagione, dove i cantanti sono bugiardi e nessuno chiede più come stai.
“quello che dalla musica la gente vuole / è sentirsi dire che andrà sempre tutto bene / e che l’amore vince ancora / che c’è tutto da scoprire / che la vita va vissuta nella gioia e nel dolore / ed è tutto quanto vero / hanno solo che ragione / siamo noi quelli sbagliati / che hanno sempre da ridire”
Una coda strumentale di cinque minuti ci porta al termine di questa guerra dalle quale non abbiamo risposte ma solo punti di domanda. Sicuramente questo non appartiene al genere di musica che la gente ascolta per sentirsi dire che va tutto bene. Dopo il fragore di queste fotografie della realtà sociale attuale il tutto si chiude con un sussurro ripetuto: “ora fate silenzio tutti, state zitti”.


Immagini tratte da:

Immagine 01: https://www.facebook.com/events/179719215801071/
Immagine 02: https://www.youtube.com/watch?v=YOVqgN-1cwM

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