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3/6/2016

35 anni senza Rino Gaetano

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di Enrico Esposito
Il suo vero nome era Salvatore Antonio Gaetano, originario di Cutro (Cotrone), classe 1950.

Fu grazie alla sorella maggiore Anna che dal "Salvatorino" abusato tra gli altri familiari si passò col tempo a riconoscerlo tutti come "Rino". Rino Gaetano, insieme ad Ivan Graziani, il cantautore -contro degli anni 70 e purtroppo pochissimo '80 della storia musicale italiana. Uno di quelli non schierati, ma più pericolosi. Pungente e talentuoso, accorato Rino che ha cantato l'amore pure con una delicatezza sempre schifata dall'opinione pubblica. Perchè senza fare troppi sforzi di memoria, a quelli come me che sono venuti dopo la sua prematura scomparsa il 2 Giugno di 35 anni fa l'immagine tramandata di Rino Gaetano si riduce alla sua apparizione con ukulele a Sanremo 1978 nel tormentone "Gianna" e al fatto che fosse un ubriacone che si è cercato la morte andandosi a ricomprare un'altra Volvo 343 dopo essersi miracolosamente salvato da un incidente in precedenza a bordo della stessa automobile.
Ma per fortuna grazie alla passione portata dai musicisti, con la Rino Gaetano Band del nipote Alessandro in testa e le tante cover bands disseminate lungo la penisola, e alla curiosità portata dai giovani di oggi specialmente nell'ultimo decennio, Rino il Re oggi è amato forse come mai gli era successo durante la sua breve vita ed ancor più grande diventa il valore espresso dalle sue canzoni, riscoperte in toto nella loro avvenente intensità.
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Trasferitosi dall'amata Calabria (in diversi suoi brani l'aria e la terra del Meridione ribollono) a Roma con la famiglia, il suo talento cominciò a sbocciare adolescente in uno sperduto collegio di Terni, tra le cui fredde mura scriveva diari e componeva disegni sulle disgrazie contemporanee di John Fitzgerald Kennedy e Martin Luther King. A 17 anni fece ritorno nella Capitale che non aveva ancora esplorato, trovava nel Teatro il suo habitat primitivo nei panni di Estragone in "Aspettando Godot" e al Folkstudio, locale sinistrofilo, emergeva per la sua insofferenza all'etichettatura e la satira inseguita nell'imbracciare il microfono oltrechè nell'invaderlo con la voce.
Rino timidissimo e precoce, incideva a 23 anni il primo 45 Giri di "I love You Maryanna", facilmente ritenuto un inno all'erba ma a quanto pare dedica rivolta alla nonna. Tre anni dopo il successo con il secondo album "Mio fratello è figlio unico" e il boom televisivo di "Aida", Sanremo e "Nuntereggaecchiù" nel 1978. Da lì in poi finito vittima delle pressioni della folla, si rifugia a Stromboli e in Sud America per dare alla luce due ottimi dischi, uno di sentimenti "Resta vile maschio, dove vai", l'altro sulle rabbie contro la società "E io ci sto". Poi l'incidente non chiarito alle 4 del mattino, la mancanza di posti per fratturati al cranio negli ospedali di Roma, la morte due ore dopo.

Rino Gaetano nemico della strafottenza e del disinteresse, uno dei pochi come gli amici De Gregori, il Venditti e Rosso a non voltare dall'altra parte la faccia davanti alle magagne della cattiva amministrazione e al moltiplicarsi delle truffe ingegnose dei politicanti.
Rino sempre osteggiato a causa di quel naturale sarcasmo che ricordava e ricorda la noia portata da un bullo che ti prende di mira, ma un'acredine col sorriso a quarantadue denti e pur sempre contenuti veri da raccontare.
Senza ipocrisia ma con poesia professava i suoi "Sogni d'Anarchia", ritraeva dentro un mosaico chilometrico moltitudini di atteggiamenti comuni mentre  "il cielo era sempre piu' blu", e metteva a raffronto il Capofortuna sovrano e l'Agapito Malteni suddetto tra le polveri della fabbrica.
Con "Aida" riportava in auge Giuseppe Verdi e secoli di storia del Belpaese, risparmiava nè pallone, mafie, jet-set "Nuntereggaecchiù", non dimenticava la tradizione popolare rivissuta ai piedi della riviera o tra i campi rigogliosi di un Sud adorato in pieno ("Ad Esempio a me piace il Sud" "Anche questo è Sud").
Ma Rino non era solo quello pubblico, bersagliato dalle censure, le incomprensioni e gli sfottò di Maurizio Costanzo. Esisteva infatti un Rino "privato" che i veri ammiratori conoscono per aver saputo esprimere una particolare finezza e aulicità nella descrizioni delle tante sfaccettature del corteggiamento, dei rimorsi, dell'esplosione amorosi. Un Rino che in libertà e sensibilità ambienta in una fiaba le fantasie notturne di una vergine in "Sei ottavi", cerca di autoconvincersi di non aver in mente un'unica donna in "Tu, forse non essenzialmente tu", offre semplicemente una rosa ("Cogli la mia rosa d'amore") e si rende conto che un'avventura estiva è diventata molto di più ("Sfiorivano le viole").
Ed infine Rino allo specchio. Alle prese col suo passato e le sue ansie da pagina bianca, lui timidissimo agli inizi della carriera che si sentiva tanto autore e poco cantante. Rino che si alza presto al mattino e coglie nel volo di un uccello e nella lametta con cui si rade ("Cerco") i pensieri che poi proverà a tradurre in canzone, cercando di trasmettere al pubblico sensazioni collettive e sue personali storie ("Io scriverò"), intenzionato a non cambiare il suo modo di fare in maniera tenace e fiera ("Io ci sto").



Immagine tratta da www.corriere.it

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