26/1/2018 Il fascino straordinario della cordialità - Intervista a Erica Mou e report del concerto al Tender club di FirenzeRead Now
Sabato scorso, 20 gennaio, abbiamo avuto l'onore e il piacere di scambiare più di quattro chiacchiere con la talentuosa cantautrice, e siamo stati catturati dalle atmosfere profonde del suo concerto al Tender club di Firenze.
L'avevo incontrata due anni fa al Lumiere di Pisa in occasione della prima data del percorso acustico e intimo che aveva disegnato per rendere al meglio lo spirito di "Tienimi il posto". Era un Erica Mou coi capelli che sfioravano il collo, dolce e solare dietro le quinte e sul palco, laddove aveva confezionato da sola uno spettacolo di musica, di teatro, di luci e simboli che aveva avvolto l'intero pubblico in un momento di quiete e tenerezza. Ancor prima che la voce e la chitarra di Erica iniziassero a risuonare, gli spettatori si erano disposti a sedere sul pavimento del Lumiere in un atteggiamento raccolto e trepido che sabato scorso al Tender di Firenze ho incontrato e assorbito nella stessa spontaneità. Purezza, talento e intensità. Sono queste le qualità e le sensazioni che la giovane cantautrice pugliese mi trasmette durante l'intervista e più tardi nel corso di un'esibizione dai vivi cromatismi. Parliamo di molte cose, di tanti aspetti del suo fresco nuovo album "Bandiera sulla luna", uscito a inizio dicembre e approdato già lungo coordinate diverse della penisola. È la prima volta che Erica Mou ha scritto un suo lavoro dopo essersi trasferita a Roma dalla Bisceglie che l'aveva allevata e formata. Un cambiamento necessario, una scelta presa per accantonare un capitolo dell'esistenza che andava a esaurirsi, dimostrando di essere saturo per una persona intenzionata a confrontarsi con vesti mai indossate e mete sconosciute. Tra le meraviglie della Capitale, Erica si è inserita in una realtà immensa e libera, priva di etichette e invasioni alla privacy, un habitat che stimola in lei desiderio di espandere le conoscenze dell'arte musicale e delle altre, di partire alla scoperto di ritmi e paesaggi esotici. "Bandiera sulla luna" ha visto la luce on the road, in due anni corposi nel corso dei quali la cantante ha alla composizione e all'arrangiamento supportata dal pianista Antonio Iammarino, una spalla importantissima in studio e nella formazione che sta affrontando il tour. Per le sue esibizioni dal vivo l'autrice pugliese ha infatti stabilito un programma che, accanto ad alcune date in solo, presenta una fitta serie di perfomance in un trio acustico raffinato e vibrante. Mentre Erica canta, si alterna alla chitarra acustica e a quella elettrica e dà saggio del suo eclettismo alla loop station e alla batteria elettronica, e Iammarino detta il comando delle operazioni alle tastiere, il violoncello e i cori di Flavia Massimo tessono ricami di sinfonie melanconiche e talvolta creano sussulti inattesi che partecipano all'energia dei brani in cui si urlano rabbia e delusione. Come mi racconta Erica in persona ed è possibile subito osservare durante il concerto, l'intesa che vive tra i tre musicisti è forte e accesa, legata non soltanto alla sinergia tra gli accordi e le partiture. Erica, Antonio e Flavia condividono una sintonia umana, che consente al pubblico di assistere a ballate da brividi e a scambi di battute simpatici tra una canzone e l'altra. Coadiuvata dai suoi strumentisti, Erica dà l'impressione di concepire il suo spettacolo sul momento, di guardare dentro gli occhi di tutti gli spettatori e concentrarsi sui loro volti per cogliere le sensazioni giuste e decidere quale sarà il brano successivo da regalare e soprattutto il pensiero che a loro rivolgerà per introdurlo. Erica è disinvolta e briosa quando sviluppa i suoi discorsi, tiene alta costantemente l'attenzione grazie alla forza di chi ha fatto della determinazione e della dipendenza dalla bellezza dei sogni il suo credo da più della metà dei suoi anni. La sua bravura consiste nel ricordare alle persone la meraviglia di gioie accessibili a tutti nella vita come l'amore di coppia, l'affetto familiare, la ricchezza di un paesaggio, le infinite strade che può percorrere la musica. Non perde mai di vista l'ironia, né l'importanza particolare che ogni donna merita da parte del suo compagno, e soprattutto si distingue per l'eleganza e la cordialità con cui affronta i successi e le frizioni in cui si imbatte dentro e fuori dalla musica. Quando qualche ora prima del concerto ci incontriamo per l'intervista, è lei ad accogliermi e a farmi accomodare su una poltrona nel backstage, e mi fa sentire come se fossi ospite a casa sua. Rimango conquistato (dimenticando praticamente la metà delle curiosità che avevo per lei) dalla sua affabilità, dal modo in cui senza censure chiami in causa le sue esperienze di vita, sue sensazioni personali, per raccontarmi la genesi e l'evoluzione di "Bandiera sulla luna", l'andamento della tournée e le sorprese che ha in serbo per il futuro. Mi rivela della possibilità di aggiungere alcune date all'estero, in Francia ad esempio, sottolinea con cura come le tracce del suo ultimo lavoro non siano nate secondo un ordine prestabilito ma appartengano invece a ispirazioni agganciate a momenti differenti, a nostalgie, a riflessioni completate col tempo, e all'estrosità. "L'unica cosa che non so dire" ad esempio, brano conclusivo dell'album, rappresenta un esperimento artistico e giocoso nato grazie alla fantasia e all'innata dedizione a scoprire le combinazioni smisurate in cui la musica e l'arte dell'intrattenersi e intrattenere si esaltano. Immagini tratte da foto dell'autore Ringraziamo caldamente Big Time, Ufficio stampa per la musica, per la grande disponibilità.
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Biancoinascoltato è il disco d’esordio di Chiara White. Raffinato e delicato, racconta il vissuto della cantautrice fiorentina. Nella sua scrittura e nella sua voce traspare l’eco dei suoi studi classici, il suo essere attrice e poetessa. Il suo disco si apre con un invito a un viaggio, interiore e reale (Itaca), lo stesso che porta alle due parole che compongono il titolo, legate indissolubilmente grazie a un’intuizione respirata nell’aria di Praga. Purezza, essenza, bellezza, il “silenzioso manto che vorrei bianco” (Praga), che l’artista scorge dietro il velo dell’apparenza e tenta di portare alla luce, dargli forma, e farne dono a chiunque lo voglia ricevere. Un raffinato cantautorato che chiude il viaggio attraverso varie sfumature dell’amore con un leggero ritorno di consapevolezza e maturità “si viaggiare per essere sempre qui, e tornare per rimanere quel passo più su” (Nostos).
Il disco, autoprodotto, è stato registrato nella primavera del 2017 da Guido Melis (Diaframma, Underfloor, Finister) che ha curato assieme a Chiara anche gli arrangiamenti dei brani. Nel disco, oltre a Chiara (voce e chitarra acustica), suonano Alessandro Alajmo alla chitarra elettrica e Giulia Nuti alla viola (già insieme anche negli Underfloor), coi quali Chiara si esibisce dal vivo in trio già dal 2013. A completare l’organico: Guido Melis al basso, Tommaso Giuliani (Handshake, Marasma) alla batteria e Simone Milli (Time Escape, Rick Hutton, Enrico Ruggeri) al piano e alle tastiere. Chiara presenterà Biancoinascoltato venerdì 26 gennaio al Teatro di Colonnata di Sesto Fiorentino in un concerto in trio acustico con Giulia Nuti (viola) e Alessandro Ajamo (chitarra elettrica), su un palco vestito di bianco dove i brani del disco si mescoleranno a interpretazioni originali della canzone italiana più bella e ricercata. Immagini gentilmente fornite da A Buzz Supreme
Dopo l’anteprima di novembre al festival Linecheck di Milano, IOSONOUNCANE e Paolo Angeli portano in tour la loro musica per tre date a marzo 2018 a Bologna, Roma e Cagliari. Il chitarrista di Palau e il cantautore di Buggerru si sono incontrati musicalmente per la prima volta dentro “Buio”, brano contenuto in DIE, album di Iosonouncane uscito nel 2015. Si ritrovano adesso dal vivo e condividono una scaletta fatta di brani personali intrecciati ad alcuni brani della tradizione musicale sarda. Una musica che parla della loro Sardegna, la porta sul palco in tutte le sue sfaccettature stilistiche, attraverso paesaggi sonori che pongono la tradizione in un giusto spazio del contemporaneo.
La loro è una musica viva dove rumore e silenzio vanno a braccetto, dove la forza di una mareggiata di maestrale porta con sé una risacca in grado di insabbiare i porti. Una voce consumata dal vento ci dice che i mari non sono tutti uguali. L’ultima volta che si sono incontrati questa distesa azzurra era avvolta dalla quiete della bonaccia, da quella sensazione struggente che ti ricorda che devi partire dalla tua terra per il gusto dell’avventura. Il primo concerto sarà il 13 marzo al Teatro Duse di Bologna, città dove Paolo Angeli ha vissuto la sua formazione come musicista di riferimento e dove IOSONOUNCANE risiede tutt’ora. Si sposteranno poi a Roma il 14 marzo, per una data al prestigioso Auditorium Parco Della Musica per arrivare al finale sabato 17 marzo a Cagliari all’Auditorium del Conservatorio.
13/03 Bologna – Teatro Duse
14/03 Roma - Auditorium Parco Della Musica 17/03 Cagliari - Auditorium del Conservatorio Immagini gentilmente fornite da Big Time, ufficio stampa per la musica.
Il 12 gennaio scorso è uscito "2640", il terzo album in studio della cantautrice veneta. Un disco - diario che raccoglie viaggi a ritroso e in longitudine, riflessioni acute e mosaici musicali.
Non sono ancora 23 i suoi anni (li compirà il prossimo 25 febbraio), 2640 invece l'altitudine massima toccata dai rilievi di Bogotà, la capitale della Colombia che ha ospitato la nascita e l'infanzia di Francesca Michielin. Quella cifra, 2600 e più, Francesca allora se la porta indietro sin da piccola, ai ricordi dei giochi con la madre come afferma nell'apertura di "Comunicare", la traccia numero uno di questo suo terzo album. Dal 12 gennaio nei negozi di dischi è arrivato il nuovo lavoro targato Rca e prodotto ancora da Michele "Canova" Iorfida, che ci consegna una Michielin in gran spolvero, estroversa e creativa sia nella proposta concettuale che in quella sonora. Una Michielin cantautrice che firma di sua mano undici su tredici dei brani della playlist, rilasciando a Calcutta ("Tropicale") e Tommaso Paradiso ("E se c'era ....") la paternità completa dei due testi restanti perfezionati tecnicamente da Dario Faini, il pianista - compositore dei "Dardust". Calcutta contribuisce inoltre alla scrittura di "Io non abito al mare", e "Tapioca" in cui si occupa di una campionatura Cosmo, altro esponente di primo livello della scena indie, una dimensione centralissima del mercato italiano attuale (e non solo) alla quale Francesca si allinea concretamente prospettando ai suoi ascoltatori un'evoluzione rispetto al passato. Lungo le distinte coordinate di "2640" l'orecchio e l'occhio seguono le rivelazioni, i ricordi, gli interrogativi di una ragazza che appare seduto alla sua scrivania intenta a sfogliare istantanee che le rammentano luoghi, personaggi, situazioni a lei legati. Sciolta, priva di timidezze, Francesca passa in rassegna le consuetudini familiari (come la formula 1 guardata in tv tutti insieme), la passione per le serie tv, le delusioni patite in amore e in altre vicende (il brano "la serie B" rappresenta un esplicito riferimento alla retrocessione tra i cadetti del Vicenza, una memoria amara per chi la racconta). La traccia numero 11 "Tapioca" è basata su un canto liturgico ghanese e direttamente ispirata alle numerose domeniche trascorse dalla cantante a pranzo con la comunità del Paese africano, spettro dunque di un'esperienza depositatasi nella mente e soprattutto nell'immaginazione che nelle mani di Francesca si trasforma in uno scettro dal potere eccelso. La chance di poter modellare la realtà secondo la fantasia e la visione del mondo costituisce uno dei tre punti cardine su cui si regge l'intera architettura di "2640", insieme alla necessità nel dover comunicare (anche se verità scomode e dolorose) e alla capacità di fermarsi ad ascoltare e imparare. Sono questi i tre temi principali che l'autrice percorre all'interno della sua opera, sintetizza nell'espressione "Comunicare, ascoltare, immaginare", e raffigura mediante tre triangoli Δ∇Δ icone rispettivamente del fuoco di un vulcano interiore ("Vulcano" e "Lava"), di un mare caotico e immenso ("Io non vengo dal mare", "Tropicale"), e infine il verde chilometrico sul dorso di una montagna da scalare per toccarne la vetta e il picco dell'immaginazione. Non sono maschere, ma sinestesie che seminano "indizi" alla scoperta delle sfumature diverse nell'animo di Francesca Michielin. Come già detto, la giovane cantautrice si sofferma molto sulle nostalgie, come ad esempio nella traccia conclusiva "Alonso", una ballata pianistica sottile che attraverso un omaggio al grande campione spagnolo di Formula Uno rende merito ai sacrifici compiuti dai genitori per il bene dei propri figli. In "Lava" invece a partire dal testo di "Tahiti" di Bat for Lashes, la storia originale di violenza fisica e verbale nei confronti di una donna assume una forza tutta nuova di speranza e ribellione. Mentre con "Bolivia" Francesca concentra il proprio sguardo su una delle nazioni più povere e sottovalutate del mondo, mettendo in risalto la cecità di molte persone dinanzi ai propri errori quotidiani. Il tono di condanna e risentimento del testo è raffforzato dalla base ritmica musicale dark e tropicale su un sottofondo elettronico. L'elettronica è una costante importante dell'album per mezzo degli interventi di Michele Canova e di Dario Faini, ma si presenta attenuata, superficiale consentendo uno spazio maggiore a ritmi tropicali per l'appunto, ritmi anni '90, ai quali la Michielin partecipa attivamente suonando pianoforte, tastiere, Critter and Guitari. Talvolta, infine, si eleva una dimensione acustica sovrastante, come in "E se c'era...." e "Scusa se non ho gli occhi azzurri". Nel complesso con il suo "2640", Francesca Michielin dimostra di possedere alla precoce età di ventitrè anni un'idea chiara della dimensione artistica che al momento sente maggiormente adatta a sé: il ruolo atipico di una cantautrice pop che unisce mainstream e indie, con una vena compositiva ancora tutta da sviluppare e un bagaglio di inclinazioni musicali e esperienziali che promettono approfondimenti ulteriori. Tra meno di due mesi, da Parma partirà alla volta dei principali clubs della penisola il suo tour, anticipato da alcuni incontri di preview all'interno delle librerie Feltrinelli per concedersi alle domande e agli apprezzamenti del pubblico.
Per approfondire:
Facebook: https://www.facebook.com/francescacheeks Instagram: https://www.instagram.com/francesca_michielin Twitter: https://twitter.com/francescacheeks Immagini tratte da https://www.facebook.com/francescacheeks/
Annunciate tre nuove date dello spettacolo "H3+"
Paolo Benvegnù è uno degli autori più significativi del panorama italiano. Fondatore degli Scisma, vanta una lunga e fortunata carriera da solista: i suoi pezzi, che hanno lasciato il segno nella storia della canzone italiana, sono stati reinterpretati da artisti come Mina, Irene Grandi, Giusy Ferreri e Marina Rei. Recentemente ha vinto il premio speciale di Musica contro le Mafie, per la canzone “Il sentimento delle cose”, assieme a Brunori Sas e Rocco Hunt, “in virtù della capacità di diffondere buone idee e buone prassi attraverso la musica.”.
Venerdì 19 gennaio sarà uno degli ospiti musicali del GABER DAY di Arezzo, voluto da Andrea Scanzi, assieme a Giulio Casale e Syria. GABER DAY da un’idea di Andrea Scanzi arriva ad Arezzo una serata interamente dedicata al Signor G. Inizio alle ore 21.00 - ingresso gratuito fino ad esaurimento dei posti. Teatro Petrarca, via Guido Monaco 12, Arezzo Annunciate tre nuovi appuntamenti dal vivo con Paolo Benvegnù: 9 febbraio BARI, Teatro Kismet, Spettacolo H3+ 9 marzo ROMA, Auditorium Parco della Musica, Spettacolo H3+ 9 maggio BOLOGNA, OFF, concerto in solo Paolo Benvegnù, a teatro, aveva già lavorato con David Riondino e Stefano Bollani, per lo spettacolo “Presepe vivente e cantante”, e con Gianni Micheli, per lo spettacolo in Rosa Lullaby: oggi torna con “H3+”, il primo spettacolo nato da un suo disco, che andrà in scena da novembre nei teatri. Nello spettacolo “H3+”, accanto al teatrino di marionette, una autentica stanza delle meraviglie, le canzoni del disco omonimo, i brani degli altri due album della trilogia “con l’H” di Benvegnù, “Earth Hotel” ed “Hermann”, e un registratore, con il racconto di quello che è stato, quello che è e quello che sarà. Lo spettacolo-concerto “H3+” è un viaggio ai primordi del mondo, alla scoperta di una terra distrutta e rinata sotto forma di pioggia, riossigenata dalla comparsa del mondo vegetale. A restituire la memoria di tutto questo, la coscienza e la visione dell’uomo che ne è stato testimone, le cassette di un vecchio registratore. La voce narrante è quella dell’ “Homo Selvaticus”, un ipotetico essere senza volto, capace di comparire e scomparire, esistere e morire al tempo stesso, attraversare epoche intere in una sola vita. La musica e i testi sono quelle del collettivo Benvegnù e accompagnano il pubblico in quello che è in tutto e per tutto un viaggio dalla Terra allo spazio interstellare, dal reale all’immaginato. In conclusione, un atterraggio dolce, sempre guidato dal filo rosso della narrazione teatrale.
Avrà inizio il 18 gennaio da Bologna il tour di Andrea Poggio, frontman e autore del gruppo folk rock Green Like July, per la presentazione di “CONTROLUCE”, il primo disco solista e in italiano pubblicato da La Tempesta Dischi. Il gruppo che accompagnerà Andrea Poggio dal vivo sarà composto da Gak Sato (noto produttore e sound artist) alle tastiere e al theremin, da Yoko Morimyo (Esecutori di Metallo su Carta) al violino e da Caterina Sforza (già corista nella band di KT Tunstall) alla voce. “Controluce” è una raccolta di nove canzoni che spaziano dal pop elettronico (“Miraggi Metropolitani”) alla tradizione italiana (“Vento d’Africa”), dall’art rock (“Addormentarsi”), all’avanguardia ed alla musica sperimentale (“I Turisti”), come se si tracciasse una linea ideale tra i Talking Heads e Paolo Conte, passando per i Matia Bazar di “Tango” e la Kate Bush di inizio anni ottanta. E’ un album caratterizzato da un’inedita ed equilibrata sintesi tra suoni sintetici e suoni acustici (“Addormentarsi” e “L’Autostrada”), tra arrangiamenti minimalisti e a moduli ripetitivi e ritmiche sincopate dal sapore hip hop e drum and bass (“Fantasma d’Amore” e l’opening track “Controluce”). Il risultato è un poliedrico racconto in nove episodi dove la città verticale e chiassosa di “Miraggi Metropolitani” lascia improvviso spazio ai profumi selvatici di “Mediterraneo”, dove le visioni oniriche e i rapidi saliscendi di “Addormentarsi” si dissolvono nella quiete e nel ricordo di “Vento d’Africa”. Scritto nell’arco di tre anni, “Controluce” viene registrato nella seconda metà del 2016 tra Milano e New York da Eli Crews, produttore statunitense che - oltre ad aver lavorato con Yoko Ono, Why? e Deerhoof - è il principale artefice del suono di “Whokill” e “Nikki Nack” di tUnE-yArDs. Alle registrazioni hanno partecipato i membri costituivi dell’ensemble Esecutori di Metallo su Carta Enrico “Der Maurer” Gabrielli (Calibro 35, PJ Harvey, The Winstons, 19'40''), il percussionista Sebastiano De Gennaro (Baustelle, Daniele Silvestri, 19'40'') e Yoko Morimyo (violinista nell’ensemble di musica contemporanea Trio Edison). Il tutto è stato poi impreziosito dalle parti vocali di Adele Nigro (Any Other). “Controluce” viene masterizzato nel gennaio del 2017 da Greg Calbi, vero e proprio nume tutelare del mastering engineering (noto per aver lavorato, tra gli altri, con John Lennon, Bob Dylan e David Bowie). TRACKLIST 1. Controluce 2. Addormentarsi 3. Fantasma d’Amore 4. Mediterraneo 5. I Turisti 6. Vento d’Africa 7. Miraggi Metropolitani 8. L’Autostrada 9. Ave Maria CREDITS Testi e musiche di Andrea Poggio Arrangiamenti di Enrico Gabrielli ed Andrea Poggio Registrato alle Officine Meccaniche di Milano da Eli Crews, al San Pedro Studio di Milano da Antonio “Cooper” Cupertino e ai Figure 8 Recording di New York da Eli Crews Mixato ai Figure 8 Recording di New York da Eli Crews Masterizzato negli Sterling Sound di New York da Greg Calbi Etichetta – La Tempesta Distribuzione - Master Music_Believe Ufficio stampa e Promozione – Big Time www.bigtimeweb.it Booking: BPM concerti – Michela Verrillo - bologna@bpmconcerti.com Eli Crews – basso e sintetizzatori Sebastiano De Gennaro – percussioni, batteria, vibrafono e sintetizzatori Enrico Gabrielli – fiati, piano, tastiere e sintetizzatori Yoko Morimyo – violino Adele Nigro – voce Andrea Poggio – voce e sintetizzatori ANDREA POGGIO BIOGRAFIA Andrea Poggio nasce ad Alessandria nel 1982, è avvocato e vive a Milano. Il suo percorso musicale ha inizio nel 2003, anno in cui fonda i Green Like July, gruppo con il quale incide tre dischi - “May This Winter Freeze My Heart” (Candy Apple Records, 2005), “Four-Legged Fortune” (Ghost Records, 2011) e “Build a Fire” (La Tempesta, 2013) - tutti molto ben accolti da pubblico e stampa specializzata. Gli anni con i Green Like July sono caratterizzati da un attento ed analitico studio della tradizione americana (si veda, in particolare, “Four-Legged Fortune”) e dall’instaurarsi di una profonda collaborazione con il produttore AJ Mogis e con la scena musicale legata alla Saddle Creek Records (sia “Four-Legged Fortune” che “Build a Fire” vengono registrati nei prestigiosi ARC Studios di Omaha, Nebraska). “Build a Fire” è un disco dai molteplici volti che segna l’inizio dell’importante collaborazione con Enrico Gabrielli e nel quale Andrea Poggio inizia a lavorare su alcuni elementi cardine della sua produzione successiva (le stratificate armonie vocali e un’idea di arrangiamento meno consueta e tradizionale). Terminata nel 2014 l’esperienza con i Green Like July, Andrea Poggio inizia a scrivere in lingua italiana. “Controluce” nasce dall’esigenza di discostarsi dagli schemi standard della canzone pop, per creare un suono più ambizioso e originale. Andrea Poggio Discografia Green Like July - May This Winter Freeze My Heart (Candy Apple Records, 2005) Green Like July - Four-Legged Fortune (Ghost Records, 2011) Green Like July - Build a Fire (La Tempesta, 2013)
Venerdì 12 gennaio si terrà, all’ex cinema Lumière di Pisa dalle 22, il concerto del gruppo pisano Betta Blues Society. Sul palco anche due ospiti d’eccezione: Nicola Floris, all’armonica, e Mauro La Mancusa, alla tromba. Il concerto è l’ultimo in Italia prima della partecipazione del gruppo alle finali dell’International Blues Challenge 2018, concorso per artisti blues provenienti da tutto il mondo, che si svolgerà dal 16 al 20 Gennaio a Memphis, Tennessee. I Betta Blues Society si sono aggiudicati la partecipazione alla rassegna grazie alla vittoria nelle selezioni nazionali dell’International Blues Challenge che si sono svolte nell’ambito del Delta Blues Festival di Rovigo, associazione affiliata alla Blues Foundation di Memphis. I Betta Blues Society nascono a Pisa nel 2009 dall’incontro tra la cantante Elisabetta Maulo e il chitarrista Lorenzo Marianelli. Il gruppo prende successivamente la sua forma definitiva con l’ingresso di Fabrizio Balest al contrabbasso e di Pietro Borsò alle percussioni. Nel 2011 il gruppo pubblica il primo album “Betta Blues Society". Il secondo album intitolato “Roots” è uscito a Giugno 2015 per l’etichetta “Il popolo del blues”. Il disco contiene 11 brani tratti dalla tradizione del blues, del folk e del gospel americani dei primi anni del novecento. Il terzo album di inediti “Let Them Out” è uscito il 5 Dicembre per “Il popolo del blues”: contiene 10 brani originali e segna il ritorno della band alla scrittura. Nel disco hanno suonato ospiti come Tommaso Novi (Gatti Mezzi), Bob Luti (Playin’ For Change), Nicola Floris, Mauro La Mancusa, Massimo Gemini, Tony Cattano e Felice Pantone. Negli anni i Betta Blues Society hanno suonato in tutta Italia in locali e festival importanti come Onda Road, Ricomincio da Tre, Bad King, Spazio Teatro 89, Cage, Auditorium Flog, Friday Night Blues, Trasimeno Blues Festival, Metarock Festival, Dieci Giorni Suonati condividendo il palco con artisti come Lynyrd Skynyrd, Carmen Consoli, Edoardo Bennato, Brunori SAS. Ingresso: 5€ Ex Cinema Lumière Vicolo del Tidi n. 6, 56126 – Pisa Per informazioni https://www.facebook.com/LumierePisa/
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Negli ultimi anni in Italia si è assistito a un forte revival per quanto riguarda le sonorità anni ’60 e ’70, soprattutto quelle che hanno reso grande e conosciuto a livello mondiale il cinema di genere di quei decenni. Maestri come Morricone, Ortolani, Umiliani, Piccioni, Trovajoli e tanti altri sono stati recuperati e riportati nuovamente all’attenzione del pubblico dopo decenni di semi oblio dalle nuove generazioni di musicisti, principalmente vicini all’ambito rock ma non solo. Basti pensare al nome italiano più noto, i Calibro 35, che hanno saputo creare un ponte fra il mondo delle colonne sonore di genere e l’ambiente più alternativo della scena musicale italiana, grazie a dischi che non rinunciano al gusto della citazione e costruiti in maniera fedele al modus operandi di quegli storici compositori tanto nella sostanza che nella forma. In questo filone si sono da poco inseriti anche i Dollaro d’onore, quartetto nato nel 2012 come tributo principalmente alle colonne sonore delle pellicole spaghetti western italiane. Nel 2016 entrano in studio per registrare il loro album di debutto, Il lungo addio, un inno e, soprattutto, un personale atto d’amore verso un genere cinematografico immortale, amore esplicitato sin dal nome del gruppo, preso in prestito dal capolavoro del ’59 di Howard Hawks. È proprio questa, d’altronde, l’impressione che si ha ascoltando le note del disco, dall’iniziale traccia d’apertura E lo chiamarono Giustizia sino alla conclusiva La mano sinistra del diavolo (in memory of Bud Spencer), dove la tracklist composta da sei pezzi originali e quattro cover dispone davanti all’ascoltatore tutte le caratteristiche peculiari e i suoni del genere. Cavalcate, cori, fischi, suoni di armonica e arpeggi di chitarra in tremolo vengono riproposti fedelmente e con grande dedizione alla materia, dando vita a piccoli quadretti sonori di ipotetici film ancora da scrivere. Bastano già le prime due tracce d’apertura, la già citata E lo chiamarono Giustizia e Il lungo addio, per addentrarsi appieno nel mondo dei Dollaro d’onore. La prima apre le danze giocando con le ritmiche e le melodie tipiche del genere western, impreziosita verso la fine anche da una parte echeggiante l’epic metal, grazie alle pesanti tastiere e al groove trascinante; la seconda, invece, ricorda, nell’arpeggio iniziale, il mood sornione dei Ronin, caricando man mano l’atmosfera di epicità con la voce soprano, la tromba e la chitarra elettrica che esplode verso il finale, stemperato poi in un’atmosfera quasi jazzy. Un brano all’apparenza semplice ma molto efficace, altamente evocativo e molto ben costruito, capace di raccontare solo con le note e, proprio per questo, mette in mostra tutte le capacità tecniche e di scrittura dei Dollaro d’onore. Capacità che, se da un lato permettono al gruppo di affrontare, riarrangiandoli con un’attitudine più rock, certi pezzi da novanta della storia del cinema come le morriconiane L’estasi dell’oro, Il mucchio selvaggio e il tema di C’era una volta il west, così come quello di I giorni dell’ira di Ortolani, dall’altro sanno sapientemente impreziosire qua e là i pezzi con tocchi progressive, hard rock e sinfonici, come testimoniano, ad esempio, Duello al camposanto e Un’oncia di piombo nel cuore, due fra i brani maggiormente audaci nel mischiare le carte dei generi e la tavolozza sonora della band. La chitarra solista, in particolare, si ritaglia molti spazi e sembra guidare l’ascolto, dominando a volte la scena rispetto al resto. In ogni caso, il quartetto non perde mai di vista il proprio obiettivo, quello di scrivere canzoni dotate del giusto mood settantiano finalizzato, oltre alla esplicita e ricercata citazione, alla pura e semplice scrittura di pezzi quanto più possibile coinvolgenti. Da questo punto di vista, The Buried Gun, brano ispirato alla pellicola La pistola sepolta nonché l’unico brano cantato, mostra un altro aspetto delle potenzialità dei Dollaro d’onore, imbastendo un brano che, partendo da una classica base western impreziosita dagli svolazzi del violino, in maniera inaspettata si apre ariosamente nel ritornello, con tono quasi lirico grazie alla voce sussurata e trattenuta di Simone Salvatori degli Spiritual Front. La varietà dei registri, se pur accennata e non ancora sistematica, da l’idea di trovarsi di fronte a una piccola orchestra western (e infatti il gruppo si denota come Western Orchestra), capace di variare atmosfere, tempi, melodie e dinamiche.
In sostanza, Il lungo addio, prodotto da Marco Carnesecchi (Francesco Guasti, Silenzio è sexy), registrato presso i Parsifal Studio da Daniele Bao e masterizzato da Giovanni Versari (Muse, Calibro 35, Vinicio Capossela), si pone come un esperimento pienamente riuscito di quel revival intelligente che non venera in maniera cieca il passato ma tenta piuttosto di giocare con il lascito artistico che ha disseminato lungo la sua storia. Proprio grazie all’amore incondizionato che il disco sprigiona a ogni nota per un certo tipo di sonorità, il gruppo può permettersi di osare di più pur nel rispetto di determinati canoni. Se proseguiranno su questa strada in maniera ancora più decisa e personale, i Dollaro d’onore sapranno sicuramente regalare tanta ottima musica. E, visto che l’album è stato pubblicato il dieci novembre scorso in concomitanza con l’89simo compleanno di Morricone, chissà, magari lo spaghetti sound del gruppo potrebbe allungare in futuro la vita al Maestro ancora per un bel po’ di tempo. Dollaro d’onore – Il lungo addio (autoprodotto, 2017)
Pagina Facebook del gruppo: https://www.facebook.com/dollarodonore/ Immagine tratta da: pagina Facebook dei Dollaro d’onore
Bologna è una città dal fascino particolare per un giovane, specialmente un universitario fuori sede giunto lì per studiare e proveniente molto spesso da un piccolo centro, ben lontano dagli svaghi scoppiettanti del suo luogo di arrivo. Mostre, appuntamenti teatrali e cinematografici, i concerti si susseguono, si integrano ed esplodono in simultanea, saziando quotidianamente la sete di cultura e divertimenti. Quest'anno, tuttavia, il capoluogo felsineo è balzato agli onori della cronaca con un primato per nulla invidiabile, che ha lasciato di stucco i più per il comportamento tanto dell'una quanto dell'altra parte in causa nell'organizzazione dei festeggiamenti in Piazza Maggiore per la notte del 31 Dicembre.
La notizia che ha scatenato polemiche e ironie, soprattutto da parte degli utenti social, ha riguardato la scelta da parte della Giunta Comunale di accettare il cachet di 5000 richiesto dal cantautore Calcutta per produrre una playlist della durata di un'ora destinata alla filodiffusione dagli altoparlanti della piazza e dell'area T pedonale contigua. Nell'ambito dell'iniziativa del "Capodanno diffuso" e per ragioni addotte di spending review, l'amministrazione cittadina ha infatti deciso di non organizzare il consueto appuntamento live del "Dallalto", a cura di uno o più djs, che negli anni scorsi dal balcone del Palazzo Re Enzo. Dunque brani registrati, preparati dagli staff dei principali clubs locali, ossia Estragon, Covo e Locomotiv, dalle 21:30 alle 1:30, eccezion fatta per la striscia dalle 23:30 alle 00:30 (quindi l'arco di tempo più importante dell'intera nottata, con il passaggio da un anno all'altro) riservata per l'appunto alla selezione di Calcutta che, tuttavia, non era presente fisicamente all'evento. Una scelta che definire "discutibile" urla all'eufemismo per vari motivi. La prima ragione consiste nel fatto che Calcutta e Bologna non hanno tra loro un legame così speciale. Edoardo d'Erme è infatti notoriamente originario di Latina e nella città emiliana si è stabilito da poco tempo, troppo poco per essere eletto a suo figliol prodigo o parte integrante. Tra le righe delle sue canzoni, la citazione più celebre di Bologna si trova in un verso della hit "Gaetano", ma nulla di più. Non esistono sostanzialmente prove né di una dichiarazione d'amore del cantante, né di un'adozione entusiasta da parte della città. L'assessore Bruna Gambarelli ha parlato di "legame particolare" tra le due parti in causa, e ha tentato di giustificare l'approvazione del cachet proposto da Calcutta affermando che l'artista si sarebbe impegnato a promuovere le iniziative del Capodanno bolognese attraverso i suoi canali social. Approfondendo la questione, appare chiaro come le percentuali di colpa siano attribuibili oltre all'ingordigia di Calcutta, a una tendenza generale alla passività e alla superficialità da parte dell'amministrazione locale, che dà l'impressione di aver inseguito un'idea precisa senza aver fatto i conti con alternative di maggiore intelligenza e profitto. "Il Capodanno diffuso" è stata una novità che ha attirato 15.000 persone secondo le fonti comunali per l'appunto e, sempre secondo questem ha ottenuto la soddisfazione e l'apprezzamento da parte tanto dei cittadini, quanto dei negozianti e degli addetti alla sicurezza. Ma al di la di ciò, esaminando la faccenda da un punto di vista forse pretenzioso e pignolo ma decisamente legittimo, la scelta di sostituire uno spettacolo dal vivo e coinvolgente come un dj-set con una "fredda trovata" riprodotta da casse e confezionata a distanza (trovando anche l'escamotage per fare pubblicità gratuita alla propria casa discografica e amici connessi, vedi Giorgio Poi) corrisponde a una mancanza di rispetto per i concittadini, l'attenzione nei loro confronti e la storia della città. Immagine tratta da www.ilrestodelcarlino.it
Diciassette le date in calendario: inizia il 20 gennaio “Contemporaneamente insieme”, primo tour nazionale di Dente e Guido Catalano. Uno dei più raffinati cantautori della scena musicale italiana e un poeta e scrittore si uniscono in uno spettacolo con la regia di Lodo Guenzi (Lo stato sociale).
“Rime semiacustiche, metafore in quattro quarti danzano” in questo spettacolo che non è un reading e nemmeno un concerto “non una commedia dialettale e nemmeno uno spettacolo circense, non un balletto, un workshop, uno spogliarello burlesco e neppure una dimostrazione di prodotti di bellezza o aspirapolveri: il cantautore emiliano e il poeta torinese incrociano chitarra e penna, per parlare d’amore a modo loro.” Dente ad oggi ha pubblicato sei album in studio, un Ep digitale e un libro, conquistandosi un pubblico sempre più numeroso con un linguaggio pop originale e ricercato. Guido Catalano pubblica per Rizzoli e collabora con il Corriere della Sera Torino e Smemoranda. È reduce dalla pubblicazione nel 2017 di “Ogni Volta Che Mi Baci Muore un Nazista” (Rizzoli), ultimo suo libro di poesie che lo ha riportato anche sui palchi con il “Ogni Volta Che Mi Baci Muore un Nazista tour” regalandogli grande successo. Una scrittura che si avvicina alla musica e una musica che si avvicina alla poesia. Due mondi che si uniscono in un nuovo e originale spettacolo. Queste le date aggiornate del tour: 20/01 Saluzzo (CN) - Teatro Magda Olivero 25/01 Catanzaro Lido (CZ) - Officine Sonore Lido 26/01 Palermo - Candelai 27/01 Catania - MA 28/01 Comiso (RG) - Teatro Naselli 02/02 Savignano sul Rubicone (FC) - Teatro Moderno 03/02 Abano Terme (PD) - Laboratorio culturale I'M 10/02 Genova - La Claque 15/02 Perugia - Auditorium Capitini 22/02 Bologna - Teatro Duse 23/02 Siena - Teatro dei Rinnovati 02/03 Torino - Hiroshima mon Amour 03/03 Milano - Base 16/03 Ascoli Piceno - Teatro dei Filarmonici 17/03 Firenze - Teatro Puccini 18/03 S. Maria a Vico (CE) - Smav 20/03 Roma - Auditorium Parco della Musica (Sala Sinopoli) |
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Marzo 2023
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