Il 18 febbraio scorso in download digitale Lana Del Rey ha reso disponibile contemporaneamente in tutto il mondo "Love", il suo nuovo singolo, il ritorno sulle scene dopo un anno e mezzo dall'album "Honeymoon", pubblicato nell'autunno del 2015. Elizabeth Lizzie Grant, è questo il vero nome della star americana che scelse "Lana Del Rey" agli albori della sua carriera quando appena ventenne (oggi di anni ne ha trentadue), si esibiva in ritmi cubani e tropicali e inventò questo alter-ego che fluiva leggero come una filastrocca e la corse sulla spiaggia d'estate. Dopo i primi approcci poco fortunati del 2005, le copertine di Vogue e il disco d'esordio "Lana Del Ray A.K.A Lizzy Grant" (2010), fu il singolo "Videogames", scritto in collaborazione con il musicista Justin Parker, a illuminarla di un successo che sarebbe esploso di lì a poco con gli album "Born to die" (2012) e "Ultraviolence" (2014). Il suo tono vocale da lounge-bar, la profondità di un timbro che parte in sordina e si apre gradualmente in un eclettismo delicato come accade con "Young and Beautiful" in una memorabile scena del film "Il Grande Gatsby", i videoclips soffusi e notturni, l'hanno reso la regina assoluta del "dream pop" contemporaneo, di un fenomeno della cultura odierna e non solo della musica. Lana del Rey ne è un'icona riconosciuta, l'espressione a tutto tondo in virtù del suo apporto nella musica, nel cinema mediante le sue performances da attrice nei videoclips e da songwriters di numerose colonne sonore cinematografiche (per "Maleficent" e "Adaline" tra le altre), ma anche per il suo stile di vita sotto e lontano dai riflettori. Lana ha ad esempio con i social network un rapporto equilibrato ed essenziale, nella libertà creativa di cui gode grazie alla mancanza di pressioni che la sua etichetta, l'Interscope le fa sentire anche ora, durante la produzione del suo quarto album. Circa un anno fa, alla fine di marzo 2016, sul suo profilo Instagram, la cantante statunitense postava una sua foto in studio di registrazione con un messaggio risicato ma significativo : "Every day". La quotidianità nella messa a punto del nuovo disco, che, adesso, dopo un anno si appresta a vedere la luce, anticipato dal videoclip di "Love" per la regia di Rich Lee, che ha già lavorato con gente del calibro di Eminem e Rihanna. "Love", con il suo testo sussurato e un video tra Vhs e cieli offuscati molto anni '80. Immagini tratte da www.mtv.news.it
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Su Spotify, Occidentali’s Karma si trova al primo posto nelle due classifiche italiane e al terzo posto nella classifica “Viral 50 - Globale” sotto Purple Rain di Prince. È al primo posto della sezione brani di ITunes, di quelli più venduti di Google Music Store e di Amazon. Il video conta ad oggi più di 13 milioni e ottocento mila visualizzazioni, continua ad accogliere approvazione internazionale per quanto riguarda la partecipazione all’Eurovision Song Contest, nel quale rappresenterà l’Italia a maggio, mentre c’è addirittura chi propone di conferirgli il Gonfalone d’argento della Regione Toscana.
Pochi giorni fa Francesco Gabbani saliva sullo scalino più alto del podio di Sanremo scavalcando Fiorella Mannoia, davanti alla quale si è inginocchiato commosso. Sanremo, “festival della canzone italiana”, firmato quest’anno da un’insolita coppia Rai – Mediaset, Conti – De Filippi, per definizione, teoricamente rappresenta l’essenza dell’artisticità musicale italiana e allo stesso tempo è un evento mediatico nel quale si può parlare ore di una camminata incerta sulle famose scale, del dettaglio della giacca di quello o l’altro cantante, della scollatura della moglie di tal attore, del sudore di quell’ospite che ha fatto ballare tutti. Aperto quest’anno da Tiziano Ferro che omaggia Tenco, niente fiori sul palco, inquadrature degli artisti prima delle esibizioni che fanno molto talent (come la conduttrice stessa che al “talent” è legata per immediata associazione), tanti Amici, ragazzi con l’X-Factor, una presenza massiccia dei social dall’altra parte dello schermo e il trio della vecchia guardia Al Bano/D’Alessio/Ron che viene buttato fuori ancora prima della finale. Sul gradino più basso del podio si è posizionato Ermal Meta, artista dall’innegabile bravura. Elegante e pacato è la firma di svariate canzoni che portano la voce di Mengoni, Emma Marrone, Lorenzo Fragola, Annalisa, Chiara, Giusy Ferrero, Patty Pravo, Francesco Renga. Al secondo posto Fiorella Mannoia con la sua Che sia benedetta. Non ha certo bisogno di presentazioni.
In tutto questo Gabbani si è presentato sul palco fin dall’inizio con un maglioncino colorato e una scimmia. Il suo brano è lontano dallo stile sanremese fatto di cuori e amori (argomento che comunque quest’anno ha ceduto il passo ad una buona dose di attualità e temi sociali) ed è unito a un balletto immediatamente diventato virale. Dietro però c’è di più. Il testo di Occidentali’s Karma gioca sulle contraddizioni dell’uomo occidentale che si avvicina alle discipline orientali finendo con il distorcerle. La Scimmia Nuda di Morris balla in un testo gremito di rimandi a una società contemporanea che è chiusa dentro quella scatola sicura che è il pc, in quel mondo rassicurante e dispersivo che è internet dove “l’intelligenza è démodé” e tutti sono esperti di tutto, dove le filosofie orientali vengono usate come ricerca di una spiritualità che rimane superficiale. “Comunque vada panta rei e singing in the rain”.
Ma anche dietro lo stesso “Gabbani vincitore di Sanremo” c’è di più e di questo “più” vale la pena parlare accantonando scimmia, balletto, ammiccamenti a particolari doti “extra-canore”, maglioncini e abito con stelline.
Cresce nel negozio di strumenti musicali del padre, a Carrara. Il primo progetto musicale si chiama Trikobalto, band con la quale pubblica l’album Necessità primarie, partecipa all’Heineken Jammin' Festival, apre un concerto degli Oasis e uno degli Stereophonics. Nel 2010 il secondo album con tour in Francia. Quello stesso anno comincia la sua carriera solista. Pubblica alcuni singoli fra i quali Estate e Maledetto amore, che entra nella colonna sonora di un film di Marco Viola. Nel 2013 vede la luce il primo album da solista, Greitist Iz. Comincia a lavorare come autore e nel 2016 arriva primo fra le nuove proposte di Sanremo con il brano Amen che si aggiudica anche il premio Mia Martini e quello per il miglior testo. È del 2016 anche il ultimo album, Eternamente ora. Sempre lo scorso anno firma la colonna sonora del film Poveri ma ricchi di Fausto Brizzi, un suo brano finisce nell’album di Francesco Renga e uno, Il ragazzo col fucile, in quello di Celentano. In più interviste ha dichiarato di aver sofferto in passato dei risultati che stentavano ad arrivare, cercando di assecondare i gusti radiofonici, perdendo sempre di più la determinazione fino a rassegnarsi. Quando Sanremo doveva essere “l’ultima spiaggia” il successo è arrivato. Gabbani sul palco dell’Ariston aveva i vestiti totalmente sbagliati, una canzone fuori dagli standard della gara e, a fianco, un modo inusuale di “attirare l’attenzione”, sdrammatizzare e allo stesso tempo sottolineare il testo del suo brano, uno scimmione ballerino, che fra l’altro era l’unica sua cosa derivante da un talent (dentro il costume c’era Filippo Ranaldi, coreografo di X-Factor). Vince dunque dopo una lunga gavetta e riesce ad ingraziarsi così tanto pubblico da scavalcare un’artista come Fiorella Mannoia. A breve uscirà il nuovo album e a maggio sarà sul palco di Kiev. Vedremo se riuscirà a far ballare anche l’Eurovision. Per ora la strada è quella giusta.
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Immagine 01: https://www.facebook.com/francescogabbaniofficial/?fref=ts Immagine 02: http://www.agi.it/cultura/sanremo/2016/02/12/news/francesco_gabbani_vince_tra_le_nuove_proposte-517507/ Ci scontriamo tutti i giorni con i pregi e difetti della tecnologia e di internet. Esistono ormai applicazioni per fare qualsiasi cosa e social network che hanno preso e continuano a prendere crescente importanza nella nostra vita quotidiana. Lasciando da parte i difetti, saper sfruttare al meglio i più grandi pregi che questa invasione tecnologica porta nel nostro quotidiano può essere l’elemento chiave per trarne enormi vantaggi. Ci sono migliaia di servizi caratterizzati da istantaneità e azzeramento delle distanze, senza contare l’aumento esponenziale della possibilità di condivisione. Qualsiasi aspetto della nostra vita (o quasi) ormai può essere social, qualsiasi notizia diventa immediatamente fruibile, una piccola impresa economica si può espandere e qualsiasi idea può essere condivisa, ampliata. Visti i tempi economici nei quali viviamo, soprattutto per i giovani, la capacità di sfruttare questi pregi incanalandoli in un’idea che può unire passione e lavoro può essere la carta vincente. Giorgio Giunti, laureato in Scienze Giuridiche all’Università di Pisa, ha pensato di sfruttare queste potenzialità. Nasce così Gimme the Sound, portale che propone un modo diverso di creare e condividere musica. La bellezza e la sostanza dell’arte e della musica stanno anche in questo: l’ibridazione, la fruizione, lo scambio di idee. Gimme the Sound è stato pensato con lo scopo di avvicinare musicisti e appassionati che si trovano in ogni parte del mondo, grazie all’utilizzo della lingua inglese e di un’interfaccia intuitiva e semplice. La parola d’ordine è “contaminazione”. L’utente infatti, dopo essersi registrato, può indicare i propri gusti musicali e gli strumenti che suona. Un musicista, per esempio, che ha composto un giro di chitarra per il suo nuovo brano può condividerlo tramite la chat e cercare ciò che gli serve per completarlo. Oppure quella cover che aveva in mente da tempo senza poterla arricchire nascerà nuova e creata a più mani. Altri potranno condividere con lui, in base ai propri strumenti, il loro contributo inviandogli la propria incisione. Il risultato? Un nuovo pezzo che avrà il sapore di varie e differenziate influenze. Non si parla solo di composizione. La musica copre un ampio ventaglio di campi e svariate possibilità. Sono così presenti anche un blog nel quale ci si scambiano idee, un market nel quale si possono vendere i propri strumenti o i propri lavori. Il portale è inoltre aperto anche alla fotografia e alla pittura grazie alla possibilità data agli artisti di poter creare le cover degli album. I vantaggi di questa unione fra social e creatività possono essere enormi: la nascita di progetti unici ed originali che si avvicinano all’idea di un nuovo genere musicale ma soprattutto l’avvicinamento fra appassionati di musica e musicisti che genera inevitabilmente unione e pubblicità reciproca. Gimme the Sound nasce livornese con il carattere londinese dato dal supporto tecnico della società informatica Nextasoft e si sta espandendo: mensilmente sul sito si contano dai 45 mila ai 50 mila contatti e in America è seguito anche da Quincy Jones, mentre GQ lo ha inserito tra le 10 applicazioni/portali web da avere fra quelle riguardanti la Share Economy. http://gimmethesound.com/ Immagini tratte da https://www.facebook.com/gimmethesound/?fref=ts
Ce n'era bisogno di un disco così. Dopo la trilogia del 2012 "Uno!Dos!Tre!" e la raccolta "Demolicious" del 2014, il trio di Berkeley è tornato sulle scene l'autunno scorso con l'uscita di un album nuovo di zecca intitolato "Revolution Radio". "Revolution Radio" è un disco importante da tanti punti di vista sia per quanto riguarda la band stessa che i suoi fans. Più che di rivoluzione, questo potrebbe essere considerato il lavoro del rehab, della riabilitazione, come quella affrontata dal cantante Billie Joe Armstrong, decisosi a disintossicarsi da droga e alcool. Oppure come la rinascita dopo la sconfitta del cancro da parte del chitarrista turnista Jason White (dal 2012 considerato membro a tutti gli effetti della band), e della moglie del bassista Mike Dirnt. Partendo da tali considerazioni, "Revolution Radio" costituisce il grimaldello per mezzo del quale i Green Day hanno scardinato il silenzio di cinque anni che aveva dominato uno dei periodi più duri della loro storia, e si sono inoltre ripresentati al loro pubblico mettendo in evidenza un famelico ritorno a quel punk da cui provengono. Certamente "American Idiot" rappresenta ancora oggi qualcosa di sconvolgente tanto in ambito musicale, in virtù delle potenzialità inesauribili espresse dall'alternative-rock, che da un punto di vista narrativo – sociale, data la vastità di tematiche trattate inerenti alla realtà ma anche sbocciate dalla creatività di Billie Joe. "21th Century Breakdown" non rimarrà invece per nulla memorabile, e così "Revolution Radio", che tuttavia segna una tappa di transizione significativa per il gruppo californiano.
Raggiunto il traguardo formidabile di 30 anni di Green Day, Billie Joe e soci hanno sfornato un album composto da dodici tracce, "sole" se si pensa all'ampiezza di "American Idiot" e "21th Century Breakdown" per l'appunto, ma ad assumere invece i vecchi "Kerplunk" e "Nimrod" come termini di paragone direi si può già intuire la necessità di ripartire dalle proprie origine. Un reset evidente, ma non totale, dal momento che non possono essere cancellati del tutto quindici anni di successi e soprattutto innovazioni, nei meandri del rock e nell'approccio alla contemporaneità storica e culturale. Per questo motivo "Revolution Radio" conserva la rabbia adrenalinica nei confronti degli attentatori alla salute degli Stati Uniti e in simultanea la necessità di cogliere intimi aspetti della personalità e della corporeità. Ma seguendo il comportamento dei camaleonti, durante la sua progressione "Revolution Radio" muta pelle, recuperando lo spensierato desiderio da parte della band di suonare (e basta) in pura chiave punk e acustica come ai vecchi tempi (ne danno prova schiacciante i brani "Bouncing off", "Too dumb to die" e "Troubled times") Non sarà forse un caso che ad accompagnarli come headliners del "Revolution Radio Tour" saranno i Rancid, storica formazione portabandiera del genere (le date in Italia previste sono al Lucca Summer festival il 14 Giugno, e all'I-days all'Autodromo di Monza il giorno dopo). D'altro canto, per cercare di fornire un'anteprima completa di "Revolution Radio" non si può non prescindere dall'analisi dei testi composti da Billie Joe, e, anche in questo caso, dalle variazioni che ricorrono nel suo modo di scrivere ed esternare le sue idee in relazioni a molteplici argomenti. Il songwriter di "Revolution Radio" è profondamente diverso dall'ebbro trascinatore di "American Idiot" e di "Dookie", meno assetato di giustizia e anarchico. Innegabilmente, l'esperienza del rehab dalle sue dipendenze attua alcuni cambiamenti nella visione del mondo di Billie Joe, portandolo a rendersi conto dell'importanza di fermarsi un attimo a riflettere su quanto lo circondi piuttosto che lanciarsi in giudizi impulsivi e affrettati. Egli è perfettamente a conoscenza di quanto marcio si annidi sulle strade della sua America e, come da sempre ha fatto, sente il dovere di denunciarlo ponendosi stavolta da una prospettiva che non abbandona la spinta alla lotta e all'azione. Così dunque nella title-track "Revolution Radio" si invita senza mezzi termini a scendere in piazza a manifestare le proprie idee, sulla scorta di una marcia condotta a New York dai membri del movimento anti-razzista Black LivesMatter alla quale Armstrong partecipò con passione. E ancora in "Troubled times" risalta seccamente il cumulo di problemi di carattere razziale ed economico "regalati" dall'ascesa di Trump. Mentre "Bang bang", il primo singolo estratto dall'album nonchè la canzone più potente di tutto il lotto, si candida a ennesimo manifesto, in pieno stile Green Day, della volontà di emergere all'interno di una realtà seppur di merda. Billie Joe non ha paura nell'esporre senza filtri alcune vicende di grande rilievo della sua vita, sia pre che post-riabilitazione. Se "Outlaws" disegna il nostalgico ricordo della gioventù trascorsa insieme a Mike e Tre Cool tra le canne, furti di autoradio e altre goliardate da deliquentelli, con "Youngblood" Armstrong canta la sua ammirazione per la moglie Adrienne, e in "Still breathing" affronta infine il tema delicato della capacità di saper chiedere aiuto nel momento in cui sembra chiaro che da soli le proprie forze a volte non bastano. E nell'ultima traccia, la ballata "Ordinary world" (che precede "Forever Now", una mini-opera rock in sette minuti che fonde insieme brani diversi come la bellissima "Jesus of Suburbia" di "American Idiot"), il leader della band si ritrova voce e chitarra da solo sul palco, dando vita a una poesia breve e diretta che mira ad accontentarsi di quello che si ha, senza pretendere per forza troppo. ("Baby, I don't have much/But what we have is more than enough/Ordinary World"). Immagini tratte da www.greenday.com |
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Marzo 2023
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