di Enrico Esposito Come una tempesta tropicale! I Selton aprono alla grande la seconda edizione del Wom Fest, l'appuntamento live con la musica italiana indipendente che fino a sabato sera scalderà il cuore di Lucca all'interno della meravigliosa cornice della cinquecentesca Villa Bottini. La spumeggiante band brasiliana che si è legata all'Italia in un rapporto d'amore e passione da un bel po' di anni ormai ha inaugurato la serata d'esordio del festival toscano e allo stesso tempo ha debuttato in occasione della prima data del tour estivo la sua nuova formazione, dopo il ritiro al termine del 2017 dell'ex cantante e seconda chitarra Ricardo Fischmann. Un battesimo, dunque, anche delicato per il collettivo di Porto Alegre che è riuscito a "superare l'esame" senza ansie, grazie all'energia e alla gioia di vivere espresse sin dall'apparizione sul palco e dall'inizio delle danze. Alla prima voce dei Selton si trova adesso Ramiro Levy, il chitarrista che già agiva da seconda voce, al basso Eduardo Stein Deichtar e alla seconda chitarra, oltre che alle percussioni, il vulcanico Daniel Plentz; i tre fondatori insieme a Fischmann, che hanno assunto due angeli custodi (con vere e proprie ali piumate dai colori luminosi della cover dell'ultimo album "Manifesto tropicale) ossia Daniela Mornati alle tastiere e Raffaele Scogna alla batteria. Le new-entries si calano immediatamente all'interno del carnevale di ritmi, lingue e storie che il trio ricrea sul palco e trasmette con impeto e brio ai numerosi fans sopraggiunti facendo leva sulla forza e naturalezza della musica. Non è necessario fare appello a chissà quali sotterfugi o invenzioni per poter conquistare l'attenzione completa del pubblico e trascinarlo in una dimensione di relax e appagamento del cuore e del corpo che abbatte le resistenze lasciandosi andare a balli frenetici sotto i propri ritmi scatenati. Sono il sorriso pieno di Ramiro e le poche ma coinvolgenti parole che sceglie per introdurre i brani, la calma olimpica di Edouardo e l'estro instancabile di quel diavolo di Daniel (che durante il concerto si rende anche protagonista di un balletto molto spiritoso e canta in prima persona alcuni brani tra cui l'ultimo singolo "Sampleando Devendra", omaggio al cantautore statunitense Devendra Banhart) ad attrarre in maniera contagiosa l'interesse di chi gli sta di fronte, o ancora meglio l'affetto, e diffondere la sensazione di partecipare tutti insieme a un viaggio limpido e denso di significati, come di ricordi, meravigliosi, beati, spesso malinconici. Seppur di norma si producano in brani incalzanti, impetuosi per il folk delle percussioni latino-americane e la voce arrembante delle chitarre ("Tupi or not tupi", "Piccola sbronza, "Voglia d'infinito"), senza disdegnare certamente pregevoli ballate dalle influenze pop ("Lunedi", "Buoni propositi") e dai richiami al cantautorato italiano degli anni '80 ("Luna in riviera"), i Selton affrontano tematiche non esattamente rosee e scontate, ma in virtù della loro visione del mondo saggia e libera non annoiano mai, nè si deprimono o si ripetono. Si rendono anzi simpaticissimi interpreti di un'avventura giocosa, che trasporta i giardini magnifici di Villa Bottini sulla spiaggia di Cobacana in una ribollente nottata di piena estate. Selton & Wom Fest ci avete fatto tanto innamorare. Immagini tratte da foto dell'autore
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25/5/2018 La nuova versione de "La fine della Chemio" dei Sick Tamburo non è solo una canzone, ma molto di piùRead Now
Arriva oggi venerdi 25 maggio in radio e su tutte le piattaforme digitali la nuova versione del singolo dei Sick Tamburo "La fine della chemio", interpretato insieme a Jovanotti, Tre Allegri Ragazzi Morti, Manuel Agnelli, Samuel, Elisa, Meg, Lo Stato Sociale, Pierpaolo Capovilla, Prozac+
“LA FINE DELLA CHEMIO” è un progetto charity dei Sick Tamburo in collaborazione con Jovanotti, Tre Allegri Ragazzi Morti, Manuel Agnelli, Samuel, Elisa, Meg, Lo Stato Sociale, Pierpaolo Capovilla e Prozac+, artisti che hanno interpretato il brano insieme a Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani ex membri dei Prozac+ e tuttora parte dei Sick Tamburo. Il brano, già pubblicato nell’album “Un Giorno Nuovo” dei Sick Tamburo, è stato scritto da Gian Maria per Elisabetta che nel 2015 si è ammalata di cancro al seno. Da subito è nato il desiderio di fare una versione del singolo assieme ad altri artisti della scena musicale italiana: insieme per raggiungere più persone possibili ed aiutarle ad affrontare il percorso difficile della malattia. I proventi di “La Fine della Chemio” saranno devoluti in parte all' A.N.D.O.S. di Pordenone, associazione donne operate al seno, un gruppo di volontarie molto attive sul campo; in parte alla squadra di canoa “Donne in Rosa Lago Burida”, donne operate che attraverso lo sport divulgano il loro motto: “Insieme si vince sempre”.
Ciao, sono Elisabetta, a febbraio 2015 sono stata operata.
Ho fatto poi chemioterapia, radioterapia e una terapia ormonale che andrà avanti per anni. Sono stati mesi molto difficili, fisicamente ma soprattutto moralmente. La paura di non farcela non mi dava tregua. Durante questo periodo, Gian Maria, amico e compagno d'avventura da sempre, ha scritto una canzone per me, una canzone che, come dice lui, non avrebbe potuto non scrivere. L'ho ascoltata per la prima volta in macchina, mentre andavo all'ospedale per l'ennesima seduta di chemioterapia: E' stato un istante, più potente della chemio, degli antidepressivi, degli incontri con la psicologa e di mille terapie coadiuvanti. Mi è arrivata addosso una bomba d'amore e di speranza, un'energia che mi ha dato gioia, forza e volontà indispensabili per affrontare tutto questo. Adesso io voglio che questo meraviglioso regalo che mi è stato fatto sia di tutti. Voglio che chi sta affrontando il difficile percorso della malattia, possa avere lo stesso aiuto che ho avuto io. Per questo abbiamo deciso di chiedere a diversi artisti di cantare "La fine della chemio" assieme a noi, per raggiungere più persone possibili. (Elisabetta Imelio)
I Sick Tamburo nascono ufficialmente nel 2009 da un’idea di Elisabetta Imelio e Gian Maria Accusani, già precedentemente uniti nell’avventura Prozac+. Elisabetta e Gian Maria scelgono il nome Sick Tamburo, inizialmente pensato per il progetto di percussioni noise di Gian Maria ora conosciuto come Hardcore Tamburo. All'attivo hanno quattro album ed un ep (2009 - Sick Tamburo, 2011 - A.I.U.T.O., 2012 - La mia mano sola EP, 2014 - Senza vergogna, 2017 - Un giorno nuovo) pubblicati tutti per La Tempesta Dischi e centinaia di concerti in giro per tutt'Italia. All'interno dell'ultimo disco "Un Giorno Nuovo" c'è la versione originale del brano "La Fine Della Chemio" che ha poi ispirato l'omonimo progetto. A.N.D.O.S. onlus, Associazione Nazionale Donne Operate al Seno, è un’associazione di volontariato che si occupa delle donne operate di tumore al seno. L’Associazione, nata in Italia nel 1976, conta 58 sedi distribuite sull’intero territorio nazionale. Il Comitato di Pordenone, sorto nel 1989, si avvale del contributo di una trentina di volontarie, tutte donne che hanno vissuto e superata la malattia e che mettono a disposizione di altri la propria esperienza. Donne in Rosa Lago Burida - Canoa, un progetto nato in collaborazione con A.N.D.O.S. di Pordenone, è una squadra di canoa di donne operate al seno che attraverso lo sport divulgano il loro motto: “Insieme si vince sempre”.
di Enrico Esposito
Non ci poteva essere location migliore. È la Scuola di Musica Bonamici di Pisa il luogo scelto per incontrarmi con la Presidente dell'Orchestra Arché, la violinista Luisa Di Menna, che in questa scuola insegna da ormai diversi anni. Sediamo in una camera accogliente, che esibisce un pianoforte nero alla sua sinistra e un palchetto sullo sfondo. In rapida serie con la Presidente ripercorriamo la ricca storia di Arché, una delle realtà musicali più interessanti e camaleontiche del panorama culturale della città di Pisa. Una città amata da Luisa, frusinate di origine, e da lei considerata casa sua dopo esservisi trasferita ai tempi dell’Università. E proprio a quel momento risalgono le origini di questa formazione strumentale, che col passare degli anni è cresciuta in maniera incoraggiante, trasformandosi dapprima in associazione e successivamente in cooperativa, sostenuta da una passione incessante per la musica e dal suo particolare rapporto con il pubblico. Luisa, il Maestro Francesco Pasqualetti e gli altri fondatori dell'Arché hanno compiuto “i primi passi” sulla scena cittadina costituendo nel 2002 l'Orchestra Giovanile Universitaria di Pisa (OGU), una novità assoluta per la città, che aveva consentito di creare una serie di appuntamenti e occasioni di fruizione ed esecuzione di musica classica per i giovani, cosa che fino ad allora era mancata. Sono poi sopraggiunti i perfezionamenti e le esperienze lavorative altrove, in Italia e soprattutto all'estero (Svizzera, Inghilterra, ecc..) in importanti enti, che hanno rafforzato nei musicisti la volontà di creare a Pisa, sul modello delle più importanti città europee e non, una realtà di più ampio respiro e di elevato livello professionale, che portasse le competenze acquisite al servizio di una città che ancora poco aveva sperimentato nell'ambito della musica classica. I mezzi dovevano essere quelli di un linguaggio espressivo e un approccio al genere musicale intrapreso che mettessero in mostra contemporaneamente una ricerca approfondita del campo e un’apertura entusiastica anche ad altri universi (dalle colonne sonore cinematografiche, alla letteratura, ai fumetti, ai videogiochi). Con gli attuali componenti, che variano dal duo fino ai settanta elementi, l'Orchestra Archè vanta a propria disposizione membri in pianta stabile e collaboratori che abitualmente lavorano presso i più importanti enti musicali italiani, accomunati da uno spiccato eclettismo e dalla volontà di valorizzare appieno, anche in ambiti non convenzionali, le prospettive affascinanti rese possibili dalla musica classica. Come è possibile leggere dalla biografia presente sul sito ufficiale www.orchestraarche.com, l’ideatore del progetto fu in primis il Maestro Francesco Pasqualetti, che al termine del 2011 costituì dunque la nuova compagine. Il debutto ufficiale dell’Orchestra, battezzata Arché dalla parola in greco antico che indica “la genesi” ”l’origine”, avvenne in occasione del tradizionale Concerto di Capodanno al Teatro Verdi di Pisa il 1 gennaio del 2012. Fu un esordio di successo e apprezzamenti per l’Arché, che cominciò ben presto ad ampliare e perfezionare la sua struttura e a vedersi commissionare l'esecuzione di diverse opere liriche. Nella stagione 2012/13 del Verdi furono sei le opere eseguite dall’Orchestra, con titoli “storici” quali “Otello”, “Nabucco”, “Nozze di Figaro”, “Mozart-Salieri e Zanetto”, e in prima esecuzione mondiale “Falcone e Borsellino” di Antonio Fortunato, che fu dunque proiettata anche in una dimensione contemporanea, nei temi trattati come nelle sue espressioni formali. Una duttilità nella costituzione stessa dei suoi ensemble (l’Orchestra si esibisce infatti al completo o in gruppi ridotti in base alla tipologia degli eventi cui prende parte) e parallelamente nella concezione stessa della musica classica che ha permesso al progetto pisano di emergere su territorio nazionale ed europeo, riscuotendo un consenso di pubblico e critica importante. Il quinquennio 2013-2018 “testimonia” lo sviluppo di una fitta rete di collaborazioni con il Teatro Verdi, sul cui palcoscenico i musicisti dell’Archè hanno portato in scena “Les Contes d’Hoffmann” di Jacques Offenbach (replicata anche presso i Teatri del Giglio di Lucca, Goldoni di Livorno e Coccia di Novara), “Il Ghetto-Varsavia 1943” di Giancarlo Colombini in prima esecuzione mondiale e “L’Andrea Chénier” di Umberto Giordano durante la stagione 2013-2014; un ciclo di Opere sul tema del “Don Giovanni” all’interno del Festival “Una gigantesca follia” per la stagione 2015-2016 e la trasposizione musicale dei due racconti di Edgar Allan Poe “Il cuore rivelatore” e “L’Angelo del Bizzarro” (andata in scena con successo anche all’Armel Festival di Budapest). Nel 2016-2017 è stata poi la volta di un Trittico particolare (Gianni Schicchi, Suor Angelica e Sancta Susanna di Puccini-Hindemith) e de “Il piccolo spazzacamino” di Benjamin Britten nell’ambito del Festival “Demoni e Angeli”, che il Teatro ha realizzato con la partnership dell’Orchestra, mentre nel marzo scorso, sotto la direzione del Maestro Pasqualetti, è stata eseguita “L’Italiana in Algeri” di Gioacchino Rossini (successivamente rappresentata con grande successo anche al Teatro Sociale di Rovigo). A tutti questi titoli di opera si sono negli anni alternate anche numerose esibizioni in programmi sinfonici, che hanno visto collaborazioni con importanti direttori italiani e esteri, tra cui N. Piovani, Wyn Davies e Michael Guettler e partecipazioni, anche con formazioni cameristiche, in Festival nazionali e internazionali, quali Lucca Classica, Festival Cusiano di Musica Antica, Serchio delle muse, Dante Festival, ecc... La compagine si è inoltre aperta a esperienze didattiche, realizzando per tre anni consecutivi un campus estivo di orchestra per ragazzi in collaborzione con la Scuola di Musica Bonamici e gestionali, attraverso il percorso di rinascita del Cinema Teatro Nuovo di Pisa assieme alle più importanti realtà culturali della città. Luisa Di Menna, come del resto gli altri musicisti dell’Orchestra Arché, credono infatti fermamente nell'importanza della formazione musicale dei giovani come percorso di crescita individuale e sociale e svolgono con passione e dedizione anche il lavoro di insegnanti all’interno di Conservatori, Licei Musicali e Scuole di musica. In quest'ottica quest’anno hanno condotto una serie di Lezioni-concerto per gli studenti del Liceo Musicale Giosuè Carducci di Pisa. Dalle parole della Presidente Luisa Di Menna abbiamo modo quindi di comprendere la professionalità e la passione che hanno permesso di accrescere in questi anni la valenza di un progetto, che ha da una parte il merito di custodire la tradizione e la storia secolare della musica classica e dall’altra di poterne esaltare le immense potenzialità all’interno degli attuali linguaggi di cultura e intrattenimento così da richiamare anche l’attenzione dei giovani. Per questa ragione si mette da parte presto un sentimento di stupore quando, accanto alle collaborazioni con personalità di spicco della scena classica e barocca, tra cui il pianista Maurizio Baglini, il Premio Oscar Nicola Piovani o importanti esponenti della prassi filologica quali Carlo Ipata e Ottaviano Tenerani, si legge che l’Orchestra si è resa protagonista anche di performances al Lucca Comix o della trasposizione musicale di racconti di Edgar Allan Poe. Proprio questa duttilità le ha consentito il riconoscimento del Premio Boris Christoff nel 2016, come migliore realtà emergente. Passato e presente, l’importanza dello studio degli strumenti e della didattica, il gusto per lo spettacolo, la fusione e il divertimento di qualità sono dunque la ricetta vincente dell'Orchestra Arché. Immagini gentilmente offerte da Luisa Di Menna che ringraziamo moltissimo per la grande disponibilità e gentilezza di Enrico Esposito "Tutto Bene" è il nuovo singolo dei genovesi Ex-Otago disponibile su tutti gli store digitali dal 18 maggio 2018, prodotto da Garrincha Dischi ed INRI e distribuito in licenza da Universal Music Italia. Arriva dopo il successo del loro quinto disco "Marassi" e 5 mesi di silenzio il nuovo brano scritto dagli Ex-Otago con la produzione artistica di Matteo Cantaluppi, e segna il ritorno della band che si esibirà dal vivo nell'unica data estiva il 25 maggio al MiAmi Festival di Milano. Il brano analizza tutti quei rapporti e incontri superficiali, con amici e conoscenti, che ai convenevoli rispondono sempre in maniera positiva e quasi evasiva "tutto bene", ma la vita ci insegna che non va sempre tutto così bene e, a volte, per gli Ex-Otago sarebbe tanto sano quanto bello avere il coraggio di dire quando le cose non funzionano, senza paure, senza pigrizie semplicemente affrontando la realtà per quella che è. Una presa di posizione per avere anche la libertà dire che non va sempre tutto bene. Succosi dettagli su questo brano che anticipa la prossima uscita di un nuovo album sono stati svelati dal frotman Maurizio Carucci, che in un post su facebook apparso all'interno della sua pagina personale ha regalato ai suoi fan un preludio significativo: Oggi a mezzanotte esce “Tutto bene” il singolo che anticipa il nuovo disco degli Ex-Otago. Un pezzo che mi riporta con un certo orgoglio agli anni 90, quando abitavo a Marassi in Via Robino 89/8 e ascoltavo e mixavo musica dance/progressive tutti i santi pomeriggi, al ritorno da scuola. La cassa dritta, mi serviva oltre che per ballare anche a liberarmi, a protestare, in qualche modo, per me, era uno strumento di lotta. Anni di impennate con lo scooter, di olandesi in piazzetta, di delusioni, e di grandi amori. Anni fondamentali per la mia formazione musicale soprattutto per quanto concerne la scrittura delle melodie. È sempre negli anni 90 che ho capito che le mie ore le avrei spese tra gli alberi e la musica pop.
di Alice Marrani
I tour invernali stanno terminando per lasciare spazio alle locations all’aperto. Vi presentiamo le novità della prossima stagione iniziando da Bud Spencer Blues Explosion e The Zen Circus.
Bud Spencer Blues Explosion arrivano a giugno reduci dal successo della prima parte del loro tour. Dopo quattro anni d’attesa è uscito a marzo il nuovo album Vivi muori blues ripeti (La Tempesta Dischi). In tour, il duo formato da Adriano Viterbini e Cesare Petulicchio è accompagnato da Francesco Pacenza al basso e alla voce e Tiziano Russo alle tastiere e alla voce. Si riconfermano originali, energici e diretti. Sul palco possono essere due oppure quattro ma la potenza sonora in un loro concerto non viene mai a mancare.
È uscito a maggio il loro nuovo singolo insieme a Davide Toffolo, “Io e il demonio”, ultimo estratto dal disco. 01/06/2018 Bologna – Biografilm Park – Bio Parco 05/06/2018 Cagliari - Ateneika 07/06/2018 Bassano del Grappa (VI) - AMA Festival 08/06/2018 Olgiate Molgora (LC) - La Sbiellata 09/06/2018 Montecassiano (MC) - Svicolando 22/06/2018 Montepulciano (SI) - Konca Music Fest 05/07/2018 Cuneo - Nuvolari 12/07/2018 Roma - Villa Ada 13/07/2018 Arezzo - Mengo Music Festival 14/07/2018 Biella - Reload Festival 19/07/2018 Mira (VE) - Mira On Air 20/07/2018 Ambria (BG) - Ambria Music Festival 27-28/07/2018 Vasto (CH) - Siren Festival 04/08/2018 San Martino Valle Caudina (AV) - Future Waves 05/08/2018 Lamezia Terme (CZ) - Color Festival
Se siete loro fan e vi siete persi una delle sette date dell’ultimo tour firmato The Zen Circus ci sono in programma sedici occasioni per rimediare. Dopo la partecipazione al Concerto del Primo Maggio di Piazza San Giovanni a Roma e sulla scia del grande successo di Il fuoco in una stanza (Woodworm Label/La Tempesta), loro ultimo disco uscito a marzo, il sette giugno partiranno da Cagliari con un calendario ricco di nuovi concerti in tutta Italia.
07/06/2018 Ateneika 14/06/2018 Padova - Sherwood Festival 06/07/2018 Comunanza (AP) - Mazzumaja 13/07/2018 Pescara - Terrasound 20/07/2018 Roma - Ardeforte 02/08/2018 Livorno - Effetto Venezia 04/08/2018 Lamezia (CZ) - Color Fest 07/08/2018 Molfetta (BA) - Eremo Club 08/08/2018 Melpignano (LE) So What Festival 09/08/2018 Teatro Greco di Tindari (ME) - Indiegeno Fest 23/08/2018 Riolo Terme (RA) - Frogstock Festival 24/08/2018 Brescia - Festa di Radio Onda d'Urto 25/08/2018 Vinadio (CN) - Balla coi Cinghiali 01/09/2018 Reggio Emilia - FestaReggio 02/09/2018 Prato –Settembre/Prato è Spettacolo 06/09/2018 Milano - Carroponte / Festa di Radio Popolare Foto di Ilaria Magliocchetti, Big Time Potrebbe interessarti anche:
di Carlo Cantisani
Quattordici anni sono un lungo periodo di tempo all’interno dell’attuale mercato discografico. Pochi artisti – i più longevi, di solito - possono permettersi archi di tempo di semi-inattività così ampi, inframmezzati magari soltanto da uscite minori come best of, live, qualche singolo sparso estemporaneo, split e così via. A “sopperire” a questo vuoto di pubblicazione, da qualche tempo, ci pensano però i social network: attraverso foto, video, commenti e post, gli artisti rimangono sempre in contatto col loro pubblico, o, più che altro, sempre “in vista” e in evidenza, catturando comunque l’attenzione della scena internazionale. L’importante è far parlare di sé, sempre e comunque, indipendentemente dalla musica che si crea.
Per gli A Perfect Circle il tempo non è mai stato un grosso problema. Billy Howerdel e Maynard James Keenan hanno sempre ribadito che le loro uscite sarebbero venute fuori al momento opportuno, dettate, cioè, dalla reale necessità artistica di doversi esprimere anziché dalle scadenze contrattuali. Un’attitudine – almeno apparentemente – senza compromessi, un “prendere o lasciare” che i numerosi fan hanno imparato sin da subito ad accettare, e che ha consentito ai due (soprattutto a Keenan) di rivestire i panni degli idoli e dei profeti dell’alternative rock americano del XXI secolo. La stessa attitudine, inoltre, che muove l’altra band del cantante, i Tool, anche loro attesi spasmodicamente ormai da dodici anni. Se questi due gruppi, speculari e complementari, possono permettersi oggi di prendersi tutto il tempo che vogliono è perché sono gli stessi fan a concederlo loro, forti soprattutto di un rapporto di reciproca fiducia con gli ascoltatori che, a volte, è al limite dell’idolatria. Fiducia che poi, a conti fatti, è stata sempre ripagata, grazie a grandissimi album e a delle discografie che hanno segnato la storia del rock degli ultimi venti anni. Consapevoli di tutto ciò, A Perfect Circle e Tool continuano imperterriti sulla loro strada, noncuranti delle mode del momento e fregandosene di dare anche solo di sfuggita un’occhiata al panorama musicale che li circonda. Probabilmente è anche per questo che Eat The Elephant, il quarto e ultimo album del progetto di Howerdel e Keenan, sembra quasi sbucato dal nulla e di soppiatto, senza grandi proclami pubblicitari. Una pubblicazione che si potrebbe definire “fuori contesto”, nel senso che non trova connessioni forti con ciò che domina oggi e va più per la maggiore nel panorama musicale internazionale, dominato dalla nuova ondata hip hop americana capitanata da Kendrick Lamar, moda trap, commistioni elettroniche e rigurgiti anni ’80. Proprio come la mortifera figura di Maynard James Keenan contrasta evidentemente col bianco dello sfondo della copertina, così il disco si pone fieramente a distanza – o meglio, di lato – rispetto a ciò che caratterizza il pop degli gli ultimi anni. Non sono molti i dischi di matrice puramente rock, dominati cioè dallo strumento chitarra, oggi capaci di intercettare e rappresentare determinati sentimenti collettivi, a meno che non siano targati Radiohead e per questo motivo, così come tanti altri ipotizzabili, una nuova uscita targata A Perfect Circle, che, per fama, di certo non sono i Radiohead e si rivolgono a un pubblico più ristretto, risulta un evento in sé, visto anche il modus operandi della band, sempre a metà fra mondo mainstream e quello underground. Il gruppo californiano parla solo ed esclusivamente con il suo peculiare linguaggio e solo coloro disposti ad ascoltarlo – sembra dire il gruppo – potranno goderne davvero appieno. Questa volta il linguaggio A Perfect Circle trova una veste nuova, anche se non completamente inedita per due motivi principali: Eat The Elephant riesce a mantenere vivo un legame con Emotive del lontano 2004, recuperandone sottotraccia (ma poi mica tanto) il discorso, ampliandolo ulteriormente, e, inoltre, mantenendo perfettamente integro quel mix unico di sentimenti fra malinconia, rabbia, sconforto, vulnerabilità e disillusione. Qui le chitarre si fanno da parte relegandosi intelligentemente sullo sfondo, costituendo insieme alle tastiere quell’ambiente sonoro dove la sezione ritmica di Matt McJunkis al basso e Jeff Friedl alla batteria suona piena e compatta, e dove, soprattutto, la voce di Keenan svetta in primo piano. Il lavoro di quest’ultimo è particolarmente encomiabile, senza assolutamente nulla togliere agli altri membri, soprattutto a Howerdel, il vero motore della band, ma è da sottolineare il fatto che molto del fascino dell’album è dato dalle melodie vocali e dall’interpretazione altamente personale che qui il cantante riesce a dare ancora una volta, tanto che in alcuni episodi sembra che i pezzi siano stati costruiti proprio intorno alla voce. La commistione di questi elementi dà luogo ad un album differente dagli altri, con suoni più morbidi, soffusi, a cavallo fra rock ed elettronica, dove l’abusata e vuota etichetta di alternative rock perde tutto il suo significato in favore di una musica altamente personale, fatta con eleganza e classe navigata. Le ombre di David Bowie (quello da Hours… in poi), dei Depeche Mode, dei The Cure, dei R.E.M., del post-punk e di chissà quanti altri artisti giocano a nascondino fra le pieghe delle composizioni, rimaneggiati e rivisti secondo una propria ottica e non con mero citazionismo. Basterebbe l’iniziale title track per rendersi conto che quest’ultimo lavoro è destinato a dividere gli ascoltatori: l’attacco affidato al pianoforte è spiazzante, irruento nella sua inaspettata delicatezza, continuando poi in punta di piedi con un tono quasi da ballad su una batteria quasi jazzata. Oppure l’elettronica acida di Hourglass, l’andadura quasi hip hop e gli scratch di Get The Lead Out e il continuo oscillare fra rabbia contenuta e delicatezza di un pezzo formalmente perfetto come The Doomed. Per non parlare poi di So Long, And Thanks For All The Fish, il vero e proprio pomo della discordia per chiunque ami i dischi passati del gruppo per via della melodia che lo caratterizza, quasi sfacciata nella sua spensieratezza. Ma proprio questa canzone può, forse, essere vista un po’ come il simbolo dell’intero album, perché dietro a una superficie accomodante, luminosa e compiacente si cela, invece, un cuore solcato da ombre, inquietudini e aspetti irrisolti che Maynard, con i suoi testi, rintraccia in noi stessi e nella società in cui viviamo. Per chi, comunque, volesse sentirsi a casa ci sono brani come TalkTalk, Disillusioned o Delicious, dove è possibile rintracciare gli spettri degli A Perfect Circle che furono, ma mai, nonostante tutto, preponderanti. E questo non può che essere un bene, perché, superato lo scoglio dei primi ascolti in cui ci si può ritrovare spiazzati, successivamente il disco sa regalare tutto il suo valore, ascolto dopo ascolto, lentamente. Se alla fine il risultato suoni stucchevole e artificioso oppure, al contrario, emozionante e coinvolgente, dipenderà essenzialmente dalla sensibilità, dai gusti e dall’orecchio di ognuno; una cosa però rimane ed è la capacità degli A Perfect Circle di non accontentarsi e adagiarsi sugli allori nonostante ne possano avere sempre l’occasione, di costruire album all’apparenza semplici ma che nascondono un’anima complessa, di muoversi fra luce ed ombra in maniera consapevole. Di lanciare a ogni disco sempre nuove sfide ai propri ascoltatori, e di questo bisognerebbe ringraziarli.
A Perfect Circle – Eat The Elephant (BMG, 2018)
Immagine tratta da: http://spillmagazine.com/ di Alice Marrani Buio. Una luce illumina Alessandro Mannarino, solo al centro del palco. Roma, in penombra, chitarra e voce, diventa un’altra suggestiva Marylou. Piano piano compare la band dietro di lui in un insieme di ombre velate, i suoni si sommano uno dopo l’altro fino ad avvolgere la bandiera che sventola alta sul palco sopra Apriti Cielo. Così inizia il concerto del cantautore romano a Firenze lo scorso cinque maggio, una delle ultime tappe del tour “L’impero crollerà”. In realtà è già la terza sul palco del Teatro Verdi, dopo il doppio sold out del 26 e 27 marzo. Il pubblico segue lo snocciolarsi della scaletta per le due ore del concerto. Unione calibrata fra il nuovo e il vecchio, fra il riflessivo e l’energico, fra il teatrale e il musicale, fra il semplice e il complesso. Dall’ultimo “Apriti Cielo” a “Il Bar della rabbia”, un pezzo di tutta la storia artistica di Mannarino entra sul palco e si fonde perfettamente in un unico mondo, in un unico percorso artistico e umano fatto di quasi dieci anni di evoluzione e crescita che inevitabilmente si sentono nel suo ultimo disco in studio. Da Babalù a Al monte, da Il carcerato a L’impero crollerà, da L’arca di Noè a una finale Me so’ mbriacato diventata immancabilmente corale. Apparentemente semplici soggetti, complessi i contesti. Se “impero” può avere tante accezioni e tante sfumature qui sono tutte presenti. Sono vivi i confini, di qualsiasi tipo, quelli che chiudono, quelli da attraversare e quelli da far crollare. Soprattutto sono vive le voci di cosa e di chi contengono. Quelle che canta Mannarino sono storie senza tempo di uomini e donne semplici, a volte intrise di una non celata malinconia; hanno il sapore di un’ingiustizia sociale, di culture diverse, di donne e carcerati, di viaggi e di amore. Sono racconti imbevuti di realtà con i quali Alessandro riesce ad arrivare, nelle tematiche che affronta, in un piano emotivamente più profondo di quello che superficialmente appare. La sua voce racconta con una nota confidenziale, a volte sommessa, a volte parlata. Il pubblico seduto segue con attenzione e in alcuni momenti non riesce a rimanere al suo posto, si alza, balla, canta. Poche parole, tutta musica. L’intenzione, con questo nuovo tour, era quella di creare un’atmosfera intima, inedita, sperimentale e credo che Mannarino abbia raggiunto gli obiettivi prefissati. Si prende il tempo solo alla fine per ringraziare il pubblico e il modo nel quale ha accolto questo inedito modo di essere. Spiega questo suo “manifesto del cambiamento”, un modo di pensare non troppo razionale che il mondo occidentale ha troppo spesso dimenticato, uno spogliarsi di tutto (anche dell’immancabile cappello) per provare a dare al pubblico una cosa diversa, una visione diversa di sé stesso e della sua musica. Lo svelarsi sul palco di un teatro non deve essere stata una scelta così semplice ma, a tour ormai concluso (l’ultima data è stata quella di Bologna dell’8 maggio), possiamo dire che se questo voleva essere un esperimento è sicuramente riuscito. Facendo un bilancio degli ultimi anni, può sicuramente considerarsi soddisfatto. Se vogliamo considerare l’ultima parte della sua carriera, dall’uscita del disco “Apriti Cielo” per continuare con il successo del tour che ha portato all’uscita di “Apriti Cielo Live” e adesso di questo “L’impero crollerà” si può dire ormai certa una forte ascesa di consenso e di pubblico. Si riconferma, un artista in evoluzione che continua a crescere e a mettersi in gioco. Nel frattempo, si avvicina il Gran finale all’Ippodromo delle Capannelle di Roma, il prossimo 25 luglio. Un grande concerto per salutare un periodo di grande successo, prima di sparire per un po’ in cerca di nuove storie da raccontare.
Immagini tratte da: https://www.facebook.com/officialMannarino/ di Alice Marrani Qualunque sia il tuo Impero, ovunque si trovi, qualsiasi nome abbia, ci deve essere da qualche parte un suono che lo farà crollare Dopo due sold out a marzo, Mannarino torna al Teatro Verdi di Firenze domani, sabato 5 aprile. Il nuovo concept tour, L’impero Crollerà, è partito il 23 marzo da Fermo e segue l’uscita del suo primo disco live Apriti Cielo Live. L’album uscito lo scorso ottobre è un cofanetto: oltre ai brani di Apriti Cielo, due dischi contengono il racconto di quello che è stato un lungo tour che ha portato il cantautore romano in giro per l’Italia collezionando oltre diecimila presenze. La parola “impero” è presente in varie canzoni, simbolo e metafora di un immaginario che fa da sfondo a molte delle sue storie. Un mondo fatto di voci e suoni che, per questo ritorno sul palco, Mannarino sceglie coraggiosamente di mostrare in una dimensione più intima. Un’atmosfera inedita che può donare al suo pubblico uno spettacolo, l’esperienza di una nuova tappa, in quello che continua ad essere un percorso artistico in continua evoluzione.
Per maggiori informazioni sul concerto: www.bitconcerti.it www.teatroverdionline.it 4/5/2018 Si apre a Pisa la più grande mostra sulla ceramica Mille anni di arte e artigianato, tra commerci e trasformazioni culturaliRead NowDal 5 maggio al 5 novembre il Centro espositivo San Michele degli Scalzi ospita il cuore di un progetto che attraversa 10 secoli di storia e sviluppo economico e sociale, a partire da quella che fu un’avanguardia nella tecnica destinata a cambiare le abitudini quotidiane dell’Occidente: la città della Torre pendente. Dieci secoli di storia, tra artigianato, commerci internazionali e trasformazioni culturali: si apre sabato 5 maggio la più grande mostra sulla ceramica mai realizzata in Italia, “Pisa città della ceramica. Mille anni di economia e d’arte, dalle importazioni mediterranee alle creazioni contemporanee”. Il progetto, realizzato dalla Società Storica Pisana, si sviluppa lungo sei mesi, fino al 5 novembre, in quattro sedi espositive principali (San Michele degli Scalzi, Palazzo Blu, Camera di Commercio di Pisa, Museo Nazionale di San Matteo), con oltre 500 pezzi in mostra, un cartellone di eventi dedicati a tutte le fasce di età, percorsi guidati in città e nel territorio pisano alla scoperta di inediti palazzi, chiese decorate da bacini ceramici, esempi di archeologia industriale e ceramisti ancora in attività, ma anche un sito web fruibile da smartphone, con mappe personalizzabili per costruire in autonomia il proprio itinerario di visita. La mostra, infatti, invita a rileggere un intero territorio, che fu un’avanguardia nella tecnica destinata a cambiare le abitudini dell’Occidente, cominciando dalla tavola, per diventare un settore trainante per l’economia: la produzione della ceramica. “La città di Pisa è stata un’avanguardia in questo settore – dichiara Andrea Ferrante, assessore alla cultura del Comune di Pisa – nel futuro sarà importante connettere il sapere con il saper fare: questa mostra è un’occasione per valorizzare la tradizione del territorio”. L’inaugurazione ufficiale è fissata per sabato 5 maggio alle ore 18 nelle sedi di San Michele degli Scalzi, Palazzo Blu e Museo Nazionale di San Matteo, mentre l’esposizione alla Camera di Commercio aprirà al pubblico venerdì 1° giugno. Ad aprire il cartellone di eventi collaterali, in una sorta di anteprima della mostra, il 5 maggio prossimo, sarà la presentazione della nuova edizione di una delle opere letterarie più importanti del Medioevo pisano, il Liber Maiorchinus de gestis Pisanorum illustribus, composto all’indomani dell’impresa balearica (1113 – 1115), a sottolineare i profondi legami della produzione ceramica pisana del Duecento con gli ambienti islamici di area spagnola (Palazzo Gambacorti, Sala delle Baleari, ore 15.30). “Attraverso questa mostra – dichiara Gabriella Garzella, Presidente della Società Storica Pisana - intendiamo raccontare la lunga storia di Pisa come città della ceramica, rivolgendoci a un pubblico il più ampio possibile, di cittadini e turisti, di studenti e studiosi, di curiosi e collezionisti”. Il cuore della mostra sarà il Centro Espositivo San Michele degli Scalzi (viale delle Piagge), adiacente ai resti dell’ultimo baluardo della produzione in città, la fabbrica della Richard Ginori. L’allestimento si snoderà nei locali disposti intorno all’antico chiostro, con vista sul campanile decorato dai bacini ceramici, ripercorrendo la storia di una produzione manifatturiera e artistica che ha caratterizzato Pisa e il suo territorio a livello nazionale e internazionale dal primo medioevo sino al XX secolo. Tra postazioni tattili, video e gigantografie d’impatto, sarà possibile approfondire le tecniche utilizzate prima dell’anno Mille, l’espansione del settore lungo il fiume Arno prima e sulle rotte del Mediterraneo poi, fino all’età industriale. L’arte pisana della ceramica, nata già in età antica, affonda infatti le radici del suo sviluppo nelle importazioni via mare da aree islamiche e bizantine. In principio furono le “Maioliche”, manufatti realizzati prevalentemente per uso alimentare, con coperture vetrificate colorate, chiamate così per la provenienza dall’Isola di Maiorca. Acquisite le tecniche, all’inizio del Duecento i ceramisti pisani, primi in Toscana e tra i primi in Italia, avviano un’eccellente produzione di ceramica decorata. Ben presto gli “allievi” pisani superano i “maestri” spagnoli cominciando ad esportare in tutto il bacino del Mediterraneo. Rinnovatasi nel corso dei secoli, la produzione ceramica pisana si espande fino all’Ottocento, conquistando l’Europa e le Americhe. Di epoca più recente la nascita di piccole fabbriche, in grado di rispondere al fabbisogno locale, ma anche di proseguire nelle esportazioni di manufatti di valore artistico: un panorama in cui s’impone tra primo e secondo dopoguerra il grande sviluppo industriale della Richard-Ginori. Al nucleo principale di San Michele degli Scalzi faranno eco il Museo Nazionale di San Matteo (piazza San Matteo in Soarta, 1), con la sala espositiva dei “bacini ceramici” riallestita per l’occasione, e Palazzo Blu (lungarno Gambacorti, 9) con un percorso dedicato alle più antiche ceramiche medievali provenienti da scavi recenti praticati in zona. Il Novecento sarà invece protagonista nella sede della Camera di Commercio di Pisa (piazza Vittorio Emanuele II, 5), che ospiterà una sezione espositiva dedicata alle produzioni tardo ottocentesche e novecentesche, compresi una serie di oggetti di uso quotidiano, come pipe, lampade e strumenti di vario genere, oltre ad una serie di incontri con i ceramisti contemporanei attivi in area pisana e mediterranea (dal 1° giugno). Altri incontri di approfondimento, tenuti da esperti italiani e stranieri, coinvolgeranno le diverse sedi museali e la Biblioteca comunale. “Questa mostra – spiega Monica Baldassarri, curatrice del progetto - ricostruisce il quadro corale di una dimensione produttiva, sociale e anche artistica che - attraverso varie fasi storiche - ha coinvolto centinaia di uomini e donne, comprendendo opere all’avanguardia per tecnica e iconografia, destinate alle élites cittadine, italiane ed europee, e prodotti più seriali che sono stati fabbricati ‘in massa’ e distribuiti capillarmente, costituendo un settore economico importante per Pisa e per tutta la Toscana”. "La varietà di forme e decori visibile attraverso le ceramiche di importazione mediterranea – aggiunge Marcella Giorgio, coordinamento scientifico della mostra - consente di cogliere la complessità del mondo medievale in cui essi furono creati, con tecniche all'avanguardia per l'epoca e sconosciute sul territorio italiano". Per tutta la durata della mostra sarà inoltre possibile fruire di una serie di “percorsi della ceramica” in città e negli immediati dintorni, alla scoperta di chiese decorate da bacini ceramici, case-torri in cui è impiegato il cotto decorato, edifici del primo Novecento impreziositi da elementi ceramici e centri produttivi del territorio limitrofo. La tradizione ceramista pisana infatti in età moderna si espande anche al territorio, conoscendo particolare fortuna tra ‘600 e ‘800 con l’apertura di numerose botteghe in alcuni dei centri del basso Valdarno. La capillarità delle produzioni ceramiche locali permette di creare un percorso ideale lungo le sponde dell’Arno (“Un fiume di ceramiche”), che a partire da Vicopisano (con le produzioni di San Giovanni alla Vena), si snoda attraverso le realtà artigianali che caratterizzano le tradizioni di Calcinaia, Pontedera, Montopoli in Valdarno, S. Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, per arrivare fino a S. Miniato e Fucecchio, tutti luoghi che ospiteranno allestimenti ed eventi paralleli alla mostra principale. L’evento è realizzato insieme con la Soprintendenza ABAP di Livorno e di Pisa e il Polo Museale Fiorentino, con il sostegno della Fondazione Pisa, del Comune di Pisa e della Camera di Commercio di Pisa. Ha ricevuto il sostegno e la collaborazione di Acque S.p.A., di club di servizio (Rotary, Lions, Soroptimist e Innerwheel di Pisa e del territorio) e di altre associazioni culturali cittadine (Archeoclub di Pisa, Amici dei Musei e dei Monumenti Pisani), oltre che di alcune ditte del settore produttivo e dalle sedi locali dei soci Coop. Hanno aderito e partecipano all’iniziativa diffusa sul territorio i Comuni di Vicopisano, Calcinaia, Santa Maria a Monte, Castelfranco di Sotto, Montopoli in Val d’Arno, San Miniato e Fucecchio insieme ai loro musei e aree archeologiche, oltre alla Diocesi di San Miniato per mezzo del suo museo. La mostra è patrocinata dal MiBACT, dalla Regione Toscana e dall’Università di Pisa. Info e programma completo: www.pisacittaceramica.it Mail: info@pisacittaceramica.it; jenny.delchiocca@cfs.unipi.it Prenotazioni: pisacittaceramica@gmail.com Biglietti: accesso gratuito al centro SMS e alla sede espositiva presso la Camera di Commercio, e biglietto ridotto al Museo Nazionale di San Matteo e a Palazzo Blu – esposizione permanente giorno di chiusura per tutte le sedi: lunedì SMS: da maggio a luglio e da settembre a novembre - martedì e giovedì dalle ore 9:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle 17:00; il mercoledì e il venerdì dalle ore 9:00 alle ore 13:00; il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 13:00 e dalle ore 15:00 alle ore 18:00 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura). Nel mese di agosto aperto sabato e domenica dalle 18:00 alle 22:00. Camera di Commercio: aperta a partire dal 1° giugno 2018; da martedì a sabato, con orari in via di definizione. Museo Nazionale di San Matteo: feriali: 8:30 - 19:30; festivi: 8:30 - 13:30 (ultimo ingresso 30 minuti prima della chiusura) Chiusura: ogni lunedì. Per informazioni specifiche Tel. 050 541865, pm-os.museosanmatteo@beniculturali.it Palazzo Blu: Le collezioni della Fondazione Pisa sono fruibili dal martedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 19:00 e il sabato e la domenica dalle ore 10:00 alle ore 20:00 (ultimo ingresso un'ora prima della chiusura). Chiuso nel mese di agosto. Per informazioni specifiche tel. +39 050 220.46.50; info@palazzoblu.it Per info solo su orari di apertura: SMS: http://www.comune.pisa.it/en/ufficio-scheda/2574/SMS-Centro-Espositivo-San-Michele-degli-Scalzi.html Camera di Commercio (Società Storica Pisana): tel. 050/2215469, lunedì 15:30-18:30; martedì 10:00-13:00 Museo Nazionale di San Matteo: http://www.polomusealetoscana.beniculturali.it/index.php?it/204/pisa-museo-nazionale-di-san-matteo Palazzo Blu – esposizioni permanenti: https://palazzoblu.it/le-collezioni-2/ Per i Comuni e i Musei del Basso Valdarno coinvolti si vedano le info sui seguenti siti internet: http://www.comune.calcinaia.pi.it/cultura/museo-della-ceramica/2920 http://www.valdarnomusei.it/categorie.php?modulo_attuale=corsi http://www.comune.montopoli.pi.it/museo-civico http://www.comune.santamariaamonte.pi.it/page.php?id=862 http://www.beniculturali.it/mibac/opencms/MiBAC/sito-MiBAC/Luogo/MibacUnif/Luoghi-della-Cultura/visualizza_asset.html?id=155922&pagename=57 http://www.sanminiato.chiesacattolica.it/toscana/san_miniato/00020065_Museo_Diocesano.html http://www.comune.fucecchio.fi.it/site/museo.asp |
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Marzo 2023
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