Cronaca della tappa fiorentina del tour che celebra i cinquant'anni di fortune dei Jethro Tull. E di Ian Anderson, che ci teniamo ben stretto. di Enrico Esposito Un altro anniversario. Da 20 a 50. Ancora Firenze. Il 4 Luglio 1988 si celebrò il trionfo in Piazza Santa Croce. Il 24 Luglio 2018 appuntamento in Piazza Santissima Annunziata. Una band profondamente mutata nei componenti ma anche nel sound indurito e secco, meno vicino al progressive che ha contribuito a generare. Un anello di congiunzione basilare. Ian Anderson, il fauno di Dunfermline, 71 anni da compiere ad agosto, inarrestabile, dal talento immutato nel tempo. Bisogna partire da alcune premesse necessarie. Martedì sera è stato davvero difficile rimanere seduti durante l'ora e mezzo in cui i Jethro Tull hanno dato vita alla tappa fiorentina del loro "50th Anniversary Tour". Non è stata soltanto un'esibizione di musica di qualità dal vivo. Grazie all'ininterrotto scorrere di video sullo sfondo del palco e alle astute intro ai brani da parte di Anderson, è andato in scena uno spettacolo ben più esteso, multimediale e teatrale, che ha raccontare il mito della band britannica dagli esordi nel 1968 tra le pareti del Marquee Club di Londra sino agli ultimi anni. Un viaggio affascinante, scandito dal cantastorie Anderson attraverso il suo gradevole accento scozzese e la sua arma maestosa, quel flauto traverso assimilato quasi da bambino e trasformato in un gioiello scintillante del rock. Ne sono passati di dischi venduti (ben sessanta milioni), di formazioni rinnovati, tour planetari, ma il menestrello sembra essere rimasto fermo a 20-30 anni fa. La sua carica e energia sul palco sono straordinarie, la voce fa ancora il suo dovere, e nel momento dell'incontro con il suo strumento, trasmette ai suoi discenti l'impressione concreta di avere di fronte agli occhi una figura mitologica che evoca storie lontanissime e entità sovrannaturali. Capirete bene dunque la tortura provata dal sottoscritto e dagli altri spettatori nell'essere costretti a vivere tutto ciò nella costrizione fisica esercitata dal posto a sedere, specialmente quando lo show ha robustamente innalzato il suo livello acustico, mettendo sul piatto una vena hard non attesa e sulla quale occorre portare una riflessione. I Jethro Tull hanno conquistato a pieno merito un posto di prim'ordine tra i pionieri del rock progressive, grazie ad uno stile tenace e creativo, all'interno del quale era stata conseguita una sintesi peculiare nell'incontro tra blues, heavy, rock e musica classica. Al di là della geniale intuizione del flauto traverso, Anderson e soci erano riusciti nell'impresa di costruire spettacoli coinvolgenti per la loro arte, la narratività e l'estro. Con questo non vogliamo dire che martedì siano mancate del tutto queste condizioni, ma non possiamo nemmeno negare di essere rimasti sorpresi dalla decisa impronta hard mostrata attraverso gli assoli del chitarrista tedesco Florian Opahle, interprete di sicuro talento. Ma le versioni ristrette e fin troppo elettriche di pietre miliari prog vedi "Aqualung" e "Thick As A Brick" hanno lasciato l'amaro in bocca a coloro che proprio grazie alla particolarità delle loro esecuzioni si sono appassionati non solo alla band, ma a un autentico stilema musicale. Un fan vero senza dubbio non deve pretendere, né tantomeno lamentarsi eccessivamente dinanzi alla storia di un mostro sacro come Ian Anderson, che a settant'anni suonati invece di godersi la pensione saltella splendidamente ancora sotto i riflettori e probabilmente continuerà finché potrà. Ma per chi per sua sfortuna ha dovuto ritardare la sua visita in udienza ad un tale "Sire" del rock, resta la delusione di non aver assaporato in prima persona i fasti della band che prese nome dal pioniere dell'agricoltura moderna. Nonostante questo, la performance ha regalato brividi e adrenalina alle note di "Bouree", di "Too old to rock, to young to die", all'impiego funzionale di contributi video in apertura alle canzoni da parte di storici membri del gruppo (in questo omaggiati) oltreché da speciali fans tra cui Joe Bonamassa e Slash). E poi il finale. La consueta finta "fuga" dalle scene e il ritorno esplosivo con "Locomotive breath". Per il sottoscritto un sogno finalmente realizzato. Immagini tratte da: - Immagine 1 da firenzetoday - Immagine 2 da seidifirenzese
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27/7/2018 Lirica con il Maggio Fiorentino e Cacciapaglia all’alba - La lunga notte di Musart Festival FirenzeRead NowORCHESTRA DEL MAGGIO MUSICALE FIORENTINO e Solisti dell’Accademia del Maggio Musicale Fiorentino Direttore Valerio Galli Tutti all’Opera Venerdì 27 luglio 2018 - ore 21,15 Musart Festival – piazza SS Annunziata – Firenze Biglietto posto unico 10 euro ROBERTO CACCIAPAGLIA Concerto all’alba Sabato 28 luglio 2018 - ore 4,45 Chiostro degli Uomini - Istituto degli Innocenti - Piazza SS. Annunziata – Firenze Biglietti esauriti in prevendita Una lunga notte di lirica e classica contemporanea chiude il Musart Festival Firenze 2018. Appuntamento venerdì 27 luglio in piazza della Santissima Annunziata, nel cuore del centro fiorentino. A salire sul palco, alle 21,15 sono l’Orchestra del Maggio Musicale e i solisti dell’Accademia del Maggio diretti da Valerio Galli, per uno spettacolo che, già nel titolo, è un invito: “Tutti all’Opera”. Il biglietto, al prezzo speciale di 10 euro (posto unico) è disponibile in prevendita nei circuiti di Box Office Toscanawww.boxofficetoscana.it/punti-vendita (tel. 055.210804) e online su www.ticketone.it (tel. 892.101). In programma brani e arie dai più amati melodrammi: tra gli altri, “Il barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini, “Carmen” di Georges Bizet, “La traviata” di Giuseppe Verdi, “Madama Butterfly” di Giacomo Puccini, “La Gioconda” di Amilcare Ponchielli, per finire sulle note di “Firenze sogna” di Cesare Cesarini. Voci soliste il baritono William Hernandez, il mezzosoprano Veta Pilipenko e i soprani Carmen Buendia e Eunhee Kim. Musart Festival si conclude sabato 28 luglio alle ore 4,45 con il concerto all’alba per piano solo di Roberto Cacciapaglia, nel Chiostro degli Uomini, all’interno dell’Istituto degli Innocenti, sempre in piazza Santissima Annunziata. Scenario e momento perfetti per immergersi in un repertorio sospeso tra classicità e sperimentazione. Si ricorda che i biglietti per questo concerto sono esauriti da giorni. La cassa all’ingresso sarà in funzione solo per il cambio voucher. Si sconsiglia di presentarsi senza prevendita. Durante la serata di venerdì, dalle ore 20 fino a inizio spettacolo “Tutti all’Opera”, si possono visitare gratuitamente giardini, luoghi di culto e palazzi monumentali adiacenti alla piazza della Santissima Annunziata. Tra questi l’Istituto Geografico Militare, che dalle ore 20 apre eccezionalmente al pubblico con visite guidate. Alle ore 20 alla Biblioteca Umanistica dell'Università di Firenze proiezione del docu-film su Rino Gaetano “Mio Fratello È Figlio Unico” dalla serie “33 Giri – Italian Masters” di Sky Arte. Sempre alla Biblioteca Umanistica, l’Università di Firenze propone le mostre "Oltre confine: viaggi reali e immaginari di esploratori, scienziati, religiosi e geografi tra ‘600 e ‘700" e "Sguardi dell’alto Egitto". A ingresso libero anche la mostra fotografica “Because the night” dedicata ai grandi concerti fiorentini degli anni 90, presso il salone Borghini dell’Istituto degli Innocenti. Musart Festival è una produzione Prg Firenze realizzata con il contributo di Comune di Firenze/Estate Fiorentina 2018, Città Metropolitana di Firenze, Toscana Promozione Turistica, Fondazione CR Firenze, Trenitalia, con il patrocinio dell’Istituto degli Innocenti. Main sponsor Publiacqua. Sostengono il festival Sammontana, Unicoop Firenze, Prinz, Caffè Cesare Magnelli, Findomestic Banca, Engie. Biglietti concerto Tutti all’Opera Posto unico 10 euro Prevendite: Box Office Toscana www.boxofficetoscana.it (tel. 055.210804) TicketOne www.ticketone.it (tel. 892.101) Sconti e riduzioni I bambini sotto i 4 anni di età entrano gratuitamente accompagnati da un adulto, in numero di un/a bambino/a per ogni adulto, ma non hanno diritto ad occupare un posto a sedere. Non sono ammessi carrozzine, passeggini, ovetti e supporti vari. Diversamente abili I portatori di handicap possono acquistare un biglietto specifico al prezzo più basso previsto per l'evento ed entrare con un accompagnatore gratuito. I biglietti sono reperibili esclusivamente attraverso i punti vendita del Circuito Box Office Toscana o via telefono allo 055210804 (pagando con carta di credito). Si sconsiglia fortemente l'acquisto di un biglietto generico.
Con una performance dai significati molteplici, il rocker australiano ha lasciato ancora una volta il segno durante il passaggio al Lucca Summer Festival. La serata di martedi 17 luglio 2018 si è trasformata per i numerosi spettatori presenti in un'epifania atterrita e dolcissima.
di Enrico Esposito Sessant'anni non sono pochi si sa ma nemmeno moltissimi. Non "puzzano" proprio per niente di pensione e volontà di riposarsi, privilegiando la morigeratezza e la fama da "rendita" al posto dei fuochi e fulmini dell'età più verde. Degli eccessi, degli estremi che Nick Cave corteggia da sempre nella veste di "uomo " e "artista" che in realtà non si presenta sdoppiata o nettamente "separate" o stronzate del genere. Cave appartiene alla schiera ben nutrita e "condannata" di anime purissime nell'incontro/scontro con il massimo godimento dei sentimenti, che fino alla fine dei suoi giorni osserveranno un paesaggio e si sforzeranno di leggere le verità nascoste nella pelle delle persone a costo di ammalarsi di labirintite. Una sete di ricerca che appare esasperata per molti versi e prodigiosa per altri, che stringe la gola in pochi secondi, catapultandoti dalla cima dell'Everest ai bassifondi nerissimi dell'abbandono. Una sensazione che si ripete, si capovolge, ma ha il potere di non lasciarti inerte. Nick e i suoi Bad Seeds la respirano a secchiate, e a secchiate ne inondano la platea intera di Piazza Napoleone di martedi scorso, scaraventando al di sopra di essa una ragnatela che al passo delle due ore e mezzo di concerto non accenna a sfaldarsi. Dopo quattro anni Lucca e il suo Festival dai merletti anglosassoni lindi si riconsegnano allo spettacolo purgatoriale che il cantautore oceanico e la sua band hanno chiamato questa volta "Skeleton Tour", dal nome dell'ultimo neonato album di appena 12 mesi fa. Guerra, pace, vitalità. Un ritorno atteso da tanto. Una prova del nove che si direbbe tremenda perché arrivata al termine dei due anni abbottonati di silenzio dopo la morte accidentale di Arthur Cave, che a quindici anni perde la vita nel 2015 scivolando da una scogliera nei pressi di Brighton. Un evento che squarcia alla gola Nick Cave come alla scomparsa prematura del padre nella sua primissima giovinezza. Una faccenda affrontata nel consueto stile straordinario della scrittura, della creazione attraverso la musica ma anche il cinema. L'uscita dell'album "The Skeleton Tree", e la presentazione alla Biennale di Venezia e in seguito l'approdo nelle sale di tutto il mondo del documentario "One More Time with Feeling" dell'amico Andrew Dominik. 2016, 2017, 2018 e tour. Il rewind di una tappa obbligata nella storia ultratentennale del sodalizio Cave - Seeds, l'espressione massima del loro mestiere. Sulla scena i proiettori luminosi, alcuni video calati sullo sfondo, un maxischermo B/N, silenzi cupi e intrisi violentati dalle vibrazioni del rock, dalle striature fameliche del violino di Warren Ellis, e lui, il cantante - profeta che in frac si dedica ininterrottamente al suo pubblico. Colui che sin da ragazzo nella sua Australia è stato paragonato a Gesù per la mission inseguita dagli alberi attraverso la scrittura, un dono ereditato dal padre insegnante di letteratura inglese. Nick Cave e le sue 200-250 canzoni buttate giù come le poesie, i romanzi e le colonne sonore, nel tentativo di calare lo sguardo al di là dell'ovvio, di insinuarsi nelle regione oscure, al di là della felicità. La tristezza rappresenta per lui la caratteristica fondamentale della canzone d'amore, un campo minato sul quale è necessario lanciarsi per conquistare l'assurdo e la follia che dominano sulle grandi forze dei sentimenti, tra cui l'amore. Da una parte il burrone dei sentimenti, dall'altra l'inoppugnabile leadership di Dio, al centro la risorsa eccelsa dell'immaginazione e della curiosità, che Cave esterna attraverso il travolgente andamento dei brani, la partecipazione fisica e emotiva che lo rendono un autentico pastore di fronte agli "adepti". Un sessantenne sensazionale che si inginocchia dinanzi ai suoi spettatori, li cerca appassionato, li tira sul palco con sè e se li stringe al petto, li accarezza, rendendoli protagonisti attivi dei suoi versi. Brulica l'arte, si esaltano le mille possibilità dell'inventiva, del suono, mentre all'interno dei brani si susseguono (proprio come accade nei Salmi cristiani tanto cari a Cave) racconti di morte e peste, di nostalgie e incanti. Tra classici storici come "Tupelo", "Into my arms", "Deanna" (eseguita sotto richiesta del pubblico), e le più recenti "Girl in Amber", "Magneto", "Distant sky", si respirano inquietudine, rabbia, meraviglia e tensione erotica, perché il concerto non è più tale, diventa un'esposizione museale, una pièce, o semplicemente l'espressione naturale delle pulsioni. Le parole, le melodie e le danze liberano all'ennesima potenza l'umore, e a questo punto davvero terminano gli aggettivi per descrivere la forza di Nick Cave e l'intensità con cui vive due ore e mezzo di concerto. E chissà se altri come me, al termine di un'incontro di tale impatto, si siano alzati il mattino dopo nell'attesa del prossimo abbraccio con Nick Cave & i Bad Seeds. Immagini tratte da Foto dell'autore Super ospiti Dan Nash, Nick Becattini e Zac Harmon per la kermesse internazionale che si svolgerà dal 20 al 22 luglio nel giardino di Palazzo Mediceo a Seravezza (Lu). Il Seravezza Blues Festival si fa in tre. Tre come le serate su cui si svolgerà la quarta edizione: venerdì 20, sabato 21 e domenica 22 luglio. La kermesse di musica internazionale ad ingresso gratuito progredisce ancora, conservando comunque la sua fortissima identità musicale e territoriale. Un evento capace di imporsi da subito come uno degli appuntamenti di maggior rilievo non solo in Toscana, ma in tutta Italia. Una formula estesa ulteriormente per coinvolgere un pubblico sempre più vasto e variegato. Non cambierà, invece, la location: sul palco allestito nel giardino di Palazzo Mediceo (di fronte all’entrata principale dell’edificio patrimonio dell’Unesco), si alterneranno star internazionali e giovani gruppi locali per un omaggio al blues e alle sue svariate declinazioni. Una line-up, anche quest’anno, di assoluto livello. LE DATE Il primo appuntamento, quello di venerdì 20 luglio, sarà dedicato alle finali del concorso “Road to Seravezza Blues”: le migliori band emergenti del panorama toscano potranno così esibirsi in un contesto prestigioso durante una Opening Night a cui parteciperà una giuria nazionale altamente qualificata e condotta da una personalità d’eccezione della scena musicale italiana. La seconda serata (sabato 21 luglio) sarà invece incentrata sul blues popolare, in occasione dei 40 anni esatti dalla formazione dei Blues Brothers. Un omaggio agli artisti che hanno fatto la storia di questo genere. Sul palco salirà una super band composta da Dan Nash, Nick Becattini (bluesmen a tutto tondo, forgiati da esperienze negli Stati Uniti e arricchiti da collaborazioni di primissimo livello) e i The Magic Bones. Il gran finale domenica 22 luglio, con le performance di interpreti che abbracceranno ogni fase (passato, presente e futuro) del blues internazionale. Lo special guest sarà Zac Harmon, autentico “mostro sacro” del rhythm&blues americano. IL VILLAGGIO DEL BLUES Di fronte al palco, per il secondo anno consecutivo, troverà spazio il Villaggio del Blues, all’interno del quale si potranno degustare ottime birre artigianali a km zero, prodotti gastronomici locali e dove saranno presenti spazi espositivi e di vendita di strumenti musicali: verrà allestita una enorme mostra-mercato dedicata alla liuteria - aperta sabato e domenica dalle 10 di mattina - con oltre venti liutai provenienti da tutta Italia. Una grande novità che accresce ancor di più il valore del Villaggio del Blues e un “must” irrinunciabile per gli esperti del settore. LE INIZIATIVE COLLATERALI Saranno molti gli appuntamenti a margine delle tre serate del Seravezza Blues Festival: il Teatro Mediceo alle Scuderie ospiterà iniziative culturali e didattiche legate alla musica, tra cui masterclass con artisti internazionali e locali, oltre a diversi incontri durante l’intero week-end. In piazza Carducci e nell’area del Duomo sono previsti eventi ludici e promozionali collegati al Festival, la cui apertura è confermata (e potenziata) sin dal pomeriggio, con mercatini a tema musicale (con espositori di settore), enogastronomici (produttori e distributori del territorio) oltre agli spazi per i bambini (con giochi e animazione). PATROCINI E SOSTEGNI Sostenuto dalla Fondazione Terre Medicee, con il patrocinio del comune di Seravezza e il contributo della Banca del Credito Cooperativo della Versilia, il Seravezza Blues Festival genera ricadute economiche di rilievo sul territorio garantendo lavoro agli espositori (al 90% locali) del Villaggio del Blues e alle strutture alberghiere limitrofe che ospitano artisti e crew delle band. I PROGETTI DI CHARITY Musica per tutti non è un mero slogan, ma un messaggio che trova riscontro concreto nell’opera di solidarietà dell’associazione presieduta da Giuseppe Campatelli. Tra i progetti realizzati ci sono la consegna di un defibrillatore istallato presso la palestra Tommasi di Pietrasanta, l’acquisto di strumenti musicali per la Filarmonica di Riomagno e Azzano utilizzati a fini didattici e la donazione di fondi all’ospedale Opa di Massa utili a comprare macchinari per la cura e prevenzione delle patologie cardiache neonatali. Anche quest’anno parte del ricavato sarà devoluta a scopo benefico. FUNDRAISING E AUTOFINANZIAMENTO Il Seravezza Blues Festival è a ingresso gratuito, peculiarità mantenuta sin dalla prima edizione. Questo evento vive esclusivamente di finanziamenti diretti da parte di enti pubblici e bancari, accordi di sponsorizzazione con aziende private, a cui si affianca una attività di autofinanziamento e raccolta sul territorio. Vengono sviluppate inoltre diverse iniziative, tra cui una lotteria con in palio premi offerti da esercizi commercianti locali ed un crowdfunding nazionale. LA STORIA Il Seravezza Blues Festival rappresenta l’evento principale dell’associazione culturale “Alexandre Mattei”, fondata in ricordo del musicista pietrasantino scomparso prematuramente nel 2015 ed impegnata in vari progetti a scopo benefico. Proprio in quell’anno si è svolta la prima edizione della rassegna, tenuta a battesimo dal leggendario Guitar Crusher, al cui concerto – nel giardino adiacente alla Villa Medicea – hanno assistito oltre 1500 persone. Successo bissato nel 2016, quando di fronte a circa 2000 persone si sono esibiti – sempre in data unica – alcuni tra i nomi più interessanti del panorama blues europeo come Marcos Coll, Tom Blacksmith e Jaime Dolce. Il 2017 è stato l’anno della svolta per il Seravezza Blues Festival: non più una bensì due date (con due ospiti di primissimo livello, McKinley Moore e Ana Popovic), spostamento della venue nel giardino di fronte a Palazzo Mediceo, nascita del Villaggio del Blues, con mercatini e mostre di esposizione musicale e inaugurazione della sezione “Proposte” con il concorso “Road to Seravezza Blues”. Oltre 5000 le persone che hanno preso complessivamente parte all’evento. Info www.seravezzabluesfestival.it
Martedì 17 luglio 2018, Luca Chiellini, pianista, tastierista e cantante, si esibirà in concerto da solista nella splendida cornice del prestigioso Teatro Romano di Volterra (Pi) nel programma del Festival Internazionale Teatro Romano Volterra.
di Enrico Esposito
Originario di Volterra, Chiellini si è perfezionato da oltre dieci anni nello studio e nella pratica dell'Organo Hammond, ed è oggi annoverati tra gli interpreti Usa dello strumento. Da cinque anni vive a Chicago e fa parte della nota band blues “Toronzo Cannon and The Chicago Way”, nominata a sei Blues Music Awards e legata alla storica etichetta blues Alligator Records. In compagnia del celebre chitarrista blues statunitense Toronzo Cannon gira in tour in tutto il mondo nei più famosi festival e locali del genere blues ed ha collezionato importanti partecipazioni televisive su ABC, FOX, the U. Diventato uno dei tastieristi più richiesti nella scena Blues di Chicago, si è esibito sul palco con musicisti del calibro di Buddy Guy, Sinead O'Connor, Kenny Neal, Billy Branch, Lurrie Bell, Ronnie Baker Brooks, ed ha suonato per l’ex Presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Nel corso della sua attività live ha suonato in tour in più di 40 stati degli USA, in Canada, America Centrale ed in tutta Europa, esibendosi in numerosi festival tra cui l'Heineken Jammin' Festival nel 2008 e il Pistoia Blues nel 2012. Torna a Volterra nell’unica data Italiana dell’estate 2018 con il suo progetto solista in uno show intitolato “BACK from CHICAGO - Luca Chiellini in concerto”. La sua musica è influenzata dal Blues di Chicago, dal Rhythm & Blues e Funk di New Orleans, dal Gospel dell’America nera. Al momento è in studio a Chicago registrando il suo disco di debutto, la cui uscita è prevista a Settembre. Durante il concerto del 17 luglio 2018, presenterà al piano, voce ed organo Hammond alcuni brani tratti sul suo prossimo; l’evento vedrà anche la partecipazione di ospiti speciali. E chissà che non dia un assaggio in anteprima di "Warm Heart", il suo nuovo singolo in uscita nello stesso giorno. Lo scorso marzo, Luca aveva suonato di fronte a più di 400 persone nell’occasione del suo concerto solista al Teatro Persio Flacco di Volterra. Qui vi mostriamo un estratto video della serata.
Inizio del concerto previsto per le 21:45; biglietti 12 € intero / 10 € ridotto. I biglietti sono disponili online su LiveTicket e presso l’Ufficio Turistico di Volterra e presso la ProVolterra. Per maggiori informazioni e acquisto biglietti: http://www.teatroromanovolterra.it/Spettacoli/51/back-from-chicago-luca-chiellini-in-concerto-.aspx Per maggiori informazioni: www.lucachiellini.com
di Carlo Cantisani
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Alla fine, la trinità sulla messa in discussione del nostro mondo si è conclusa. Con Bad Witch, Trent Reznor mette un punto alla sua personale trilogia iniziata due anni fa con Not the Actual Events e proseguita nel 2017 con Add Violence. Se questi ultimi due sono stati catalogati come ep, con questa nuova pubblicazione il master mind dei Nine Inch Nails fa un improvviso passo indietro (o avanti, dipende dai punti di vista) e decide di elevare i sei pezzi ivi contenuti a vero e proprio full-lenght, nonostante la sua durata sia di 30:11, poco superiore a quella delle due parti precedenti, lunghe rispettivamente 21:11 e 27:13. Se qualcuno si stesse chiedendo come mai questo cambio di rotta sul formato, è lo stesso Reznor a chiarire la questione, adducendo come principale motivo che nell’attuale panorama discografico gli ep sono considerati un’uscita minore, soprattutto a causa dei servizi di streaming come Spotify, nei quali questo tipo di uscite rischiano di essere ignorate perdendosi nel mare magnum delle pubblicazioni, a differenza invece – sempre secondo Reznor – dei full-leght come gli lp. Qualunque siano le considerazioni e le aspettative di carattere discografico/produttivo/artistico/economico, questa motivazione del fondatore dei NIN suona quasi un po’ fuori posto rispetto a dove il mainstream sta iniziando lentamente a muoversi, ovvero verso una riduzione del minutaggio degli album che inevitabilmente va a incidere sull’esperienza d’ascolto complessiva. È ancora troppo presto per dirlo, ma la linea che divide singoli ed ep dai full potrebbe in futuro assottigliarsi, magari rendendo obsoleto il formato lungo a favore invece di quello più diretto, immediato e pronto per finire in streaming del formato breve. Come caso lampante potrebbe essere preso proprio quello tutto italiano di Liberato, operazione di marketing perfettamente costruita e riuscita, interamente basata, almeno finora, sul binomio singolo-video; oppure quello delle “Wyoming Sessions” messe su da Kanye West fra maggio e giugno, composte da cinque pubblicazioni rilasciate consecutivamente in altrettante settimane della durata media di venti minuti. Rimane, quindi, il dubbio – legittimo – a cosa Reznor volesse riferirsi, su come stia interpretando il music business contemporaneo; quello che è certo, invece, è che spacciare quello che rimane a tutti gli effetti un ep come un full-lenght non è esattamente una mossa molto corretta nei confronti dei propri ascoltatori (e infatti alcuni non l’hanno presa molto bene).
Ma la musica è l’altro elemento, il più importante, che rimane, e Bad Witch celebra alla grande una rinnovata creatività in casa NIN, probabilmente come non si sentiva da una decina d’anni a questa parte. L’abrasiva oscurità, le ombre e gli scheletri di un suono ossessivo, ipnotico, industriale e, finalmente, sporco, eclissano quella patina tanto perfetta da risultare quasi indigesta e artificiosa di With Teeth, Year Zero, The Slip ed Hesitation Marks, album osannati dai fan ma, alla fine dei conti, con molta poca sostanza. Questa volta invece la sostanza, quella roba marcia e grumosa che Reznor ha sempre covato dentro di sé rigettandola nei suoi dischi simbolo Pretty Hate Machine, Broken, The Downward Spiral e The Fragile, viene rievocata e, almeno idealmente, usata per dare corpo a un lavoro che cerca nei suoi momenti più significativi di discostarsi da ciò a cui di solito i Nine Inch Nails hanno abituato. Sarà la presenza ormai in pianta stabile di Atticus Ross, ormai in coppia con Reznor a tutti gli effetti da Not the Actual Events; saranno le svariate colonne sonore alle quali i due hanno lavorato negli ultimi tempi; o, ancora, sarà stata la discesa nel subconscio di Lynch nell’ottavo episodio di Twin Peaks: The Return, dove i nostri suonano She’s Gone Away, terza traccia tratta direttamente dall’ep del 2016. Se ci si volesse spingere ancora di più con un tocco di fantasia, si potrebbe tirare in ballo anche la trasmigrazione dell’anima immortale della stella nera di Bowie, che su Bad Witch si fa avvertire con una potenza che rimane sottotraccia per tutta la durata del lavoro, soprattutto in certe inclinazioni della voce di Reznor. Sarà quel che sarà stato, ma l’importante è che alla fine i Nine Inch Nails hanno saputo ripescare dal fondo la loro creatività per modellarla su pezzi che rientrano perfettamente nel loro stile e nello stesso tempo ampliano il discorso intrapreso dai due ep precedenti. Se Not the Actual Events potrebbe rappresentare la dolorosa presa di coscienza di un mondo che si scopre essere solo il pallido riflesso della realtà, e Add Violence la reazione, violenta e istintiva, per non soccombere all’apatia di questo mondo, Bad Witch potrebbe suonare come la resa incondizionata, la fine della lotta, l’abbandono di ogni speranza, l’inutilità della ricerca di ogni possibile risposta a domande, probabilmente, mal poste. Il grigiore e la ruggine di un mondo in rovina si sporcano ancora di più, lasciando il posto a un nero soffocante, il quale si palesa soprattutto nel trittico Play the Goddamned Part/God Break Down the Door/I’m Not from This World posto al cuore del lavoro. Tre pezzi – il primo e l’ultimo due strumentali, il secondo cantato – talmente tanto intrecciati fra loro da costituire quasi un’unica composizione, una sorta di trilogia nella trilogia, un flusso continuo dove echi di dark ambient, industrial, stratificazioni sonore create da un sax minimale e protagonista e drum’n’bass al limite del rave creano un mix altamente suggestivo e paranoico, che richiama alla mente in certi punti Lustmord e i Primal Scream di XTRMNTR. Si può dire senza troppi giri di parole che i tre pezzi citati, oltre a essere i brani migliori dell’intera trilogia iniziata due anni fa, surclassano da soli la produzione discografica degli ultimi dieci della band. Le restanti tre tracce, Shit Mirror, Ahead Of Ourselves e Over and Out, sono ugualmente godibili, seppur più canoniche per lo stile della band, ma se si vuole riassaporare quel sapore corrosivo dei vecchi NIN, sotto però un’altra luce, bisogna rivolgere l’attenzione ai tre brani menzionati più sopra. Unico neo: un certo retrogusto di incompiutezza, come se Bad Witch filasse via troppo velocemente lasciando addosso la voglia di ascoltare un seguito (e questo si ricollega al discorso iniziale sul formato spacciato da Reznor, una sensazione, quella dell’incompletezza, che difficilmente un full-lenght trasmette). In ogni caso, non poteva esserci finale migliore per questo viaggio iniziato nel 2006. God break down the door/You won't find the answers here/Not the ones you came looking for: speriamo che Mr. Self Destruct continui a pensarla così anche per il futuro. Nine Inch Nails – Bad Witch (The Null Corporation, Capitol – 2018)
Immagini tratte da: www.shugarecords.com Comunicato stampa Dopo il grande successo di “Carioca”, Stefano Bollani torna al grande amore per le sonorità brasiliane con “Que Bom”, disco e tour dall’estate 2018. Immancabile la tappa al Teatro Romano di Fiesole, martedì 10 luglio (ore 21,15) nell’ambito dell’Estate Fiesolana. Sul palco insieme a Bollani ci saranno grandi rappresentanti della musica brasiliana come Jorge Helder al contrabbasso, Jurim Moreira alla batteria e Armando Marçal alle percussioni. Artisti molto amati da Bollani, già presenti nel progetto di Carioca e che qui sono in compagnia di un altro percussionista, il giovane e talentuosissimo Thiago da Serrinha. Se “Carioca” rileggeva grandi temi brasiliani, “Que Bom”, realizzato nel cuore pulsante di Rio, è composto quasi interamente da brani originali di Bollani, che così racconta la genesi del progetto: “Avevo voglia di farmi circondare dalle percussioni, perché il pianoforte fa parte della loro stessa tribù. Sono da sempre innamorato della musica brasiliana, che utilizza l’armonia del jazz sposandola con ritmi di origine africana. Quelli di Que Bom sono brani che ho scritto un po’ ovunque nel mondo, ma che guardano a quel sincretismo, al suono avvolgente delle percussioni brasiliane, a quella vitalità ed energia uniche”. In “Que Bom”, Bollani si è avvalso anche della collaborazione di ospiti di pregio, che hanno firmato alcuni brani. In primis Caetano Veloso – “la voce più straordinaria ed emozionante che ci sia” secondo Bollani - che interpreta in italiano ben due brani, uno suo dal titolo “Michelangelo Antonioni” e un inedito di Bollani “La nebbia a Napoli”. Un altro grande ospite, João Bosco – “energia pura che mi incanta sin da quando ero ragazzino” dichiara Bollani - canta la sua “Nação” e arricchiscono i suoni di “Que Bom” altri due meravigliosi artisti brasiliani che hanno voluto partecipare al progetto: Hamilton de Holanda al mandolino, vecchia conoscenza di Bollani con cui ha inciso più di un progetto e un nuovo importante amico che invece suona con Stefano per la prima volta: Jaques Morelenbaum al violoncello. Il legame tra Stefano Bollani e il Brasile è profondo e prezioso. Del 2007 è il grande successo dell’album e tour Carioca - che vendette più di 70.000 copie. Sempre nel 2007 il pianoforte a coda di Bollani suonò nel mezzo della favela di Pereira de Silva per un concerto evento di risonanza mondiale. Prima di lui era entrato a suonare il piano in una favela solo Antonio Carlos Jobim. Biglietti (posti numerati – esclusi diritti di prevendita) 1° settore 35 euro 2° settore 25 euro Prevendite Box Office Toscana www.boxofficetoscana.it (tel 055.210804) Ticket One www.ticketone.it (tel. 892.101) Teatro Romano (tel. 055.5961293) Info spettacolo Teatro Romano di Fiesole – via Portigiani, 1 – Fiesole (Firenze) Tel 055.667566 - www.bitconcerti.it - www.estatefiesolana.it Portatori di Handicap I portatori di handicap possono acquistare un biglietto specifico al prezzo più basso previsto per l'evento ed entrare con un accompagnatore gratuito. I biglietti sono reperibili esclusivamente attraverso i punti vendita del Circuito Box Office Toscana o via telefono allo 055210804 (pagando con carta di credito). Si sconsiglia fortemente l'acquisto di un biglietto generico. Sconti e riduzioni Biglietti ridotti per i residenti di Fiesole. I bambini sotto i 4 anni di età entrano gratuitamente accompagnati da un adulto, in numero di un bambino/a per ogni adulto, ma non hanno diritto ad occupare un posto a sedere. Ufficio stampa concerto Bollani Marco Mannucci - mannucci@dada.it cell 3477985172 Immagini tratte da: https://www.bitconcerti.it/stefano-bollani.html |
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