26/8/2016 No X Fest (21.08.2016): Zu, Caterina Palazzi Sudoku Killer live @ Mat Laboratorio Urbano – Terlizzi (Bari)Read Now
Caterina Palazzi Sudoku Killer e Zu: chi segue la scena più avanguardista in ambito rock e jazz sa già cosa potrebbe aspettarsi da un concerto che li contempli insieme, se non alti livelli di creatività, coinvolgimento e passione. Tutto questo è avvenuto domenica 21 agosto nell’ambito del No X Fest presso il Mat Laboratorio Urbano di Terlizzi in provincia di Bari.
Stretto fra le solite sagre, i concerti di pizzica ad ogni angolo dei paesi e costretto a subire da diversi anni a questa parte lo sfruttamento commerciale di un’immagine, quella della taranta, che ormai ha ben poco d’identitario, il Salento ha ben poco da offrire per chi cerca qualcosa di musicalmente stimolante, alternativo o semplicemente nuovo e differente. Meglio allora spostarsi un po’ più a settentrione, dove Bari e Brindisi con le rispettive provincie ospitano differenti realtà artistiche, prima fra tutte il Locus Festival di Locorotondo, quest’anno alla sua dodicesima edizione e con ospiti del calibro di Kamasi Washington, Floating Points, Jacob Collier e tanti altri artisti in bilico fra jazz, elettronica e tradizione afro-americana. A rendere ancora più musicalmente attrattivo quello spicchio di Puglia ci hanno pensato i collettivi Zebù, La Mancha Ruvo, Le Officine Clandestine e Wolf Entertainment ospitando domenica 21 agosto presso il Mat Laboratorio Urbano due fra i gruppi italiani più interessanti per un certo tipo di commistione sperimentale fra generi, rock e jazz in primis: gli Zu, trio per due terzi romano e, da un anno a questa parte, per un terzo norvegese, composto da Massimo Pupillo al basso elettrico, Luca T. Mai al sax baritono e Tomas Järmyr alla batteria, e i Caterina Palazzi Sudoku Killer, quartetto guidato dalla contrabbassista Caterina Palazzi, artista di incredibile talento tanto da essere annoverata fra i migliori nuovi talenti della scena jazzistica nazionale e affiancata da altrettanto validi musicisti come Giacomo Ancillotto alla chitarra, Antonio Raia al sax e Maurizio Chiavaro alla batteria. Per tutti gli appassionati risulta quindi un appuntamento imperdibile, mentre per tutti gli altri un modo per conoscere sonorità altre e soprattutto poter entrare in maniera ancora più diretta nel mondo musicale di determinate formazioni. Se da una parte questo tipo di band, che fanno della trasformazione sonora e della ricerca il loro credo, riescono momentaneamente a fotografare e a rendere concreto il loro flusso creativo su disco, dall’altra è durante i live che possono esprimere appieno tutto il loro potenziale poiché più liberi di poter giocare in tempo reale con la loro musica, adattandola anche a differenti situazioni (dettate dal pubblico e dal locale per esempio), interagendo inoltre con gli ascoltatori senza farli sentire necessariamente passivi. È come se gli aspetti più intellettuali e cerebrali che permeano pesantemente le composizioni dei dischi, dal vivo venissero smussati o addirittura messi da parte per far emergere aspetti più emotivi che consentono una percezione più profonda e coinvolgente del tutto. Non solo la “testa” quindi, ma anche il resto del corpo, nervi, muscoli, stomaco e quant’altro vengono coinvolti e usati per vivere l’esperienza del concerto: i Caterina Palazzi Sudoku Killer daranno un primo assaggio di questa idea, che verrà poi coronata con gli Zu in maniera totalizzante. È per questo che i due gruppi convivono bene insieme, uno specchio dell’altro, e vederli entrambi in un’unica serata non può che essere un piccolo evento in sé. ![]()
La semplice ed accogliente cornice del Mat Laboratorio Urbano, situato nella periferia di Terlizzi in provincia di Bari, prevede due palchi, uno di fronte all’altro e differenti per dimensioni. I Caterina Palazzi Sudoku Killer aprono le danze all’ombra di un enorme albero, attento ascoltatore come il resto del pubblico che nel corso dei minuti si accalcherà sempre più curioso vicino al gruppo. Chi si aspettava infatti il classico gruppetto d’apertura messo lì apposta per riscaldare un po’ l’atmosfera in attesa di quello principale è rimasto positivamente sbalordito: nonostante il loro esordio risalga solo a sei anni fa, il quartetto romano è una band matura che può contare su due album di alto profilo, l’ultimo dei quali, “Infanticide”, è uscito lo scorso anno ed è stato acclamato fra le migliori pubblicazioni discografiche del 2015, e anche su numerose date europee svoltesi sino a primavera. A Terlizzi però i Caterina Palazzi Sudoku Killer presentano alcuni nuovi brani che andranno a costituire il prossimo disco in lavorazione, basato, come di consueto, su un concept: sta volta tocca ai cattivi dei film Disney. La scelta di tale argomento si sposa egregiamente con la natura cinematica della loro musica, la quale è capace di far emergere determinate immagini nella mente dell’ascoltatore: chi ha ascoltato “Infanticide” e “Sudoku Killer”, l’album d’esordio del 2010, sa che questa è una delle principali caratteristiche della band, e anche questi nuovi brani non fanno eccezione. Ad un primo ascolto l’impressione emersa è che i tre brani inediti presentati, nonostante si pongano in una linea di continuità con quelli dell’ultimo disco, siano maggiormente compatti e meno propensi a divagazioni dal sapore noise; come se fossero stati limati ed epurati da alcuni suoni più spigolosi, rendendoli in qualche modo più diretti nella forma complessiva. Dopo un inizio un po’ da riscaldamento, i Caterina Palazzi Sudoku Killer iniziano ad essere sempre più sciolti, e con loro anche il pubblico è ad ogni pezzo sempre più coinvolto.
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Esattamente come su disco, nessuno dei musicisti prende il sopravvento sull’altro, intessendo un interplay invisibile ma palpabile, specialmente fra la sezione ritmica solida e piena di groove. In particolare, il contrabbasso si muove nell’ombra, quasi in disparte, ma nello stesso tempo è sempre molto presente riuscendo a ritagliarsi i suoi momenti; si ha la sensazione quasi inconscia che tramite il suo suono tutto parta da lui e a lui poi ritorni: un po’ come succede ascoltando il contrabbasso di Mingus. Il set si conclude con un quarto brano “ibrido”, un mix fra un pezzo inedito e Futoshiki da “Infanticide”, quest’ultimo capace di coinvolgere ancora di più dal vivo e non solo su disco. Purtroppo, proprio quando l’atmosfera aveva preso fuoco e il viaggio sonoro del quartetto era ben avviato, i Caterina Palazzi Sudoku Killer hanno dovuto interrompere dopo solo mezz’ora di concerto per poter dare maggiore spazio agli Zu. Ma anche se i quattro ragazzi hanno suonato relativamente poco, sono riusciti ugualmente a coinvolgere i numerosi presenti all’interno della loro musica, un vero e proprio viaggio che dal vivo acquista ancora più potenza evocativa. Chiunque sia alla ricerca di nuovi stimoli in campo musicale, indipendentemente da quali siano i suoi ascolti principali, o se si è semplicemente amanti della buona musica, allora i Caterina Palazzi Sudoku Killer vanno necessariamente supportati.
Un quarto d’ora di cambio palco, ed ecco salire gli Zu. O meglio, questa particolare incarnazione degli Zu, visto che da un anno a questa parte dietro alle pelli siede il norvegese Tomas Järmyr, batterista poliedrico e versatile, attivo non solo con il gruppo romano ma anche con svariati progetti, dall’elettroacustico al jazz più contaminato. L’impronta del nuovo componente si fa immediatamente sentire e contribuisce ad accrescere dal vivo la massa sonora, bollente e grassa come lava, che gli Zu riversano dal palco. ![]()
Il set si divide fra i brani dell’ultimo “Cortar Todo” e di “Carboniferous”, album del 2008 che ha fatto da spartiacque nella discografia della band, sia a livello sonoro e musicale e sia perché pubblicato per l’americana Ipecac di Mike Patton, cosa che ha consentito al gruppo di espandere il proprio pubblico internazionale. La scelta di suonare dal vivo questi due dischi non è casuale: da “Carboniferous” in poi gli Zu hanno costruito lentamente una nuova identità dove le esperienze precedenti col jazzcore, il math, il noise e tante altre influenze che hanno accompagnato da sempre i singoli membri trovano una sintesi inedita, altamente personale e musicalmente originale. Per gli Zu suonare e comporre musica non significa semplicemente imbracciare uno strumento ma costruire un progetto vitale che cresce ed evolve con gli stessi membri che ne fanno parte: ogni disco è una tappa verso sé stessi, una rappresentazione in musica in cui arte e vita coincidono. Non è un caso quindi che “Cortar Todo” nasca dall’esperienza del bassista Massimo Pupillo e del sassofonista Luca T. Mai in Amazzonia a contatto con la tribù degli Shipibo: un’esperienza che ha cambiato i loro punti di vista personali e quindi anche musicali, sentendo l’urgenza di registrare un disco che non fosse altro che lo specchio di questa loro apocalisse interiore. E il termine apocalisse ritorna anche dal vivo sin dall’attacco con The Unseen War, per poi proseguire con Rudra Dances Over Burning Rome e Cortar Todo dall’ultimo album. I pezzi sono estremamente rallentanti, accentuando così ancora di più la pesantezza del suono: si stenta a credere che solo tre persone possano mettere in piedi una tale cattedrale sonora. I minuti passano ed ecco emergere dalla montagna di “Carboniferous” brani ormai amati dal pubblico come Chthonian, Carbon, Beata Viscera e Erineys, suonati con precisione e con un piglio ancora più frontale, folle e violento.
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Tomas Järmyr, dotato, almeno dal vivo, di un tocco più metal rispetto ai precedenti batteristi, è perfettamente a suo agio sia con i nuovi che con i pezzi più vecchi, suonando con incredibile nonchalance i continui cambi e controtempi. Il muro di suono è talmente poderoso che l’insieme suona come un’orchestra pervasa da continue basse frequenze: una sensazione, questa, che permette di avvertire il suono con il corpo, diramandosi dai piedi per poi concentrarsi nel petto. I tre quarti d’ora di concerto volano, letteralmente, e gli Zu concludono con un piccolo bis dove la voce dissonante del sax introduce Obsidian e, alla fine, Ostia, ormai un classico della band. Mentre dei canti popolari georgiani continuano a risuonare dalle casse, ci si rende conto di aver assistito non ad un semplice concerto ma ad un rito primitivo ed ancestrale, spaventoso e meraviglioso nello stesso tempo, dalla forza quasi magica per la sua capacità di riuscire a materializzare nella mente dell’ascoltatore un certo tipo di suono. Perché è questo che sconvolge di questi Zu, il suono, insieme alla loro capacità di plasmarlo a piacimento. Senza ombra di dubbio, sono l’unico gruppo italiano che è riuscito a creare una tale massa di suono e a trasporla nei live: un loro concerto è un’esperienza sonora totalizzante che trascende i generi e che riesce a toccare corde profonde e sconosciute.
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Si ringrazia per la gentile collaborazione Aldo Martino per le foto.
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Prato inizia settembre animandosi per diciassette giorni con circa cinquanta eventi, fra musica, sport, finger food e il torneo di Palla Grossa. Alla musica dal vivo vengono dedicati i primi sei giorni, dal primo al 6 settembre. Riprende vita così il palco in piazza del Duomo con sei concerti consecutivi. Ad aprire la settimana sarà Gianna Nannini. La signora del rock italiano sarà per la prima volta a Prato il primo settembre in una delle date del suo ricco tour, partito in seguito all’uscita di Hitstory, una raccolta di 32 tracce che ripercorrono la carriera della cantante dagli esordi ad oggi. Sessantadue anni e non sentirli: l’energia di Gianna non si è mai esaurita, così come la sua voce, cifra stilistica rimasta unica nel panorama italiano dalla fine degli anni ’70 ad oggi. Il due settembre saranno insieme i Verdena e i Marlene Kuntz. I primi sono reduci da un tour europeo e agli sgoccioli del loro mini tour italiano dedicato interamente ai brani dei loro ultimi album, Endkadenz Vol.1 e Vol.2, usciti rispettivamente a gennaio del 2015 e ad agosto dello scorso anno. Le sei date, ultime annunciate per la promozione degli album, anticipano la pausa che il gruppo dedicherà ai nuovi brani. I Marlene Kuntz invece continuano il loro tour estivo con un repertorio che unisce i brani storici con quelli del decimo album uscito a gennaio, Lunga attesa, che sancisce un ritorno ad un suono più aggressivo nel quale le chitarre la fanno da padrone, in una ricerca di equilibrio fra l’attualità dei suoni e il loro rimando alle atmosfere che caratterizzavano l’inizio della loro carriera. Goran Bregovic e la sua storica formazione Wedding & Funeral Band sono i protagonisti della serata del tre settembre. Basta ascoltare uno dei brani più famosi per capire che i loro non sono certo concerti da pubblico compostamente seduto in silenzioso ascolto. Impossibile rimanere immobili davanti agli energici ritmi balcanici che caratterizzano l’artista serbo e il suo tour dal titolo “Chi non diventa pazzo non è normale”, che presenta i suoi più grandi successi con qualche anticipazione dell’album che uscirà l’anno prossimo. Li accompagnano nella serata i Baro Drom Orkestar, gruppo che anch’esso affonda il proprio background musicale nei Balcani e nella musica gipsy in una originale ed energica sintesi fra tradizione e innovazione. Carmen Consoli salirà sul palco il quattro di settembre. La sua voce particolare, la ricercatezza e la raffinatezza degli arrangiamenti, la grande capacità interpretativa, l’attenzione a temi spesso femminili e sociali, la accompagnano fin dal primo album del 1996 e ne fanno una delle più famose cantautrici italiane. L’ultimo album, L’abitudine di tornare, risale al 2015. Elio e le storie Tese arrivano anche a Prato con il loro Piccoli Energumeni Tour il cinque settembre. Dopo la partecipazione al Festival di Sanremo di quest’anno con una canzone che contiene ben sette ritornelli, la pubblicazione del nuovo album, Figgatta de Blanc, il tour dedicato ai grandi spazi e al grande pubblico è partito ad aprile e ha riempito i palasport di varie città dai quali il gruppo mancava da venti anni. La promessa è quella di uno spettacolo all’insegna di estrosità e umorismo con i quali verranno presentati i grandi successi e le novità di una carriera ormai arrivata al ventesimo anno di vita. L’ultima serata dedicata alla musica nasce dall’unione di Prato Estate e di Settembre/Prato e Spettacolo ed ospita AIR e Public Service Broadcasting. L’acronimo AIR sta per “Amour, Immagination, Rêve” ed unisce artisticamente Nicolas Godin e Jean-Benoit Dunckel in un progetto che alla base mescola perfettamente le maggiori inclinazioni dei due protagonisti, la classica e l’elettronica, colorandole con vari elementi pop. Public Service Broadcasting invece è il nome del duo acustico formatosi a Londra e che è diventato uno dei più famosi live act del Regno Unito. La loro musica strumentale si accompagna a vecchi filmati e materiale storico di propaganda con il nobile intento di “insegnare il passato con la musica del futuro”.
Per maggiori informazioni sui biglietti e sul programma completo di tutti gli eventi consultate il sito ufficiale: http://www.settembreprato.it/
Immagini tratte da http://www.settembreprato.it/ e da https://www.facebook.com/settembrepratoespettacolo/?fref=ts 19/8/2016 I tormentoni degli anni '90: “Eiffel 65 – Blue: cronaca di un successo nato per caso in un sottoscala di Torino”.Read NowCorreva il 1999: debuttava al cinema il film cult Matrix, Microsoft lanciava il primo Msn Messenger e Michael Jordan annunciava il ritiro, mentre nelle radio spopolavano i tormentoni “Vamos a la playa” di Miranda e “Tell me why” di Prezioso e Marvin. In questo contesto salì alla ribalta del grande pubblico un motivetto tanto semplice, quanto intrigante: “I'm Blue da ba dee da ba daa”. “Blue” è il singolo di punta e di esordio degli Eiffel 65 , band nata negli studi della Bliss Corporation di Torino, casa discografica dalla quale sono transitati tutti gli artisti di maggior successo del panorama dance anni '90. I componenti di questo progetto erano: il front-man e cantante Jeffrey Jay, il tastierista e musicista Maury Lobina ed il Dj Gabry Ponte, tutti e tre italianissimi, nonostante i nomi d'arte potessero trarre in inganno. Il nome del gruppo non ha a monte particolari scelte di marketing o approfondite riflessioni, la parola “Eiffel”, venne presa da un generatore automatico di parole, il numero “65”, dalle ultime due cifre di un numero di telefono annotato su un demotape. Blue nasce quasi per caso nei primi mesi del 1998, quando, un pomeriggio, Maurizio “Maury” Lobina suona, improvvisando, un giro di piano, su una vecchia tastiera posta in un sottoscala della “Bliss”. Il caso vuole che in quel momento, da quel corridoio, passi Gabry e che ne rimanga folgorato. I due quindi, riprenderanno queste poche note, e vi costruiranno sopra una melodia di senso compiuto, così come la conosciamo noi. Il problema però era che mancava un testo a dare quella marcia in più ad un lavoro che ad entrambi sembrava avere dell'ottimo potenziale. In questo momento entra in scena anche Jeffrey, voce storica della dance del periodo ed in particolare di numerosi progetti figli dell' etichetta di appartenenza, come il Bliss Team. Ci vogliono delle parole da cantare, anche in maniera abbastanza rapida, per provare la resa del brano in studio e così, provvisoriamente, per incidere almeno un demo, su un pezzo di carta, in pochi minuti viene buttata giù la storia di un essere blu, che vive in un mondo blu, con tutto quello che lo circonda blu. Il resto è storia che conosciamo già, anche se la via del successo non sarà così semplice ed immediata. Visto che la combinazione musica più testo funzionava, si decide di incidere e di pubblicare il singolo, pur senza molte pretese di successo, come più volte dichiarato da coloro che da questo momento in poi diventeranno gli Eiffel 65. Blue viene lanciata in radio ad ottobre 1998, passando quasi inosservata, anzi, quando veniva proposta in discoteca, finiva molto spesso per svuotare inesorabilmente la pista. La svolta arriva qualche mese dopo, quando nella primavera del 1999, l' emittente Lombarda Discoradio, nel programma “DDD” condotto dal noto Dj e speaker Marco Ravelli, comincia a proporre sempre più spesso, fino a far scoccare la scintilla. Si passa dall'anonimato alla fama nazionale e sull'onda del successo viene pubblicata anche al di fuori dei confini italiani (Regno Unito, Germania, Francia, Canada, Australia, Spagna, Svizzera, Austria, Danimarca, Russia, Svezia, Finlandia, Norvegia, Grecia, Belgio, Paesi Bassi, Irlanda e Stati Uniti d'America), approdando nelle varie classifiche e raggiungendone in molti casi la vetta. Il successo della canzone negli Stati Uniti d'America fu tale da far rientrare la canzone nei cinque brani selezionati per la nomination "Best Dance Recording" ai Grammy Awards 2001, vinta però poi dai Baha Men con il brano Who Let the Dogs Out? Oltre ad essere stato oggetto di molti remix e cover, questo brano ha trovato spesso spazio nei media: nelle serie tv: in Beverly Hills 90210 e in “Daria” e nel cinema: in Fantozzi 2000, Big Fat Liar, American School, Eurotrip e soprattutto nella sequenza iniziale di Iron Man 3. Sull' onda di questo successo planetario, viene pubblicato Europop, album d' esordio degli Eiffel 65, contenente il singolo Move your body, vero e proprio riempi-pista dell' inverno 1999-2000. Seguiranno poi gli album Contact! ed Eiffel 65, che segneranno una progressiva svolta in chiave Pop da parte del gruppo e contenenti brani di grande successo, soprattutto in Italia, come: Una notte e forse mai più, Viaggia insieme a me, Quelli che non hanno età, Too much of heaven, Back in time e molti altri. Quelli che non hanno età sarà anche il brano scelto dai tre ragazzi per partecipare a Sanremo 2003, fortemente voluti dall' allora conduttore e direttore artistico Pippo Baudo, tuttavia, le sonorità dance, pur mascherate da archi e pianoforte, non riuscirono a fare breccia nel cuore dei giurati, relegando la canzone nelle ultimissime posizioni, nonostante un dato decisamente significativo: il momento in cui si esibirono gli Eiffel 65 fu quello con audience televisivo più alto di tutto il Festival.
Con l'abbandono da parte di Gabry Ponte impegnato nel portare avanti progetti personali, il gruppo si sciolse, infatti i superstiti Maury e Jeffrey, divennero Bloom 06, proponendo un' elettronica decisamente ispirata ai Depeche Mode, prima di dare vita nel 2010 ad una clamorosa, quanto effimera reunion con il figliol prodigo Gabry, che dopo pochi mesi abbandonerà definitivamente per divergenze in campo artistico e personale con Maury.
Nonostante da trio, siano di fatto, diventati un duo, gli Eiffel 65 stanno proseguendo la loro attività con tour in tutta Italia che fanno registrare regolarmente sold out, mentre negli scorsi mesi, a distanza di undici anni dall' ultimo, hanno pubblicato anche un nuovo singolo “Panico”, con sonorità decisamente differenti da quelle a cui avevano abituato, che non ha riscosso il successo auspicato, lasciando interdetti molti fan, nostalgici dei tempi che furono. Immagini tratte da: www.noisey.vice.com
"I'm a a Barbie Girl, in the Barbie world, Life in plastic, it's fantastic!". Chi non ricorda questo tormentone? E' la hit più celebre del gruppo scandinavo degli Aqua che nel 1997 arrivò alla numero uno in Italia, Inghilterra, Svizzera, Francia, Belgio, Australia e Svezia.
Il fenomeno Aqua nasce nel 1995: dopo aver firmato un contratto con l'etichetta discografica Universal, il gruppo decise di dare un' impronta precisa al proprio stile musicale, virando verso sonorità eurodance, europop e dance pop, giocando anche con il contrasto tra la voce roca del rapper e cantante René e quella acuta di Lene, facendo nascere così il loro stile definito bubblegum dance, a cui proveranno ad ispirarsi, senza il medesimo successo, molte altre band di fine anni '90. Vale la pena di ricordare il progetto Toy Box, con il disco “Tarzan e Jane”, vero e proprio clone del gruppo scandinavo. Il debutto avviene in Danimarca nel 1996 con il singolo Roses Are Red, riscuotendo un grande successo: primo posto della classifica dei singoli per otto settimane. Constatato che questa idea in salsa bubblegum dance stava cominciando a funzionare, la casa discografica decise di tentare il debutto internazionale, avvenuto nel maggio del 1997 con un altro singolo: Barbie Girl, con evidente riferimento alla famosa bambola, icona di intere generazioni di bambini del ventesimo secolo. Il brano, fresco, frizzante, con un testo immediato dalla doppia chiave di lettura: rimandante al mondo dei giocattoli per i più piccoli, denso di doppi sensi per i più grandi, riscosse un clamoroso successo in tutta l'Europa, piazzandosi al vertice delle classifiche di numerosi paesi. Senza dubbio, un contributo fondamentale alla fama planetaria di questo secondo singolo, fu dato dal video musicale, nel quale il quartetto è rappresentato in maniera fumettistica, con la voce del gruppo Lene Nystrøm ad interpretare la celebre bambola Barbie e René Dif a rappresentare invece il fidanzato Ken. Da qui in poi si inaugurò una tradizione di clip di accompagnamento alle canzoni, come se si trattasse di episodi a puntate di una serie televisiva, il cui culmine come successo è stato raggiunto con Doctor Jones, secondo solo al singolo di cui stiamo parlando, per riscontri ottenuti.
Il video è stato anche oggetto di polemiche e di un contenzioso tra il gruppo e la Mattel, casa produttrice del giocattolo citato nel titolo, che contestava: “l'uso del marchio senza autorizzazione e il contenuto della canzone, secondo loro reo di presentare la Barbie come volgare oggetto sessuale”.
Sulla scia del successo di Barbie Girl è stato pubblicato il loro album d'esordio, Aquarium, che raggiungerà la cifra monstre di 23 milioni di copie vendute. Il boom del disco è stato supportato da ulteriori singoli da esso tratti come Doctor Jones, Lollipop (Candyman), Good Morning Sunshine e Turn Back Time, tutte le canzoni hanno riscosso notevoli risultati in classifica ed erano tutte nello stesso stile di Barbie Girl, eccetto Turn Back Time, ballata utilizzata come colonna sonora del film Sliding Doors. Finiti gli anni '90, e cambiati i gusti dei fan, cresciuti e più maturi, i successivi album, tra cui Aquarius (2000), prosecuzione ideale della prima fatica della band, ebbero poi un successo inferiore, rei di non essere stati capaci di adattarsi al mutare delle sonorità all' alba del nuovo millennio. Il gruppo si sciolse nel 2001 e la cantante del gruppo, Lene Nystrøm tentò la carriera solista, dandosi al punk-rock, ma senza ottenere il risultato sperato. Nel 2008 e successivamente nel 2011 si riunirono per la pubblicazione di una raccolta Greatest Hits e per i singoli "How R U Doin?" e “Back to the 80's”, il quale ha visto, suo malgrado quasi subito una modifica del testo, a pochi giorni dalla sua pubblicazione, infatti il verso: “When Michael Jackson skin was black”, è stato censurato e fortemente criticato, poiché proprio in quei giorni, il Re del Pop passò a miglior vita. L'anno scorso a distanza di quasi vent'anni dal loro primo brano gli Aqua hanno deciso di riunirsi per un tour ma solo in terra australiana e in Nuova Zelanda. Se nel continente Europeo, la loro fama è circoscritta a poche canzoni, in Scandinavia, loro terra di origine, gli Aqua continuano ad essere delle vere e proprie istituzioni, facendo registrare ancora sold out continui, a 19 anni dall' uscita del loro singolo di punta, risultando però ormai più fenomeno locale che internazionale. "Ti ho sempre amata per la tua bellezza e la tua saggezza, ma non serve che io ti dica di più poichè lo sai già. Adesso, voglio solo augurarti buon viaggio. Addio vecchia amica. Amore infinito. Ci vediamo lungo la strada". Hydra (in italiano "Idra") è una minuscola isola greca di 52 km quadrati ancorata al Peloponneso che è conosciuta per la totale mancanza di automobili, la conservazione spettacolare delle antiche case bianche Archontika e l'affetto particolare suscitato nelle menti degli artisti di ogni genere. Nel 1958 il venticinquenne Leonard Cohen, studente canadese di origini ebraiche prostatosi alla poesia in maniera totale, approdava qui non tanto per immergersi nelle acque cristalline ammirate dalle sabbie acciottolate. Sperava di compiere un ritiro dei sensi che gli ispirasse raccolte di versi appetibili per il suo animo insoddisfatto e per il pubblico. La musica non l'aveva ancora toccata, non ci pensava ancora. Di Muse non ne aveva ancora trovate. Fino ad Hydra. All'epoca Cohen stava con una ragazza di nome Lena. Lena riceveva la corte e ricambiava un giovane scrittore norvegese, tale Axel Jensen, che sull'isola però non si era recato da solo. Era fidanzato con Marianne Ihlen, espressione per antonomasia della bellezza scandinava. Cohen la conobbe e la considerò la donna più bella che avesse mai visto. Restituì a Jensen quanto che gli era stato fatto con Lena. Ma andò molto oltre. Accompagnò Marianne nella sua casa ad Oslo, e qualche anno dopo, invitò in Canada la fanciulla reduce da un matrimonio lampo e chiuso con Jensen e accompagnata da un "piccolo Axel" generato da non molti mesi. Nel vivo dei 60s Leonard Cohen a cavallo tra la natia Montreal, la fatal Hydra e l'irresistibile New York cingeva a sè Marianne e si preparava all'abbandono necessario consegnandola all'immortalità del volume di poesie "Flowers for Hitler" e della musica. "So long, Marianne","Bird on the wire". I primi colpi al cuore alla storia del cantautorato inferti dal canadese sornione e rauco, conquistatore tra le pareti sventrate del Chelsea Hotel di Janis Joplin fingendo di essere il già affermato collega Kris Kristofferson. "Vieni pure alla finestra mio piccolo tesoro, Mi piacerebbe provare a leggerti il palmo. Pensavo di essere una specie di zingarello Prima di lasciare che tu mi portassi da te. E ora addio, Marianne, è ora che ricominciamo A ridere e piangere e piangere e ridere di tutto quanto ancora". (So long, Marianne) Il 28 Luglio scorso, a distanza di più di mezzo secolo dalle storie raccontate, dopo una breve ma incontrastabile malattia Marianne Ihlen si è allontanata per sempre da Cohen, che in un'accorata lettera nel suo caratteristico stile sintetico ma pregnante ha dato appuntamento nell'altra vita all'amore dal fascino intatto. E' stato galeotto l'amico comune Jan Christian Mollestad, che ha informato Cohen del tumultuoso peggiorare delle condizioni della donna e le ha recapitato al suo capezzale il messaggio elaborato con sintomatica naturalezza dall'amante in poco meno di due. Nel 1992 in un'intervista dalle accese connotazioni malinconiche, Leonard Cohen aveva già rivolto un ardente pensiero alla Musa ricordando la vibrante ammirazione nei suoi confronti nonostante la fine del rapporto vent'anni prima, il ritorno di lei in Norvegia, la perdita degli sguardi. Ma come rivelato nella lettera estrema, è bastato ascoltare il rintoccare della sua voce al telefono per riconoscerne l'infinita simbiosi. Le aveva dedicato in preda alla sfrontatezza dell'esordiente "So long, Marianne". Da "Songs of Leonard Cohen", 1967, l'approccio arrogante con un'epoca musicale in cui dominava l'arcobaleno hyppie e di contro non sembrava potesse avere un grande seguito un menestrello a posteriori che si interrogava tra nevrosi, rimorso e simbologia. L'esordio infatti rappresentò un mezzo fiasco, ma carburando lentamente come il ritmo e il contenuto dei brani stessi, "Songs of Leonard Cohen" passò ad infliggere uno schiaffo significativo alla scena contemporanea, trainato dalla fortunatissima "Susanne" che lanciò in definitiva la stella di un'artista mai domo, che in autunno a "soli" 82 anni pubblicherà il suo quattordicesimo album dal titolo di "You want it darker". Sul suo acconto facebook ufficiale, egli ha scritto che a detta dei suoi fidati ascoltatori si tratterà di un ritorno al Cohen classico, del primo e del secondo album, quel "Songs from a room" del 1969 sulla cui retro-copertina compariva una sorridente Marianne intenta ad una macchina da scrivere al centro di una stanza minuta e personale. Il disco era aperto da "Bird on the wire", un altro omaggio di matura malinconia dell'autore alla sua fonte di bellezza svanita. "Come un bimbo nato morto Come una bestia col suo corno Ho lacerato chiunque cercasse di raggiungermi. Ma giuro su questa canzone E su tutto ciò che ho fatto di sbagliato Che rimetterò ogni cosa a te." (Bird on the Wire) Recitava così "Bird on the Wire" al suo apice. Un brano radicalmente diverso da "So long, Marianne" per il suo significato e lo spirito assimilato da Cohen nell'invocarlo. "So long, Marianne" metteva in scena la presa di coscienza complicata ma completa della fine del rapporto, nella realtà dei fatti provocata per l'appunto dal cantante. "Bird on the Wire", invece, seppur dedicato a Marianne, rivolge un pensiero esplicito a quest'ultima soltanto nel passo sopracitato, svolgendo nella globalità del testo una riflessione amara sull'ineluttabilità del progresso, della rapidità esagerata con cui i cambiamenti voluti dall'uomo sconvolgano le dinamiche della vita. "L'uccello sul filo" cui si rivolge il titolo è un'immagine richiamata alla mente di Leonard Cohen dai ricordi dell'incontaminata isola di Hydra, allorquando gli uccelli che potevano posarsi sui cavi della tensione elettrica che non erano ancora attivi furono costretti a rinunciarvi a causa dell'evoluzione artificiale. Cohen si sofferma amaramente durante il flashback finendo per decretare l'inutilità nel battersi in determinate battaglie, e ammettere di aver sbagliato nell'assumere alcuni comportamenti anti-conformistici ma velleitari da parte sua. Come scappare dalla Musa, salvo poi ricongiungersi a lei e chiederle perdono.Indecisione e insoddisfazione. Immagini tratte da: - Immagine 1 da www.repubblica.it - Immagine 2 da www.amazon.com Spero di poterlo fare un giorno, ma per il momento non ho ancora avuto modo di sapere quante parole in italiano conosca effettivamente Laura Pergolizzi, la cantautrice newyorkese che sotto lo pseudonimo di LP sta spopolando in Italia come in tanti altri Paesi con il singolo "Lost On You". Classe 1978, nata ad Huntington, Long Island, New York, ma trasferitasi successivamente a Los Angeles, ella possiede un' "italianità" solo d'origine derivatale dalla madre napoletana e dal padre metà siciliano e metà irlandese. Anche se ha recentemente dichiarato in un'intervista rilasciata a RaiNews24 che considera molto italiana l'atmosfera malinconica e romantica ricreata da "Lost On You", brano nato in un periodo per lei ricco di idee e positività. Nonostante sia stata allevata in una famiglia che premeva per una carriera da avvocato o medico, Laura ha trovato nella passione canora della madre una delle prime ispirazioni per la sua formazione musicale, di stampo fondamentalmente folk-rock da Joni Mitchell a Jim Morrison, da Robert Plant a Jeff Buckley e Kurt Cobain. Ricerca scritturale e grinta, sperimentazione strumentale e teatralità, studio intenso nell'utilizzo della voce e un'importante aria "soffusa" che si riscontra nel suo stile sin dai dischi iniziali.
Dall'autobiografia presente sui socials senza mezzi termini la cantautrice parla delle difficoltà riscontrate durante la gavetta, dei due album "Heart-Shaped Scar" (2001, chiaro omaggio ai Nirvana) e "Suburban Sprawl & Alcool" (2004) prodotti con piccole etichette che a fronte di una fruttuosa attrazione nei confronti della critica non riuscirono a far breccia nei padiglioni e nelle pulsioni degli ascoltatori. Senza subire crisi di disperazione e di auto-annullamento, LP ha invece messo in mostra l'umiltà e il fegato di accantonare momentaneamente le luci della ribalta sul palco per trincerarsi nell'ombra, non proprio vergognosa, della composizione per altri, per popstars dai milioni già fruscianti da un decennio e più. Dagli endecasillabi della nostra pseudo-conterranea sono germogliate hits per Rihanna ("Cheers"), Christina Aguilera ("Beautiful People"), Leona Lewis ("Fingerprints") e Cher ("Red" e "Pride). Certamente tutte molto brave e pop, certamente tutte accostabili a LP soltanto perchè hanno cantato canzoni composte da lei, ma palesemente non per altro. E per capirlo non è necessario sottoporsi ad una "Cura Ludovico" in stile "Arancia Meccanica" fermandoci ad ascoltare a palla LP per giorni interi.
Capelli ricci folti e selvaggi, portamento fiero e ribelle, abbigliamento da menestrello consistente in un ukulele che dal 2009 si impossessa in modo prepotente della sua concezione di musica a tal punto da convincere la Casa di produzione dello strumento Martin Guitars a costruirne uno apposta per lei. Un ukulele geneticamente modificato in una chitarra, con le corde passate da 4 a 6 in doverosa ricompensa alla prima suonatrice di ukulele donna della storia. E anche alle 12 canzoni di "Forever Now", il disco della rinascita performativa che nel 2014 per Warner Bros, in missione per conto di una Major sotto la benedizione del "Big Producer" Rob Cavallo, che a dispetto del cognome matto non è perchè si è portato in bacheca tre Grammies per "American Idiot" dei Green Day e ha regalato altre gioie con i Goo Goo Dolls, Alanis Morissette, Eric Clapton e The Dave Matthews Band solo per citarne certi. LP ha seguito Cavallo nel suo matto (questa volta si) progetto di lanciarla in lungo e largo per gli Usa in 250 date, e con il Live at EastWest Studios EP on Warner Bros Records del 2012 ha sbaragliato anche il pubblico sulla spinta della sua enorme potenza vocale.
Il popolo ha cominciato a non dimenticare l'ascendenza blues di quella voce che soprattutto dal vivo sa farsi strada con marcia trionfale in direzioni diverse, innalzandosi poderosamente tra archi da Estremo Oriente ("Tokyo Sunrise") e fumanti corteggiamenti tra impianti orchestrali e spruzzate rock e beats elettronici ("Into The Wild", "Muddy Waters"). E ritornando al successo di "Lost On You" (singolo che anticipa il suo nuovo Ep "Death Valley") da ringraziare lautamente per la nascita di questo articolo, il brano in questione parte in sordina in parallelo al tema trattato della fine di una storia d'amore e delle assurde perdite ("Tutto ciò che mi sono persa per te" per l'appunto) che come tentacoli strizzano l'animo di LP. Basso e chitarra rompono il ghiaccio, seguono l'ukulele (o il tamburello nelle esibizioni Live) e le giravolte vocali che non disdegnano un fischio o un acuto da opera dentro ad un'aria acustica soffusa ma non asfissiante. Leggerezza al servizio di un destinarsi ai ritmi in forma sempre nuova e avventurosa.
Laura Pergolizzi, l'italiana che non lo è, sta accompagnando di questi tempi in tour la vecchia volpe Bryan Ferry tra Canada e Stati Uniti. Ma qualcosa ci dice che presto non sarà così lontana dalla patria degli avi. Link per approfondire: - Sito ufficiale: http://iamlp.com/ - Pagina Facebook: https://www.facebook.com/iamLP/?fref=ts - Canale Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCGZhNQ6mRnvLa0_oVJNG_kA Immagini tratte da: - Immagine 1 da www.rockol.it - Immagine 2 da https://ukutabs.com FIRENZE Stasera saranno insieme, sul palco all’aperto del Fiorino sull’Arno Paul Wertico (batteria), Gianmarco Scaglia (contrabbasso), Fabrizio Mocata (pianoforte). Proporranno un programma che spazia da Verdi a brani originali, il tutto basato sulla salda unione di liricità e swing. https://www.facebook.com/events/1755204624726594/ E’ iniziato ieri La Cisternata presso l’antica cisterna romana di Montaione. Il festival dedicato al rock unisce ogni sera concerti live con dj set, un angolo reggae, degustazioni e mercatini. https://www.facebook.com/events/1304305886270559/ Da giugno un progetto che unisce la Scuola di Musica di Fiesole, Omega, Conservatorio Cherubini, Liceo Dante e l’Orchestra da Camera Fiorentina porta la musica sul sagrato delle più importanti chiese di Firenze. Domani tocca a Santo Spirito che ospiterà Fabrizio Mocata Trio (Fabrizio Mocata, piano, Gianmarco Scaglia, contrabbasso, Giovanni Paolo Liguori, batteria) in collaborazione con la Scuola di Musica di Fiesole. http://estatefiorentina.it/2016/06/03/non-solo-classica-i-concerti-sui-sagrati/ LIVORNO Surfer Joe festeggia alla Terrazza Mascagni di Livorno il quindicesimo compleanno di Inconsapevole Records con la quale collabora da circa quattro anni. Due giorni e dodici band si alternano fra stasera e domani dalle 19.00. https://www.facebook.com/SurferJoeDinerLivorno/?fref=ts
GROSSETO
PISA Stasera il Bagno degli Americani di Tirrenia si colora di sonorità andine e ritmi caraibici con i SuRealistas. Il repertorio ironico ed energico unisce l’improvvisazione all’interazione con il pubblico. https://www.facebook.com/bagnoamericani/?fref=ts Domani sera Marina Mulopulos porta ad Argini e Margini Distichos, il suo primo album da solista. Una voce particolare che si fa strumento e l’apporto di grandi musicisti creano un omaggio alla Grecia, terra natale del padre. Fra i brani nuovi e quelli riarrangiati si intrecciano sogni e speranze per il futuro, una speranza di cambiamento che contrasti quella che la cantante stessa ha definito “l’epoca del sopravvivere”. http://arginiemargini.com/ MASSA Fra i concerti del programma di Revolution Camp in programma questo fine settimana i Tre Allegri Ragazzi Morti. Davide Toffolo, Luca Masseroni e Enrico Molteni saranno in concerto al Parco Ugo Pisa di Marina di Massa dalle 18.30. http://metarock.it/prodotto/tre-allegri-ragazzi-morti/ AREZZO Nella splendida e suggestiva cornice di Cortona giunge al termine nel fine settimana il Cortona Mix Festival, evento nato nel 2012 che ha come obiettivo quello della contaminazione fra le varie arti, del dialogo fra le varie forme di creatività. Fra i vari eventi oggi pomeriggio si terrà un workshop di musica elettronica con Samuel dei Subsonica, Dj Ralf e Federico Grazzini che dalle ore 21.30 si trasformerà in dj set e silent disco. Domani sera al Teatro Signorelli è in programma il concerto di Enrico Rava New Quartet. Chiudono musicalmente domenica sera Ian Anderson & Jethro Tull. http://www.cortonamixfestival.it/ Immagini tratte da:
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Aprile 2023
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