di Enrico Esposito
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Claudio Lolli se n'è andato via in un silenzio quasi assoluto, il 17 agosto scorso, per un malore improvviso e non al termine di una lunga malattia come una grande fetta della stampa ha annunciato. Se n'è andato via a sessantotto anni, nella sua Bologna che l'aveva accolto, cresciuto e reso uno dei più importanti protagonisti della musica italiana di "protesta", nel caldissimo decennio dei Settanta. Il ventenne Lolli che una sera nel celebre ritrovo dell'Osteria delle Dame impressionò un Francesco Guccini già esploso per la sua tempra, i testi decisi e poetici, e una ricerca musicale peculiare al punto convincere il cantautore di Pavana a portalo con sè alla Emi, nel mondo discografico mainstream. Siamo nel 1972 e Lolli pubblica il suo primo Lp dal titolo emblematico di "Aspettando Godot". Un album magnifico composto da dieci tracce lunghe e zeppe di racconti, opinioni, paesaggi. Tra impegno civile e ricordi adolescenziali Lolli, accompagnato da un quartetto di pregevoli musicisti (tra questi vi erano gente di alto livello come Ares Tavolazzi ed Ellade Bandini) si fa strada nell'atmosfera incandescente delle radio libere e delle manifestazioni di rivolta grazie a un piglio sapiente e sensibile allo stesso tempo, che gli permette di passare senza disturbare l'ascoltatore da pensieri d'amore e amicizia alla condanna degli abusi borghesi (dietro i quali si sviluppa un attacco duro alla negativa figura paterna).
Le copertine degli album "Aspettando Godot" e "Un uomo in crisi"
Ma soprattutto l'aspetto che lascia da una parte incantati e dall'altra inferociti per la poca attenzione riservata a questo artista lungo l'arco della sua quarantennale carriera, consiste nella sapiente rappresentazione dei desideri e delle abitudini dell'uomo in generale, nella grande dote di psicologo e portavoce della caratterizzazione interiore. Non a caso, i suoi brani più apprezzati e ricordati sono "Aspettando Godot", "Michel", "Anna di Francia" e "Ho visto anche degli zingari felici", canzone datata 1976 che da nome al suo quarto lavoro in studio, nonché uno dei dischi manifesto della cultura italiana dell'epoca. Un album che fotografa senza filtri la situazione politica e culturale vissuta nell'Italia dilaniata dalle bombe e dai misteri, la rivoluzione sessuale e il confronto con le consuetudini altre, straniere, immorali. "Ho visto anche degli zingari felici" era giunto a compimento dopo altre due raccolte di "formazione" come "Un uomo in crisi" e "Canzoni di rabbia" che mettono in mostra un Lolli attento osservatore della vita presente e di quella passata, che servendosi della fantasia si tuffa nella storia incontrando una vittima di guerra e Antonio Gramsci, descritto con toni quasi d'invidia da parte di un suo immaginario vicino di casa all'interno del brano "Quello lì (Compagno Gramsci)".
![]() "Ho visto anche degli zingari felici" costituisce l'apice della popolarità del cantautore emiliano, ma anche un punto di stacco decisivo dall'ambiente discografico commerciale e legato alle grandi platee. Insofferente all'egemonia dei "padroni", Lolli decide di rescindere il proprio contratto con l'Emi per passare a un'etichetta indipendente, Ultima spiaggia, fondata due anni prima da Nanni Ricordi e Enzo Jannacci, e in questo modo probabilmente mettere in salvo lo spirito autonomo e libero che gli apparteneva in un momento nel quale le istanze di cambiamento e rivoluzione erano giunte alla loro conclusione. Tuttavia, dopo aver pubblicato "Disoccupate le strade dei sogni", il seguito ideale dell'Lp precedente, Ultima Spiaggia fallisce, e il cantautore fa ritorno alla Emi, con la quale realizza altri cinque album tra cui "Antipatici antipodi", la cui spettacolare copertina è disegnata da Andrea Pazienza, grande amico di Lolli. Sono questi anni di alterne fortune, nel corso dei quali Lolli si cimenta in diversi progetti musicali e non, che lo vedono ad esempio intraprendere a partire dagli anni Ottanta la professione di insegnante di lettere al liceo di Casalecchio di Reno, esercitata sino alla pensione, e l'attività di poeta e scrittore, come testimoniano il volume "Giochi crudeli" (1990) e l'appassionata antologia "Lettere matrimoniali" del 2013. Lolli intraprende la scrittura di brani come "Keaton" e "Via col Vento" che saranno raccolti in dote da Guccini, e subisce un pesante quanto ingiusto allontanamento dal Club Tenco durato più di vent'anni. Il Tenco che solo nel 2017 tornerà sui suoi passi, assegnandogli il premio di "Miglior album dell'anno in assoluto" per "Il grande freddo", disco portato a termine da Lolli grazie a una campagna di crowfunding. Lolli riceve questo prestigioso riconoscimento allorquando si ritrova a vivere l'acmè della sua seconda vita artistica, emersa dopo un periodo di allontanamento dalle scene tra gli anni '90 e 2000, e affermatasi con successo per merito del disco "La scoperta dell'America", che rivela al pubblico un Claudio Lolli ispiratissimo e riappropriatosi di una visione del mondo senza barriere come la propria musica, nel suo mix tradizionale di pop, folk e di un jazz seducente. Lolli ritorna a portare in giro la propria musica, da via a collaborazioni con diversi colleghi, sale sul palco del Concerto del Primo Maggio a Roma nel 2010 cantando il brano "Primo Maggio di Festa". "Il grande freddo" del 2017 rappresenta la sua ultima "fatica" discografica ma non compositiva, perché da diverso tempo egli stava collezionando all'interno di una sorta di summa tutti i testi dei suoi brani, le note a margine, le fotografie, che, oggi, a nemmeno un mese dalla sua scomparsa prematura e triste, vanno a costituire il volume "Disoccupate le strade dei sogni" edito da Goodfellas. Non sapremo mai se Claudio Lolli avesse concepito questi due progetti come una sorta di splendido testamento da regalare al pubblico dei suoi coetanei e dei suoi più giovani sostenitori. Non lo sappiamo davvero, ma di certo la sua scomparsa è avvenuta troppo in fretta, "tutto così rapido" ha dichiarato la moglie Marina, la compagna di una vita, che ha detto la una verità sacrosanta: Claudio Lolli non è stato soltanto quello degli zingari felici. E da queste parole nasce la speranza di una riscoperta autentica dell'opera eccezionale di un artista bistrattato, che confessava di essere salvato dalla banalità della vita grazie alla musica. Un'idea oggi canzonata dai più. Immagini tratte da: - Immagine 1 da sestopotere.com - Immagini 2 - 3 da debaser.it - Immagine 4 da rockit.it - Immagine 5 da lafeltrinelli.it
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In radio il 31 agosto il brano che anticipa il nuovo progetto dei due artisti Un album a settembre e un tour (a seguire) “La notte cade su di noi, la pioggia cade su di noi, la gente non sorride più, vediamo un mondo vecchio che ci sta crollando addosso ormai…ma che colpa abbiamo noi…”: riecheggiano nella nostra mente i versi di Mogol e sembrano scritti oggi. “Che colpa abbiamo noi”, un vero e proprio inno generazionale, è il brano che anticipa il progetto che vede finalmente insieme Shel Shapiro (ossia, The Rokes) e Maurizio Vandelli (ossia, Equipe 84) e sarà in radio dal 31 agosto, interpretato questa volta dai due artisti, riarrangiato e prodotto da Diego Calvetti. Shapiro e Vandelli si sono “ritrovati”, dopo una vita di rivalità, distanze, marcate differenze di carattere, formazione e stili di vita, ma anche di rispetto reciproco e grande amore per la musica. Ad unirli un progetto artistico, dal titolo emblematico “Love and Peace”, amore e pace ritrovati prima di tutto fra di loro: una collaborazione che ha radici lontane e che vede fondere i loro percorsi musicali in un album per Sony Music (in uscita il 21 settembre) e in un tour prodotto da Trident Music (le prime date sono Firenze il 10 dicembre al Teatro Verdi, e Roma l’11 dicembre all’Auditorium Parco della Musica). I biglietti saranno in vendita dalle ore 12.00 del 6 settembre. Un affascinante viaggio nelle immagini e nelle emozioni di intere generazioni che si ritroveranno magicamente insieme, senza le divisioni e i contrasti che caratterizzano la comunicazione di quest’epoca, anzi. Shapiro e Vandelli rappresentano una nuova energia, la voglia di comunicare e di vivere la positività e la bellezza della musica come grande forza aggregante. Un incontro storico che non è nostalgia ma memoria, con uno sguardo rivolto al presente. Come recitano i versi di “Che colpa abbiamo noi”.
di Enrico Esposito
Abbiamo avuto la grande fortuna di poter conoscere e parlare dal vivo con Nada alcuni mesi fa a Pisa grazie all'esclusiva concessione da parte del Cinema Arsenale, che l'aveva invitata come special guest alla proiezione di "Untitled", docu-film che racconta lo spettacolare viaggio compiuto dal regista austriaco Michael Glawogger. La cantante livornese ha infatti rivestito il ruolo di voce narrante all'interno della versione italiana della pellicola, che la montatrice Monika Willi ha realizzato per rendere omaggio alla memoria dello sfortunato collaboratore (e compagno) morto improvvisamente per malaria nel 2014 nel corso del viaggio che dall'Ungheria avrebbe dovuto condurlo per un anno intero alla scoperta del mondo e delle sue particolarità. Il suo cammino ha attraversato profondamente la Penisola Balcanica, l'Italia e il Maghreb per poi concludersi al di là del Sahara, tra Senegal, Guinea Bissau e Sierra Leone. Nada con tono solerte traccia didascalie di personalità, villaggi, consuetudini (nella versione originale l'interprete è l'attrice Fiona Shaw), rimettendo piede in un mondo quello del cinema, che l'ha accolta sin da piccola nelle vesti di interprete e l'ha richiamata a sé più di recente celebrando la qualità della sua indole principale, la canzone.
L'ha rivelato lei stessa senza troppi fronzoli sia durante la nostra intervista che nell'incontro con il pubblico al Cinema Arsenale che ha preceduto la proiezione di "Untitled". Nada ha riconosciuto di "non essere un’attrice e di non esserlo mai stato", ma di essere stata fiera di aver attraversato il mondo cinematografico trasversalmente, a partire dagli anni 70 quando Sandro Bolchi la diresse nello sceneggiato Rai "Puccini" (1973) e Giulio Bossetti la scelse come protagonista del film "Il diario di Anna Frank" (1977), fino al 1994 quando all'interno del lungometraggio "Con gli occhi chiusi" di Francesca Archibugi è possibile scorgere un cameo della stessa artista che esegue il suo brano inedito "Nati alberi". Apparizioni saltuarie ma all'interno di produzioni di alta fattura, che hanno visto la precoce cantautrice nativa del Gabbro, frazione di Rosignano Marittimo, cimentarsi con una delle arti, assieme al teatro e alla letteratura, corollarie alla sua stupefacente carriera musicale, ancora oggi nel pieno del suo svolgimento. Dall'esordio a soli quindici anni al Festival di Sanremo con "Ma che freddo fa", il conseguente straordinario successo e gli album incisi negli anni Settanta in collaborazione con Piero Ciampi, sono trascorsi ben cinque anni che hanno visto l'estro di Nada svilupparsi costantemente. Un'artista camaleontica e dalla creatività spiccata, passata dal rappresentare una delle più acclamate dive pop degli anni '80 grazie a tormentoni del calibro di "Amore disperato", a intraprendere negli anni '90 e 2000 un netto percorso cantautorale e acustico, con il progetto del "Nada trio" in compagnia di Fausto Mesolella (chitarra) e Ferruccio Spinetti (contrabbasso) e il meritato conferimento del Premio Tenco nel 2008.
La Nada in stato di grazia perdurante, ricercata dai giovani fans, musicisti, registi. La ritroviamo sul palco al fianco di Zen Circus, Cristina Donà, Criminal Jokers, solo per citarne alcuni, mentre indimenticata è la versione tutta al femminile di "Ma che freddo fa" regalata al pubblico del concerto benefico "Amiche per l'Abbruzzo" con Paola Turci alla chitarra, Marina Rei alla batteria e Camen Consoli al basso. In questi anni la cantante livornese compone nuovi album, tra cui "Tutto l'amore che mi manca" del 2004 in tandem con John Parish, storico produttore di P.J. Harvey, che sta lavorando attualmente alla realizzazione della sua diciannovesima raccolta di inediti. Dicevamo della passione dei cineasti italiani di ultima generazioni per la musica di Nada, un'ammirazione manifestata includendo all'interno di alcune loro opere brani noti o meno usciti dalla penna della cantautrice toscana. Se Gabriele Mainetti sceglie il successo del 1982 "Ti stringerò" come sottofondo grottesco di una delle scene conclusive del suo cult "Lo chiamavano Jeeg Robot", Paolo Sorrentino lascia risuonare invece in uno degli episodi della serie "The Young Pope" "Senza un perché", traccia del 2004 estratta dal già citato "Tutto l'amore che mi manca". Due omaggi all'insaputa della stessa Nada, due attestazioni "vip" nei confronti di un'artista completa e effervescente, che all'alba dei sessantacinque anni non ha alcuna voglia di voler smettere di stupire.
Immagini tratte da foto dell'autore (Eva Dei)
di Alice Marrani In arrivo questo penultimo fine settimana di agosto, una nuova edizione di Beat, il festival empolese che dal 2015 si è ritagliato un meritato spazio fra i protagonisti dell’agosto toscano. Grandi artisti, musicisti emergenti, radio, street food, sport e artigianato, il tutto condensato nel Parco di Serravalle in un programma di cinque giorni e due weekend, dal 24 al 31 agosto. Sono davvero tanti gli elementi che affollano la tabella di marcia del festival e, come ogni anno, la musica fa da filo conduttore. Non solo un Main Stage affollato da alcuni fra gli artisti più popolari del momento ma dj-set e band emergenti provenienti da tutta Italia si alterneranno fra la Jump Rock Arena e Orme Radio Mini Stage, in una sorta di laboratorio musicale, un live lungo cinque giorni, dal pomeriggio alla notte. A inaugurare il palco principale saranno i Ministri. La band milanese ha festeggiato nel 2016 il decennale dell’uscita del loro primo disco. Il nuovo album, Fidatevi, è uscito nel 2018. Anticipato dal singolo omonimo Fidatevi e da Le vite degli altri, il disco che mette l’accento su uno dei sentimenti meno scontati dell’attualità ha riscosso notevole successo durante il tour di presentazione iniziale e prosegue il suo viaggio nelle tappe del tour estivo. A condividere con loro questo primo venerdì, Siberia. Il loro secondo album, Si vuole scappare, un disco dark pop dalle ispirazioni sonore che vanno dagli Editors a Tenco, è uscito nel 2018. Protagonista della seconda serata è Motta. Entrato ormai sul podio degli artisti italiani attualmente più apprezzati, sarà a Empoli per l’unica data Toscana del suo tour estivo. Il cantante, autore e polistrumentista nato artisticamente come leader dei Criminal Jokers, è fresco di assegnazione della Targa Tenco 2018 come miglior album dell’anno per il suo Vivere o Morire, seconda ricevuta dopo quella del 2016 per il suo esordio solista con La fine dei Vent’anni. Prima di lui sul palco, il cantautore e chitarrista milanese Jack Jaselli mentre in apertura Emme e Federico Biagetti. Il 26 agosto, sul Main Stage arriva Marco Jacopo Bianchi, in arte Cosmo. Il suo ultimo disco, Cosmotronic, uscito quest’anno, gli regala un nuovo successo da aggiungere a quelli di Disordine e L’ultima festa e dei recenti singoli Sei la mia città e Turbo. Il doppio album è una sintesi fra le sue anime, cantautore da un lato e dj e producer dall’altro. Le canzoni, il ritmo, le luci e l’elettronica, lo fanno protagonista di serate fatte di musica da ballare, show particolari e coinvolgenti considerati fra i migliori live del momento. In apertura, Postino. Fiorentino, laureato in medicina, ha pubblicato il suo primo album, Latte di soia, a luglio. Il singolo Blu lo scorso marzo, ha raggiunto un grande numero di ascolti su YouTube e in poco tempo è riuscito a scalare la vetta delle classifiche di Spotify. Dopo qualche giorno di pausa, il 30 agosto arrivano a Empoli, per una delle uniche tre date italiane del loro tour, i Sum 41. Con ormai una lunga carriera alle spalle, la punk rock band canadese è tornata sulle scene nel 2016 con l’ultimo album 13 Voices. Tornano in Italia dopo il successo all’I-Days 2017 accompagnati da un successo che non ha nessuna intenzione di affievolirsi. Per rimanere in tema, lo stesso giorno sul palco ci saranno i texani Waterparks e gli italiani T.F.V. La chiusura del festival sarà tutta italiana. Sul palco Canova, Eugenio in Via Di Gioia e Viito. Per avere un assaggio del successo della band milanese, basta tornare indietro ai primi mesi del 2018: sei concerti di presentazione per il nuovo “Avete Ragione Tutti Deluxe” e uno straordinario successo; ultima data all’Alcatraz di Milano, tutto esaurito già in prevendita. Affermati nel giro di un anno con un disco e un tour di più di cento date, l’ultimo concerto del Beat Festival è una delle uniche due occasioni italiane per poterli sentire dal vivo questa estate. In tasca nuove canzoni e in cantiere il prossimo disco in studio. Prima di loro gli Eugenio in Via Di Gioia. Un ultimo disco uscito in primavera fatto di cantautorato, nu-folk e un mondo a testa in giù. In apertura Viito, una novità nel panorama musicale italiano con una notevole forza comunicativa e un singolo uscito nel 2018 che ha registrato centomila ascolti solo nella prima settimana. Immagini tratte da: https://www.beatfestival.net/
di Enrico Esposito
Domenica 12 agosto nell'ambito della manifestazione culturale Marenia con la partecipazione di Officine Garibaldi, Roberto Vecchioni ha fatto tappa a Marina di Pisa per un nuovo appuntamento del suo tour "La vita che si ama". Ma per il pubblico presente non si è trattato solo di un magnifico concerto.
"L'amore è sentire che c'è qualcun altro al mondo oltre a noi" Roberto Vecchioni
Il Professore ne ha combinata un'altra delle sue. Con l'invidiabile franchezza e il profondissimo tatto che l'hanno eletto uno dei più fini interpreti della canzone italiana, ha trasformato Piazza Gorgona di Marina di Pisa in un'arena a cielo aperto, profumata da essenze molteplici in una notte fresca di metà estate. Non ha soltanto regalato al buon pubblico presente i brani più intensi e travolgenti della sua cinquantennale carriera. Ha dato vita, servendosi del semplice dono della parola e della sincerità, a un viaggio trasversale dal passato al presente, soffermandosi sull'intimità dei sentimenti personali e sulla mediocrità dei fenomeni collettivi. Roberto Vecchioni si è avventurato in una coinvolgente orazione che ha tenuto conto di Cristo come di facebook, del mistero più affascinante della storia che si chiama donna e dello sprofondare mediocre di cui è vittima la cultura in questo tempo. Ha fatto tutto questo raccontando prima di ogni canzone un aneddoto tratto dalle pagine di una vita all'interno della quale c'è stato spazio per tutto: eccessi, sofferenze atroci, gioie altissime, scoperte continue.
Poco meno di due mesi fa (il 25 giugno per la precisione), colui che ha ricevuto il soprannome distintivo di "Professore" perché per oltre trent'anni ha ricoperto il ruolo di insegnante di latino alle scuole medie - superiori, ha compiuto settantacinque anni. Un traguardo importante, del quale si è detto molto orgoglioso, perché raggiunto in ottima forma sia fisica che intellettiva, dopo averne affrontate tante ma essere riuscito a conservare sempre una curiosità straordinaria per le realtà del mondo e del tempo, un amore forsennato e furioso per la cultura e i suoi miracoli, rispetto e venerazione supremi per l'intero mondo femminile. In una serata dedicata in primis alla condanna di ogni forma di violenza sulle donne, Roberto Vecchioni ammutolisce i presenti mettendo in mostra una sensibilità eccezionale, che non trae le proprie conclusioni al termine di ragionamenti astrusi e pomposi. Da acuto osservatore della storia e dell'uomo, il cantautore anche con ironia esprime la sua ammirazione per la donna in generale, senza alcuna distinzione di età, nazionalità, aspetto, cultura. La donna è per Vecchioni una creatura straordinaria in grado di scalare montagne di fronte alle quali l'uomo si ferma a metà malapena. La donna ha ricevuto in dote dal Signore il privilegio e allo stesso tempo il peso di conferire la vita, di portarla nel proprio grembo e rivelarla al mondo. E la donna possiede per questo motivo con i figli un legame magico, assoluto, ed è bella a tutte le età, sempre. Il Professore ne coglie la sua essenza massima attraverso i suoi brani. Da "Figlia" a "Il tuo culo e il tuo cuore", splendido madrigale che dedica alla sua donna, compagna da ben trentotto anni, fino a giungere a "Due madri", omaggio alle due nipotine Nina e Chloe e alle loro due madri, la figlia Francesca e la sua compagna. Il cantautore racconta al riguardo il momento in cui Francesca all'epoca adolescente gli confessò con imbarazzo la sua omosessualità, ricevendo da parte sua una reazione inaspettata perché baldanzosa e dolce allo stesso tempo ("Che c...? Non potevi dirlo prima?"). Amore è una parola che si rincorre innumerevoli volte tra una lirica e l'altra di Vecchioni. Anche nella serata di Marina, l'artista brianzolo passa in rassegna sfumature diverse del sentimento più alto e mascalzone. L'entrata sulla scena supportato dalla sua band si materializza con le note di "Stranamore", per l'appunto, il brano che rappresenta per eccellenza l'ubiquità dell'amore, racchiusa in un gesto o in uno sguardo, l'amore coniugale e adolescenziale, l'amore filiale, tra un padre e un figlio, come il cantautore e suo figlio Edoardo, che a dodici anni manifestò i primi sintomi di una terribile malattia (sclerosi multipla). Con "Le rose blu", lirica dal testo e alla malattia struggenti, Roberto Vecchioni ripercorre il dramma di questa vicenda, ma anche la speranza di vincere insieme, di crederci fino alla fine. E poi l'amore per i giovani e l'educazione, reso nella sua massima espressione in "Sogna ragazzo sogna", il testamento che il Professore lasciò in eredità ai suoi ultimi studenti. L'amore per la musica, apertamente svelato in "La mia ragazza", e quello per la poesia, riguardo al quale il cantautore decide di condividere una vera e propria chicca con i suoi fans, parlando del divertente incontro con Eugenio Montale a soli cinque anni. Dicevamo dell'amore, dell'amore per antonomasia, tra due partners, ma anche l'amore per la natura e i suoi prodotti, l'adorazione della cultura. Uno spettacolo della vita, che però l'uomo arriva spesso a rovinare a causa di ragioni diverse. Come il poeta Fernando Pessoa che in punto di morte rimpiange il fatto di non averlo vissuto appieno ("Le Lettere d'Amore") a esempio, oppure le ragazze al giorno d'oggi che credono di far innamorare gli uomini mostrando il proprio corpo sui socials, non rendendosi conto d'altra parte che per conquistare occorre colpire l'anima e non solo gli occhi. Come le grandi multinazionali del cibo che per interesse diffondono periodicamente psicosi mondiali, oppure la convinzione generale di avere la facoltà di poter giudicare e esporre tutto di sé sulla rete, online, riducendo sempre più il confronto a tu per tu tra una persona e l'altra. Gli uomini e le donne stanno perdendo inesorabilmente il piacere avvincente del dialogo, sul suolo di un mondo superficiale, "il quinto piano" lo chiama un Vecchioni afflitto, nostalgico del Novecento vibrante e umano. Ma ciononostante, non è il caso di mollare del tutto la presa, di abbandonare del tutto il furore dell'invenzione, dell'arte, della passione. Per questa ragione la musica e il buonumore trionfano nella notte di Marina grazie ai toni epici di "Samarcanda" e "Bandolero stanco", alle lucide riflessioni tra passato e presente in "Dentro gli occhi", all'infinita emozione sentita ascoltando "Luci a San Siro". Versi intramontabili e giovani come il Professore. Immagini tratte da pisatoday Un concerto gratuito organizzato dalle Officine Garibaldi per "Marenia Non Solo Mare" che ripercorrerà 45 anni di successi del poeta della musica italiana Si chiama ‘La vita che si ama’ il tour che domenica 12 agosto porterà nella cornice di Piazza Gorgona a Marina di Pisa il cantautore Roberto Vecchioni per un attesissimo concerto gratuito. Organizzato dalle Officine Garibaldi con il contributo del Comune di Pisa, il concerto è tra gli eventi clou del calendario di Marenia Non Solo Mare per l’estate 2018 del litorale pisano. Un tour ispirato all’ultimo libro dell’artista edito da Einaudi e intitolato ‘La vita che si ama. Storie di felicità', in cui Vecchioni canta le sue storie attingendo alla propria biografia per costruire un vero e proprio manuale su come imbrigliare la felicità, senza farla scivolare via. Durante il concerto, in cui l’artista alternerà dialoghi e canzoni, i racconti autobiografici si intrecceranno a 45 anni di successi di uno dei padri storici della canzone d’autore, per ripercorrere i ricordi e le speranze del poeta della musica italiana. Il filo conduttore dello spettacolo, dunque, sarà costituito dai frammenti della memoria personale di Vecchioni racchiusi nelle canzoni, da quelle meno consuete come ‘Stelle’ e ‘Figlio, figlio, figlio’ a ‘Sogna ragazzo sogna’. Non mancheranno i classici, da ‘Luci a San Siro’ a ‘Chiamami ancora amore’. “Siamo molto contenti - spiega Giancarlo Freggia, presidente Paim e direttore generale delle Officine - di aver organizzato un concerto che porterà un cantautore e un poeta come Roberto Vecchioni davanti al pubblico del litorale per uno degli appuntamenti più attesi dell’estate 2018. Un’altra sfida - continua Freggia - che le Officine Garibaldi hanno raccolto con passione, così come da quasi un anno avviene nei tanti eventi che lo staff ha organizzato dentro e fuori la struttura”. L’appuntamento da non perdere con Roberto Vecchioni sarà dunque domenica 12 agosto alle 21.30 in piazza Gorgona a Marina di Pisa.
di Enrico Esposito
"I like standing still, but that's just a wishful plan
Ask me where I come from, I'll say a different land But I've got memories and travel like gypsies in the night" Alice Merton - "No roots"
Per descrivere in maniera concisa ma essenziale la sua visione del mondo sembrano calzare a pennello questi tre versi del brano che le ha regalato il grandioso successo internazionale. Frasi secche e in rapida successione, che raccontano il desiderio vitale del viaggio, dell'incapacità di sentire stanchezza nell'affrontare spostamenti in continuazione, dell'irrilevanza di un'origine precisa. Arricchire appena possibile le proprie esperienze, lungo strade percorse un migliaio di volte, e custodire con attenzione il passato attraverso il fuoco sempre acceso dei ricordi. Alice Merton sa bene ciò che vuole, perché l'ha messo in atto da anni. Ed adesso è passato al piano A. Affermarsi in ambito musicale, condividendo con altre persone la sua filosofia.
Alice ha il cosmopolitismo nel sangue. Nata a Francoforte nel 1993 da madre tedesca e da papà irlandese, ha vissuto sin da piccolissima molti trasferimenti da una nazione all'altra. Prima il Connecticut, negli Usa, conosciuto a soli tre anni, poi il Canada, il paese che diviene la sua prima vera patria e la vede imparare a suonare il pianoforte a cinque anni. Alice conosce in questo periodo la musica classica e se ne appassiona apprende il canto, e stabilisce un legame molto positivo con i suoi insegnanti, dai quali riuscirò con difficoltà a staccarsi quando i suoi genitori opteranno per il ritorno in Europa, nella Germania paterna. Appena tredicenne, la giovane Merton si stabilisce a Monaco di Baviera, in uno dei centri più tradizionali di una cultura a lei del tutto sconosciuta. Ella infatti non conosce il tedesco, ma viene iscritta a una scuola statale proprio con l'intento di avvicinarla alla conoscenza di una lingua che le permettesse di approfondire i rapporti con i numerosi parenti concentrati in Germania e in Svizzera. Dopo una fase di adattamento molto complicato, Alice avvia un percorso di crescita personale molto deciso, mettendo da parte gli studi di musica classica a favore del pop e del rock, della chitarra e della passione per la scrittura musicale. A scuola frequenta un corso di songwriting, scrive le sue prime canzoni, trova nella composizione lo strumento prediletto mediante il quale poter esprimere ciò che ha dentro. Vive dunque un momento di svolta, che si cementifica ulteriormente durante un nuovo trasloco della famiglia, questa volta direzione l'Inghilterra, con Londra e Bournemouth. Alice infatti ha l'opportunità di assorbire in prima persona le ultime tendenze in chiave pop, e con il ritorno nel 2013 in Germania, per la precisione a Mannheim, frequenta la scuola di musica Popakademie Baden - Wurttemberg, che sancisce il suo perfezionamento nelle vesti di compositrice e cantante. Tre anni dopo matura la decisione significativa di trasferirsi a Berlino per compiere gli studi universitari, e proprio nella capitale, dopo aver fondato un gruppo con il quale esegue le sue canzoni, incontra il produttore Nicolas Rebscher, che la introduce nel mondo discografico. Assistita dal manager Paul Grauwinkel, conosciuto ai tempi dell'università, Alice fonda un'etichetta indipendente, la Paper Plane Records International, dopo aver avuto contrasti con rappresentanti delle majors che pretendevano di apporre delle modifiche sostanziose al suono di "No Roots", il suo brano di debutto, il manifesto pop (con sfumature elettroniche) dello stile di vita della Merton. "No Roots" viene pubblicata nel dicembre 2016 e ottiene un successo strepitoso in Europa e al di fuori, portando Alice Merton a vincere il premio “European Border Breakers Award”, e a programmare l'uscita del suo premio Ep, che vede la luce nel febbraio dell'anno dopo con il titolo ancora di "No Roots". L'Ep contiene oltre alla hit già citata, le tracce "Jealousy", "Hit the ground running" e "Lie to my face", caratterizzate da un pop avvincente e lucido, all'interno del quale la Merton gestisce la sua voce con versatilità, concedendosi silenzi e discese, come progressioni in sintonia con i suoni (soprattutto in "Jealousy", brano da lei prediletto). La versione statunitense dell'Ep presenta la bonus track "Lash out", il suo ultimo singolo uscito all'inizio di questo agosto, che mette in evidenza ritmi ancora più elevati, e un'Alice Merton battagliera, che, dopo le tensioni degli esordi anche sul palco, si sta sciogliendo, e ora è impegnata nel pieno del suo tour mondiale. La popolarità in Italia è arrivata soltanto quest'anno, ma a livelli importanti visto che "la cantante inglese dall'accento canadese", come ama definirsi, si è resa protagonista di due date, il 17 aprile scorso a Milano al "Santeria" e il giorno dopo al "Teatro Quirinetta" di Roma. Con la speranza di poterla rivedere prima della fine dell'anno, e l'attesa dell'uscita del suo primo album, possiamo considerare quest'artista che ha fatto del melting pot culturale la fonte inesauribile della sua intraprendenza una delle scoperte più interessanti del 2018 sulla scena cantautorale internazionale.
Immagini tratte da: pagina ufficiale facebook di Alice Merton https://www.facebook.com/alicemerton/ 3/8/2018 Voci e chitarra jazz alle prime luci dell'alba con Elisabetta Maulo e Mattia DonatiRead NowBagno degli Americani - Concerto all'Alba domenica 5 agosto alle ore 6:30 Un tuffo nell’America del jazz degli anni 30, 40 e 50, estemporaneamente rivisitato per evocare un’estesa gamma di emozioni talvolta arcaiche, a tratti intense e molto intime. La domenica al mare al Bagno degli Americani ci aspetta il 5 agosto, alle 6:30, con il live di Elisabetta Maulo (voce) e Mattia Donati (chitarra), protagonisti del terzo concerto all’alba dell’estate 2018. In programma molti classici, già cantati da Ella Fitzgerald e Billie Holiday. Tutti i pezzi parlano d'amore, da quello mercenario a quello romantico, come "Two sleepy people", il racconto di una coppia che non riesce a dirsi buonanotte e resta al freddo, senza sigarette, tra la nebbia. Poi i brani sugli amori che scoppiano come lampi, travolgenti avventure che nascono e subito finiscono. In scaletta anche alcuni pezzi cantati da solista dal chitarrista Mattia Donati. Potremo goderci il sole distesi sulla sdraio, tra caffè e colazione a buffet con brioche e marmellata, uova, pancetta e pane tostato, succhi di frutta e bibite. Elisabetta Maulo ha coltivato fin da piccola la passione per la musica con il pianoforte e la voce. Studia e partecipa a seminari d’improvvisazione vocale e canto jazz, tenuti da grandissime cantanti come Marta Raviglia, Petra Magoni e Titta Nesti. Nel 2013 conosce Kaya Anderson (Roy Art Theater), partecipa al suo seminario “Voce Umana” e si innamora del legame sanguigno e viscerale che c’è tra il corpo e la voce. Partecipa come protagonista allo spettacolo di Gian Burrasca e Pinocchio al teatro Verdi di Pisa (regia di Erika Gori) e allo spettacolo degli Oscillanti (libretto Claudio Morandini, Musiche Marta Raviglia, Manuel Attanasio) al Conservatorio di Cesena Bruno Maderna. Affascinata dalle infinite possibilità della voce si confronta con repertori che vanno dal blues al jazz cantando in diverse formazioni tra cui le più importanti: il gruppo di blues acustico “Betta Blues Society”, formazione di grande successo di pubblico e di critica che ha partecipato a diversi festival nazionali e internazionali, arrivati in finale a Memphis nell'ambito dell' International Blues Challenge. Incide sempre con i Betta Blues Society tre dischi, l'ultimo” Let them out ”, uscito il 5 dicembre per l'etichetta de “Il popolo del blues “. Nel maggio del 2015 esce un suo altro disco Early sotto l'etichetta “Improvvisatore Involontario “ con il progetto More Sundays, quartetto capitanato dal pianista Piergiorgio Pirro. Suona in duo con il chitarrista Roberto Luti (Playing for change). Mattia Donati è un cantante, chitarrista e compositore livornese. Ha studiato chitarra con Gabrio Baldacci e jazz con Andrea Pellegrini. Nel 2012, con un repertorio di inediti strumentali, si aggiudica il primo premio al Senzafilo Music Contest di Pisa. Negli anni successivi insegna chitarra, registra e porta in giro per la Toscana un repertorio di classici swing (Mattia Donati Swinging Songs, Triple Sec), suona bluegrass (con Yari Spadoni e Matteo Anelli) e afrobeat (con i Sonalastrana) e collabora con vari jazzisti toscani (Andrea Pellegrini, Nico Gori & Pisa Jazz Swing 10tet, Chiara Pellegrini, Mirco Capecchi). Parallelamente all'attività concertistica, si dedica alla scrittura cantautorale, coniugando un solido background jazzistico, una voce delicata e ben riconoscibile e una scrittura semplice e spontanea. |
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Marzo 2023
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