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28/8/2020

Tempio è il disco di debutto di Leanò

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​COMUNICATO STAMPA

​Fuori dal 
6 luglio 2020 per Sunbeat Music l'EP di debutto di Leanò, una delle voci più interessanti dell'underground milanese che, dopo il suo ultimo singolo Alba (singolo suggestivo che nasce dopo una gita in barca non programmata), torna con il suo primo disco dal titolo Tempio. Un nuovo e brillante capitolo a metà strada tra gioco e introspezione, la forza di Leanò è una voce potente e che allo stesso tempo svela un'anima fragile in cui è facile innamorarsi. Tempio è in definitiva la colonna sonora che stavamo aspettando per questa strana estate che stiamo passando.
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BIO:
Leanò, all'anagrafe Eleonora Pisati.

A metà strada tra gioco e introspezione, la musica di Leanò lascia spazio  ai colori che la fusione tra metropoli e campagna riescono a suscitare.  Le ​origini cilentane​ della cantautrice milanese, hanno influenzato la sua  scrittura che si articola attraverso sonorità indie pop e che unisce  melodie di impronta ​tradizional-popolare​ ad una ricerca sonora più  sperimentale​.  La sua musica è in continua evoluzione ed ​ispirata dal legame che ha  con la natura​, con cui ha un rapporto di condivisione, sintonia e rispetto.  I temi delle sue canzoni vengono affrontati attraverso un linguaggio  semplice e onirico, che riflette una lettura candida, curiosa e attenta sia  del mondo che la circonda sia del proprio mondo interiore. Inizia ad esibirsi nei locali della scena milanese e dell’hinterland,  aprendo i live di diversi cantautori dell’ambiente (Alessio Bondì, Gnut,  Carmelo Pipitone).  A luglio 2019 viene selezionata tra i finalisti del ​Premio Bindi​.  Nell’estate 2019 porta la sua musica in giro per l’Italia in occasione del  suo primo tour.  Il 20 aprile 2018 esce il suo primo singolo ​“Sabbia nelle tasche” . Il 21 maggio 2019 viene distribuito dall’etichetta Sunbeat Music il brano  “Notte”. Entrambi i singoli sono estratti dall’album di esordio ​“Tempio” ​ di  cui è prevista l’uscita nel 2020.

 
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28/8/2020

Il coraggio di Nicolò

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di Enrico Esposito
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Ha appena trentatré anni Nicolò Carnesi ma alle spalle una carriera importante e una robusta consapevolezza dei propri mezzi. Nato a Palermo e trasferitosi a Milano in seguito, Nicolò riveste i panni tripli di autore dei testi, interprete e musicista.  Dalla mente al palco passando per il foglio e gli accordi il passo è lungo solo in apparenza. Carnesi è un fine osservatore degli interni e degli esterni degli appartamenti, parafrasando "Turisti d'appartamento", il singolo di lancio del suo ultimo album in studio pubblicato lo scorso dicembre con il titolo di "Ho bisogno di dirti domani". Un volume poggiato sulle coordinate del tempo, con il presente il passato e il futuro che vengono fissati come check point basilari dall'inizio al centro e nel finale. Come nella sua precedente produzione che affonda le radici solo nel 2012 con il debutto "Gli eroi non escono il sabato", il cantautore dalla riconoscibilissima pettinatura viaggia in costante sospensione tra background opposti temporali e spaziali, da Lucio Battisti e altra tradizione italiana leggera fondamentale alla new wave di importazione anglosassone e al jazz elettronico di gusto anni '80 che contraddistingue "il passato", chiusura dell'album. La verità è che Carnesi, che ha da poco pubblicato il videoclip del terzo singolo "Sportiva", ha con "Turisti d'appartamento" affrescato un mondo abitato da molte personalità, spesso conviventi all'interno degli stessi soggetti, facce e fasi contrapposte di una sola identità.
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​Sono tanti gli argomenti affrontati dal cantautore palermitano, i ragionamenti rivolti spesso di norma a un tu che lo ascolta, gli manca o non l’ha mai incontrato, variegati i riferimenti a elementi distintivi delle epoche già dette. Il presente corrisponde necessariamente al punto di partenza del viaggio di Nicolò perché costituisce il momento più confidenziale ed esemplare in virtù delle eredità provenienti dal passato e delle aspettative, spente, verso un futuro immaginato sotto altre spoglie. Un primo capitolo dedicato all’attuale, sviluppato in quattro brani accomunati da un caratteristico climax sonoro, dal momento che le danze vengono aperte dall’incontro tra la voce e le atmosfere disegnate dalle tastiere. L’incipit del volume, “Il presente”, non contiene in sé neppure tracce vocali, naviga e si evolve celermente come un bambino all’interno di un grembo materno. Cresce cresce fino a travalicare la fine del brano e scaturire nella successiva title-track “Ho bisogno di dirti domani”, suggerendo all’immaginazione l’architettura del mondo doppio esplorato dal suo artefice. Universo in cui incanto e disincanto si baciano e fanno a cazzotti, ottimismo e naufragio dettano le leggi e esplicitamente affermano le proprie ragioni affidandosi ad un’anima placida e speranzosa da una parte e dall’altra a uno spirito spietato nella sua schiettezza e imperiosità. C’è posto per entrambi tra i pensieri di Nicolò Carnesi, che si interroga su quanto valga al giorno d’oggi sforzarsi nel credere ancora alla magia trasmessa da un incontro non programmato e nella possibilità di rialzarsi domani quando invece il lexotan basterebbe a tagliare il problema alla radice, allungando il torpore.

​Al giorno d’oggi esiste ancora la possibilità di “inventarsi un mondo” tra le pareti domestiche, di riuscire a dedicarsi con passione all’apprendimento di piccole cose nuove, riscoprendo un’intimità oggi sbeffeggiata dalla rincorsa febbrile al “condividere”, il diktat comune con la parola chiave “navigare”. Ma qui non ci sono barche o traversate di mezzo, solo collegamenti senza fili e distanti, che allontanano le persone e non permettono ancora alle macchine volanti vagheggiate già nei romanzi di fantascienza di un secolo fa di sfrecciare nei cieli. Il futuro, allora, che da il nome alla traccia numero 5, centro simbolico dell’intero lotto, non è allora così alieno, ma già vittima del presente. Nelle cinque canzoni che Carnesi gli fa seguire, si acuiscono i dubbi, in particolar modo derivanti da una constatazione: scegliere è diventato un tormento per chiunque, un'incapacità alla quale non si riesce a dare spiegazione. "Non ci scegliamo più" canta a squarciagola. Un partner, una decisione, l'importanza delle piccole cose si sono trasformati in un nemico quasi, nella paura di un confronto che si cerca di procrastinare senza limiti. Nicolò inventa rime su rime al riguardo, identifica una soluzione in una pura e semplice azione: confrontarsi con un'altra persona, alla quale affidarsi con fiducia come si faceva una volta. "Il passato", canzone che conclude il disco, indica dunque la strada giusta, per superare gli eccessi di una "malinconia auto-indotta" oggi così inflazionata, e volgersi invece a riscrivere un futuro meno ipotetico.
Immagini tratte da:

Immagine 1 fornita
da Ufficio Stampa Big time
Galleria da foto dell'autore (Donatella Gulino)

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26/8/2020

Con "Kuala Lumpur" Cristiano Turrini si aggiudica  il contest Deejay On Stage 2020

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È il giovane cantautore romano Cristiano Turrini ad essersi aggiudicato Deejay On Stage 2020, il prestigioso contest musicale di Radio Deejay che va in scena ogni estate a Riccione. A premiare il vincitore è stato Linus, direttore editoriale di tutte le emittenti del gruppo Gedi.
La vittoria è andata alla canzone di Cristiano Turrini “Kuala Lumpur” (da oggi in onda su Radio Deejay), una ballad evocativa e coinvolgente in cui l’incontro tra le sonorità occidentali e quelle asiatiche dà vita ad un sound caldo e ricercato, che strizza l’occhio al mondo chillout. 

Cristiano descrive la sua canzone <<“Kuala Lumpur” racconta un vano tentativo di fuga dal ricordo di una storia d’amore finita ancora prima di nascere, attraverso un viaggio nei generosi scenari della splendida capitale malese. È un respiro a pieni polmoni, per abbassare il volume dei pensieri e cercarsi altrove.>> 

Oltre al cantautore e discografico Marco Canigiula (già autore per Annalisa, Emma Muscat, Biondo, Suor Cristina, Alessandro Casillo), hanno contribuito all’arrangiamento: il producer Skywalker (Marta Daddato), il pianista Jacopo Carlini (Giorgia, Fiorella Mannioia, Sanremo 2020), Davide Gobello (Fabrizio Moro, Loredana Bertè, Tricarico, Paolo Vallesi) e il bassista Matteo Carlini (Alex Britti, Martina Attili).

Breve Bio:

Cristiano Turrini è un cantautore romano classe ‘89. Nel marzo 2013 partecipa in qualità di doppiatore al telefilm “Violetta” per Walt Disney. Lo stesso anno, in trio con Roberto D’Addio e Alessandro Corsi, partecipa al “Festival di Castrocaro” su Rai 2 con gli inediti “Tempesta solare” e “Dicono che le cose” scritti e prodotti da Marco Canigiula (autore per Annalisa, Emma Muscat, Biondo, Suor Cristina, Alessandro Casillo). Nel 2015 firma un contratto da con Cantieri Sonori e pubblica i singoli “Tutto Quello Che Non Siamo” (60 finalisti Sanremo Giovani 2016) e “Irrazionale” (60 finalisti Sanremo Giovani 2018). Nel 2018 è coautore, unitamente a Marco Canigiula, del brano “Sconnessi” (interpretato da Carolina Rey), colonna sonora dell’omonimo film di Christian Marazziti. Il brano riceve la candidatura ai Nastri D’Argento come “Miglior Brano Originale”. Nel 2019 vince “Play! Storie Che Cantano” con il brano “Guernica” (Canigiula, Turrini).  Il 20 febbraio 2020 esce “Bla Bla Bla” (Sneider, Turrini) feat con il cantautore Bolo Mai e il 13 marzo pubblica il brano “Nutella Sul Pane” (Canigiula, Turrini). Il 22 agosto 2020 vince il concorso “Deejay On Stage” con il brano dal titolo “Kuala Lumpur” (Canigliula, Turrini, La Terza), prodotto da Cantieri Sonori, che vanta la collaborazione di importanti musicisti come il pianista Jacopo Carlini (Giorgia, Fiorella Mannioia, Sanremo 2020), Davide Gobello (Fabrizio Moro, Loredana Bertè, Tricarico, Paolo Vallesi) e il bassista Matteo Carlini (Alex Britti, Martina Attili).
 
Social Link
Instagram: https://www.instagram.com/cristianoturrini
Facebook: https://www.facebook.com/CristianoTurriniOfficial1
Spotify: https://open.spotify.com/artist/75mpf04oauDFgHn3IGl3LJ
 
 
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26/8/2020

Intervista a Luciano Panama

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​di Enrico Esposito
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La musica è diventata parte integrante del Dna di Luciano Panama ancor prima che Luciano Panama diventasse adolescente. Un’attrazione fortissima, ereditata, irresistibile e allargatasi ben presto fino a diventare un coinvolgimento totalizzante. Panama, classe 1980, ha ricoperto i panni del dj, del rapper, del rocker leader degli Entourage Enterinourage, band protagonista di un’evoluzione ed un apprezzamento importanti. Parallelamente ha affinato “la sua dipendenza dalla sperimentazione”, imparando a suonare una vastità di strumenti i cui nomi parlano da soli (chitarra, pianoforte, basso, contrabbasso, batteria, tastiere). L’interesse per l’ingegneria del suono, il missaggio, la regia e il montaggio video lo portano ad aprire alla fine del primo decennio del 2000 uno studio nella sua Messina che prende il nome di Youth-Studio, e da quel momento si trasforma nella fucina al cui interno l’artista coordina e realizza i suoi numerosi progetti. Arrivano due anni decisivi: il 2015, che segna l’inizio di un nuovo, naturale corso per Luciano Panama, pronto a intraprendere un’avventura solista “dovuta” in virtù della storia stessa che già si porta sulle spalle. E il 2017, che vede la pubblicazione di “Piramidi”, il primo album da solista, interamente prodotto, scritto, suonato da Panama, ad eccezion fatta per due guest stars performative, il violino di Giov​anni Alibrandi in “L’Osservatore”, “Come aria” e “Messina guerra e amore”, e la tromba di Matteo Frisenna in “Hey my all’improvviso”. Piramidi è un disco non convenzionale, sviluppato in otto tracce molto diverse tra loro, uscito il 20 ottobre 2017. Una rete di connessioni fluide tra voci e immagini, pause e suoni. Oggi ne parliamo con il loro scrittore ed esecutore, Luciano Panama. ​
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​1 - Buongiorno Luciano e grazie mille per essere qui con noi. “Piramidi” ci ha colpito molto per la sua struttura a matrioska perché si articola in otto canzoni che raccontano momenti e pensieri singoli. E al loro interno è possibile cogliere passaggi molteplici, legati al cambiamento di stato d’animo e di ritmo, all’irruzione di brusii, clacsons e altri elementi non convenzionali. Una componente di fusione che ci riporta indietro nel tempo a tradizioni progressive nostrane e internazionali. Quando hai partorito questa idea di disco? ​


Quando ho pensato al disco, strutturandolo con una parte delle canzoni che ho scritto in quel periodo, non avevo un’idea precisa sulla successione delle canzoni, su come avrebbe suonato o come l’avrei arrangiato e prodotto. Tutto è arrivato spontaneamente lavorandoci, il mio istinto mi guida attraverso delle sensazioni. Cerco di scrivere, impastare e incorniciare al meglio note testi e suoni, scegliendo con attenzione quelli che si avvicinano di più a quello che sono io nel momento in cui compongo e produco. Mi spingo sino in fondo, senza avere paura. Il coraggio è una cosa importante nella vita e soprattutto nei dischi, un disco deve essere soprattutto un’avventura, almeno per me è fondamentalmente questo. Piramidi è un circolo immaginario in cui perdersi attraverso l’ascolto completo. Da solo sono riuscito a trovare un mio senso tra tutti gli elementi. Ci vuole tempo e ogni disco è un’esperienza diversa, un po’ magica… Non ho mai avuto un produttore sino ad oggi, non ho paura di essere quello che sono senza filtri, ma è un’esperienza che in futuro voglio fare. Vorrei lavorare con qualcuno che stimo tanto, che da subito, proprio dopo aver registrato la take in studio, mi dica le sensazioni che prova in quel momento esatto, in modo che anch’ io, attraverso questa esperienza, riesca a mettere sempre più a fuoco i miei argomenti musicali e testuali.

2 - “Piramidi” si affida a una copertina che raffigura i grattacieli di Città di Panama, la capitale dell’omonimo stato centro-americano. Nonché la parola che rappresenta il tuo stesso cognome. Una cover attuale, in cui le protagoniste sono piramidi alternative, contemporanee. Da dove viene la scelta di questo titolo per il tuo lavoro d’esordio in studio e quale valenza assumono la dimensione cittadina e collettiva all’interno della poetica dell’album? La canzone “L’osservatore” mette in scena un autentico monologo della voce narrante nei confronti della realtà circostante, mentre “Messina guerra e amore” esplora l’appassionato e conflittuale legame con la tua hometown, la tua culla umana e artistica, destinataria di una lettera contenente molteplici messaggi.  ​

Le piramidi sono templi. Sono strutture che mi hanno sempre affascinato, sia dal punto di vista architettonico che da quello spirituale. Le ho studiate, ho letto molti articoli e visto tanti documentari su tutte le piramidi che ci sono nel mondo, soprattutto quelle dell’America centrale. Mi hanno sempre attratto per la storia che si portano dietro, sanno di vita vissuta, di umanità, di impresa, di valore acquisito, di energia positiva, di qualcosa che resta nel tempo. Avevo voglia di fare le mie di PIRAMIDI! Credo che il disco parli di tutto ciò. Il titolo nasce dopo aver scritto tutto, cercavo qualcosa che riassumesse al meglio il suo contenuto, poi ho anche trovato la copertina giusta. Io porto il cognome di una città, di un paese intero, e sin da bambino avevo in mente delle mie idee su cosa un luogo dovesse essere per chi lo vive. Tutto questo crescendo si è amplificato ed è confluito in questo disco in modo chiaro. Anche nel mio passato ho sempre scritto di luoghi, partendo proprio da “Pangea”, una delle mie prime canzoni in italiano in ambito rock. E’ qualcosa di naturale che ho messo a fuoco con più precisione in questi ultimi anni e che va assecondato, vissuto, studiato. Porterò avanti la mia idea di città o terra in generale. Oggi ho capito quanto importante sia vivere un luogo attento, sempre pronto ad una novità piuttosto che ad una pausa. Un contesto socio-culturale vigile insieme a famiglia e scuola creano le basi con cui affrontare la vita.


3 - Quali libri Luciano Panama aveva appoggiati sul comodino mentre lavorava alla messa a punto di questo lavoro? Quali musicisti ascoltava e infine quali esperienze scorrevano nella sua mente fino a stimolarlo eventualmente nella scrittura di versi e melodie? All’inizio di “Man” è possibile riconoscere ad esempio distintamente una citazione de “L’Anarchico” di Giorgio Gaber. In “Hey My all’improvviso” ti inventi d’altra parte una rivisitazione del grande classico di Neil Young “Hey Hey, my my”, riscrivendo in modo personale l’omaggio alla cultura rock del cantautore canadese.


Pensandoci, non ricordo con precisione cosa stessi leggendo in quel periodo, anche perché è stato abbastanza lungo. In linea di massima ho sempre un nuovo libro di poesie, di filosofia, di letteratura e li leggo contemporaneamente, ad esempio adesso ho Prevert, Nietsche, Bulgakov & Jack London. I miei ascolti sono sempre abbastanza vari. Cerco di ascoltare qualcosa di nuovo soprattutto che venga dall’estero, per la produzione dei suoni e per la ricerca musicale. Al mattino spesso ascolto musica classica. Gaber e Young sono sicuramente due autori che stimo tanto. Mi fa piacere parlare anche nelle mie canzoni di chi mi ha insegnato qualcosa.


​4 - Come ha trascorso Luciano Panama gli ultimi strani mesi? Fase 1, fase 2, dalla primavera all’estate il futuro del mondo resta ancora in bilico. La musica come tutte le altre ricchezze della vita rimangono con il fiato sospeso e tentano un po’ alla volta di recuperare il naturale habitat che gli spetta, ossia i concerti, l’attività live. Dunque quali sono le eredità che il lockdown e le sue propaggini hanno rilasciato dentro il Luciano Panama, uomo, medico e musicista, e le conseguenze successive, in modo principale attinenti ai suoi progetti di composizione, pubblicazione, esibizione? Con questa ultima domanda ti salutiamo e ti ringraziamo ancora per averci concesso questa intervista.

Ho trascorso le varie fasi lavorando. Milano è stata una delle città più colpite, io la abito da qualche tempo, per cui ho fatto turni in più come medico del territorio. Gli scenari di questa Milano deserta e spaventata mi hanno fatto vivere dei momenti anche surreali ma ho anche lavorato ad altro, tornando a casa ho sempre cercato di staccare da tutto concentrandomi sul disco nuovo. Ho letto un po’e scritto anche attraverso un altro linguaggio che non sono le canzoni, sto cercando un altro modo di far viaggiare la mia fantasia. Io sono una persona che progetta continuamente, la mia mente non è mai stanca di immaginare delle situazioni… Cosa mi hanno lasciato questi mesi credo che lo scoprirò tra qualche tempo, ho bisogno di rielaborare e fare mia un’esperienza prima di parlarne concretamente. Spero presto di tornare a suonare live in situazioni interessanti dove pubblico, luogo e artista rendano il momento performativo unico e indimenticabile, dove la musica abbia un valore principalmente artistico piuttosto che commerciale. Spero che le prossime canzoni che pubblicherò servano davvero a qualcosa e che abbiano un significato che riesca ad andare oltre il tempo che viviamo. In quest’epoca sembra che i cantautori abbiano perso il loro ruolo nella società. Dobbiamo utilizzare la musica per esprimere un’idea senza essere schiavi del mercato. Credo che la maggior parte dei musicisti (parlo del mio ambito ma sono sicuro che il discorso valga anche per le altre discipline) suoni una musica che non gli piace, ma a loro dire “gli dà da mangiare”. Dobbiamo provare a staccarci da questa idea di musicista e di musica, piuttosto facciamo un altro lavoro, ma occupiamo i palchi per dire qualcosa che ci piace davvero. Proviamo a fare qualcosa di serio anche nei posti dove lo svago è al centro del mirino, lo scontro creerà pensiero.

Grazie a voi per l’intervista e lo spazio sulle vostre pagine.
Luciano
​

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​

Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio stampa Youth

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