IL TERMOPOLIO
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo

26/10/2018

Musicalbox Ottobre 2018 // Cypress Hill, Noname, Kurt Vile, Manes

0 Commenti

Read Now
 
di Carlo Cantisani
Foto
Cypress Hill – Elephants On Acid (BMG)
Pesanti, oscuri e stonati. Questi sono i Cypress Hill che ogni amante dell’hip hop ha conosciuto e ha imparato ad amare. E che aveva perso per strada, come testimoniò Rise Up, album del 2010 che, molto timidamente, cercò di riportare sotto i riflettori il gruppo, con esiti alquanto deludenti. Elephants On Acid fa il suo ingresso ben otto anni dopo, e prepotentemente riporta l’ascoltatore al lontano 1995, anno in cui uscì quel capolavoro corrispondente al nome di III-Temples of Boom. Nel nono album in studio della formazione californiana ritroviamo bene o male gli stessi suoni e soprattutto le stesse atmosfere che hanno contribuito a creare quel profilo così unico e caratterizzate dei Cypress Hill: beats grassi e acidi, tocco psichedelico e sottile vena di follia da chicos latini, il tutto avvolto da un impenetrabile fumo di ganja, com’è d’obbligo aspettarsi. Merito soprattutto del ritorno al timone in veste di produttore di Dj Muggs, che, grazie al suo lavoro sui 22 pezzi del nuovo album, si conferma la vera e propria anima del gruppo, senza nulla togliere alle rime di B-Real e Sen Dog, impegnati a snocciolare versi su trip extrasensoriali e sull’onnipresente marijuana. È grazie a lui che l’album suona convincente, compatto nonostante una tracklist molto lunga, frammentata da numerosi intermezzi strumentali che però non disturbano l’ascolto ma, anzi, fanno da ponte fra una sezione e l’altra del disco, donando ancora più unità al tutto. Classico senza essere retrogrado o inutilmente nostalgico, Elephants On Acid restituisce – finalmente – dei Cypress Hill convincenti e in forma. In alto i bong, e bentornati.

Foto
Noname – Room 25 (auto prodotto)
La stampa americana si lascia andare, spesso e volentieri, a lodi sperticate per questo o quel fenomeno musicale del momento: nel decennio che ormai sta per volgere a termine, il genere a cui è stato riservato questo trattamento è indubbiamente l’hip hop (con i suoi vari stili e diramazioni). Oggi tocca a Fatima Nyeema Warner, in arte Noname, classe 1991 e proveniente da Chicago, patria della slam poetry, all’ombra della quale cresce la giovane e futura rapper sin dal 2010. In Room 25, primo vero e proprio album dopo il mixtape di debutto Telephone del 2016, riunisce l’amore, il rigore e la bellezza della parola, mutuati dai suoi trascorsi durante le competizioni di poesia: da qui al rap, quindi, è un attimo (grazie anche al supporto di nomi importanti come Chance The Rapper). Il disco della Warner è un diario intimo che prende le mosse dal trasferimento da Chicago a Los Angeles che la poetessa e performer ha affrontato negli ultimi due anni, quando ne aveva 25, età in cui, come da lei stesso dichiarato, ha inoltre perso la verginità. In Room 25, il sesso, le relazioni interpersonali, l’identità, di donna e di afroamericana, nell’America contemporanea sono tutti temi che si incontrano e si scontrano con pezzi che raccontano esperienze più personali e soggettive, tutti frammenti di uno sguardo lucido e spontaneo fra ciò che è fuori e ciò che sta dentro, fra mondo e persona, come rappresentato anche dalla caotica copertina. Alla fine, ciò che emerge è sempre la Warner e la sua delicata fragilità - un po’ sulla scia di Blonde di Frank Ocean. I pezzi a base di jazz e neo-soul, graziati dall’ottima e certosina produzione di Phoelix, sono talmente intrisi di groove e di melodie aperte e ariose da risultare immediatamente coinvolgenti e per niente scontati; la voce di Warner ora canta, ora invece recita e declama, sempre in maniera frizzante e accattivante. Sia chiaro, niente che non si sia già sentito negli ultimi anni. Ma la peculiarità di un album come Room 25 non risiede nell’originalità, e qui non ci si sforza neanche più di tanto di raggiungere questo obiettivo. Tutto suona però fresco e interessante, e per certi versi anche incredibilmente maturo per essere il primo full lenght. Una piccola, grande sorpresa, di quelle che non ci si aspetta, e che pone le basi per qualcosa di ancora più grande in futuro. Speriamo solo che il marketing e gli addetti ai lavori non abbiamo sommerso la memoria a breve termine degli ascoltatori con un ulteriore, ennesimo fenomeno della black music. 

Foto
Kurt Vile – Bottle It In (Matador)
Ritorna il folletto della Pennsylvania, e come al solito è sempre un bel sentire. Con il nuovo Bottle It In, Kurt Vile raggiunge quota otto album (se si considera anche il lavoro scritto insieme alla sua controparte femminile, Courtney Barnett, ovvero Lotta Sea Lice) in un lasso di tempo relativamente breve. Quasi un disco all’anno, e questo dice tanto sulla dedizione e la necessità di fare musica per il cantante e chitarrista americano. Ogni lavoro un passo ulteriore verso una forma sempre più personale e definita di folk rock con venature lo fi e psichedeliche, un aggiornamento 2.0 di suoni classici risalenti agli anni ’60/’70 ma reinterpretati attraverso una sensibilità che si potrebbe definire, molto generalmente, “indie”. L’atteggiamento un po’ svagato, quasi da eterno bambino, la chitarra sempre sotto braccio e la “fattanza” fanno poi il resto. Al di là di facili etichette, ciò che rimane è la sostanza, e in Bottle It In ce n’è parecchia. Ancora una volta Kurt Vile si conferma un musicista di razza e un songwriter esperto che sa cosa vuole e sa perfettamente quali suoni e quali note andare a toccare. Si intuisce già da subito dall’opener Loading Zones, estremamente catchy e dal flavour tipicamente americano, come se i Creedence Clearwater Revival si fossero ritrovati in viaggio sulla Road 66. Il resto della scaletta si muove fra atmosfere più ovattate e rilassate, come uno dei pezzi simbolo del disco, Bassackwards, dall’andamento cinematico: una chitarra continuamente in reverse solca il cielo azzurro illuminato da un sole pallido, che illumina pigramente una spiaggia semi deserta; altre poi più trascinanti e cariche di groove, come Check Baby, dall’aria western, o Yeah Bones, che non mancherà di far muovere i fianchi. Ma questi sono solo esempi, stralci di una scaletta molto compatta che non conosce cali significativi, perché la chitarra di Kurt Vile - protagonista del disco ma pronta, allo stesso tempo, a mettersi da parte quando è necessario – è abile nel ricamare intarsi su intarsi di arpeggi, accordi e suoni. In definitiva, Bottle It In non aggiunge niente a quanto già fatto in passato dal musicista americano, limitandosi a confermare, quindi, la sua caratura già conquistata nel corso della sua carriera. Questo non toglie però che i pezzi possano riservare più di una sorpresa a ogni ascolto, e la loro bellezza sta proprio nel perdersi dentro di essi, come dei piccoli sentieri per un unico grande viaggio che conduce dritto dritto nella testa stramba e disordinata del loro artefice. Magia di chi riesce a mascherare la complessità sotto un’aura di semplicità. Quel genietto nella bottiglia di Kurt Vile ce l’ha fatta di nuovo e, dalla copertina, sorride sornione osservandoci soddisfatti.

Foto
Manes – Slow Motion Death Sequence (Debemur Morti Productions)
È incredibile quanto un gruppo così originale e personale come i Manes sia continuamente messo da parte, di certo non oggetto di hype esagerato come i connazionali Ulver. Eppure di creatività, sensibilità e voglia di osare il quintetto di Trondheim non è certo sprovvisto, anzi, si potrebbe dire che Slow Motion Death Sequence, il nuovo parto della band, riesca anche a superare The Assassination of Julius Caesar degli Ulver in più di qualche momento, se proprio si vuole insistere sui paragoni. I misteri del marketing. Al quinto e ultimo album dei Manes non manca nulla per essere apprezzato da una platea più vasta, anzi, rispetto al precedente e meraviglioso Be All End All - squarcio cubista di art rock mutevole e sperimentale - qui il comparto melodico è ancora più evidente. Colpiscono immediatamente le linee vocali di Asgeir Hatlen, impegnato a donare pathos e sentimento a ogni nota, così come quelle delle due voci femminili di Anna Murphy e Ana Carolina Ojeda: il comparto vocale è un fiore delicato e fragile che si innesta su una musica gelida e grigia, continuamente cangiante nei suoi riflessi argentei e frastagliati, presi in prestito ora dall’industrial, ora dal trip hop anni ’90, ora dall’electro rock mutuato da dei Depeche Mode ancora più avvelenati e acidi. Chi conosce i Manes sa che ormai da tempo la band ha abbandonato i lidi del metal per avviarsi su sentieri molto più impervi; o che, per lo meno, ha saputo sfruttare una certa sensibilità mutuata dal metal per piegarla a ciò che ha voluto trasmettere. Per tutti gli altri, il gruppo norvegese può essere una scoperta unica, l’entrata in un mondo che all’apparenza mostra un guscio freddo e impenetrabile ma che rivela invece un nucleo caldo, accogliente, fragilmente umano. A patto però che ci si approcci senza pregiudizi e con la giusta apertura mentale. Se non si ha paura di affrontare quell’arte che, anche a costo di essere molto diretta e brutale, mette in mostra i lati più intimi della propria personalità, così come le idee di perdita, lutto e isolamento, allora Slow Motion Death Sequence potrà risultare una sfida intrigante.


​Immagini tratte da: 

www.hotnewhiphop.com/
www.stereogum.com/
www.brooklynvegan.com/
dmp666.bandcamp.com

Share

0 Commenti

23/10/2018

Sul nastro di partenza la nuova Stagione 2018/19 dell’Auditorium Flog W Live - Parte 1

0 Commenti

Read Now
 
di Enrico Esposito
Ven 26 Ottobre – MUSICA dei POPOLI 2018: BOMBINO (Niger) in concerto
Foto
​
Stella del desert blues, Goumar Almoctar, conosciuto come Bombino, è nato e cresciuto in Niger ad Agadez, nel nord dell’Africa, nella tribù dei Tuareg Ifoghas, che lotta da secoli contro il colonialismo e l’imposizione dell’Islam più severo. Costretto a fuggire più volte con la sua famiglia, fin da bambino inizia ad esercitarsi con la chitarra diventando allievo del celebre chitarrista Tuareg Haia Bebe che poco dopo lo prende nella sua band. Qui acquisisce il soprannome di BOMBINO da una storpiatura dell’italiano “bambino”. Si appassiona a Jimi Hendrix e Mark Knopfler, di cui studia le tecniche durante i pascoli tra Algeria e Libia. Tornato in Niger intraprende la carriera di musicista a tempo pieno ed il suo talento non passa inosservato, tanto che nel 2009 il regista Ron Wyman diventa produttore di “Agadez”, l’esordio solista su disco.

Nel frattempo la fama del giovane talento cresce fino ad essere conosciuto in tutto il mondo e suonare nei più importanti festival musicali, con collaborazioni prestigiose, tra cui quella con Keith Richards. Dan Auerbach (The Black Keys) lo incontra, ne rimane folgorato, e decide di produrre “Nomad”, il terzo disco che riscuote un successo internazionale. Il desert rock incontra il blues, suonato dalle abili mani di Bombino ed arricchito dalla sua voce intensa e vigorosa.
​

In Italia il suo sound ha conquistato tutti, da Fabio Fazio che lo ha voluto ospite a 'Che tempo che Fa' a Jovanotti che affascinato dalla sua storia lo ha coinvolto nella produzione del suo ultimo album.
Apertura ore 20,45 - INGRESSO €18 – (in prevendita €15+dp)
Segue DJ SET by Andrea Mi dj
http://www.bombinomusic.com/ https://www.facebook.com/bombino.official/

​Sab 27 Ottobre – MUSICA dei POPOLI 2018: 
“OMAGGIO ad ANTONIO INFANTINO” 
con AGOTRANCE e i TARANTOLATI di ANTONIO INFANTINO in concerto ​
Foto

ANTONIO INFANTINO è uno dei personaggi più geniali, poetici e stravaganti della musica popolare e d'autore italiana; musicista, cantautore, architetto, pittore, poeta, insegnante, intelletuale controcorrente, ricercatore, studioso delle tradizioni popolari, compositore di colonne sonore, scenografo, beatnik: l'elenco dei suoi cento talenti e delle sue attività e collaborazioni è lunghissimo. Inizia con la musica già nel 1966, anno delle sue prime esibizioni al Folk Studio di Roma, e Nanni Ricordi gli fa incidere il suo primo disco. Poi l'incontro con Dario Fo e Franca Rame, che lo chiamano a collaborare allo spettacolo “Ci Ragiono e Canto” ; e con Fernanda Pivano, che firma l'introduzione al suo primo libro di poesie. Nel 1975 fonda i Tarantolati di Tricarico, con i quali ha stravolto e reinventato il repertorio tradizionale della sua terra d’origine, la Basilicata, fondendo nenie e poesie, ballate e ninne nanne, ritmi popolari e canti di lotta.. Poi ancora compone musiche per cinema, teatro e televisione, torna a lavorare con Dario Fo per “Arlecchino” e “Juan Padan” ed incide assieme ai 99 Posse una nuova versione de “La gatta mammona”.
​

Nel 2000 il suo nuovo album “Tara'n Trance” entra a sorpresa nelle classifiche delle dancehall internazionali, riscuotendo grande successo soprattutto negli USA. Nel 2015 è ospite nel nuovo disco di Vinicio Capossela: “Canzoni della Cupa” e l'anno dopo ha partecipato al maxi concerto de La Notte della Taranta e al Concerto del Primo Maggio a Roma.

ANTONIO INFANTINO ci ha lasciati all'improvviso alla fine di gennaio di quest'anno lasciando un grande vuoto nella musica italiana e nel cuore di tutti quelli che l'hanno conosciuto, apprezzato e amato. Questa serata, che riunisce il nutrito gruppo di musicisti che ha coinvolto per anni, è diretta dal suo braccio destro AGOSTINO CORTESE insieme a vari ospiti, è per ricordarlo per quello che è stato: un creatore originale e controcorrente ed un grande artista.
Apertura ore 20,45 - INGRESSO €10/8€
Segue DJ SET by Hugolini dj
ttps://www.facebook.com/antonioinfantinoofficial/ https://it.wikipedia.org/wiki/Antonio_Infantino ​​

  Immagini tratte da:

- Immagine 1 da Bombino official page facebook
- Immagine 2 daAntonio official page facebook

Share

0 Commenti

19/10/2018

Giorgio Canali & Rossofuoco: le prossime date del tour

0 Commenti

Read Now
 
di Alice Marrani

Foto

​“Come se avessimo bisogno di un’altra canzone di merda con la pioggia dentro” cantava Giorgio Canali in Orfani di cieli a concludere Rojo. Sette anni dopo, è uscito il 5 ottobre il nuovo Undici canzoni di merda con la pioggia dentro (La Tempesta / distr. Master Music.) ottavo album per Giorgio Canali e settimo con Rossofuoco. Dopo Perle per porci, la raccolta di cover uscita due anni fa, il nuovo album contiene undici inediti che musicalmente portano la sua firma ben riconoscibile, la stessa asprezza, spontaneità e arroganza che ormai contraddistingue uno degli ultimi romantici maledetti della scena musicale italiana. Giorgio Canali e la band come sempre raccontano di pancia una sintesi fra temi personali e sociali intrisi di una nebbia densa che sale da una società ipocrita, problematica, fatta di cambiamenti apparenti, difetti perenni e amori finiti. 

​Anima del CSI, CCCP, PRG, musicista, tecnico del suono, produttore, Giorgio Canali ha lasciato un segno originale su ognuno dei suoi dischi e nei suoni di alcuni dei migliori artisti del rock italiano, fra i quali Verdena, Le luci della centrale elettrica, Marlene Kuntz, Tre Allegri ragazzi morti, The Zen Circus. Dall’inizio della sua carriera è impegnato nella musica sotto varie angolature che non hanno mai limato il carattere ruvido ne ridotto l’energia e la creatività, tutti aspetti che oltre che ascoltati dai dischi, meritano di essere ascoltati dal vivo. Segnaliamo quindi le prossime occasioni per farlo.


20/10 Torino - Blah Blah *Giorgio Canali in solo
26/10 Brescia - Latteria Molloy 
02/11 Bergamo – Druso
03/11 Livorno - The Cage 
09/11 Parma - Wasabi c/o Zu 
17/11 Firenze - Glue 
30/11 Roma - Monk 
14/12 Milano - Serraglio

Immagini tratte da : Big Time 

Share

0 Commenti

5/10/2018

Francesco Taskayali, un pianista sul velluto

0 Commenti

Read Now
 
di Enrico Esposito
Foto
Francesco Taskayali è un giovane ed eclettico pianista italoturco che dal 2009 ad oggi rappresenta uno dei più interessanti prospetti nostrani e non solo dello strumento a 88 tasti. Nato a Roma nel 1991, ha iniziato a comporre all'età di tredici anni interessandosi sin da subito ad una ricerca approfondita del piano e delle sue molteplici sfumature melodiche. I suoi brani denotano infatti un repertorio ampio e camaleontico, che intende allo stesso tempo rifarsi al minimalismo di grandi compositori come Ludovico Einaudi e ai generi musicali tra cui jazz, ritmi mediterranei, tradizione sudamericana. Grazie alla sua versatilità Taskayali ha attirato su di sè l'attenzione di orchestre e committenze provenienti dai diversi continenti, e l'hanno visto a partire dall'uscita dei suoi primi lavori in studio editi dall'etichetta internazionale Warner e dall'italiana INRI Classic ("Emre" del 2010, "Le Vent" del 2011 e "Flying" del 2014), compiere un percorso prolifico e apprezzato. Nel maggio del 2012, a soli ventuno anni, il musicista romano è stato l'unico "portavoce" dell'Italia al Festival Europeo de Piano a Caracas, in Venezuela, in una delle sue numerose performance all'estero, che l'hanno portato a esprimere il suo talento in altri illustri capitali, quali Vienna, New York (alla Festa della Musica del 2016), Addis Abeba, Parigi, Londra, Istanbul, Kiev, Jakarta. Nel dicembre del 2016 il mezzo soprano georgiano Nino Surguladze lo invita a prendere parte ad un concerto di beneficenza a Tbilisi alla presenza del Presidente Margvelashvili. Particolare successo in termini di pubblico e critica riscontrano le sue esibizioni all'Auditorium della LUISS Guido Carli a conclusione del suo primo tour mondiale del 2012, e la prima data del ciclo di concerti il 7 dicembre 2017, con cui in un Auditorium Parco della Musica soldout "bagna" la promozione del suo ultimo album "Wayfaring". Il disco, ancora una volta pubblicato con INRI Classic/Warner Music fa il suo ingresso direttamente nella top 100 degli album più venduti in Italia, e anche questo autunno potrà essere ascoltato dal pubblico nell'arco di sette appuntamenti che prenderanno vita in suggestive locations tra Palermo e Bologna.
Foto
Francesco Taskayali ha affiancato alla sua produzione discografica una diffusa realizzazione di soundtracks per cortometraggi, spot pubblicitari, campagne di sensibilizzazione, documentari. Collabora infatti fin dai primi anni della sua carriera con la compagnia anglosassone The Music Sales Group Ltd., è autore di colonne sonore per la Tim, Rai 3, La 7, e per il film documentario argentino "Ochos pasos adelante", diretto dalla regista Selene Colombo, e proiettato a New York presso la ECOSOC Chamber delle Nazioni Unite, in occasione della Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull’Autismo. Nel suo ultimo album "Wayfayring", il pianista ha ulteriormente ampliato il suo "raggio d'azione", innestando alla base delle verticalizzazioni del suo strumento gli arrangiamenti con strumenti a corda ed elettronica curati dal produttore Ale Bavo. Da pochissimi giorni l'artista romano ha reso visibile sul suo canale Youtube un inedito dal titolo di "Pomeriggio", che viene da Taskayali stesso suonato dal vivo in una cornice del tutto particolare. Taskayali infatti appare "alle prese" con un pianoforte di oltre tre quintali al di sopra di uno speciale palco galleggiante installato sul Lago di Paola a Sabaudia. Atmosfere emozionanti e amene per un brano nato da un'improvvisazione nel silenzio.

Immagini tratte dalla pagina facebook dell'artista

Share

0 Commenti
Details

    Archivi

    Marzo 2023
    Febbraio 2023
    Gennaio 2023
    Novembre 2022
    Settembre 2022
    Luglio 2022
    Giugno 2022
    Maggio 2022
    Aprile 2022
    Marzo 2022
    Febbraio 2022
    Gennaio 2022
    Dicembre 2021
    Novembre 2021
    Ottobre 2021
    Settembre 2021
    Agosto 2021
    Luglio 2021
    Giugno 2021
    Maggio 2021
    Aprile 2021
    Marzo 2021
    Febbraio 2021
    Gennaio 2021
    Dicembre 2020
    Novembre 2020
    Ottobre 2020
    Settembre 2020
    Agosto 2020
    Luglio 2020
    Giugno 2020
    Maggio 2020
    Aprile 2020
    Marzo 2020
    Febbraio 2020
    Gennaio 2020
    Dicembre 2019
    Novembre 2019
    Ottobre 2019
    Settembre 2019
    Agosto 2019
    Luglio 2019
    Giugno 2019
    Maggio 2019
    Aprile 2019
    Marzo 2019
    Febbraio 2019
    Gennaio 2019
    Dicembre 2018
    Novembre 2018
    Ottobre 2018
    Settembre 2018
    Agosto 2018
    Luglio 2018
    Giugno 2018
    Maggio 2018
    Aprile 2018
    Marzo 2018
    Febbraio 2018
    Gennaio 2018
    Dicembre 2017
    Novembre 2017
    Ottobre 2017
    Settembre 2017
    Agosto 2017
    Luglio 2017
    Giugno 2017
    Maggio 2017
    Aprile 2017
    Marzo 2017
    Febbraio 2017
    Gennaio 2017
    Dicembre 2016
    Novembre 2016
    Ottobre 2016
    Settembre 2016
    Agosto 2016
    Luglio 2016
    Giugno 2016
    Maggio 2016
    Aprile 2016
    Marzo 2016

    Feed RSS

Contatti:
  • Home
  • Rubriche
  • Cookie
  • Chi siamo