di Enrico Esposito
Ho conosciuto Roberto Guardi sia in occasione del piacevole mini live che ci ha regalato durante Il Termopolio Festival e successivamente anche di persona a Napoli. Mancava poco alla pubblicazione del suo secondo album, "Puoi rimanere appannato?", che a causa di ondate pandemiche varie ha dovuto pazientare un po' per uscire. Dal 22 ottobre però le cose sono cambiate: il nuovo lavoro de Il Befolko si può ascoltare e soprattutto interrogare tra le pieghe di novi brani che in sé già manifestano precise caratteristiche dell'artista campano e al contempo ne aggiungono di ulteriori. "Puoi rimanere appannato?", titolo già annunciato da diverso tempo dal cantautore deriva da un'espressione dialettale partenopea che descrive una condizione interiore prima di tutto. Come accade con un vetro reso all'umidità incapace di filtrare il mondo esterno, così l'animo di una persona incontra nella vita momenti di "down", nei quali ci si ritrova "offuscati", in costante bilico e alla ricerca di risposte. Una fase di sperimentazione potremmo definirla, in cui riflettere e non avere le idee chiare diventa paradossalmente una medicina salutare, per mezzo della quale ricostruirsi e porsi obiettivi inediti. Uno status ben noto alla popolazione mondiale dopo gli avvenimenti dell'ultimo anno e mezzo. Il ventinovenne Roberto ne ha ricevuto la sua versione e l'ha messa per iscritto fondendola con le evoluzioni dei suoi ascolti.
"Puoi rimanere appannato" prosegue la parabola aperta dal disco d'esordio "Isola Metropoli" e filata dallo strumentale "Giocodelsilenzio" (2020) mettendo a disposizione del pubblico un susseguirsi di viaggi che coinvolgono sia lo spirito che il corpo. Il napoletano che sceglie come strumento dei suoi quadretti sortisce un effetto di trasporto difficilmente resistibile, disegnando molto presto i contorni sia del litorale che delle strade e dei palazzi in città. In questo senso l'elemento popolare e familiare si affermano e ritornano grazie alla semplice ma profonda verità delle storie raccontate, sia immaginarie che autobiografiche. La traccia d'apertura A.M. per esempio non è indirizzata ad un destinatario ben definito ma ipotetico, invitandolo a non nascondersi dalla vita ma anzi a coglierla e non sprecare più tempo. "Iole" invece, appoggiandosi a violini e sitar, descrive la storia di una vecchietta (nonna dell'artista) che si sente non più utile al mondo e agli altri ma sarà proprio l'arrivo di una nuova piccola vita a rigenerarla. "Almeno pe' staser" , unico brano chitarra e voce, abbraccia la stessa chiarezza di linguaggio, esternando la sincera volontà di fermarsi un attimo a godere del presente senza calcoli. "Riesta n'atu ppoco" d'altra parte cattura il potere degli ultimi istanti di un amore ormai finito ma non consumato completamente. "Ancora tiempo" (involontariamente omonimo di un brano di Pino Daniele ed Enzo Avitabile) da ancora voce alla speranza, alla possibilità di ritrovare la luce dopo tanto buio. "'A Cuntrora" invece assorbe l'effetto della pace delle ore dopo pranzo dedicate al riposo (la controra napoletana) per trasferirlo in un desiderio personale di libertà e incanto. Affianco a queste ballate si innestano brani dal tono scanzonato come "I che jurnata" e appositamente criptico, "O muorto", metafora di uno stato d'animo alterato in specifiche condizioni.
Canzoni dal contenuto immediato, essenziale nel loro senso, cartoline partenopee che acquistano una dimensione quotidiana grazie all'altra componente dell'album, ossia l'impianto sonoro. Alla sua base un folk sperimentale, elettrico e votato al ritmo, che si imparenta con la tradizione popolare più inglese che statunitense degli anni '70, un retroterra significativo per il Befolko come ci dichiarò lui un anno fa in un'intervista. E da lì intrecci e omaggi a variegate tradizioni musicali: musica indiana in "A 'Cuntrora", cumbia peruviana in " 'O muorto", rock progressivo in "Riesta n'atu ppoco". Come lo ha definito il suo autore, un lavoro abbastanza hippie, che tenta di riattualizzare melodie di oltre mezzo secolo fa e dal sottoscritto apprezzato per la serenità che lo accompagna. "Puoi rimanere appannato?" funziona e rimane impresso per l'onestà che lo avvolge, toccando certe corde innate e strappando risate ma anche improperi. Non è facile al giorno d'oggi.
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio stampa Voolcano
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In occasione dell'uscita dei nuovi singoli "Tutto quello che saremo e "Ad un passo dalla luna" usciti nei mesi scorsi e dell'album "DEMONI" pubblicato lo scorso 18 novembre il Termopolio ha intervistato i membri de La Belle Epoque, band pop-rock bergamasca. di Enrico Esposito
1) Buongiorno ragazzi e grazie molte di averci concesso quest’intervista. Partirei subito da questo nuovo corso della vostra carriera intrapreso dai singoli “Tutto quello che saremo” e “Ad un passo dalla luna”, che anticipano l’uscita del vostro secondo album. Ci potreste raccontare quale fase sta vivendo adesso La Belle Epoque?
Buongiorno Enrico e grazie e te. Stiamo vivendo dal nostro punto di vista una fase di maturità che segna un distacco piuttosto netto rispetto alle nostre produzioni precedenti. Probabilmente il connubio tra maturità anagrafica e sonora possono in qualche modo viaggiare sullo stesso binario, ma sentivamo il bisogno di addentrarci in territori ancora inesplorati per trovare una nuova dimensione più personale, più “nostra”. Ci siamo riscoperti in un certo senso più riflessivi. 2) I due singoli pubblicati mettono in mostra infatti un pop-rock intimo e orchestrale che da molto peso alle singole parole e all’accuratezza del suono. Quando sono nate queste canzoni? Abbiamo iniziato a lavorare al nuovo materiale subito dopo la fine del tour del disco precedente “Il Mare di Dirac”. Le canzoni si sono evolute nel corso del tempo prendendo una nuova forma che ci ha convinti di essere nella direzione giusta. Cerchiamo sempre di stimolare emotivamente l’ascoltatore, partendo dai testi che ricoprono un ruolo decisamente importante nelle nostre produzioni sino ad arrivare alle scelte dei singoli strumenti e suoni utilizzati per l’arrangiamento. E’ stato molto curioso ed interessante vedere come le canzoni nate prima dello scoppio della pandemia abbiano acquisito una nuova ricchezza di contenuti e significati una volta riascoltate dopo quei mesi molto tristi ed intensi. 3) Facciamo un piccolo salto indietro nel tempo, precisamente alla nascita del vostro progetto nel 2009. Com’è avvenuto e il nome scelto, La Belle Epoque, fa riferimento in particolare ad una dimensione storica o filosofica ben precisa? Abbiamo iniziato a muovere i primi passi proponendo una selezione molto particolare di cover di matrice alternative rock/pop prevalentemente anni ’90, un filone che ci ha da sempre accumunati (per quanto di gusti e di ascolti molto differenti tra noi!). Dopo poco tempo abbiamo sentito la necessità e la voglia di metterci maggiormente in gioco iniziando a lavorare su materiale inedito e nel tempo abbiamo cercato di dare un’impronta piuttosto riconoscibile alle nostre produzioni, anche se crediamo si possa notare una certa “evoluzione” nella scrittura a partire dal primo demo EP sino ad oggi. Abbiamo scelto “La Belle Epoque” come omaggio ad un periodo storico molto intenso, ricco di novità, progresso tecnologico e sociale, il tutto sotto un filo conduttore di ricerca del bello: un po’ quello che abbiamo sempre cercato di fare anche noi. 4) Come ha affrontato la Belle Epoque l’avvento e lo sviluppo della pandemia? Avete avuto la possibilità di proseguire nella scrittura dell’album e c’è stato modo di riprendere l’attività? Sono stati mesi molto tristi, la nostra provincia di Bergamo è stata una delle più colpite ed abbiamo vissuto momenti che credo difficilmente dimenticheremo. Lo stop forzato è stato senza dubbio impegnativo dal punto di vista artistico, non potevamo vederci e suonare, abbiamo mantenuto un costante scambio di idee “virtuale” con videochiamate, mail e condivisioni, ma quando è stato finalmente possibile ritrovarci fisicamente si è ricreata immediatamente la sinergia necessaria, anzi forse un legame ancora più forte di prima. 5) Per quanto riguarda nuove uscite e prospettive future potete svelarci qualche piccola novità? Assolutamente si, piccole grandi novità potremmo dire, visto che dopo le anticipazioni dei due singoli e dei relativi videoclip, abbiamo finalmente pubblicato un nuovo album di dieci tracce inedite dal titolo “DEMONI”. Ora stiamo cercando di pianificare una promozione live e non solo, la situazione è ancora complessa per la musica dal vivo dopo la pandemia, ma ci stiamo lavorando sodo! Seguiteci sui vari nostri canali social per rimanere in costante aggiornamento. Per contatti: http://www.labelleepoqueband.it/La_Belle_Epoque.html Immagini tratte: Immagine 1 gentilmente fornita dall'Ufficio Stampa della band (Morgana Grancia) Immagine 2 tratta dalla pagina facebook ufficiale della band di Enrico Esposito
L'8 ottobre la Babbutzi Orkestar ha condiviso con il mondo il suo nuovo album intitolato "Pornopunk". Anticipato dai singoli "Pornoamore" e "Il ballo di cha cha", questa raccolta di dieci brani + un reprise ha colto nel segno proprio come puntava a fare. Facendo perdere il fiato alle bocche e ai fianchi e abbattendo la noia della ripetizione.
L'hanno concepita negli anni sotto il titolo di "Balkan Sexy Music" e quest'anno l'hanno estesa anche oltre. La Babbutzi Orkestar è tornata l'8 ottobre scorso con il nuovo interessante album "Pornopunk" che mette subito le cose in chiaro secondo la loro consueta schiettezza. Questo mondo è sempre più porno e il punk non è mai morto, anzi si è evoluto dai tempi della sua nascita ed è diventato un atteggiamento con cui affrontare la vita. Il porno è sinonimo di estrema libidine, il punk emblema della libertà sincera per due concetti che in fondo parlano la stessa lingua e si possono coniugare in ambito musicale. "Pornopunk" esprime proprio questo: libido e libertà di parole e musica attraverso la contaminazione di ritmi e di idiomi, dando vita anche al grammelot in alcuni casi. Perché buttare fuori tutto quello che frulla in testa e sfoderare le pulsioni serve ancor di più per combattere la schifezza dell'attuale.
Così la band che ha fatto ballare i palchi di importantissimi festival da Istanbul a Colonia passando per l'Italia e molto altro regala al pubblico l'atteso anello del proprio percorso costruendo dieci brani più un reprise del singolo di lancio "Pornoamore". Dieci brani solo sulla carta e nella scaletta dal momento che nei cambi di direzione sembrano essere molto di più. Come i colori diversi sulla cover del disco sono tanti i generi diversi che la Babbutzi esplora dall'apertura di "Peace and Vodka", ottimo biglietto da visita per il mix di culture e geografiche in atto tra Urali e California da qui fino all'ultima traccia. Sull'attitudine punk balcanica di base vivono questa e altri brani che non danno respiro all'ascoltatore: ergo solo i pezzi di legno ammuffiti non possono continuare a rimanere fermi e indifferenti. "Pornoamore", figlio legittimo di "Pornopunk", è l'affermazione mannara e seduttrice del sentimento, mentre "Il Ballo di Cha Cha", parte a bomba presentandosi come la danza che tutti possono fare senza preparazione alcuna e senza distinzione di razza. Arriva poi un viaggio profondo nella cumbia grazie a "Catacumbia", tarantella latina che vede il feraturing dei Cacao Mental. Altre coordinate, stesso cuore mentre si fa tappa in Medio Oriente o forse anche più in là attraverso le allusioni di "Oriental sex" che vede la partecipazione del batterista sperimentatore Alberto Pederneschi. Siamo a metà strada ma già ne abbiamo viste tante di ramificazioni. Il sesto capitolo di "Pornopunk" è affidato a "Trap Sinatra", in cui il rock lascia spazio anche a una componente che a noi sembra più rap che veramente trap. "Essere Bolschoi" ci catapulta direttamente a Mosca davanti al leggendario teatro-tempio del balletto classico mondiale raccontando la storia di un affascinante personaggio. Fermi un attimo dopo. "Lacrima" vuol dire blues, "Lacrima" ti rilassa, e ti trasporta in un locale sotterraneo con luci accennate. La sofferta scrittura della fine di un amore che scende dalla mente e si libera in modo magnifico in un ottimistico epilogo di accettazione. "Beverly Hills" rilancia la sete di divertimento tra i fiumi e fumi della balera prima della chiusura con un altro omaggio in stile reggaeton: "Cinisello Bronx". Il dovuto riconoscimento alla famiglia e alla terra d'origine, ballando tra i quartieri. Alt, c'è tempo per la versione estesa de "Il ballo di cha cha", un bis di quelli che nei concerti dal vivo si fanno dopo la pseudo-fine dell'esibizione. Un bis tosto e già calato nell'unicità della dimensione live.
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa della band (Alessandro Mainini)
13/11/2021 C'MON FEEL THE NOIZE - 10 e 11 Dicembre 2021 al Foro Boario di Lucca con ingresso gratuito2LCRead NowCOMUNICATO STAMPA A LUCCA TORNANO I GRANDI APPUNTAMENTI CON LA MUSICA DAL VIVO C'MON FEEL THE NOIZE 10 e 11 Dicembre 2021 Foro Boario di Lucca Ore 21,30 con ingresso gratuito Tornano gli eventi musicali in presenza a Lucca: C'MON FEEL THE NOIZE porterà in città nei giorni 10 e 11 dicembre presso il Foro Boario, alcune delle realtà più interessanti della scena indipendente italiana.
Una due giorni musicale con ingresso gratuito che nasce dalla volontà e dall'esperienza del team WØM FEST, costretto forzatamente ad arrestare le sue celebrate attività sul territorio a causa dell'emergenza pandemica. Protagonisti della prima serata del 10 dicembre saranno Ciulla, il local hero ex Violacida attualmente al lavoro sul nuovo album, i Campos, pronti ancora una volta a stupirci dopo il successo dell'ultimo album “Latlong” uscito per l'etichetta discografica Woodworm e Nava, l'affascinante e mistica cantante che ha stregato giuria e pubblico nell'ultima edizione di X Factor. Nella serata conclusiva dell'11 dicembre saliranno sul palco cecilia, cantautrice in ascesa tra cantautorato classico e sperimentazione sonora, Emma Nolde, sicuramente tra le giovani artiste emergenti più seguite nello Stivale e Bruno Belissimo, dj, produttore e polistrumentista Italo-Canadese in bilico tra la Italo Disco, il Funk, l'Elettronica e l'Acid House. La zona Bar sarà affidata all’associazione Beerifrangente in collaborazione con il De Cervesia di Lucca, che da tempo propone oltre 200 etichette tra le migliori birre artigianali italiane. L'evento, con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti, sarà organizzato nel pieno rispetto delle misure di prevenzione sanitaria e per tale motivo sarà richiesta l'esibizione del Green Pass all'entrata e l’utilizzo della mascherina. C'MON FEEL THE NOIZE è realizzato grazie al contributo e al patrocinio del Comune di Lucca e al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca e della Fondazione Banca del Monte di Lucca. Un ringraziamento particolare va anche ai partner che hanno creduto in questo progetto: Consiglio Territoriale FRATRES di Lucca e Piana, Lucca Promos, Gesam reti e ACI. Durante la serata saranno presenti anche i ragazzi del progetto “Volontariato in scena - L'arte di ricevere donando” promosso dall’A.P.S. Cre.A. Creatività e Apprendimento specializzata in difficoltà e Disturbi Specifici dell'Apprendimento. Il progetto che ha lo scopo di promuovere l'inclusione dei ragazzi con disturbi del neuro-sviluppo e disabilità, si inserisce all’interno del bando “I giovani per il volontariato 2020” del Cesvot finanziato con il contributo di Regione Toscana - Giovanisì in accordo con il Dipartimento per le Politiche giovanili e il Servizio civile universale, con la partecipazione e il finanziamento della Fondazione Monte dei Paschi di Siena e della Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze. C'MON FEEL THE NOIZE Venerdì 10 dicembre ore 21,30 CIULLA CAMPOS NAVA BRUNO Sabato 11 dicembre ore 21,30 CECILIA EMMA NOLDE BRUNO BELLISSIMO di Enrico Esposito Sono trascorse già due settimane dalla nostra partecipazione al Premio Tenco 2021. Nelle giornate di giovedì 21 e venerdì 22 ottobre il Termopolio è sbarcato a Sanremo in occasione della rassegna di musica d'autore più importante a livello nazionale e forse anche a livello mondiale. Un ritorno sempre più prossimo alla normalità ha infatti permesso al pubblico di invadere il Teatro Ariston nel weekend citato e godere di non uno, ma molteplici spettacoli sia dal punto di vista numerico che artistico. Non sono mancati fili conduttori esclusivi come l'omaggio davvero libero agli immortali successi di Battisti/Mogol che ha visto Peppe Voltarelli e Fiorella Mannoia regalare due personalissime riscritture di "E penso a te". L'assenza per malattia di Madame, doppia trionfatrice alle Targhe ha generato un effetto di grande compattezza all'interno della proposta musicale dei primi due atti della premiazione. Il rock di Enrico Ruggeri, i ritmi latini di Marisa Monte, George Drexler e Rusó Sala, l'omaggio a Brassens di Alberto Patrucco e Sighanda. E ancora il folk combattente di Piero Brega, il pop-rock allegorico di Lucio Corsi, il repertorio enciclopedico di Gianni Coscia, lo spartito d'autore di Samuele Bersani e della Mannoia hanno disegnato una precisa circonferenza che avvolge decenni e tradizioni diverse della storia della musica italiana. L'esperienza e l'evoluzione dello stile degli artisti presenti sul palco ha reso il Premio Tenco di quest'anno una manifestazione dal profondo amore nei confronti di espressioni culturali che costituiscono ancora solide basi per il presente. Con questo non vogliamo dire che la performance di Madame avrebbe stravolto questa situazione, anzi probabilmente ne avrebbe aggiunto un tassello interno. Ma più che alle ipotesi e alle congetture qui stiamo raccontando apertamente di emozioni provate sul momento e ancora sicure, rese tali solo dalla presenza all'evento. Il Tenco di quest'anno ci ha fatto comprendere quanto la musica rappresenti un dono multiforme che trasforma in arte anche le differenze linguistiche. Ne nasce un potenziale creativo infinito, in cui le riscritture proprie e altrui continuano a stupire. Nella prima serata è Enrico Ruggeri a catturare la scena da questo punto di vista, facendo saltare il banco grazie a una carica esplosiva che è intatta dopo 40 anni di carriera. Un Ruggeri che troppo tempo è stato lontano dal Tenco e tornato "con gli interessi". Durante la sua lunga performance il rock viene celebrato in tutte le sue estensioni attraverso i suoi grandi successi, ma non si dimentica ancor di più la sua eccezionale attività di autore di brani cantati da colleghi. Così "Quello che le donne non dicono" e "Il mare d'inverno" brillano nella notte sanremese. Il giorno successivo invece la dolcezza di Fiorella Mannoia sulle note del pianoforte di Danilo Rea. Sembra una ragazzina su quel palco Fiorella, con la sua eleganza unica e un timbro che rappresenta davvero un'etichetta ben precisa. Il suo desiderio di cantare la donna pienamente si innalza e avvolge, disarmando. Immagini tratte da foto dell'autore di Giovanna Leonetti ed Enrico Esposito La Municipàl aveva già fatto tappa al Lumiere di Pisa negli anni scorsi e conclude il concerto di venerdì scorso rinnovando l'appuntamento per un futuro non troppo lontano. La location all'interno dello storico cinema ben si fonde con l'atmosfera umorale creata dalla band salentina guidata da Carmine Tundo che il Termopolio aveva già avuto modo intervistare lo scorso anno in occasione dell'uscita del progetto "Diego Rivera". Il concerto rappresenta il nuovo incontro della band con il pubblico pisano dopo l'uscita del nuovo album "Per resistere al tuo fianco" con il quale la Municipàl presenta un lavoro all'insegna della commistione tra guerra ed amore, tra sofferenza e risollevamento. Il quintetto sul palco si esibisce in un pop ritmato che esprime con destrezza e forza le tante situazioni della vita vissute soprattutto dai giovani. Sono infatti proprio le sfaccettature del comportamento e del pensiero le vere protagoniste dei brani della band che intervalla brani dell'ultimo disco con i successi delle tre precedenti pubblicazioni. Dopo un inizio affidato esclusivamente all'interpretazione e alle varianti strumentali, Carmine Tundo prende la parola ed inizia ad instaurare con il pubblico un dialogo simpatico e affettuoso. Per permettere ai fans di poter ascoltare i propri brani preferiti i musicisti si affidano ad alcuni mashup che consentono di passare rapidamente da un'emozione all'altra. Storie di giovani universitari, di mondiali sfumati, di dipendenze assodate si scontrano l'una con l'altra ma non scatenando confusione perché esatta fotografia del sentire quotidiano. Scherzosamente Carmine ad un certo punto apre una fase acustica e depressa dello spettacolo che si produce nuda e diretta ai fans coprendo le distanze l'una dall'altra. Ad un certo punto sono loro stessi a scrivere il copione della performance, proponendo canzoni dopo l'invito fatto dal cantante e autore. Senza dubbio questo diventa un momento di sospensione in cui anche i più timidi si liberano dei filtri e si lasciano andare. In fondo la "missione" de La Municipàl consiste proprio in questo ossia nel rendere artisticamente in melodia e timbro le meraviglie e i bui vissuti da alcune generazioni. Così anche se non si conoscono le parole i brani arrivano familiari alle orecchie e agli angoli reconditi del cuore. Si salta, si canta a squarciagola, ci si diverte nonostante le mascherine che ricordano ancora un'anormalità non ancora completamente superata. L'allegria torna ad alzare l'adrenalina e un finale senza soste mette in fila certezze, marce indietro, nostalgie, bisogni. Immagini tratte da foto degli autori |
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Aprile 2023
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