È uscito venerdi primo dicembre per Godzillamarket "Bandiera sulla luna", il quarto album in studio della talentuosa cantautrice pugliese.
In altri articoli, nelle interviste in televisione e in radio, ho letto e sentito parlare di ritorno, da quando il primo dicembre scorso per l'etichetta milanese Godzillamarket Erica Mou ha scartato il pacchetto che nascondeva il quarto mostrino della sua luccicante carriera musicale. Si intitola "Bandiera sulla luna", il nuovo album in tredici tracce con cui la talentuosa cantautrice pugliese si prende la briga di accompagnare sé stessa e gli ascoltatori in una mite ascesa dalla terra in alto sino alla superficie lunare, per approntare una metaforica bandiera alla armstronghiana maniera dai risvolti determinanti.
Prima di spingersi a fondo tra i ricami di un disco che ancora una volta rende merito alle doti eccellenti di una vera artigiana della canzone nostrana, occorre sempre ricordare che Erica Mucci, com'è riconosciuta nei registri anagrafici ufficiali, ha soltanto ventisette anni, tre dischi e di valore alle sue spalle, e non ci si può fermare soltanto a questo. L'artista di Bisceglie è riuscita negli ultimi cinque anni, a partire dalla partecipazione al Festival di Sanremo con il suo primo successo "Nella vasca da bagno del tempo" (che le valse il Premio della critica "Mia Martini" e il secondo posto nella categoria "Nuove proposte") a non abbandonare mai il suo pubblico, a non lasciarlo solo volendo parafrasare una sua canzone. Tra un album di inediti e l'altro e parallelamente a essi, Erica Mou ha impugnato la penna e prestato la voce al cinema, al teatro, alla letteratura, alla storia, alla beneficenza, dimostrando di nutrire dentro di sé una creatività e una volontà di esternazione contagiose. Con "Bandiera sulla luna" la Mou scrive un capitolo inedito della sua parabola artistica, che la vede mettere in mostra una sua fisionomia già rintracciabile nelle atmosfere "domestiche" e intimistiche del precedente Lp "Tienimi il posto". La vita, con le sue sferzate, alcune vecchie abitudini e piacevoli sorprese, influenza la visione del mondo e del prossimo da parte di ognuno, provoca dei cambiamenti nella mentalità e nel carattere stesso delle persone, che posso intraprendere un percorso di maturazione come di involuzione. Superato il suo quarto di secolo, Erica si interroga spontaneamente sui problemi abituali posti dall'esistenza che spaziano comunemente dall'approcciarsi all'innamoramento, allo stare bene in coppia e con sè stessi soprattutto. I primi sei brani che compongono la scaletta di "Bandiera sulla luna" si inseriscono proprio nell'ottica di una ricerca personale e allo stesso tempo condivisibile da parte di un'anima che sogna, si indigna, si illude, manda a quel paese, raggiungendo una decisiva sicurezza di sé che la conduce idealmente sulla luna a uno stato di leggerezza e onestà. Timbro e chitarra, Erica Mou tesse i suoi racconti partendo in "Svuoto i cassetti" con un trasloco emotivo (ma anche fisico visto che per la prima volta la composizione del lavoro è avvenuta interamente lontano dalla nativa Puglia) che consente alla cantante di manifestare in toni vispi la necessità di chiudere alcuni conti col passato e attuare una svolta. "Amare di meno", la traccia numero due, sospinta dalle onde della fisarmonica di Vince Abbracciante, guarda allora oltre perché vagheggia il desiderio di un amore che all'impeto preferisca l'accuratezza. In "Irrequieti" e "Ragazze posate" l'attenzione si concentra sulle paure e sulle debolezze in cui incappano anime ben disposte ma ferite e non ancora padrone di loro stesse. Il de-ja-vu concertistico (al piano troviamo Antonio Iammarino, mentre al violoncello Flavia Massimo, due angeli custodi per Erica anche in alcune delle date del tour inaugurato al Monk di Roma il tre dicembre scorso) di "Roma era vuota" trasporta in un dolce sogno d'illusione l'ascoltatore stesso. "Al freddo", ultimo brano del nucleo narrativo, restituisce invece un'Enrica che sfoga le sue ultime sofferenze e smette di sottoporsi ai rimpianti per approdare in una nuova dimensione. Qui, a metà esatta della tracklist, prima di prendere per mano chi ha deciso di seguirla nella prosecuzione del viaggio, Erica si inventa una cover di "Azzurro" dal sapore autunnale, che avvolge lievemente la mente in un sonno sereno e saziato. "Guardo l'autunno cadere" sussurra quasi infreddolita la Mou al risveglio dal breve momento di raccoglimento. In un'atmosfera assopita scandita dalle note di una fisarmonica natalizia veniamo accolti da un'Erica sornione, che attraverso un tono di voce pacato si esibisce in una ballata dai contenuti essenziali. "Arriverà l'inverno" introduce una prospettiva diversa di considerazione delle relazioni umane, un punto di vista in cui le incertezze sono state soppiantate dalla saggezza e dalla forza nell'affrontare la realtà e prendere decisioni dure ma fondamentali per poter andare avanti. Come l'impossibilità in questo caso di restare insieme a una persona molto diversa, oppure la presa di coscienza nella successiva title-track "Bandiera sulla luna" dell'annullamento di sé in una persona che ha deluso e ha tagliato il cuore a metà. Servendosi del suo affezionato loop, Erica Mou piazza la sua nuova bandiera sulla luna, una metafora per indicare la conquista di un porto sicuro personale, legato alla propria intimità. "Non so dove metterti", traccia n.9, diventa così una vivace dichiarazione del bisogno di conservare gli spazi e gli equilibri privati, "Canzoni scordate" sulla falsariga di "Roma era vuota" scava ancora una volta nel passato, affidandosi a un ricordo colmo di significato e da custodire felicemente un pò per sempre. "Souvenir" abbraccia il medesimo tema riconvertendolo nel presente delle esperienze più comuni (piegare le lenzuola del letto, visitare un bosco, correre per strada) e chiudendo con una frase dal fascino rassicurante "Ma non preoccuparti, io scatto le foto con gli occhi". Con l'ultimo brano dell'album, "L'unica cosa che non so dire", l'artista pugliese confeziona un'altra sorpresa, un'operetta "work in progress", in cui Erica canta a cuore spiegato e viene ascoltata quando richiede "un crescendo di archi, e un ritornello suonato due volte col coro", in cui si ferma a immaginare l'apice della felicità e a rendere grazie a chi ha reso possibile che Erica Mou sia qui, ora. "Bandiera sulla luna" è un album di apprendistato per Erica Mou, un passepartout per l'esplorazione di mondi interiori prima appena sfiorati, e una dichiarazione di intenti ben precisa. Si può amare stupendamente anche senza possedere, e non bisogna lasciarsi divorare da alcuna vergogna nell'esternare al mondo i propri sentimenti, anche se a volte questi appaiono tutto tranne che attesi. Per non correre il rischio ancor peggiore di smarrirsi totalmente in una trappola fatta di rimorso e autodistruzione. Le immagini, eccetto la terza tratta da https://www.facebook.com/ericamou/?fref=ts sono state gentilmente fornite dall'ufficio stampa Pixie Promotion, che ringraziamo per tutto il materiale stampa messo a disposizione per la composizione di questo articolo.
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Non è passato molto tempo dall’uscita dell’ultimo album, “La Terza Guerra Mondiale”, che è entrato al sesto posto della Classifica FIMI/Gfk dei dischi più venduti in Italia e ha portato in giro i The Zen Circus per 10 mesi in un tour con più di 60 date con oltre 98.000 presenze. A ottobre sulla loro pagina Facebook scrivevano: “durante l'ultimo anno e mezzo ci sono letteralmente piovute dal cielo delle canzoni che ci piacciono molto, anzi moltissimo. Siamo stati travolti da un'ondata di creatività che non ci aspettavamo, così per mesi le abbiamo provate fra una data e l'altra del tour e da qualche giorno le stiamo registrando in studio.” Il risultato è “Il fuoco in una stanza”, nuovo album di inediti che uscirà il 2 marzo 2018 per Woodworm Label e La Tempesta Dischi, distribuzione Artist First. Insieme alla novità per il prossimo anno annunciate anche le prime date di presentazione.
13-apr Bologna - Estragon 19-apr Milano - Alcatraz 20-apr Venaria Reale (TO) - Teatro della Concordia 21-apr Genova - Supernova Festival 27-apr Firenze - Obihall 28-apr Mestre (VE) - Centro Sociale Rivolta 04-mag Roma - Atlantico
Santa Claus, vischio, luci natalizie, fiocchi di neve. Ci sono tutti e molto altro in "Everyday is Christmas", il primo omaggio che Sia a 43 anni riserva al Natale e alla sua simbologia. Registrato in appena due settimane agli Echo Studios di Los Angeles, l'album è stato prodotto in collaborazione con Greg Kurstin, affermato punto di riferimento nell'universo discografico delle popstars (è stato artefice di album di Shakira, Kelly Clarkson, Dido, Ellie Goulding). Kurstin, che è anche tastierista nella band dei The Bird and Bee, ha già lavorato gomito a gomito con la cantautrice australiana nel 2010 alla realizzazione di "We are born", il suo quinto album in studio. Il produttore si è detto impressionato dalla facilità con cui Sia abbia composto i dieci brani di "Everyday is Christmas" e le relative melodie, riuscendo a creare un'opera luminosa e piacevole, con sofisticate insinuazioni jazz e ballate al pianoforte nel suo stile. Nella mezzora in cui è concentrato, il disco è in grado di dipingere sin dalle prime note un'ambiente natalizio classico, dominato dall'abbondanza della neve, dall'attesa di Babbo Natale, dal calore proveniente dai camini accesi. Dal punto di vista musicale c'è molta positività, collettività, "orchestralità", dall'apertura del singolo di lancio "Santa's coming for us", alla seconda traccia "Candy Cane Lane", alla filastrocca di "Puppies Are Forever". Non ci sono richiami precisi alla connotazione vera del Natale, quella religiosa della Natività e della fenomenologia a esso legata. Nessuna canzone è dedicata a Cristo né alla sua venuta al mondo. Sia esclude questa componente della festività, sembra più interessata a costruire una mitologia sua, privata, in cui possa affondare liberamente nei suoi sogni d'amore, di benessere, e di ricerca di un senso a vari momenti e elementi del quotidiano. Il titolo del Lp, "Everyday is Christmas", che prende nome dalla traccia n.19, lascia intendere il senso generale della ricerca di Sia. "Everyday is Christmas when you are here with me ... when you 're by my side" ripete il ritornello della canzone, ma anche gli altri brani manifestano evidentemente la necessità e la volontà di affidarsi a qualcuno che protegga e abbia l'animo meno falcidiato di colei che sta invocando un aiuto. Nonostante abbia superato da tempo il periodo durissimo in cui il successo stava per divorarsela senza speranza, Sia reca ancora dentro di sé i postumi della sofferenza ma è riuscita col tempo a sublimarli grazie al raggiungimento di una ricchezza emotiva universale che anche in questo album trova una sua corrispondenza di ottima qualità. "Under the Christmas lights" e "Snowman" regalano ad esempio un'ulteriore prova delle meraviglie con cui la voce ampia e profonda della cantante può disegnare i versi di una ballata. Atmosfere drammatiche e tese, in cui l'anima si ferma a guardare fuori dalla finestra a inseguire ciò che le manca per essere completa. Ecco, nel periodo natalizio, durante il quale il clima di festa e di ottimismo portano distrazione e sollievo, tuttavia si moltiplicano gli attimi pesanti di confronto con sé stessi, della propria mancanza di felicità o meno. Sia concentra la sua attenzione su tali passioni, inserendole in un quadretto colorato dalle immagini natalizie e da un tappeto musicale sinfonico su cui il suo timbro si impenna, sprofonda e tranquillizza. Trasmette in definitiva una sensazione di umiltà, di calma, che resa disponibile dall'atmosfera vacanziera del Natale può continuare anche il 7 gennaio, a Pasqua, Ferragosto, perché la felicità non sia soltanto un'illusione tra vischio e pupazzi di neve. Immagini tratte da: Immagine 1 da https://www.facebook.com/SiaMusic/ Immagine 2 da www.fanpop.com
Dopo oltre 40 date, da marzo a settembre, con circa 50.000 presenze, una decina di sold out e aperture internazionali ad artisti come Planet Funk, Interpol e Biffy Clyro, i Fast Animals and Slow Kids tornano in tour con "Forse non è la felicità" (Woodworm Label), il loro ultimo disco. Dieci le date annunciate fra febbraio e marzo del 2018 che chiuderanno il calendario di concerti per la presentazione live dell’album. Dalla loro uscita, i brani di Forse non è la felicità sono stati trasmessi dalle più importanti radio, ne hanno parlato le più importanti riviste di settore e importanti canali televisivi, aggiungendo successo ai già affollati concerti. Se non li avete ancora visti sul palco o non vedete l’ora di rivederli queste sono le date in programma: 09/02 Arezzo - Karemaski 10/02 Ravenna - Bronson 16/02 Roncade (TV) - New Age 17/02 Palermo - Candelai 23/02 Torino - Hiroshima Mon Amour 02/03 Santa Maria a Vico (CE) - Smav 03/03 Roma – Monk Circolo Arci 09/03 Milano - Magazzini Generali 10/03 Firenze - Flog 17/03 Perugia - Urban Vi avevamo già parlato di loro e dei loro concerti dopo l’uscita di Forse non è la felicità. “I primi mesi successivi al tour di Alaska li abbiamo passati a chiederci se la nostra musica avesse un limite, ad interrogarci su ciò che la nostra band sarebbe potuta, o peggio ancora, sarebbe dovuta diventare. La risposta era molto più facile di quello che potevamo aspettarci: stappare una birra e tornare in sala prove.” dicono gli stessi Fast Animals and Slow Kids del loro disco “probabilmente è il più libero e spontaneo che abbiamo mai realizzato finora. Se i dischi precedenti erano pensati come un'unica canzone lunghissima, "Forse non è la felicità" è la risultante delle mille influenze e mille stimoli che abbiamo captato negli anni e che speriamo di esser riusciti a fondere in qualcosa di riconoscibile e personale” Ringraziamo Bigtime per l'ampio il materiale messo a nostra disposizione
Dopo la meravigliosa accoglienza ricevuta al SIM di São Paulo all'interno di un riuscitissimo tour in Sud America (Argentina e Brasile), prezioso anche per aver trovato numerose collaborazioni da realizzare a breve, gli SHIJO Xchiudono la prima parte del tour di Odd Times con tre concerti imperdibili a Teramo, Torino e Milano.
È stato un anno importante per la band abruzzese che grazie al lavoro di A Buzz Supreme è riuscita ad esibirsi in alcuni fra i maggiori festival musicali europei come il Primavera Sound di Barcellona, il Liverpool Soundcity e ilReeperbahn festival di Amburgo, oltre ad un consistente numero di concerti in Italia, fra cui la partecipazione al A Night Like This Festival e Viteculture Festival. Un lavoro instancabile che è iniziato un anno fa con la pubblicazione del primo singolo "Spiral", tratto dall'ultimo album Odd Times, accompagnato da unbellissimo video fatto da Simone Brillarelli e Jonathan Calugi, presentato in anteprima da Rolling Stone Italia, e da un potente remix ad opera di Beatrice Antolini. Un'escalation di successi proseguita fino al 5 maggio, giorno dell'uscita ufficiale del disco registrato e mixato da Davide Cristiani al Bombanella Studio e masterizzato da Jim Blackwood negli Stati Uniti, che ha raggiunto il suo apice con l'anteprima del secondo video "Fireflies" in esclusiva per Repubblica.it. Disco del giorno per Rockit, oltre alla critica positiva e numerosi airplay, Odd Times è stato promosso con successo anche in Spagna con Eneida Fever production, in Brasile con la Inker Agencia (ancora in corso) e nelle radio Americane grazie alla collaborazione con la Planetary group di Los Angeles (conquistando molte playlist prestigiose). Promozione che è stata possibile anche grazie al contributo fondamentale dellaSIAE e del Mibact all'interno del progetto SILLUMINA - Copia privata per i giovani, per la cultura. Nell'attesa del rilascio del terzo video (ad opera di Angelo di Nicola, già al lavoro con la band per quello di Fireflies) gli SHIJO X ripercorrono tutto l'ultimo album con questi prossimi tre appuntamenti imperdibili: - 22 dicembre a Teramo (Sound/Fazenda) - 12 gennaio a Torino (Blah Blah) - 13 gennaio a Milano (Cicco Simonetta) www.facebook.com/shijox/ 16/12/2017 Comunicato stampa - Jacob Collier Live in solo al Circolo Arci Monk di Roma lunedì 18 dicembreRead Now
Terminerà il 18 dicembre al Monk Circolo Arci di Roma il tour che ha portato lo straordinario polistrumentista londinese Jacob Collier in giro per il mondo per due anni: una scelta precisa dell’artista, per rendere onore al suo amore per l’Italia e, in particolare, per Roma.
Lunedì 18 Dicembre // MONK Roma Rassegna: JAZZ EVIDENCE 2017-2018 Jacob Collier live at MONK Inizio ore 22.15 Ingresso con tessera Arci + 20 euro MONK - Circolo Arci Via Giuseppe Mirri, 35 ROMA #staymonk Jacob Collier: voce, tastiere, chitarra, basso, batteria elettronica Jacob Collier è ritenuto uno dei più originali, creativi e talentuosi giovani musicisti del mondo. Nato nel 1994, ha tratto ispirazione da molti generi differenti: la sua musica unisce elementi del jazz, groove, folk, trip-hop, musica classica, musica brasiliana, gospel, soul e improvvisazione. Jacob Collier è cresciuto in una famiglia di musicisti e, fin da piccolo, ha cercato una personalissima via d’espressione. Il mondo ha conosciuto il suo talento grazie a Youtube: è il primo di una nuova generazione di musicisti arrivati al successo sfruttando le nuove tecnologie. I suoi followers sono cresciuti in maniera inaspettata in pochissimo tempo, permettendogli di superare di molto i 7 milioni di visualizzazioni. Nei suoi caratteristici videoclip, il talento musicale purissimo e genuino viene evidenziato dalla accattivante tecnica video, che mostra Jacob in un caleidoscopio di inquadrature mentre suona tutti gli strumenti e canta tutte le voci. Il tutto è portato sul palco con uno show innovativo audio visuale, progettato in collaborazione con il MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston. La sua formula musicale utilizza elementi di svariati generi, dal jazz al gospel, accapella, soul, improvvisazione, che confluiscono con naturalezza nella “music room” di Jacob Collier. “In my room” è infatti il titolo dell’album d’esordio (2016) di questo giovanissimo talento, che ha fra i suoi fans più accaniti gente come Quincy Jones, Herbie Hancock, Pat Metheny, Chick Corea e Take 6. “In my room”, a pochi giorni dalla sua uscita, è schizzato al primo posto delle classifiche Jazz in ben 22 nazioni tra cui Usa, Italia, Australia, Israele, Russia, Germania, Sud Africa, Francia, Portogallo. Nel 2017 Jacob Collier ha vinto 2 Grammy Awards: Best Arrangement, Instrumental or A Cappella (for You and I) e Best Arrangement, Instruments and Vocals (for Flintstones). Ha recentemente registrato alcune tracce del film di animazione della DreamWorks "Boss baby", con la colonna sonora del leggendario Hans Zimmer. A Coachella 2017, Jacob si è esibito con Hans Zimmer e Pharrell. Immagine tratta da Youtube UFFICIO STAMPA E PROMOZIONE BIG TIME - Tel. 06.5012073 CLAUDIA FELICI 329/9433329 - FABIO TIRIEMMI 329/9433332 pressoff@bigtimeweb.it - www.bigtimeweb.it
Oreb nella Bibbia è un altro nome del monte Sinai, il "monte di Dio", là dove Mosè lo ha incontrato, là dove Elia ascolta la sua voce nel "mormorio di un vento leggero". È facile comprendere perché Dimitri Grechi Espinoza abbia scelto questo nome per il suo progetto per sax solo, nato da anni di studio del suono, dello spazio e della spiritualità. Un percorso affascinante e suggestivo che ha al suo centro una dimensione musicale che spesso ci è lontana, che porta a un tipo di ascolto profondo, intimo. Un itinerario musicale che lo ha portato fino a ReCreatio, suo ultimo disco che presenterà domenica 17 dicembre al Teatro Sant'Andrea di Pisa.
Dimitri suona il sax e lo spazio che lo circonda, luoghi le cui pareti raccontano una storia lunga centinaia di anni, dove nell'aria aleggia ancora una spiritualità antica. Angel's Blows é stato il primo capitolo di questo progetto ed è stato registrato nel 2014 nel Battistero di San Giovanni a Pisa. Una preghiera universale in musica che va al di là delle differenze religiose, la ricerca attraverso il suono della difficile meta dell'unità spirituale. Dimitri ha portato Oreb in tanti luoghi diversi negli scorsi anni fra i quali il Pantheon di Roma, la Pinacoteca di Brera, la Cattedrale di Saint Giles di Edimburgo. ReCreatio (Ponderosa Music&Art) esce nel 2017 ed è la seconda tappa di questo viaggio. Sono dieci le tracce che contiene, in un percorso di creazione che si snoda attraverso l’immagine di vari aspetti della natura, il buio e la luce, il mare e il cielo, l'uomo e la donna, la morte e l'anima. Il sassofonista per il suo nuovo disco si sposta da Pisa a Livorno. ReCreatio è stato infatti registrato in acustico dentro il Cisternino Pian di Rota, in uno spazio un tempo adibito a raccogliere e depurare le acque dell’acquedotto Leopoldino. Attraverso l’utilizzo di otto microfoni Dimitri suona il suo strumento e il luogo stesso. Le mura e l’ambiente in cui si trova accolgono il suono del sassofono e lo restituiscono indietro evocando immagini suggestive, una tipologia di musica inusuale e affascinante.
Quello che si ascolta in questo progetto non è un solo sassofono ma più voci che interagiscono fra loro. Frasi melodiche che si interrompono ma allo stesso tempo si espandono, in un gioco di eco e silenzi densi di armonici, unendosi in un suggestivo insieme che lega il suono primario e il suo riverbero, formando accordi e poi dissolvendoli. Un ascolto di grande suggestione che ha qualcosa di misterioso e magnetico, che cattura e avvolge il pubblico invitandolo a chiudere gli occhi, ad ascoltare. In silenzio, lasciandosi invadere da ciò che si sente, a ricecare uno spazio di riflessione e concentrazione interiore che, attraverso la musica, ci riunisca alla spiritualità dei luoghi e di noi stessi.
Foto tratta da: www.dimitrigrechiespinoza.com
"Bridges not Walls" è il nuovo mini album, uscito il 3 Novembre con cúi Billy Bragg è tornato. Il cantâutore dell'Essex che da oltre trent'anni affonda la testa e la voce tra le pieghe della cronaca politica e sociale della sua Inghilterra. Dopo "Tooth and Nail" del 2013, Bragg che iniziò a fare musica alla fine dei 70s quando il punk stava esplodendo e squarciando il ventre della nazione, ha optato per un rilascio in progress del suo undicesimo disco, che prevederà l'uscita a cadenza mensile del videoclip di uno dei sei brani che compongono la tracklist. "Bridges not Walls" sin dal titolo denota la consueta apertura al dialogo e al confronto da parte di un artista che prima di essere un musicista e un autore, ha da sempre rivendicato il diritto a essere un osservatore di quanto gli accade intorno. Il Guardian ha affibbiato alla produzione di Billy Bragg un'etichetta ben specifica affermando che le sue canzoni rappresentano "il perfetto diagramma di Venn tra il politico e il personale". I brani della sua ultima fatica proseguono su questa direzione, appoggiati da un folk-rock da editoriale giornalistico, che consente a Bragg di mettere sul piatto la sua visione del mondo prendendo spunto diretto dall'attualità della Brexit e dei cambiamenti in seno alla società britannica da cui è scaturità una svolta così epocale. "Full English Brexit", traccia finale e naturale dell'album, è l'appuntamento al quale Bragg non poteva non prendere parte, il necessario contributo su un argomento stradiscusso ma chiuso ormai. Bragg adotta il dissacrante punto di vista del convinto sostenitore della scissione dall'Europa Unita e con maestria ne scimmiotta il comportamento e le ideologie, dando una chiara espressione della mentalità estrema e ipernazionalista di una certa frangia della società. "My neighbours don't drink at the local... They'd rather prefer drink coffee than tea", ("I miei vicini non bevono al locale,.. Loro preferiscono bere caffè piuttosto che tè") sentenzia il campione della Brexit, che soffre terribilmente perchè dopo essere stato nei secoli scorsi a capo di un Impero, al giorno d'oggi il suo popolo ha raggiunto il declino perchè è finito a sottostare a regole dettate da altri, secondo una dinamica assurda per colpa della quale anche sistemi di misura millenari sono stati tragicamente soppiantati. "Once we ruled over an empire/So it feels like some kind of defeat/To comply with rules drawn up by strangers/and measure in metres not feet" ("Una volta noi regnavamo a capo di un Impero/Perciò adesso sembra di avvertire una sorta di sconfitta/Perchè siamo chiamati a rispettare le leggi redatte da altri/e a misurare in metri invece che piedi"). La soluzione per la salvezza deve consistere forzatamente in un taglio netto e totale. Senza offesa per le tradizioni altrui, e non a causa di motivazioni da ricercarsi nell'odio razziale, l'unico rimedio possibile si chiama "Full English Brexit", ossia un distacco completo dal pensiero e dalla presenza straniera. Bragg ferocemente attacca dunque l'opinione comune dei suoi compatrioti, e traccia con altrettanta franchezza le movenze che hanno condotto il Regno Unito alla perdita della ragione, a un sonno molto pericoloso e già profondo. "The sleep of reason produces monsters" tuona il ritornello del singolo di apertura della raccolta. La nazione è già caduta all'interno del vortice, compromessa, e la realtà appare durissima, privata delle sicurezze, dei levies cioè i tributi che garantivano l'ordine, ora liquefatti mentre a proliferare tra le strade surrogates, surrogati umani, si aggrediscono l'uno con l'altro. Il cuore di "Bridges not Walls" batte sontuosamente grazie a "Saffiyah Smiles", un inno sopraffino in onore di Saffiyah Khan, la ragazza che durante una manifestazione anti-immigranti a Birmingham, ha sorriso in faccia ad un razzista: il leader del gruppo britannico di estrema destra EDL("English Defence League"). Osservando il fotogramma che immortala una scena storica, Bragg ha dichiarato di aver ricevuto dalla giovane eroina una lezione di quelle che resteranno universali: “Saffiyah Khan’s selfless act of solidarity is an inspiration to us all and a reminder that sometimes you can confront hatred by calmly making plain how ridiculous its propagators are." (“L'atto altruista di solidarietà di Saffiyah Khan è un'ispirazione per tutti noi e una lezione secondo la quale a volte si può affrontare l'odio con tranquillità mettendo semplicemente in evidenza quanto siano ridicoli I suoi fautori”)
Per approfondimenti:
- Sito ufficiale di Billy Bragg: http://www.billybragg.co.uk/home.php - Pagina facebook: https://www.facebook.com/billybraggofficial/ - Pagina twitter: https://twitter.com/billybragg?ref_src=twsrc%5Etfw&ref_url=http%3A%2F%2Fwww.billybragg.co.uk%2Fhome.php Immagini gentilmente fornite dall'ufficio stampa di JalamediaActivities www.jalamediaactivities.com - www.facebook.com/ja.lamediaactivities - Twitter: @JaLaMedia
BMG presenta una nuova versione deluxe dell'album completamente rimasterizzata dai nastri originali ai Sarm Studios di Trevor Horn.
DATA DI USCITA 26 GENNAIO 2018
NELLA VERSIONE VINILE 180g+BOOKLET DI 6 PAGINE+CARTOLINE ART (BMGAA05LP) O DELUXE CD CON COVER MEDIABOOK DA 32 PAGINE (BMGAA05CD)
I PROPAGANDA CON CLAUDIA BRÜCKEN E SUSANNE FREYTAG ALLA VOCE, RIPROPORRANNO TUTTO L'ALBUM ‘A SECRET WISH’ LIVE IN UN CONCERTO AL THE GARAGE (LONDRA), SABATO 24 MARZO 2018 - I BIGLIETTI SARANNO A BREVISSIMO IN VENDITA “Non so come classificare “A Secret Wish”. Non ha venduto molto ai tempi, ma ancora viene considerato come un disco seminale” – Stephen Lipson “Come definiresti il succeso? Qualcosa ha successo se la gente la ama davvero” – Claudia Brücken
BMG realizzerà una nuova versione deluxe completamente rimasterizzata di “A Secret Wish”, l'amatissimo album di debutto su ZTT Rercords, dell'acclamato quartetto electro-pop di Dusseldorf Propaganda, in uscita il 26 gennaio 2018.
Entrambe queste nuove versioni in vinile 180g e CD di "A Secret Wish", riproducono i rispettivi dischi in vinile LP e successivo CD del 1985, completamente rivisitati. I brani remix e quelli originali sono stati rimasterizzati dai nastri originali (con relative copertine anch'esse scansionate ed estratte dal booklet originale), presso i SARM Studios di Trevor Horn, nella zona ovest di Londra. Il processo di mastering è stato fatto da Joel Peters e supervisionato dall'archivista della ZTT Records Ian Peel. Il formato in vinile da 180g contiene un booklet da 6 pagine e un poster 12 "x 12", mentre il formato CD ha una copertina rigida con un booklet di 32 pagine. Entrambi i formati contengono altre note di copertina di Ian Peel, scritte di recente, molto rare e ricercate, che raccontano la storia dei musicisti, il mestiere, l'impatto e l'eredità di questo album molto amato, attraverso interviste con i membri della band Ralf Dörper e Claudia Brücken, oltre che al produttore Stephen Lipson. Sebbene fosse stato molto celebrato dalla critica, raggiungendo un onorevole posizione n. 16 nella UK Album Chart in occasione della sua uscita il 1 ° luglio 1985, "A Secret Wish" vendette relativamente poco (inspiegabilmente non entrò nemmeno in classifica in Germania dell'Ovest da dove proveniva la band), sebbene i tre singoli ("Dr Mabuse", "Duel" e "P-Machinery") hanno ottenuto un grande successo in tutta Europa, oltre ad arrivare al n. 1 nelle classifiche statunitensi. La più grande hit del gruppo nel Regno Unito, "Duel", raggiunse il numero 21 della UK Singles Chart nell'aprile 1985, e permise alla band di fare la loro unica apparizione nello show della BBC"Top Of The Pops", nel giugno di quell'anno. I Propaganda si sono formati nel 1982 a Dusseldorf (Germania occidentale,), da Ralf Dörperinsieme al polistrumentista Andres Thein e alla cantante Susanne Freytag. Accanto agli amici DAF di Düsseldorf, Dörper è stato un pioniere della musica elettronica più dura, grazie al suo lavoro come membro dei Die Krupps (il loro singolo "Wahre Arbeit, Wahrer Lohn" del 1981 in particolare, ha dimostrato una notevole influenza su band come Nitzer Ebb e il più ampio movimento Electronic Body Music) e anche per il sua personale rielaborazione della colonna sonora di “Eraserhhead” di David Lynch, come solista. Con il musicista di formazione classica Michael Mertens e la cantante diciottenne Claudia Brücken, la band è stata rapidamente ingaggiata dal nascente leader del marketing discografico Paul Morley della ZTT e si è trasferita nel Regno Unito annunciando il proprio arrivo con l'uscita del primo singolo “Dr Mabuse”, prodotto da Trevorn Horn che, grazie ai suoi sinth e a un video girato da Anton Corbijn, suscitò una piacevole sorpresa nella classifica UK Top 30 hit single. I Propaganda furono invitati a presentare il loro debuto dentro “The Tube” di Channel 4, sfruttando l'opportunità di impressionare lo spettatore medio da tardo pomeriggio, con l'eccezionale performance di Susanne Freytag con"Discipline" dei Throbbing Gristle (una delle prime tracce demo della band agli inizi del 1983). Con il genio Trevor Horn della ZTT Records impegnato con i compagni di etichetta Frankie Goes To Hollywood, la produzione del disco è stata affidata a Stephen Lipson (con Horn come “supervisore" del tutto). Un rapporto di collaborazione particolarmente proficuo era già stato consolidato da Horn e Lipson negli ultimi 18 mesi, a partire singolone di debutto dei Frankie Goes To Hollywood “Relax". In seguito al progetto Propaganda, il duo ha proseguito a co-produrre una serie di classici per artisti come Pet Shop Boys, Simple Minds e Paul McCartney. In seguito, Lipson ha continuato la sua ascesa con i suoi primi lavori di produzione negli anni '90 con Annie Lennox. Andreas Thein lasciò la band alla fine del 1984 e i quattro Propaganda entrarono nel SARM West Studio di Trevor Horn con il produttore Lipson, il tastierista e programmatore aggiuntivo Andy Richards e l'ingegnere Bob Kraushaar, per registrare il loro album di debutto. L'eclettico set di ospiti speciali che hanno suonato in "A Secret Wish" comprende anche il cantante Glenn Gregory, Stewart Copeland dei The Police, gli ex compagni di band negli Yes, Trevor Horn e Steve Howe, il batterista dei Marillion, Ian Mosley, il programmatore Jonathan Sorrell e l'ex frontman dei Japan, David Sylvian, che a un certo punto era stato considerato un potenziale produttore dell'album. Dopo il secondo singolo di successo "Duel" nell'Aprile 1985 e l'uscita dell'album su vinile e cassetta due mesi dopo (entrambi molto in ritardo a causa del tempo e delle risorse di ZTT, apparentemente oberata dal successo mondiale dei Frankie Goes To Hollywood) i Propagandahanno trascorso gran parte dei successivi sei mesi in tour in Europa e negli Stati Uniti, accompagnati sul palco dal chitarrista Kevin Armstrong , da Derek Forbes (basso) degli ex Simple Minds e Brian McGee (batteria). L'album è stato finalmente pubblicato su CD il 30 settembre 1985, anche se in una versione completamente inedita, una tracklist diversa, un paio di tracce remixate e brani aggiuntivi (entrambi i nuovi formati BMG Art Of The Album, replicano questi formati originali ZTT Records del 1985). Oggi considerato giustamente qualcosa come un classico di culto, "A Secret Wish" vanta alcune delle più ricercate e sofisticate musiche elettroniche mai realizzate su nastro. Era nata come musica pop pomposa, fatta da e per gli adulti (la copertina interna dell'album includeva anche testi di Bathes, Moretti e Benjamin), piena di momenti di grandi luci e ombre, e con chiari riferimenti all'interno come Edgar Allen Poe o William Shakespeare, fino ad arrivare al cineasta espressionista Fritz Lang, passando dagli indie heroes Josef K, la cui "Sorry For Laughing" è coverizzata nell'album, secondo quanto scritto da Paul Morley del NME. Le recensioni all'epoca furono entusiaste, con titoloni e lodi dei critici britannici, compreso NME che descriveva I Propaganda nella propria recensione come "Gli eredi di Fritz Lang e Giorgio Moroder ... Il duello per la corona della ZTT", mentre Melody Maker è andato ancora più lontano; "Propaganda come il gruppo post-punk pop perfetto? Molto, molto facilmente. " Ora, l'amatissimo album di debutto dei Propaganda è celebrato nella nuova serie "Art of The Album" di BMG, con nuove note di copertina all'interno sia del formato vinile 180g che in quello CD, che richiamano la storia della concezione dell'album e il processo di registrazione unico. Completamente studiati e scritti dal fondatore della rivista Pop Classic e archivista della ZTT Records Ian Peel, questi nuovi testi ricalcano in modo approfondito la storia dell'album e il periodo in cui è stato scritto e registrato, i protagonisti della sua creazione, l'artigianato e la strumentazione, l'impatto nel momento dell'uscita e la sua eredità dopo più di due decenni. Nell'era dell'immediatezza, dell'accessibilità, dello streaming e del download alla portata di tutti, il concetto di album o di long player è andato un po' perso. The Art of The Album è una nuova serie di BMG che cerca di focalizzare l'attenzione sull'album come un formato. Con una raccolta di album seminali e classici, la serie Art of The Album celebrerà le uscite che hanno aperto nuove strade nel concept, nella produzione, nella composizione delle canzoni e nel genere, lasciando un'eredità duratura come un lavoro completo. Con numerosi saggi che esplorano i tempi in cui sono stati concepiti gli album, i protagonisti, lo staff coinvolto, l'arte e la creazione della musica e delle opere d'arte, l'impatto nel momento dell'uscita , l'eredità e l'impatto culturale, la serie The Art of The Album celebrerà il disco come una forma d'arte.
PROPAGANDA – ‘A SECRET WISH’ (2018 ART OF THE ALBUM DELUXE EDITION) TRACKLISTING
LP – 180g Vinyl LP with 6-page Booklet & 12” x 12” Art Card (cat no BMGAA05LP) SIDE ONE 01. Dream Within A Dream 02. The Murder Of Love 03. Jewel/Duel SIDE TWO 01. P-Machinery 02. Sorry For Laughing 03. Dr. Mabuse (First Life) 04. The Chase 05. The Last Word 06. Strength To Dream CD – in Deluxe Mediabook with 32-page Booklet (cat no BMGAA05CD) 01. Dream Within A Dream 02. The Murder Of Love 03. Jewel 04. Duel 05. Frozen Faces 06. P-Machinery 07. Sorry For Laughing 08. The Chase 09. Dr. Mabuse https://www.facebook.com/propagandamabuse/
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Secondo la stragrande maggioranza degli specialisti e dei critici, Utopia, il nuovo disco di Bjork, rappresenterebbe il nono album in studio dell’artista islandese. A seconda di quando si inizia a tenere conto della carriera discografica della cantante, questo dato può essere vero o incompleto; in ogni caso, nella mentalità comune di fan e addetti ai lavori, Debut del 1993 è il primo lavoro ufficiale che risponde al nome Bjork. Ma scegliendo questa impostazione si taglia fuori il primo disco in assoluto da lei prodotto, la prima registrazione avvenuta quando aveva undici anni nel 1977 e intitolata semplicemente Bjork, cantata completamente in islandese e composta da brani inediti e da qualche cover (The Beatles, Stevie Wonder, Edgar Winter e Melanie Safka). Una testimonianza certamente ancora acerba di una voce unica che segnerà nei decenni successivi lo scenario pop internazionale, ma che, a distanza di quarant’anni esatti, traccia un filo invisibile e impercettibile con l’ultima fatica uscita lo scorso 24 novembre, Utopia appunto. Non certo per quanto riguarda la musica in sé: soprattutto, quel filo rievoca in noi determinate sensazioni e associazioni mentali che alla luce del nuovo album si rivelano assai interessanti e significative. La prima riguarda l’uso del flauto: in quel primo disco omonimo la precoce musicista lo suona in un brano strumentale, facendogli fare le veci della voce, disegnando una semplice melodia dall’andamento teso e misterioso; in Utopia, il binomio voce-flauto (e quindi le caratteristiche di impalpabilità e intangibilità che essi condividono) è reso probabilmente più esplicito che in altri dischi di Bjork, a partire proprio dalla copertina. La seconda riguarda una sensazione più sottile: un’innocenza e un’idea di purezza che potrebbe collegare idealmente quel disco di debutto con il nuovo album. Si è abituati a vedere Bjork come una “eterna bambina”, simbolo di una spensieratezza un po’ su di giri ma dal cuore leggero, tanto da esserle stato affibbiato il nomignolo di “folletto islandese”. Ma la sua musica è attraversata spesso e volentieri da violente scosse emotive che si tramutano in urla, sussurri, lacrime trattenute e sospiri, rivelando una perenne tensione interiore tesa a cercare (e, soprattutto, a creare) mondi altri e invisibili. Sempre al limite e (s)confinante altrove, la musica di Bjork, nel corso della sua carriera, ha saputo indicare dimensioni ibride e marcate da dicotomie che l’artista ha cercato di superare attraverso una precisa opera di conciliazione: umano/animale, umano/meccanico, umano/divino. Chi opera in questa maniera non può che essere in un perenne stato di agitazione, condizione ulteriormente complicata, fra l’altro, dai recenti fatti personali che Bjork non ha avuto remore di rendere noti, probabilmente perché anch’essi necessari a stimolare nuove ricerche, come testimonia la fine della sua relazione con Matthew Barney alla base del precedente Vulnicura. Utopia, per stessa ammissione della musicista, cerca quindi di andare al di là del dolore e di aprirsi con sguardo universale e quanto più possibile sereno, pacifico e dai tratti infantili: ecco che allora l’immagine di quella piccola Bjork del ’77 emerge in controluce dalla Bjork attuale a distanza di quarant’anni. Ne risente tutto, dalla voce, agli arrangiamenti, alle melodie, in una trasfigurazione quasi totale iniziata proprio col disco di due anni fa e che arriva oggi a un nuovo livello. Bjork si presenta come un essere quasi alieno, dalle fattezze antropomorfe, diviso fra cielo e terra e, proprio per questo, abitante una dimensione peculiare, unica, impossibile, utopica.
Il problema delle utopie non è tanto il fatto che non esistano, bensì che alimentino in noi il desiderio fortissimo che esse debbano in qualche maniera esistere, rendendoci disillusi e privi di ogni certezza ogni volta che le nostre utopie si scontrano con la realtà. La nuova opera di Bjork produce un effetto simile: affiancata dal produttore Alejandro Ghersi, alias Arca (autore fra l’altro di uno degli album di elettronica più interessanti dell’anno), i due costruiscono un’imponente struttura di cristallo dalla quale traspare un caleidoscopio di suoni, tanto affascinante da ammirare quanto ostica da penetrare, almeno all’inizio. Utopia si inserisce nel solco musicale iniziato con Vulnicura ma, per certi versi, va più in profondità, recuperando alcune sue idee ed estremizzandole, bypassandole inoltre attraverso i suoni di Biophilia, passando per quelli di Volta e giù sino al glaciale Vespertine del 2001. Il risultato è, ancora una volta, una dicotomia, che tematicamente si presenta sotto la forma di umano/divino, mentre dal lato musicale presenta la compenetrazione dell’elettronica e degli strumenti classici, quali arpa, violoncello, contrabbasso e una mini orchestra di tredici flautisti. Questi ultimi, in particolare, si distinguono per il loro continuo dialogo con l’ugola della cantante islandese, lì dove invece l’impianto elettronico di Arca è soprattutto focalizzato a creare una sorta di ambiente sonoro dove la voce di Bjork possa di volta in volta instaurarsi oppure volteggiare liberamente. Il producer venezuelano si prende molte libertà, molte di più rispetto a quanto fatto sul disco precedente, con suoni ora spigolosi e ora morbidi, ma comunque estremamente stratificati e raramente regolari e diretti a tessere melodie. In Utopia tutto è astratto e quanto di più concettuale la materia pop possa partorire; di sottofondo si può percepire quella spazialità propria dell’ambient, ma disturbata e sempre sul punto di far esplodere il terreno sotto i propri piedi. La polarizzazione degli elementi sonori in gioco, insieme al modo di cantare di Bjork che trasforma le parole in puro suono, rende l’insieme altamente stimolante e cangiante, battendo strade che non sono solite per gli standard del pop, dell’elettronica o di qualsiasi altro genere che preveda la commistione dei due. Le linee vocali sono così curate e stratificate che all’ascoltatore non è permesso un attimo di distrazione, pena il perdersi all’interno di uno dei quattordici labirinti musicali del disco. Proprio questo senso di straniamento può essere interpretato come positivo o negativo a seconda della sensibilità di chi si approccia a Utopia: chi cerca una melodia o una ritmica più regolare potrebbe rimanere spiazzato mentre chi concederà tempo al disco di aprirsi verrà lentamente inglobato da esso e, attraverso ripetuti ascolti, potrà notare tanti piccoli elementi e particolari che sono sfuggiti a un primo ascolto. Quello che è certo è che le quattordici tracce di quello che Bjork ha definito il suo “Tinder album” (come a ribadire la dimensione altra, di natura virtuale e impalpabile, nella quale si muove la sua ricerca) pongono ancora una volta un solido ponte fra mondi apparentemente opposti. L’utopia di una “musica classica” per l’era digitale non appare così lontana, e questo nuovo album di Bjork ne rappresenta un modello perfetto. Bjork – Utopia (One Little Indian, 2017)
Immagine tratta da: http://theconcordian.com/ |
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Marzo 2023
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