di Enrico Esposito La nostra prima volta al Premio Tenco. E ancora facciamo stento a crederci. Permettete un momento di straniamento e perdurante stupore, prima di raccontarvi lo spettacolo cui abbiamo assistito all'interno dello storico Teatro Ariston nel cuore della settimana scorsa. La serata di giovedì 17 Ottobre infatti ha infatti coinciso con il primo dei tre appuntamenti con la quarantreesima edizione della Rassegna della Canzone d'Autore, un punto di riferimento storico per la musica e la cultura italiana sorto insieme al celeberrimo Club che l'ha istituito per onorare la memoria del compianto Luigi Tenco, volato via troppo presto quel 27 gennaio del 1957. Dopo l'annuncio dei vincitori delle Targhe nello scorso luglio, l'avvicinamento alle tre serate del Festival ideato da Amilcare Rambaldi è stato accompagnato da una forte presa di posizione da parte dei familiari di Tenco che si sono trovati in disaccordo con alcune scelte artistiche operate dal Club, al punto da prenderne le distanze. Le polemiche non sono mancate nemmeno durante la kermesse e al termine di essa, ma fanno parte del gioco e per fortuna non sono state tali da prevalere sul valore di una manifestazione che si dimostra attenta nel conservare uno spirito di tradizione e ricerca allo stesso tempo. Il debutto del 17 Ottobre ha inteso onorare sin da subito coloro che sono stati ritenuti i migliori fabbricanti di musica e canzoni dell'anno corrente, i fautori della prosecuzione dei differenti percorsi affrontati dalla lirica d'autore. Da chi ha per la prima volta presentato una raccolta di brani a chi fa questo mestiere da una vita, a chi ha compiuto un lavoro di rielaborazione a partire da una cultura diversa, si sono succeduti sul palco dell'Ariston i protagonisti di storie e visioni diverse. Presentata da Antonio Silva e Morgan, la kermesse quest'anno è stata intitolata "Dove vola colomba bianca" nella celebrazione del grandissimo successo di Nilla Pizzi che nel 1952 vinse il Festival di Sanremo. Seduto al pianoforte, Morgan ha presentato una rivisitazione del brano, poco dopo aver fatto da spalla ad Achille Lauro, primo ospite della serata, nell'esecuzione di "Lontano, lontano" di Tenco, scelta come sigla dell'edizione 2019 del Premio. Salito sul palco con un onere importante sulle spalle e un look sultanesco, Lauro ha proposto poi al pubblico brani del suo repertorio ("Rolls Royce", "1969") dando vita a una performance energica. Le prime Targhe sono state consegnate da Joe Vignola a Piero Fabrizi direttore artistico e produttore del gruppo Adoriza per "Viaggio in Italia. Cantando le nostre origini" , che si è aggiudicato il premio di "Album collettivo a progetto", e da Federico Vacalebre a Enzo Gragnaniello, che ha conquistato per la quarta volta nella sua carriera la categoria "Miglior album in dialetto" con il suo ultimo disco "Lo chiamavano vient'e'Terra". Il cantautore partenopeo ha regalato alla platea un'accorata versione di alcune liriche dell'album, tra cui "Erba cattiva" e "Si tu mi cunusciss", e ha chiuso la sua esibizione interpretando "Vasame", brano da lui scritto per la voce di Arisa per la colonna sonora del film di Ferzan Ozpetek "Napoli Velata". Dai vicoli popolari e dai suoni mistici di una Napoli incantata al freddo della Russia e delle sue lotte politiche, il testimone è passato sul palcoscenico al vincitore della categoria "Miglior interprete", Alessio Lega. Artista milanese di origine pugliese, Lega ha portato a casa la sua seconda targa Tenco con il suo ultimo lavoro, "Nella corte dell'Arbat. Le canzoni di Bulat Okudzava", un intenso album nel quale vengono tradotte per la prima volta in italiano le canzoni di Okudzava, raffinato poeta russo di origini georgiane della seconda metà del secolo scorso. Premiato da Paolo Pinzi, direttore della Rivista anarchica "A", Lega si è prodotto in una performance densa di contenuti, nel corso della quale ha omaggiato Mario Monicelli, ricordando che nel 2020 saranno passati dieci anni dalla sua scomparsa, e ha eseguito "La nave dei folli", brano del cantore e poeta Ivan Della Mea, al quale ha dedicato un volume di recente uscita. Dopo un breve intervallo dalla musica, la serata, trasmessa per la prima volta in diretta su Radio Rai, ha visto l'entrata in scena di uno dei protagonisti più attesi, il vincitore del "Miglior album in assoluto": Vinicio Capossela. L'artista campano con le sue "Ballate per uomini e bestie", è stato ancora una volta riconosciuto come uno dei più brillanti e valenti rappresentanti della figura cantautoriale odierna. E la sua esibizione, colorata e teatrale, contraddistinta dal ricorso alle maschere per le differenti storie narrate, non ha di certo tradito le attese. Ha aperto le danze dedicando il suo trionfo al Maestro, Francesco Guccini. Ha chiuso il suo show tendendo il pensiero a un suo grande amico, il giornalista Vincenzo Mollica, che gli ha insegnato a osservare attentamente gli uomini e le scie che si lasciano dietro nel corso della loro vita e nelle quali vengono a rispecchiarsi. Il testimone è raccolto poi dal vincitore "tra i giovani". O meglio tra gli esordienti. Filippo Utinacci, in arte "Fulminacci", classe 1997, romano, con il suo album d'esordio "La vita veramente", uscito soltanto ad aprile, è stato insignito del premio di "Miglior Opera Prima" da Teresa De Sio. Salito sul palcoscenico dell'Ariston munito solo di voce e chitarra, il giovane artista ha speso poche emozionate parole senza musica per concentrare invece la sua attenzione su una performance essenziale e densa di contenuti intelligenti con le sue hit "La vita veramente", "Tommaso", "Borghese in borghese". L'ultima parte della serata è coincisa con l'assegnazione di un altro importante riconoscimento quello di "Miglior Canzone", andato a un trio di artisti portavoci di stili diversi ma non per questo inconciliabili. Essi sono Rancore, al secolo Tarek Iurcich, rapper proveniente dalla Capitale, Daniele Silvestri e Manuel Agnelli che al Festival di Sanremo hanno presentato un brano di subitaneo impatto per le sue sferzate dialettiche e sonore. "Argento Vivo" è il titolo di un monologo condotto da un adolescente prigioniero di una gabbia mentale devastante, un inno assordante che si amplifica dal vivo. Rancore attinge alla simbologia fiabesca ("Sangue di drago") per dare al pubblico il saggio del suo hip hop ermetico, Daniele Silvestri in solo al piano volge il suo sguardo alle tragedie del mare cui assistiamo maledettamente troppo spesso ("Le navi"), la voce di Manuel Agnelli si abbandona a confessioni di un tempo mai sopite "Quello che non c'è". Un'escalation di adrenalina che conduce all'ultimo, inedito atto di questo debutto del Premio Tenco. Un ritorno all'incipit, un ideale punto di incontro tra la tradizione e l'attualità. Morgan e Sergio Cammariere balzano fuori dalle quinte al fianco di Agnelli e Silvestri per intonare e suonare "Darling, remember", una chicca partorita da Luigi Tenco, che riportò in inglese "Vola colomba", senza però cantarla mai. Nella dimostrazione che anche al giorno d'oggi le mirabilia possono invadere Foto tratte da immagini dell'autore Rivolgiamo un caloroso ringraziamento all' Ufficio Stampa del Premio Tenco per le formidabili disponibilità e accoglienza
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Aprile 2023
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