Un lampo, anzi una serie in una serata che anticipa l'estate. Una domenica di inizio giugno, tra la Scuola Normale e la Torre Gualandi, un pubblico in attesa, Enrico Rava che spunta in perfetto orario. Apre l'eccezionale fuoriprogramma di PisaJazz catturando la platea attraverso un lungo assolo di sax, una sinfonia soffice e calibrata, che non ha bisogno di voce umana per poter parlare, per raccontare una storia o inventare sognanti traiettorie. Un antipasto da antologia firmato da uno dei capisaldi del jazz italiano che a quasi 80 anni dimostra non solo di fare ancora faville, ma di non volersi fermare. E il sassofono al posto della tromba, il suo rosario che l'ha reso un fenomento internazionale, appare già di per sè una mossa sbarazzina con cui lanciare il pubblico alla volta di un viaggio di grandi contenuti e atmosfere.
Dopo l'introduzione del Maestro, il palco viene monopolizzato dall'intraprendenza e creatività dei Soupstar, il duo composto dal trombone di Gianluca Petrella e il piano di Giovanni Guidi. Un mix effervescente e in costante evoluzione, che va al di là del jazz tradizionale per affondare le sue radici nell'elettronica, nel dialogo tra due strumenti che aspettano l'uno l'altro, si fondono oppure lasciano spazio all'uno o all'altro. Petrella dall'altro della sua ventennale carriera dimostra di saper programmare il suo trombone su frequenze sonore multilaterali, conducendolo con solerzia ma anche "spremendone" l'urlo fino in fondo. Lo trasforma in una sorta di ventriloquo e di attore drammatico. Guidi, che ha impressionato Rava durante i seminari estivi pianistici di Siena, segue in sordina il suo compagno, si divincola con esperienza tra piano e tastiere, crea atmosfere di classica sala di ballo, ma anche inattesi tappeti dal ritmo sinistro su cui Petrella costruisce i suoi strepitii. Nella notte pisana sono ormai addensate diverse voci, pronte ad ampliarsi ulteriormente nel momento in cui Rava solca di nuovo il palco con la sua "arma prediletta" per incontrare i "suoi" Soupstar, che conosce fin troppo bene. Si erge allora un trio formidabile, un frizzante ensemble che ben presto accende le luci anche sul contrabbasso di Gabriele Evangelista e la batteria di Bernardo Guerra, anch'essi collaboratori di Rava, figli riconosciuti della sua scuola. Un quintetto da top, che lavora in coesione e lascia spazio alle singole invenzioni, e alle sortite in extremis del sassofono di Dimitri Grechi Espinoza, che giunge a completare un'orchestra che non lascia pause. Ne nasce, tra le altre, una versione estesa di "Perhaps, perhaps, perhaps" di Doris Day, che ha la virtù di perdersi e ritrovarsi in variazioni che non hanno ragione di finire. Rava spesso parla con i musicisti, gomito a gomito, scarica la sua tromba in parallelo con i virtuosismi di Petrella, mentre Guidi si occupa del sottofondo e Espinoza affida al colore del sax il compito di avvolgere l'intera scena. L'esclusivo appuntamento jazzistico del 4 Giugno pisano in una delle sue più invocate "Notti dei Cavalieri" riesce alla grande, lasciando nell'animo, poco dopo la sua conclusione, un'insaziabile fame di jazz. Immagini tratte da : - Immagine 1 da https://www.facebook.com/pisajazz/?ref=page_internal - Immagine 2 da www.ansa.it
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Aprile 2023
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