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2/9/2016

Gli Wolfmother a Festareggio

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​di Alice Marrani
Lo slogan è “Festareggio cambia musica” e certo non si può dire che proprio la musica non sia uno dei suoi punti forti. Siamo arrivati oggi alla fine della terza settimana e il programma continua fra spettacoli, eventi, dodici ristoranti e buona musica. Dai Planet Funk a Eric Burdon, dai Cani a Capossela, dai Kula Shaker agli Africa Unite, da Salmo a Daniele Silvestri, dai Soulwax agli Wolfmother. Tutto sembra orientato verso una partecipazione giovane e trasversale e basato sulla volontà di portare Campovolo al centro degli eventi musicali di spicco dell’estate emiliana e italiana. Abbiamo così approfittato per partecipare ad uno degli unici due concerti italiani del tour degli Wolfmother (il primo a Milano lo scorso maggio).
Non è facile mantenere alto il tiro dopo un esordio valso 1,5 milioni di copie vendute. Se poi ci mettiamo che sono passati dieci anni e vari cambi di line-up, ritiri dalle scene e ritorni con effetto sorpresa, il tutto unito da un leader dal caratterino non semplice, le cose si complicano. Nonostante questo, dall’uscita di Wolfmother nel 2005 (2006 fuori dalla patria australiana) ad oggi, la band ha girato il mondo più volte in tour con i Pearl Jam, gli AC/DC, Lenny Kravitz, aperto un concerto degli Aerosmith. Il loro rock dal forte sapore anni ’70 è stato sia osannato sia criticato proprio per i paragoni con grossi nomi come quello dei Led Zeppelin, dei Soundgarden, dei Black Sabbath, sempre in bilico fra chi pensa che il passato sia ormai da superare e chi invece apprezza uno stile che si distende egregiamente sulle linee riconoscibili dell’hard rock più classico. Il successo comunque è indiscusso se si guardano le cifre di vendita e le partecipazioni a concerti importanti ma anche la presenza in spot pubblicitari, videogiochi. L’ultimo album uscito, Victorious, segna una risalita dopo il controverso New Crown, terzo del gruppo, uscito nel 2014 in modo totalmente indipendente dopo che il gruppo si era sciolto e aveva lasciato spazio alla parentesi solista di Andrew Stockdale, cominciata e conclusa nello spazio di un album. Dalla scelta indipendente al ritorno in studio fra le mani di Brendan O’Brien, Victorious si riconferma scritto quasi esclusivamente dalle mani di Stockdale, chitarrista e cantante, unico componente del gruppo rimasto stabile.  
Il terzetto Dimension, New Moon Rising e Woman garantisce un inizio d’impatto sui brani più conosciuti in grado immediatamente di animare l’energia del pubblico. Dopo la dedica di White Unicorn alle vittime del terremoto ripartono a ritmo serrato da Apple Tree e Gipsy Caravan, brano del nuovo album che dà il nome al tour. Proseguono con equilibrio fra l’esordio e l’attuale anche se la base rimane sui brani di dieci anni fa dato che il primo album omonimo della band, Wolfmother, conta nove brani sui diciassette della scaletta, mentre il resto dello spazio è quasi equamente diviso fra l’ultimo uscito e Cosmic Egg (2009). Solo How Many Times testimonia il passaggio di New Crown. E sempre nel 2005 termina il concerto con Colossal e la famosa Joker and the Thief. Vecchio e nuovo si amalgamano fra i brani come si amalgamano nello stile. La batteria di Alex Carapetis, il basso e le tastiere del polistrumentista Ian Peres si uniscono alla voce e alla chitarra di Andrew Stockdale creando un suond potente ed energico che non delude le aspettative.
“Scriviamo in ogni momento, fra un palco e l’altro, anche mentre siamo in bagno. Appena finirà il tour lavoreremo al prossimo album” ci dice Stockdale a fine concerto, precisando in un secondo momento che è principalmente lui che scrive (come è sempre stato dagli esordi ad ora). Attendiamo quindi i frutti della ormai consolidata vena creativa del leader mentre si susseguono le date live in giro per il mondo, fra le quali c’è l’apertura di alcuni dei prossimi concerti dei Guns N’ Roses.
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