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27/7/2018

Ho visto un magnifico fauno di settant'anni

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Cronaca della tappa fiorentina del tour che celebra i cinquant'anni di fortune dei Jethro Tull. E di Ian Anderson, che ci teniamo ben stretto.
di Enrico Esposito
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​Un altro anniversario. Da 20 a 50. Ancora Firenze. Il 4 Luglio 1988 si celebrò il trionfo in Piazza Santa Croce. Il 24 Luglio 2018 appuntamento in Piazza Santissima Annunziata. Una band profondamente mutata nei componenti ma anche nel sound indurito e secco, meno vicino al progressive che ha contribuito a generare. Un anello di congiunzione basilare. Ian Anderson, il fauno di Dunfermline, 71 anni da compiere ad agosto, inarrestabile, dal talento immutato nel tempo. 

Bisogna partire da alcune premesse necessarie. Martedì sera è stato davvero difficile rimanere seduti durante l'ora e mezzo in cui i Jethro Tull hanno dato vita alla tappa fiorentina del loro "50th Anniversary Tour". Non è stata soltanto un'esibizione di musica di qualità dal vivo. Grazie all'ininterrotto scorrere di video sullo sfondo del palco e alle astute intro ai brani da parte di Anderson, è andato in scena uno spettacolo ben più esteso, multimediale e teatrale, che ha raccontare il mito della band britannica dagli esordi nel 1968 tra le pareti del Marquee Club di Londra sino agli ultimi anni. Un viaggio affascinante, scandito dal cantastorie Anderson attraverso il suo gradevole accento scozzese e la sua arma maestosa, quel flauto traverso assimilato quasi da bambino e trasformato in un gioiello scintillante del rock. Ne sono passati di dischi venduti (ben sessanta milioni), di formazioni rinnovati, tour planetari, ma il menestrello sembra essere rimasto fermo a 20-30 anni fa. La sua carica e energia sul palco sono straordinarie, la voce fa ancora il suo dovere, e nel momento dell'incontro con il suo strumento, trasmette ai suoi discenti l'impressione concreta di avere di fronte agli occhi una figura mitologica che evoca storie lontanissime e entità sovrannaturali. Capirete bene dunque la tortura provata dal sottoscritto e dagli altri spettatori nell'essere costretti a vivere tutto ciò nella costrizione fisica esercitata dal posto a sedere, specialmente quando lo show ha robustamente innalzato il suo livello acustico, mettendo sul piatto una vena hard non attesa e sulla quale occorre portare una riflessione.
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​I Jethro Tull hanno conquistato a pieno merito un posto di prim'ordine tra i pionieri del rock progressive, grazie ad uno stile tenace e creativo, all'interno del quale era stata conseguita una sintesi peculiare nell'incontro tra blues, heavy, rock e musica classica. Al di là della geniale intuizione del flauto traverso, Anderson e soci erano riusciti nell'impresa di costruire spettacoli coinvolgenti per la loro arte, la narratività e l'estro. Con questo non vogliamo dire che martedì siano mancate del tutto queste condizioni, ma non possiamo nemmeno negare di essere rimasti sorpresi dalla decisa impronta hard mostrata attraverso gli assoli del chitarrista tedesco Florian Opahle, interprete di sicuro talento. Ma le versioni ristrette e fin troppo elettriche di pietre miliari prog vedi "Aqualung" e "Thick As A Brick" hanno lasciato l'amaro in bocca a coloro che proprio grazie alla particolarità delle loro esecuzioni si sono appassionati non solo alla band, ma a un autentico stilema musicale. Un fan vero senza dubbio non deve pretendere, né tantomeno lamentarsi eccessivamente dinanzi alla storia di un mostro sacro come Ian Anderson, che a settant'anni suonati invece di godersi la pensione saltella splendidamente ancora sotto i riflettori e probabilmente continuerà finché potrà. Ma per chi per sua sfortuna ha dovuto ritardare la sua visita in udienza ad un tale "Sire" del rock, resta la delusione di non aver assaporato in prima persona i fasti della band che prese nome dal pioniere dell'agricoltura moderna. Nonostante questo, la performance ha regalato brividi e adrenalina alle note di "Bouree", di "Too old to rock, to young to die", all'impiego funzionale di contributi video in apertura alle canzoni da parte di storici membri del gruppo (in questo omaggiati) oltreché da speciali fans tra cui Joe Bonamassa e Slash). E poi il finale. La consueta finta "fuga" dalle scene e il ritorno esplosivo con "Locomotive breath". Per il sottoscritto un sogno finalmente realizzato.
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  Immagini tratte da:

- Immagine 1 da firenzetoday
- Immagine 2 da seidifirenzese

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