7/10/2016 Il cielo in una stanza - Quando il pianoforte di Gino Paoli incontrò la voce di MinaRead Now
Fa certamente strano scoprire che all'interno degli archivi SIAE il nome dell'autore principale de "Il cielo in una stanza" non sia presente accanto a quelli di Mogol e Toang (pseudonimo di Renato Angiolini). La vastità della stranezza si riconduce ancor di più al fatto che il compositore in questione sia Gino Paoli, all'epoca poco più che ventiseienne e non ancora iscritto agli annali di una società della quale sarebbe stato eletto presidente più di 50 anni dopo, salvo poi dimettersi a causa di roventi accuse di evasione fiscale ancora oggi nell'occhio del ciclone. Resta il fatto che il brano, uno dei capisaldi della tradizione musicale nostrana, fu rifiutato da diversi interpreti (tra cui Jula De Palma e Miranda Martino) prima di essere approvato da una Mina comunque riluttante, convinta tanto dalle pressioni da parte di Paoli che della casa discografica Ricordi. Una genesi davvero singolare per una poesia delicata e sublime nei versi e negli accordi, che già a partire dalla sua uscita nel 1960 stecchito ha potuto riprendersi una sua rivincita importante come dimostra la sua non finita tradizione di covers.
"Il cielo in una stanza" fu pubblicato inizialmente nell'estate del 1960 all'interno di un 45 giri di Paoli che come Lato B presentava un'altra canzone dal titolo di "Però ti voglio bene". Il disco non entrò nemmeno in classifica malgrado il raffinato impianto orchestrale diretto dal Maestro Gian Piero Reverberi (che nella sua carriera brillante ha collaborato con Fabrizio De Andrè, Ivan Graziani, Lucio Battisti e tanti altri) che se da una parte apre le danze sulle note di una sezione organistica di ispirazione sacra (il Te Deum gregoriano cui si richiama anche "La gatta", altro classico del cantautore genovese) dall'altra riversa una magnifica ouverture di violini poco prima del finale.
Paoli intuì che probabilmente sarebbe servito qualcosa di diverso, una voce femminile al posto della sua per esaltare una cornice musicale già di per sè compiuta, e così, armatosi di pianoforte, corteggiò la Mina già eretta a nuova diva pop con "Tintarella di luna". Il buon Gino non potè avere intuizione più felice visto che il 45 giri con annessa la traccia "La notte" a firma Reverberi - Franchi si piazzò durante la prima settimana di uscita subito al settimo posto della classifica italiana per poi conquistarne la vetta e radicarsi senza limiti di tempo nella memoria del pubblico dello Stivale e non soltanto. Accompagnata dalla direzione orchestrale di Tony De Vita, la versione interpretata da Mina assume un fascino straordinario grazie ai toni ariosi ed incalzanti in cui si riproduce un canto che trasmette realmente una sensazione di leggerezza, di un sollevamento da terra, di una fuga dalla realtà alla dimensione del sogno. La voce di Mina fa pensare ad un raggio di sole apparso d'improvviso che si riproduce tra i bucati freschi squarciando un cielo nuvoloso ed illuminando completamente il paesaggio anche dell'Inghilterra (per cui fu confezionata la versione The World We Love in"), della Germania ("Wenn Du an Wunder glaubst"), della Spagna ("El cielo en casa").
L'effetto di sinfonia raggiunto grazie al crescendo degli archi di De Vita si differenzia largamente dall'atmosfera solenne trasmessa dal brano originale, che secondo l'opinione comune sarebbe stata scritta da Paoli in ricordo di una notte d'amore consumata con una prostituta tra le pareti di un bordello genovese ("questo soffitto viola no, non esiste più."). Gino Paoli insegue attraverso le differenti rivisitazioni del brano un'atmosfera soffusa e raccolta, sospesa, che procede a rilento, vive di silenzi ed innalzamenti, "notturna" in contrasto a quella "solare" di Mina. Ne è una prova significativa la seducente variante basata su tastiere elettroniche e sax tenore in apertura che egli porta in scena dal vivo negli ultimi anni, una rivisitazione tra l'altro arrangiata in passato per primo da Peppe Vessicchio. E se si pensa che a ridosso del 1970 per la Rca l'artista ligure aveva inciso una nuova versione insieme all'orchestra di Ennio Morricone ed un ulteriore singolo per l'etichetta Durium impreziosito dal suono di un autentico organo da chiesa nell'incipit, a dimostrazione dell'impatto eccezionale sortito da una canzone che in tanti ancora oggi hanno provato a riscrivere secondo il proprio gusto.
Alcuni come Franco Battiato e Riccardo Cocciante ci sono riusciti, altri vedi Franco Simone (che conserva il grande merito di averla riportata in auge alla fine degli anni 70), Giorgia (autrice di una versione soul brutalmente inserita in un omonimo film dei Fratelli Vanzina) e Noemi un pò meno, finendo per snaturare la sua naturale delicatezza.
Immagini tratte da:
Immagine 1 da butterfymusic.it Immagine 2 da discografia.dds.it
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