di Enrico Esposito
Raccogliendo un pò di informazioni per la scrittura di questo articolo, ho notato che all'interno della visione del mondo e dell'arte di Novamerica si posizionano dei punti di riferimento fondamentali. Il pianoforte, la tradizione musicale italiana, i tanti significati del tran-tran giornaliero, la volontà di continuare a dare fiducia alla nostra penisola. Dopo l'apprezzato debutto discografico del 2016 che mise in mostra l'efficacia e attenzione ai dettagli di un progetto con base elettronica e l'esperienza maturata dietro alla console, significative novità si sono manifestate all'interno della storia di Novamerica.
Bisogna prima di tutto dire che Novamerica si rovescia all’interno di due cosmi, non necessariamente contrapposti. Il primo misura i chilometri di una landa inesplorata, che si distingue per una sua bandiera dalle tonalità sgargianti in cui un sole rosso dal cielo azzurro fa capolino su onde o rilievi zigzaganti tra linee bianche e gialle. Circondati da due curve rosse dominanti. Mondo tappezzato da superfici desertiche, inondato da una luce eterea. Appare come una sorta di gigantesco rifugio all’interno del quale non si presentano doveri da compiere perchè non esistono cose concrete. Ma riposo assoluto, tempo illimitato per fermarsi a riflettere e raccogliere le idee. Un macrocosmo di moods, appositamente inventato per svestire gli abiti sudati e le divise sporche dopo giornate e giornate di lavoro, e sedersi a raccogliere dei pensieri (e delle emozioni) conservati da sempre oppure messi in stand by dopo la fine della pausa caffè del mattino tra le 10:30 e le 10:45. C’è un uomo che corre brandendo la bandiera dalle tonalità campeggianti. Figlio, creatore, esecutore medesimo di Novamerica perchè Novamerica in principio si chiama Carlo, vive in Italia, e ha trent’anni. Si alza per andare a lavorare in ufficio dove si trattiene fino a sera, ma non rinuncia al (poco) tempo libero che gli rimane le sere e nei fine settimana. Ama giocare a calcio e passeggiare nella Mirano che non ha mai lasciato nel bene e nel male della vita di provincia, predilige la musica italiana dei grandissimi autori (Lucio Battisti, Vasco Rossi) ma anche il rock straniero fatto da mostri sacri (Jimi Hendrix, Led Zeppelin). E dall’età di undici anni non smette di ricordarsi, dopo abbuffate di take – away e migliaia di emails, di quel pianoforte anni ‘30 custodito in casa, perchè diventa sotto le mani il grimaldello per scardinare la serratura del microcosmo Novamerica. La routine quotidiana di certo non può svanire ma per lo meno può trasformarsi in momenti brevi in una piacevole realtà parallela, raggiungibile con aerei mentali. Allora per questa ragione Novamerica giunge ad identificarsi come una meta condivisa, perchè abitata da oggetti, sfoghi, considerazioni esplorati tra il concreto e l’immaginato. Detto ciò, sembra facilmente intuibile capire perché nella playlist dell’artista veneziano gli ultimi due brani pubblicati portano il titolo di “Una canzone per l’estate” e “Jurij Gagarin”. Due mondi diametralmente opposti, nell’apparenza inconciliabili, proprio tali. La prima rappresenta il tentativo per eccellenza di un anti – tomentone estivo nato dalle tentazioni del reggaeton e successivamente finito per combaciare con un’onesta dichiarazione della speranza di poterci “fare soldi con la musica”. La seconda invece si costruisce nella testa di Novamerica dopo una sgambata fuori porta e la descrizione di un sogno altrui, e vagheggia su di un viaggio compiuto al di là dell’atmosfera “alzando un piede” che in realtà esplode in una separazione difficile da ricucire. La terza ci sarà rivelata l’8 maggio, alle sette e mezzo della sera. https://www.facebook.com/events/231888128126244/
Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa Conzapress
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Marzo 2023
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