In occasione dell'uscita del suo nuovo album intitolato "Malegria", il Termopolio ha avuto il piacere di intervistare il cantante e rapper italo-messicano Gabriel Renteria Linda, in arte Ganoona. di Enrico Esposito 1) Buongiorno Gabriel e grazie molte per aver accettato la nostra intervista. Il 19 novembre scorso per Noize Hill Records è uscito il tuo nuovo album intitolato “Malegria”. Com’è nata la scelta del titolo? Se non sbaglio è figlia di lockdowns e quarantene... Buongiorno e grazie a voi. In realtà in quarantena è nato solo il titolo del brano. Poi il disco è stato scritto prima e subito dopo il primo lockdown. Cioè i momenti in cui si poteva vivere ed ero stimolato nella scrittura. la malegria è quella felicità, anche euforia, tinta di malinconia. Tutti l’abbiamo provata. Quando ti stai divertendo, o hai ottenuto un successo personale, ma non hai di fianco la persona che vorresti, o un amico lontano. Una cosa del genere. 2) Il disco si compone di dieci tracce che tirano le somme di due anni di pubblicazioni dal momento che il brano di apertura “Cent’anni” uscì come singolo nel 2019. Ci racconteresti come è avvenuta la messa a punto di “Malegria” sia nella scrittura dei testi, alla quale tu partecipi, che nella composizione delle musiche? I testi sono tutti completamente di mio pugno. Anche gli arrangiamenti dei brani. Poi per le produzioni e add production mi sono avvalso dell’aiuto dei produttori della mia etichetta e anche di altri, come Neezyboy, già produttore di Ernia, Izi, Highsnob e altri. I testi però sono forse l’aspetto a cui tengo di più, quindi sono tutti di mio pugno. Il disco nasce dall’esigenza di raccontarmi in maniera più approfondita e sfaccettata, di quanto potessi fare con un singolo. Sono stati anni intensi, dove ho vissuto molte esperienze, e avevo la necessità di raccontarle, in primis a me stesso.
3) L’elemento della commistione rappresenta una cifra ricorrente all’interno della tracklist sia per quanto riguarda i generi (l’hip hop si unisce alla black e alla latin music) che l’utilizzo delle lingue, dal momento che oltre all’italiano ti sentiamo spesso pronunciare termini e frasi in spagnolo (“Pompelmo”, “Hermano” e “Cucurucucù”, canzone molto significativa in cui c’è anche una citazione di malegria). Ti andrebbe di parlarci della tua ricerca sonora e dell’impatto che il bilinguismo (ricordiamo che sei di papà messicano e mamma italiana) ha nella tua vita come nella carriera?
Ho cercato di lavorare in maniera naturale, facendo musica che piacesse in primis a me. Le frasi in spagnolo mi sono venute così, non è stata un’operazione di appropriazione culturale come spesso purtroppo si vede fare, soprattutto con la lingua spagnola e la cultura latina. Le sonorità come le parole sono personali. Chi mi conosce sa che io parlo così, e che i miei ascolti sono molto vari: dalla bachata a Lucio Dalla, quindi per forza di cose faccio una musica meticcia, che mi assomiglia. 4) L’amore si presenta come una componente significativa all’interno dell’album. Nella maggior parte dei casi emergono la malinconia e rimpianti per storie svanite, come in “Cent’anni”, in cui canti di una preghiera che diventa requiem e della coda di veleno che si porta dietro una relazione, e “Berlino” esprime i rimorsi di una partenza affrettata. “Deserto” invece è una metafora della distanza tra due amanti, mentre “Ponpelmo” e “Miele” invitano a tenere lontani le negatività, descrivendo la parte libera e fantasiosa dei sogni che si possono insieme costruire e realizzare. In quali circostanze vedono la luce queste canzoni e presentano anche elementi autobiografici? Come dicevo, presentano esclusivamente elementi autobiografici. Non ti nego che a volte penso al mio disco e mi dico: “senza tutte queste storie andate male, e bene… Non avrei avuto di che parlare.” Io amo molto, amo spesso e con irruenza. Quindi altrettanto spesso mi faccio male, e forse per questo ho l’esigenza di raccontarlo. Una curiosità su Cent’anni: in realtà il brano parla di un amicizia che si conclude con un tradimento. 5) Ci sono due tracce che si differenziano dalle altre a mio avviso per le tematiche trattate e anche dal punto di vista sonoro. La prima è “Tappo’”, brano n.9 della tracklist, che disegna in crescendo una schietta fotografia del tuo mestiere di artista. Tu parli di un filo su cui si rimane sospesi, dove alcuni vanno avanti scendendo a compromessi. La seconda è invece la conclusiva “Hermano”, lettera indirizzata ad un fratello per l’appunto non genetico ma di vita, insieme al quale ti volti a ripercorrere il passato, bello e brutto che sia. Ci potresti svelare qualcosa in più su queste due canzoni? Sono un po’ i poli opposti del disco. Da un lato Tappo’ è il momento più ironico, dove traspare la mia volontà anche di non prendermi troppo sul serio. Dall’altro Hermano è il brano più sperimentale, con una coda strumentale, dove parlo del mio passato di adolescente un po’ “randagio” nella milano dei primi anni 2000. In Tappo’ mi levo anche qualche sassolino dalla scarpa, rivendico, sempre con ironia, il fatto in non aver mai agito per interesse, o leccato i piedi a qualcuno per entrare in un determinato ambiente. Non sono mai sceso a compromessi e volevo urlarlo, anzi, rapparlo al mondo. Hermano per me è un pezzo anche doloroso, e in realtà la prima strofa è una lettera a un amico che oggi vive lontano, mentre la seconda è dedicata ad un'altra amica fraterna, che invece vive vicino a me ma si è “persa” nelle sue difficoltà. Un sentito ringraziamento a Clarissa d'Avena, ufficio stampa dell'artista Contatti social di Ganoona: Profilo Facebook - https://www.facebook.com/Ganoona Account Instagram - https://www.instagram.com/ganoona__/?hl=it Immagini tratte dal profilo facebook ufficiale di Ganoona
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Marzo 2023
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