di Enrico Esposito
Il 30 aprile scorso è uscito "Afterallogy", il nuovo album di Noa realizzato in duo con il suo chitarrista Gil Dor. Si tratta di un omaggio a grandi capolavori della musica jazz, anticipato dai singoli "my funny Valentine" e "Oh Lord". Il Termopolio ha avuto il grande onore di realizzare un'intervista con la celebre artista israeliana.
Buongiorno, Noa. Prima di tutto, vorrei ringraziarti per aver accettato il mio invito.
Piacere mio. 1) Sono profondamente onorato di avere la possibilità di parlare con te del tuo attesissimo nuovo LP. Prima di tutto, parliamo del titolo dell’album, “Afterallogy”. Se non sbaglio, questo è un neologismo che avete creato tu e Gil Dor, con cui hai collaborato per il tuo ultimo lavoro. Qual è l’idea dietro questo titolo e da dove viene? Afterallogy è un nome che consiste di due parti, “After all”, e il suffisso “-ology”. Il suffisso “-ology” viene spesso usato in senso scientifico. I musicisti jazz neri che venivano discriminati usavano questo termine per dare un nome alle loro composizioni (come in ornitologia, antropologia) per darsi quel rispetto e riconoscimento che la società negava loro. Mi piaceva molto quell’idea perché contiene in sé lo spirito della protesta e dell’indipendenza. Abbiamo deciso di omaggiare tutti questi musicisti usando lo stesso suffisso nel nome del nostro album. “After all” è semplicemente questo… dopo 30 anni di carriera, dopo aver scritto e registrato centinaia di canzoni e aver tenuto tanti concerti, dopo questo folle anno di Covid, quel che rimane è la sostanza: la nostra amicizia, il nostro amore per la musica, la nostra dedizione all’eccellenza, all’originalità, alla qualità e soprattutto il nostro coraggio e la nostra integrità nel rimanere fedeli a noi stessi e a chi ci segue, come abbiamo sempre fatto; fare solo quello che amiamo, in tutta sincerità, come musicisti umili e devoti, mai guidati dalla paura o dall’avarizia. 2) Tutto l’album “Afterallogy” suona come un omaggio alla storia del jazz. Le 12 tracce sembrano rivisitazioni in crossover. “Oh, Lord”, il secondo singolo tratto dall’album pubblicato il 19 marzo, ne è un chiaro esempio secondo me. La traccia è una poesia ebrea di Leah Goldberg che avete messo in musica jazz. Mi diresti di più su questa traccia? Non ebrea, ma ebraica. Il Giudaismo è una religione, l’Ebraico è una lingua. “Oh, Lord” è una poesia in lingua ebraica scritta dalla grande poetessa israeliana, Leah Goldberg, che descrive una conversazione con Dio in un locale pieno di fumo. Sentivo che la canzone aveva un groove molto jazz alla base, quindi ho spinto Gil a scrivere musica nello stile di Duke Ellington. Ho anche aggiunto un assolo di tromba per dargli una sterzata di umorismo triste.
3) In passato, hai eseguito alcune tracce dell’album, prima dell’uscita. Un esempio è “My Masquerade”, che hai eseguito insieme a George Benson. Qual è il tuo rapporto con Benson, e più in generale qual è il ruolo del jazz nel tuo repertorio?
Ho cantato con George Benson una volta al Festival di Montreaux, è stato un incontro breve, un grande onore. Non ho rapporti con lui. La mia versione di “This Masquerade” è molti diversa dalla sua. Incorporo testi originali e musica nella mia versione, creando una nuova storia, un contesto quasi cinematico (e molto femminista) allo standard già noto. Per quanto riguarda, il ruolo del jazz nella mia vita e nella mia carriera, la risposta sta qui: "Afterallogy è la prima, a lungo attesa, registrazione jazz di Noa e Gil Dor. Noa e Gil lavorano insieme da 30 anni. Si conobbero alla Scuola di Jazz e Musica Contemporanea di Rimon a Ramat ha Sharon nel 1989. Gil era il co-fondatore della scuola, direttore accademico, musicista altamente rispettato e istruttore in miriadi di stili, ma specializzato in jazz. Noa era un’aspirante cantautrice di 20 anni, che si era da poco trasferita in Israele dagli Stati Uniti, aveva completato il servizio militare in una Banda Militare ed aera arrivata a Rimon in cerca di istruzione e collaborazioni. Venne subito etichettata come “cantante jazz” a causa della sua grande padronanza dell’inglese, le sue capacità di improvvisazione e la connessione innata con il “Canzoniere Americano”. Essendo nata in Israele da una famiglia yemenita, e cresciuta a New York fino a 17 anni, il jazz fa parte della sua identità, naturale quanto le sue radici yemenite ed ebraiche. Il primo concerto del duo fu a un concerto jazz a Tel Aviv, l’8 febbraio 1990 dove eseguirono melodie comuni con arrangiamenti non canonici, e alcune delle composizioni originali di Noa. Quella prima sera fu un enorme successo che pose le basi per l’incredibile viaggio a venire. Il primo album internazionale venne prodotto da Pat Metheny, uno dei musicisti jazz più rispettati del mondo, ma non comprendeva brani classici, ma si concentrava sul cantautorato di Noa. Negli anni, Noa e Gil esplorarono molte diverse aree della musica, scrissero ed eseguirono centinaia di canzoni, lavorando con ensembles che spaziavano da un trio acustico a quartetto di basso e tamburo fino all’orchestra sinfonica, esplorando e fondendo stili diversi, suoni e linguaggi, raggiungendo sempre quell’inspiegabile e imprevedibile istante di magia per cui vive ogni musicista. È sempre stato impossibile etichettarli. Afterallogy è un altro passo nel loro affascinante viaggio, dove hanno riversato il linguaggio musicale che hanno sviluppato e di cui hanno fatto esperienza, al servizio di quelle grandi melodie jazz classiche, aggiungendo degli originali. Il nome, oltre a omaggiare i grandi che li hanno ispirati (“Ornithology” di Charlie Parker), è una dichiarazione sulla vita e la musica, resa più urgente dalla crisi pandemica: Alla fine dei conti, dopo 30 anni, dopo una pandemia che ha distrutto, folgorato e denudato il mondo, dopo migliaia di chilometri percorsi e molte migliaia di note suonate e cantate, cosa rimane? Un profondo amore e rispetto per la grande musica e per la grandezza nella musica, un profondo amore per l’umanità che viene portata in vita ed elevata e illuminata in chiunque ne faccia esperienza. Un profondo apprezzamento per il dono dell’amicizia… per una collaborazione unica, per la forza e la risonanza interiore che li ha tenuti insieme per tutti questi anni. E quella curiosità e passione, quella meticolosa ricerca per svelare i più profondi misteri della musica che li guida sempre avanti". 4) Gil Dor è un altro nome molto importante quando si parla della tua carriera musicale. Hai avuto con lui un rapporto stretto per 30 anni, una sorta di simbiosi presente anche in “Afterallogy”, dove il suono della chitarra di Gil si combina perfettamente con la tua voce fantastica. Come descriveresti la collaborazione con Gil, iniziata negli anni ’90? Siamo buoni amici, abbiamo molti interessi comuni e gusti musicali simili, una grande curiosità, abbiamo molto di cui parlare e a cui pensare, abbiamo una comunicazione simbiotica, quasi telepatica quando ci esibiamo insieme… ci completiamo. 5) Hai scelto “My Valentine” come primo singolo dell’album. Questa traccia è uscita due giorni prima di San Valentino e sembra una vera pietra miliare nella storia della musica. Ho letto da qualche parte che questa è una delle tue tracce preferite di tutti i tempi perché ti dà diverse emozioni ogni volta che la suoni. Potresti dirci di più su questa traccia? Amo questa canzone perché parla dell’amore incondizionato, accoglie l’umanità e l’imperfezione piuttosto che adulare una perfezione irraggiungibile. Una delle malattie del nostro tempo è l’impulso che in tanti hanno di cambiare e distorcere se stessi in modo da rientrare in un modello falso di perfezione che viene introiettato nella nostra coscienza dai social media e dalla pubblicità. Questa è la ricetta per l’infelicità. In questa canzone, si rivela l’opposto: “don’t change a hair for me, not if you care for me, stay, little valentine, stay! Each day is valentine’s day”… questi versi mi fanno piangere. Canto questa canzone con tutto il cuore. 6) La musica dal vivo, purtroppo, ha sofferto e sta ancora soffrendo un’interruzione infinita a causa del Covid, in Italia e nel resto del mondo. Spettacoli in streaming, videoclip ed esibizioni live svolgono un ruolo importante oggi perché sono l’unico modo per il pubblico di tenersi in contatto con i loro artisti preferiti, sebbene in modo diverso. Come ti senti in questo preciso momento e cosa diresti ai tuoi fan impazienti di rivederti dal vivo? È stato un periodo estremo e non è ancora finito. Ma come sappiamo tutti, ogni sfida è un’opportunità. Gil e io abbiamo cercato di sfruttare al meglio questo anno, abbiamo fatto molte dirette live, alcune per raccogliere fondi per gli ospedali, sanitari e altre istituzioni, altre semplicemente per restare vicino ai fan e condividere musica. Abbiamo prodotto “Afterallogy” nel nostro studio che è a casa mia. È stato un piacere, a dire il vero, rimanere a casa. Mi sono goduta la pausa e la pace, il tempo con la mia famiglia, nella natura (sono fortunata a vivere proprio davanti al mare…). E ora voglio trovare un equilibrio migliore per la mia vita. immagino che tutti abbiamo questa sfida, personalmente e globalmente. Cosa ci rimarrà del Covid? Mi auguro più umanità, umiltà, solidarietà, cura dell’altro e del pianeta. Più serenità, più tempo con chi amiamo, più apprezzamento per quel che abbiamo. Non vedo l’ora di andare in tour questa estate in Italia. Sarà meraviglioso incontrarvi tutti di nuovo. Un grande ringraziamento per la traduzione ad Andrea Lenti e Lorenzo Vanni Immagini gentilmente fornite dall'Ufficio Stampa (Elisabetta Castiglioni)
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Marzo 2023
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