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4/12/2020

"Latlong" - Il terzo capitolo dei Campos

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di Enrico Esposito
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Piove. Scoppia un temporale fitto mentre due giorni fa parlo al telefono con Simone Bettin, cantante e chitarrista dei Campos. Uno scroscio d’acqua annunciato dal cielo coperto che aveva fatto capolino fin dalla mattinata. Simile alle scariche elettriche che producono le musiche e I testi del trio pisano. Sono passati solo tre anni dal loro disco d’esordio “Viva”, dal contorno berlinese e la scorza inglese, ma depositario di un sound affermatosi come distintivo attraverso il successo del secondo capitolo “Umani, vento e piante “di due anni fa, che ha segnato il passaggio all’italiano. Un’evoluzione che è proceduta di pari passo con il ritorno di Simone dalla capitale tedesca e lo sviluppo in pianta stabile del progetto insieme al musicista - produttore Davide Barbafiera e al bassista Tommaso Tanzini. Una piccola sfida, quella del passaggio di lingua, vinta e ora affrontata nel nuovissimo “Latlong”, album pubblicato il 27 novembre per Woordworm. Un album che rappresenta ancora una volta il rinnovamento della ricerca musicale all’insegna della caratteristica fusione, il gioco d'incastri organico tra le basi acustiche prodotte da Simone  e Tommaso , e le “incursioni” alla console di Davide. Sembra di scorgere nelle prime la voce e le riflessioni razionali o meno degli uomini, mentre le seconde intervengono a rievocare sia elementi immateriali che concreti del mondo che ci circonda. Da questo punto di vista “Latlong” si inserisce sullo stesso terreno battuto dal suo predecessore, ma deviando in un sentiero diverso, esibendo una prospettiva narrativa che mette da parte il distacco a favore di un coinvolgimento profondo ed emotivo. Chi parla adesso c’è dentro fino al collo.
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“Noi raccontiamo non in modo classico” afferma Simone riferendosi alla metamorfosi che la scrittura ha conosciuto. Le ispirazioni agli undici brani della tracklist erano arrivate anche dalla lettura e dall’ascolto di vicende di esploratori, vulcanologi, aereonauti del passato. Vite affascinanti che non si presentano trasposte direttamente, ma incontrano I pensieri della band, che le fa proprie, raccogliendo la scintilla e le fiammate per sottoporle alla sua idea. Dunque in “Latlong” non si susseguono memoriali o racconti, ma sensazioni, contrapposte all’interno della stessa traccia, strascicanti tra una traccia e l’altra. “Sonno”, opening del volume, mette fin da subito “le cose in chiaro”, ben supportato dal videoclip pubblicato il 30 ottobre: quante volte è successo di nascondersi nel sonno, di preferire ritirarsi tra ansie e dubbi invece di decidersi a tirare fuori, tornando alle emozioni più semplici e alla condivisione. “Ruggine”, traccia numero 4, porta avanti il discorso, mostrando attraverso la metafora di questo processo chimico, il passo successivo: il suo protagonista vuole risolvere I problemi da cui scappa in continuazione, e quindi di conseguenza aiutarsi a farlo. Ma non ne è capace, anzi chiede a un certo punto anche l’aiuto di un’altra persona, ma poi ci rinuncia e finisce per non fare esattamente niente. L’acqua continua ad alzarsi pericolosamente sotto di sé spinta da una corrente che risuona grazie agli effetti creati da Davide. Già l’acqua, presenza costante in “Latlong”, elemento naturale che assume un ruolo ben più al di là delle sue caratteristiche fisiche. Personaggio centrale, testimone dei differenti momenti descritti: in “Figlio del fiume” è un habitat fantasioso, “Blu” la vede invece partecipe della quiete regalata all’animo dalla visione dell’orizzonte. In “Addio”, sospinge una barca metaforica sopra la quale avviene un allontanamento dalle sicurezze alla volta di destinazioni ignote.
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Molteplici sono gli stati d’animo dell’uomo, come il desiderio di mollare (“Mano”) e di tenersi invece legati a un’ancora di salvezza necessaria (“Lume” e “Santa Cecilia”, Santa Patrona della Musica e nome di una strada vicinissima al quartier generale pisano dei Campos). “Latlong”, neologismo partorito dalla band unendo le coordinate di latitudine e longitudine, in principio aveva il compito di dare il titolo a una canzone. Ma nel corso del tempo si è rivelata invece la definizione giusta del concept generale dell’album: rappresentare le variabili di cui si compone il mondo, e dunque I suoi abitanti. C’è inoltre un’altra immagine celata nel tessuto dei brani: quella del musicista, con il suo carico di insicurezze e rischi, posto alla mercé dei giudizi nei confronti dei suoi lavori. Alla lavorazione sui testi (venuti fuori nell’ultimo anno e mezzo) ha contribuito per la prima volta nella storia dei Campos una figura esterna, ossia Giovanni Guerrieri, regista e attore pisano, amico di lunga data e fan dalle band. L’artwork del disco, disponibile in formato digitale, cd e vinile, è frutto del lavoro della performer berlinese MYMO. In attesa di assistere alla versione live. Quella più attesa.
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​Immagini fornite dall'ufficio stampa Big Time

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