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28/4/2017

Lauryn Hill e Kamasi Washington, l’anima fra sacralità e fragilità

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Un secondo annuncio per la ventesima edizione del Lucca Summer Festival pone ancora una volta la musica black sotto i riflettori del palco di Piazza Napoleone: l’otto luglio l’hip hop/soul di Lauryn Hill e il jazz di Kamasi Washington si incontreranno per dare vita ad uno show unico.
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di Carlo Cantisani
Dopo aver annunciato la coppia orgogliosamente al femminile di Erykah Badu e Mary J. Blidge, il Lucca Summer Festival si tinge ancora una volta delle note al nero della black music che ha fatto e che sta facendo la storia: l’otto luglio la voce di Lauryn Hill e il sax di Kamasi Washington riuniranno due generazioni di ascoltatori, quelli cresciuti durante il boom dell’hip hop anni ’90 e coloro che stanno (ri)vivendo la recente ondata jazzistica che ha investito la scena contemporanea.
Il Lucca Summer Festival, che quest’anno vede in cartellone altri artisti internazionali, dai Green Day a Ennio Morricone, dai Kasabian a Robbie Williams, si allinea a tanti altri festival che hanno deciso di dare visibilità ed una maggiore esposizione mediatica alla black music, oggi di nuovo sulla cresta dell’onda, per un pubblico magari ancora non completamente avvezzo a certe sonorità. Non stiamo parlando certamente di artisti di nicchia visto il numero di Grammy vinti e le posizioni ai primi vertici delle classifiche, ma per un pubblico generalista come potrebbe essere quello del festival lucchese potrebbe risultare una scoperta interessante, magari da approfondire, ascoltare insieme queste due coppie di artisti; senza contare poi che l’attenzione del pubblico verrebbe posta anche su Kamasi Washington, musicista prettamente jazz - fra l’altro di stampo free e maggiormente sperimentale – paragonato a numi tutelari come Charlie Parker e Coltrane.
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Un’artista come Lauryn Hill non avrebbe bisogno di presentazioni. Ma anche se la sua carriera artistica ha segnato indelebilmente il mondo della musica pop lungo tutto il decennio dei ’90, la sua figura rimane per certi aspetti un enigma, affascinante come il suo viso dolce e delicato, conturbante come la sua voce dai toni consolatori, lirici e soul, quasi perennemente sul punto di esplodere in un pianto liberatorio, incapace di nascondere la sua fragilità anche nei momenti più rabbiosi e rap. Queste caratteristiche hanno portato la cantante e musicista di origini haitiane al centro della scena hip hop e sotto i riflettori del music business, con i Fugees prima e successivamente da solista. Il suo percorso artistico si snoda attraverso poche pubblicazioni discografiche – essenzialmente quattro album – ma tanto basta per emergere come una delle migliori e carismatiche mc del mondo. Blunted On Reality del 1994, il primo album del trio insieme a Wycleaf Jean e Prakazrel “Praz” Michel, mette in mostra sin da subito le capacità vocali della Hill, all’epoca poco più che maggiorenne ma già capace di passare da un rappato fluido e serrato ad aperture melodiche prese in prestito dal soul e dal reggae, quest’ultimo da lei sempre molto amato grazie soprattutto alla figura di Bob Marley, per lei una vera e propria guida spirituale oltre che una significativa influenza musicale. E sarà questo sguardo pacifico, non violento e aggressivo, lontano dai soliti clichè dei rapper di strada in fissa con l’immaginario gangster che differenzierà Lauryn Hill e i Fugees dal resto delle crew hip hop del decennio, attirandosi inoltre le critiche dei puristi che accusavano il trio di flirtare troppo con il mondo dei bianchi e con il music business nel quale stavano piano piano riuscendo ad inserirsi. Critiche esplose due anni dopo con il multimilionario e pluripremiato The Score, disco che catapultò i Fugees al vertice delle classifiche e sulle prime pagine dei giornali. Un album che non ha inventato nulla e per niente rivoluzionario per l’hip hop e la black music in generale ma capace di fare quello che ogni buon disco vorrebbe: avere una sua identità nonostante le canzoni emergessero da un mix unico di soul, hip hop, reggae e r’n’b. La classe degli arrangiamenti e l’atmosfera generale del disco vanno perfettamente a braccetto con il flow del trio, con Lauryn Hill in testa che mette in mostra tutte le sue capacità di musicista e cantante ancor più che sul disco precedente. Il successo travolgerà il gruppo e soprattutto la cantante, la quale inizia a dare segni di insofferenza verso l’immagine pubblica che l’improvviso successo le ha cucito addosso. Dopo lo scioglimento dei Fugees ogni membro intraprenderà la sua strada solista, e il successo di The Score ritornerà a travolgere e a tormentare ancora la Hill dopo la pubblicazione del disco del 1998 The Miseducation Of Lauryn Hill, uno degli album più iconici degli anni ’90: un bignami di tutto ciò che la black music è riuscita a partorire nel corso della sua storia, dove l’hip hop fa da collante ai generi che da sempre hanno accompagnato la musicista haitiana in maniera più o meno evidente, dal soul al reggae, dalla disco al jazz. Se l’album ha conosciuto un successo così dirompente è proprio grazie alla personalità di Lauryn Hill, fragile ma nello stesso tempo forte, capace di esprimere nei suoi versi la sofferenza dell’essere afroamericani e l’orgoglio di essere donna. Una sensibilità idealmente più vicina a certo cantautorato degli anni ’60 che alla sfrontatezza del rock o dell’hip hop – e non a caso testimoniata nel disco dal vivo MTV Unplugged - e che la porterà a mantenere per scelta un basso profilo lontano dalle luci invadenti del mondo dello spettacolo, interrotta solo dalla breve reunion dei Fugees e da qualche ospitata su disco.

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La stessa sensibilità che permea la musica della Hill può essere riscontrata per certi versi anche in quella di Kamasi Washington, ed è per questo che vederli sullo stesso palco può essere un’esperienza unica e interessante. Washington è celebrato oggi da più parti come il miglior erede della tradizione jazzistica degli anni ’60 grazie al triplo disco d’esordio The Epic, ma il suo merito principale è quello di sapersi porre a cavallo dei molteplici mondi della black music, in primis quello del jazz e dell’hip hop. Lo testimoniano le sue numerose collaborazioni come anche i live infuocati che porta sul palco: chi crede di trovarsi di fronte un classico concerto jazz si dovrà ricredere immediatamente non appena i ritmi più sostenuti del funk, della disco e dell’hip hop sapranno ricreare un’atmosfera coinvolgente e allo stesso tempo corale. Coralità e sacralità, infatti, sono i due aspetti principali della sua musica che non vengono persi nel passaggio dal disco al live, ma anzi proprio in quest’ultima sede vengono ancor più amplificati. Truth, l’ultimo dei sei brani concepiti come movimenti del prossimo inedito ep intitolato Harmony of Difference, muove proprio dall’idea del sacro come sintesi delle differenze e delle molteplicità delle realtà umane: uno sguardo ampio e profondo, universale, possibile proprio grazie alla musica.

 
Immagini tratte da:
i.huffpost.com/
www.ocanerarock.com/

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