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29/11/2019

L'Ort intraprende il suo nuovo viaggio al Teatro Verdi di Pisa

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di Enrico Esposito
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Nel 2020 l'ORT spegnerà le sue prime quaranta candeline. Quattro decenni di un viaggio magnifico che per l'Orchestra regionale della Toscana fondata da Massimo De Bernart, Luciano Berio, Aldo Bennici e  Andrea Tacchi, primo violino nella storia dell'ensemble, scomparso tre anni orsono e ricordato lo scorso 29 settembre in un doppio appuntamento dal titolo "Caro Andrea..". Nel corso della sua lunga e stratificata storia, la formazione musicale fiorentina ha vissuto un'evoluzione continua e voluminosa, che l'ha portata dalla naturale esaltazione delle composizioni classiche e da camera a misurarsi con le costanti novità offerte dal panorama musicale attuale, con il risultato di addentrarsi nell'esplorazione della musica pop ad esempio. Tradizione secolare che incontra e si affianca ai ritmi di ultima generazione, devozione riconosciuta ai maestri italiani e stranieri, spazio ai nuovi talenti compositivi. Sono queste alcuni tratti caratterizzanti del modus operandi dell'ORT, della filosofia che l'ha condotta a brillare nel nostro Paese e su numerosi palcoscenici mondiali. Per il concerto di inaugurazione della Stagione 2019/2020 l'Orchestra ha scelto il Teatro Verdi di Pisa e la rassegna de "I Concerti della Normale", diretta da Carlo Boccadoro, affidando al Maestro Daniele Rustioni il timone di un'avventura notturna intensa e scintillante. 
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La serata dello scorso giovedì 24 ottobre, replicata il giorno successivo nella "casa" dell'ORT, ossia il Verdi di Firenze, è stata suddivisa in due parti ma ha raccolto al suo interno un impianto ancor più articolato e colorato perchè ha espresso la testimonianza di quattro narrazioni differenti tra loro, per certi versi lontanissime culturalmente. Daniele Rustioni, uno dei più affermati conductors attuali, ha diretto un ensemble di archi e fiati che ha superato i novanta elementi, aprendo il programma con la prima esecuzione in assoluto di "In cerchi concentrici", concerto per tromba e orchestra firmato dalla giovane e talentuosa compositrice romana Caterina di Cecca (1984). Appartenente alla sezione denominata "Classici di oggi", il lavoro è stato presentato avvalendosi della partecipazione della prima tromba dell'ORT da quasi trent'anni, Donato De Sena, musicista noto e molto apprezzato. 

Traendo il proprio titolo da una poesia omonima di Rainer Maria Rilke, la composizione si è presentata dinamica e profonda, sviluppandosi in un costante incontro tra la voce solista della tromba e la pluralità cromatica espressa dall'orchestra che inscenano la dialettica uno/tutti nelle sue molteplici sfumature. Il singolo che compie un suo percorso esplorativo, un viaggio personale intervallato con il dialogo con altre individualità e i loro mondi.  Un percorso incalzante e polifonico che trasmette sogni esemplari ma anche riflessioni amare, speranze rigorose.  De Sena regala una performance estrosa come da tradizione esaltando l'orchestra e la direzione di Rustioni.

La prima parte della serata prosegue andando a ritroso nel tempo, trasferendosi in terra tedesca. L'op.30 di Richard Strauss, la celeberrima Als sprach Zarathustra, aperta da un incipit entrato a far parte della storia del cinema grazie a Stanley Kubrick che la inserì all'interno della colonna sonora di "2001: Odissea nello spazio". Seppur la teoria elaborata da Friedrich Nietzsche sia fondamentale per la genesi della stessa opera, Strauss realizzò questo imponente poema sinfonico (lungo 34 minuti) con l'intento di tradurre in chiave musicale la figura rivoluzionaria del Superuomo ma anche le teorizzazioni scientifiche e religiose. Una lunga calvalcata pulsante di dolcissimi sussurri recati dell'arpa e oscure minacce disegnate dai contrabbassi.

Purtroppo arriva una cesura naturale, l'intervallo, che coincide con un brusco ritorno alla realtà sensibile, un risveglio inatteso ma propedeutico nel calarsi in una ulteriore avvincente esperienza. Dalla Germania di fine 800 si vola nella Russia pre - Rivoluzione. Siamo nel 1910 e un trentenne Ivan Stravinskij compie un passo decisivo nella sua esemplare carriera firmando la partitura di tre composizioni: "L'uccello di fuoco", "Petruska" (1911) e "La sagra della primavera" (1913). L'ORT sceglie per la sua Prima l'opera intermedia, la storia del burattino Petruska e del suo amore infelice per la Ballerina. Il racconto si innesta all'interno di un collage di temi brevi e variegati (organetto, fanfara, canzoncine francesi o russe) che si susseguono in una cadenza martellante dettata dai contrabbassi che fa pensare ad una marcia inesorabile. C'è poco spazio all'interno della narrazione per il romanticismo, per la bontà dei sentimenti espressa in forma limitata dal solo burattino e sovrastata dal baillame del lunapark che contagia l'andamento dei fiati, delle percussioni, del piano. Stravinskij fu convinto a firmare la partitura di "Petruska" da un esperto del settore di grande rilievo all'epoca, Sergei Diaghilev, impresario e fondatore de "I Balletti Russi", compagnia di danza tra le più prestigiose nei primi decenni del 1900.

"I Balletti Russi" avevano inizialmente posto la loro sede a Parigi (salvo poi trasferirsi a Montecarlo), riscuotendo un enorme apprezzamento di critica e pubblico alla quale contribuì anche "La Valse", poema sinfonico di Maurice Ravel. Su commissione del già citato Diaghilev, il maestro transalpino dedicò la sua composizione alla memoria di Johann Strauss e ai suoi valzer, ridisegnandone i rimi briosi e altisonanti verso direzioni inesplorate, asserenti ad atmosfere calde e soffuse, oscure e minacciose. 
Immagini tratte da: foto di Annalisa D'amico

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