di Alice Marrani Buio. Una luce illumina Alessandro Mannarino, solo al centro del palco. Roma, in penombra, chitarra e voce, diventa un’altra suggestiva Marylou. Piano piano compare la band dietro di lui in un insieme di ombre velate, i suoni si sommano uno dopo l’altro fino ad avvolgere la bandiera che sventola alta sul palco sopra Apriti Cielo. Così inizia il concerto del cantautore romano a Firenze lo scorso cinque maggio, una delle ultime tappe del tour “L’impero crollerà”. In realtà è già la terza sul palco del Teatro Verdi, dopo il doppio sold out del 26 e 27 marzo. Il pubblico segue lo snocciolarsi della scaletta per le due ore del concerto. Unione calibrata fra il nuovo e il vecchio, fra il riflessivo e l’energico, fra il teatrale e il musicale, fra il semplice e il complesso. Dall’ultimo “Apriti Cielo” a “Il Bar della rabbia”, un pezzo di tutta la storia artistica di Mannarino entra sul palco e si fonde perfettamente in un unico mondo, in un unico percorso artistico e umano fatto di quasi dieci anni di evoluzione e crescita che inevitabilmente si sentono nel suo ultimo disco in studio. Da Babalù a Al monte, da Il carcerato a L’impero crollerà, da L’arca di Noè a una finale Me so’ mbriacato diventata immancabilmente corale. Apparentemente semplici soggetti, complessi i contesti. Se “impero” può avere tante accezioni e tante sfumature qui sono tutte presenti. Sono vivi i confini, di qualsiasi tipo, quelli che chiudono, quelli da attraversare e quelli da far crollare. Soprattutto sono vive le voci di cosa e di chi contengono. Quelle che canta Mannarino sono storie senza tempo di uomini e donne semplici, a volte intrise di una non celata malinconia; hanno il sapore di un’ingiustizia sociale, di culture diverse, di donne e carcerati, di viaggi e di amore. Sono racconti imbevuti di realtà con i quali Alessandro riesce ad arrivare, nelle tematiche che affronta, in un piano emotivamente più profondo di quello che superficialmente appare. La sua voce racconta con una nota confidenziale, a volte sommessa, a volte parlata. Il pubblico seduto segue con attenzione e in alcuni momenti non riesce a rimanere al suo posto, si alza, balla, canta. Poche parole, tutta musica. L’intenzione, con questo nuovo tour, era quella di creare un’atmosfera intima, inedita, sperimentale e credo che Mannarino abbia raggiunto gli obiettivi prefissati. Si prende il tempo solo alla fine per ringraziare il pubblico e il modo nel quale ha accolto questo inedito modo di essere. Spiega questo suo “manifesto del cambiamento”, un modo di pensare non troppo razionale che il mondo occidentale ha troppo spesso dimenticato, uno spogliarsi di tutto (anche dell’immancabile cappello) per provare a dare al pubblico una cosa diversa, una visione diversa di sé stesso e della sua musica. Lo svelarsi sul palco di un teatro non deve essere stata una scelta così semplice ma, a tour ormai concluso (l’ultima data è stata quella di Bologna dell’8 maggio), possiamo dire che se questo voleva essere un esperimento è sicuramente riuscito. Facendo un bilancio degli ultimi anni, può sicuramente considerarsi soddisfatto. Se vogliamo considerare l’ultima parte della sua carriera, dall’uscita del disco “Apriti Cielo” per continuare con il successo del tour che ha portato all’uscita di “Apriti Cielo Live” e adesso di questo “L’impero crollerà” si può dire ormai certa una forte ascesa di consenso e di pubblico. Si riconferma, un artista in evoluzione che continua a crescere e a mettersi in gioco. Nel frattempo, si avvicina il Gran finale all’Ippodromo delle Capannelle di Roma, il prossimo 25 luglio. Un grande concerto per salutare un periodo di grande successo, prima di sparire per un po’ in cerca di nuove storie da raccontare.
Immagini tratte da: https://www.facebook.com/officialMannarino/
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Aprile 2023
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