Di Enrico Esposito L'apertura è di quelle lecite, dopo il preview targato Acid Brains. In perfetto stile rock di sentenze strette e rigorose. Un fascio evocativo che percorre il proscenio dalla chitarra di Carlo Veneziani, e la voce di Pierpaolo Capofila si prende il tempo migliore per elencare il primo nome: “George Washington” . Il primo Presidente della storia degli Stati Uniti, che ricade pronunciato sottoforma di macigno, seguito dai suoi 43 successori. Eccetto l'ultimo. Non sappiamo perché l’attuale Capo di Stato a stelle e strisce non figuri a completamento della lista che costituisce “The American Dream”, brano che assieme ad altri dieci assembla l'architettura di “You don't exist” (La Tempesta Dischi/ Goodfellas), l'album che ha segnato il ritorno sulle scene degli One Dimensional Man. Una band pionieristica nel panorama indie e rock italiano, un pezzo di storia di oltre vent'anni fa che sorgeva e si cementificava grazie alla franchezza dei testi e alla pioggia di adrenalina scatenata dai suoi musicisti. Tre come il basso suonato dal cantante e songwriter Pierpaolo Capofila, la chitarra che da Massimo Sartor è stata ereditata da Giulio Favero prima e Carlo Veneziani poi, e la batteria che da Dario Perissutti è poi passata a Luca Bottiglieri e Francesco “Franz” Valente. Una triade che dal 1995 ad oggi ha conosciuto di tutto. La gavetta a partire dal primo disco omonimo inciso nel 1997 con la Wide Records di Pisa, exploit dell’'album “You kill me” del 2001, gli oltre otto anni di live dentro e fuori dall'Italia, la decisione nel 2005 di Capofila e Valente di impegnarsi in un nuovo progetto, ancora rock, e dal nome evidentemente imbevuto di una connotazione socio-culturale essenziale, ma reso in lingua italiana (e non in inglese come per gli One Dimensional. Nasce così l'era de Il Teatro degli Orrori, e la messa in moto di un'intensissima attività performativa per Capofila, che celebra il suo estro fervido non soltanto attraverso il Teatro degli Orrori, ma anche percorrendo la penisola con cicli di letture di opere di straordinari uomini d'intelletto e di lotta come Pier Paolo Pasolini, Wladimir Majakovskij e Antonin Artaud. Per gli One Dimensional dunque un lungo periodo Finlandia dal 2004 sino al 2011, anno in cui la band pubblica il suo quinto album “A Better Man”, seguito da un'altra fase di stand-by, che si conclude sul finire del 2016 quando Veneziano e Valente riconducono il loro leader sulla “strada maestra” e scrivono così un capitolo nuovo dell'epopea One Dimensional. Dopo aver affrontato un 2017 di allenamento dal vivo, riassaggiando il contatto caldo col pubblico dei clubs e servendo alcune anticipazioni inedite vedi “No Friends” e “Free Sprechi”, a febbraio l'attesa è terminata con l'uscita di “You don't exist”, un manufatto sporco e loquace, che raschia con un diavolo per capello il fondo del caos interiore attuale scagliandosi in un rombante attrito di post-hardcore e punk. Che noi abbiamo avuto la fortuna di vederlo in gran spolvero al Lumière di Pisa il 22 Marzo scorso. Come detto in apertura, il concerto è stato battezzato dalla traccia più particolare del lotto intero. La meno chiacchierata e sopraffatta dal tornado di confessioni umorali e filosofiche che Pierpaolo Capovilla inietta all'inizio di ogni canzone per coinvolgere i suoi ascoltatori al centro della guerra, che poi è la guerra della vita che tutti stiamo vivendo tra le viscere e stipati nelle strade. Pur tuttavia anche “The American Dream” possiede un sapore incendiario, in maniera crescente bombarda i timpani e popola la mente di immagini molteplici e inquiete, sotto i martellamenti ossessivi della batteria di Franz Valente, una drum-machine umana fuori dalla logica. Nonostante gli anni di separazione l'intesa tra i tre rockers ci appare straordinariamente ben congegnsta da un punto di vista sonoro e interpretativo. Capovilla il capopolo che maneggia la parola con cura nelle liriche scritte di suo pugno e gli scambi di opinioni desiderati con il pubblico e non vede l'ora di condividere le sue opinioni sul mondo, sugli squilibri e le illuminazioni della psiche, e anche il sorso di una buona birra, l'assuefazione al rock e l'abbandono al pogo. Veneziano che si staglia nella sua chioma longilinea, posato e ficcante, Valente nelle vesti di un cyborg inesauribile che rulla che è un piacere. Corre velocissima l'ora e mezzo bucata di live che il trio dedica all'esaltazione della tracklist di “You Don't Exist”, patrocinata dai Saccharine Trust (band post-hardcore californiana degli anni '80 per la cover di “We Don't Need Freedom”, e ad alcuni necessari flashbacks, che rispolverano pezzi di metallo dall'alto tasso di violenza e acume che si chiamano “You kill me” e “Tell Me Marie”. I cicli dell'età e le fatiche accumulate diventano linfa potenziata per uno spettacolo impetuoso, che si affanna in cunicoli avvelenati dall'egoismo, dalla mancanza di fiducia, dall’accensione del prodotto umano. Se gli eccessi forniscono una fuga eccitante dallo squallore tangibile, a contare all’esponente sono la riflessione, la coscienza dello status delle cose e la volontà di agire per continuare a sperare seppure in un'utopia perenne. Immagini tratte da immagini dell'autore eccetto l'immagine 1 da Facebook di Lumière
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Marzo 2023
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