“The Hateful Eight” rilancia Morricone verso i suoi vecchi mondi sonori che l’hanno reso grande per tutto un certo tipo di cinema.
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Per l'88esima edizione dei premi Oscar tenutasi a Los Angeles sono stati cinque i candidati per la categoria di miglior colonna sonora originale: Morricone con “The Hateful Eight”, John Williams con il settimo episodio della saga di Star Wars, Carter Burwell con “Carol”, Jóhann Jóhannsson per “Sicario” e Thomas Neuman con l’ultima fatica di Spielberg, “Il ponte delle spie”.
Forse quella doppia cifra, ottantotto, poteva essere già un piccolo presagio: Morricone l’ha spuntata sugli altri quattro compositori ed è riuscito finalmente a coronare la sua lunghissima e prolifica carriera con l’Oscar, dopo che per svariati anni gli è stato soffiato praticamente da sotto il naso, anche da colonne sonore non all'altezza delle sue. Dopo il premio alla carriera, l’Academy si è quindi finalmente ricordata di Ennio Morricone, grazie anche ad un cineasta americano, Tarantino, che invece non si è mai dimenticato di lui e di tutto il cinema italiano. Ottantasette anni, più di cinquecento lavori fra colonne sonore, sigle e canzoni all'attivo, riconosciuto universalmente come uno dei (se non proprio il) più importanti rivoluzionari della musica da film: tutto ciò non ha comunque impedito a Morricone di commuoversi profondamente di fronte a tutta la platea del Dolby Theatre, ringraziando soltanto sua moglie Maria e il collega John Williams. Le sue parole così come la sua stessa figura sono state di una semplicità disarmante, stridendo a tratti con la pomposità dello spettacolo messo in scena dall'Academy, dimostrando, come se ce ne fosse ancora bisogno, quanto la musica e solo quella sia per Morricone fondamentale, vitale, assoluta. Perché sostanzialmente solo un compositore completamente dedito all'arte può riuscire a partorire un lavoro di così alto profilo com'è quello per “The Hateful Eight” in così poco tempo, ovvero circa cinque mesi dall'uscita nelle sale americane della pellicola, lavorando nel frattempo anche con due altri colossi come Tornatore e Malick. ![]()
Si è detto che Morricone fosse tornato al western dopo più di trent'anni, precisamente da “Occhio alla penna” del 1981: più che a questo genere che l’ha reso celebre, in realtà è “ritornato” a sonorità tese e dalle atmosfere sospese, cariche di tensione e pronte a esplodere da un momento all'altro. Come ormai la maggior parte del pubblico ha capito, l’ottavo film di Tarantino usa il western per mettere in scena un giallo da camera alla Agatha Christie in pieno stile “Dieci piccoli indiani”, senza neanche dimenticare un retrogusto al sangue da film horror alla “Carrie – lo sguardo di Satana” e “L’Esorcista” nel finale: la musica orchestrata da Morricone si muove proprio su questi molteplici binari, giocando con i generi che lui stesso ha contribuito a creare e tenendoli in perfetto equilibrio fra loro. Così come il film potrebbe essere diviso idealmente in due parti, una più teatrale finalizzata all’accumulo della tensione e l’altra al rilascio e all’esplosione violenta della stessa, anche la colonna sonora potrebbe essere riassunta in due brani cardine, la meravigliosa ”Overture” (presente solo nella versione integrale del film in 70mm) e “L’ultima diligenza di Red Rock”. Il primo brano è il corrispettivo musicale della prima parte: gli archi sembrano disegnare una tela invisibile, preparano il terreno per la misteriosa vicenda e calano da subito l’ascoltatore nell’atmosfera della pellicola mentre il secondo, grazie al suo tono quasi da thriller alla “Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto”, incendia lentamente l’aria fino alla finale esplosione sanguinaria, un folle declino verso un’inaspettata verità; sublime l’uso che Tarantino fa di questo brano sin dai titoli di testa, con un lungo piano sequenza su un Cristo di legno innevato, e dove musica e immagini riescono ad andare perfettamente insieme in un continuo crescendo. La colonna sonora contiene anche altri momenti memorabili come “Neve”, il pezzo più lungo da dodici minuti che riprende il tema dell’”Overture” rendendolo ancora di più ampio respiro, e “L’inferno bianco”, probabilmente il brano dal tono più “mistery” della colonna sonora. Della partita sono anche due brani non originali, “Apple Blossom” dei The White Stripes e “Now You’re All Alone” di David Hess, anche attore in “L’ultima casa a sinistra” di Wes Craven da dove il brano è stato tratto. Ancora una volta Morricone è riuscito nel duplice intento di dare spessore alle immagini e di rendere fruibile la musica anche indipendentemente da esse, donandole vita autonoma come solo le più grandi colonne sonore possono fare. E’ spaventosamente abissale la differenza che corre fra l’utilizzo della musica fatto da Tarantino nei suoi lavori precedenti e in quest’ultima sua opera, rendendo del tutto comprensibili le aspre critiche mosse in passato da Morricone nei confronti del regista. L’esperimento in “The Hateful Eight” ha funzionato egregiamente: non resta che attendere i già confermati progetti futuri del binomio Morricone-Tarantino.
Immagini tratte da:
Ennio Morricone, oubliettemagazine.com Copertina del disco, Wikipedia, lingua inglese, voce "The Hateful Eight (soundtrack)"
4 Commenti
Francesca
11/3/2016 14:36:34
Gran bell'articolo!! Un giusto omaggio al mitico Ennio Morricone.
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Carlo
11/3/2016 17:33:57
Grazie Francesca per averlo letto. Seguici se possono interessarti gli altri quattro articoli sulle colonne sonore degli Oscar di quest'anno. :)
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floris
11/3/2016 23:37:00
Complimenti Carlo☺
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Carlo
17/3/2016 17:59:10
Thanks ;) Lascia una Risposta. |
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