Una carriera piena di titoli di successo che l’hanno imposto come uno dei più affermati compositori di musica da film hollywoodiani, senza però mai riuscire a vincere un Oscar: Thomas Newman, americano classe 1955, ha ricevuto la sua tredicesima candidatura durante l’ultima celebrazione dell’Academy per il film diretto da Spielberg e scritto dai fratelli Coen Il Ponte delle Spie.![]()
Se tutti quanti eravamo rimasti stupiti nel corso degli ultimi di anni di come Leonardo DiCaprio non fosse riuscito a vincere l’Oscar come miglior attore protagonista per una delle sue tante convincenti performance, cosa bisognerebbe allora pensare del destino beffardo di Thomas Newman? Nel corso della sua lunga carriera, iniziata col botto già a partire dal 1983 quando John Williams lo invitò ad orchestrare alcune sue partiture per il terzo film di Star Wars Il Ritorno dello Jedi, il compositore americano ha visto costantemente soffiarsi sotto il naso l’Oscar per la migliore colonna sonora originale. Non che Newman sia sempre rimasto a bocca asciutta: ai riconoscimenti mancati dell’Academy si affiancano invece un Emmy, due premi BAFTA e ben sei Grammy di cui uno vinto con il pezzo Down To Earth scritto insieme a Peter Gabriel per Wall-E.
Nonostante ciò è interessante notare come un artista della sua caratura, perfettamente inserito all’interno del contesto hollywoodiano e membro, come se non bastasse, di una famiglia di compositori per musiche da film (insieme a David e Maria, compositori entrambi, è figlio di Alfred Newman, uno dei più grandi creatori di colonne sonore del periodo d’oro di Hollywood), non sia riuscito a vincere un Oscar, a causa delle strane ed imperscrutabili logiche che regolano l’Academy. Eppure la musica di Thomas Newman è quanto di più hollywoodiano il cinema di massa possa richiedere: da Piccole Donne a Vi presento Joe Black, da American Beauty, Il Miglio Verde e Alla ricerca di Nemo, passando per lo 007 di Skyfall, Newman ha musicato alcuni dei prodotti cinematografici più di successo usciti dagli studios americani, quei prodotti che nonostante fossero dotati di un basso livello artistico per originalità e ricerca hanno saputo unire cura estetica e gusto della narrazione. È anche questo il caso del suo ultimo lavoro per Il Ponte delle Spie, film che segna l’esordio della collaborazione fra Newman e Spielberg il quale, per la prima volta dai tempi di Il Colore Viola del 1985, si è dovuto avvalere di un compositore che non fosse il fidato John Williams (impegnato come sappiamo con l’ultimo Star Wars e debilitato anche da alcuni problemi di salute non gravi). Nel lavoro scritto, arrangiato e diretto da Newman riecheggia l’influenza del compositore che ha reso grande Star Wars ma con delle differenze sostanziali che pongono i due artisti su piani differenti: se le musiche di Williams riescono ad acquisire una propria identità indipendentemente anche dalle immagini delle pellicole, quelle di Thomas Newman falliscono in questo aspetto per buona parte della sua durata. Il discorso cambia se la colonna sonora viene posta all’interno del contesto del film: lì acquista la sua forza, riuscendo a donare anche una buona profondità agli ambienti, ai dialoghi e ai volti dei personaggi. In particolare, i toni ora tesi dati dall’orchestra, ora invece più misteriosi delle piccole melodie del piano nel tema principale, si accordano molto bene con la fotografia del film, fredda e “sporca” quanto basta per dare un tocco vintage all’intera pellicola. Presa come musica a sé stante, la colonna sonora non presenta momenti di rilievo compositivi o che possa donare particolari guizzi emotivi; sembra quasi che le note scorrano sull’ascoltare come acqua, o come la neve della Germania Est dove è ambientata la vicenda: come quest’ultima si scioglie subito al sole così una volta finita la musica non rimane che un senso di indifferenza. L’unico momento musicale che smuove la situazione è il quartetto composto dalle brevi Private Citizen, The Impatient Plan, West Berlin e Friedrichstraße Station: più degli intermezzi che dei veri e propri pezzi, in pochi minuti riescono a sintetizzare l’atmosfera del film, a differenza delle altre composizioni che invece rimangono troppo chiuse su sé stesse e su una musicalità che punta tutta sulla limpidezza del suono dell’orchestra. Ma questo non basta assolutamente e anzi rischia di far appiattire il tutto su una mediocrità e banalità che un compositore sicuramente dotato come Thomas Newman potrebbe tranquillamente evitare se lo volesse. La sua musica rimane legata troppo alla pellicola, il che non è assolutamente un male, ma questo giustifica il fatto che anche nella scorsa edizione degli Oscar il premio gli sia sfuggito di mano: di fronte alla musica di The Hateful Eight, come anche a quella degli altri candidati, quella del Il Ponte delle Spie non regge il confronto. Provaci ancora Thomas.
Immagini tratte da:
cover, da www.discogs.com Thomas Newman, da Wikipedia, Simon Fernandez, CC BY 2.0
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Aprile 2023
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