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Negli ultimi sette/otto anni la scena stoner rock/doom italiana ha conosciuto una crescita notevole e progressiva grazie a inedite formazioni che, a ogni nuova uscita, sono andate a comporre un panorama sempre più deciso a farsi largo nella scena internazionale. Nonostante siano a volte ancora troppo debitori, probabilmente, dei gruppi provenienti da altri paesi (Stati Uniti in primis), è comunque importante sottolineare come queste bands riescano ad animare e a tenere viva oggi quell’area musicale di ascendenza rock e metal dell’underground. Non è un caso, quindi, che glorie del passato che hanno segnato alcune delle pagine più interessanti della musica più pesante e psichedelica, come ad esempio Sleep e Iron Monkey, decidano di ritornare in campo, sospinti proprio dal recente interesse generale che ruota tuttora intorno a questi generi che erano roba per pochi durante gli anni ’90 (e che qualche orecchio più attento poteva notare fra le pieghe di gente più famosa come Soundgarden ed Alice in Chains, ad esempio) e che oggi stanno ritrovando una seconda giovinezza ed una maggiore diffusione.
Chitarroni fuzz, bassi profondi e batteria che pesta come una dannata, quindi, per una formula tanto semplice ed efficace da ricollegarsi al rock psichedelico e ruvido dei sixties, ma che nello stesso tempo, per potersi evolvere e trasformare, richiede la giusta attitudine e dedizione per controllare a dovere la base primaria da cui lo stoner e lo stoner doom traggono la loro bellezza, ovvero il suono. I Glowing Bloom, giovane quartetto pisano nato nel febbraio dello scorso anno, riescono a tenere insieme tutte queste caratteristiche e lo dimostrano egregiamente nella loro prima prova discografica, l’EP di debutto Beyond 13. Quattro pezzi interamente strumentali che oscillano dai tre ai cinque minuti bastano e avanzano al gruppo per mettere in mostra tutte le loro attuali capacità di songwriting e di arrangiamento, andando a pescare a piene mani principalmente dallo stoner di scuola Yawning Man, Clutch, e Karma To Burn ed assecondando il tutto con innesti dal sapore post-metal che danno un tocco più pesante ed interessante all’intera proposta. È proprio il trio statunitense capitanato da William Mecum che viene in mente all’improvviso quando partono le prime note di Uno che, dopo una breve introduzione di chitarra pulita, mostra i muscoli con un riff massiccio, semplice ed estremamente trascinante. Il suono delle chitarre è profondo, andando a scavare con le vibrazioni all’interno dell’orecchio dell’ascoltatore che non potrà fare a meno di lasciarsi trasportare dal groove; la sezione ritmica, con il basso ad amalgamare il tutto, è quadrata e trascinante al punto giusto. Un ottimo biglietto da visita che in sede live saprà sicuramente farsi valere ancora di più che su disco. L’aspetto interessante dei Glowing Bloom è che, quando si pensa di sapere dove stiano andando a parare, ecco che riescono a cambiare strada, inserendo un elemento nuovo che dona una diversa sfaccettatura alla loro tavolozza sonora. Ecco allora che Sun Run presenta dei riff accompagnati da delle aperture melodiche alla Pelican che distendono l’atmosfera generale, facendo respirare il brano e permettendo di inserire anche sprazzi di riffing post-rock sul finale. Un ottimo brano che, grazie al contrasto con la pesantezza del pezzo precedente, riesce a creare una buona alternanza di situazioni sonore invogliando ancora di più nell’ascolto per scoprire cosa riservano gli ultimi due brani. 7/8 tenta un riuscito mix dei brani precedenti, partendo con un giro di chitarra duro e diretto, col basso in prima linea a macinare nota su nota, per poi tessere trame dalle atmosfere più oscure, quasi alla A Storm Of Light. L’impressione è che tecnicamente sia il brano più vario di tutto l’EP con continue variazioni di riff e stacchi, dissolvendosi in un finale in pulito dal sapore onirico e disteso. Infine, il fuzz che imbeve le corde delle chitarre e un groove rovente e desertico direttamente da Palm Desert conducono alla kyussiana Sitting Man, classica nell’impostazione ma che negli ultimi minuti diventa particolarmente coinvolgente grazie al dialogo fra le chitarre e al trasporto che gli strumenti trasmettono quanto più si appropinquano al finale. Alla fine dell’ascolto di Beyond 13 si rimane piacevolmente colpiti e soddisfatti, e complice la scorrevolezza dei pezzi non ci si rende quasi conto di quando si giunge al termine dell’EP. I Growing Bloom hanno trovato la loro dimensione nelle opportunità che l’assenza della voce può offrire, soprattutto in termini di atmosfera e capacità narrativa della musica stessa, con brani dinamici e abbastanza vari e che fra l’altro, aspetto questo per niente secondario, hanno il pregio di condensare in pochi minuti idee variegate che rimandano alle influenze più disparate. Merito di una notevole maturità di scrittura e di esecuzione che, a dispetto della recente formazione del gruppo, si percepisce lungo tutte le canzoni e che permetterà alla band di poter sviluppare ancora di più in futuro un proprio stile che li contraddistingua da altri gruppi simili. Beyond 13 ha egregiamente gettato le basi per la crescita dei Growing Bloom, sta a loro adesso continuare a spaccare sempre di più in nome del fuzz. Growing Bloom – Beyond 13 (autoprodotto)
Growing Bloom pages: https://growingbloom.bandcamp.com/releases https://www.facebook.com/growingbloom.band/ Immagine tratta da: www.facebook.com/growingbloom.band/photos/
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Aprile 2023
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