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10/6/2016

Niccolò Fabi - Una somma di piccole cose

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Lo scorso 22 Aprile è uscito l'ottavo album del cantautore romano, che all'alba dei cinquant'anni ha realizzato un'opera intimistica e civile nel suo senso più compiuto.
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di Enrico Esposito





Album : Una somma di piccole cose
Artista : Niccolò Fabi
Genere : Folk, Pop, Musica d'Autore
Casa Discografica : Universal
Data di uscita : 22 Aprile 2016




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Sinfonia di musica e parole. Se penso a questo disco mi viene in mente quest'insieme di concetti. E penso che negli ultimi sei giorni in cui ho iniziato ad ascoltarlo dopo aver letto tante buone opinioni non c'è stato uno solo di questi giorni in cui non abbia avvertito il bisogno di fermarmi a riaccendere "Play". In maniera inconscia, meccanica, panteistica. Non me lo dicevano nè il cervello nè il cuore. Ma i sensi stessi, il gusto della buona musica, per la quale ho tanto spesso voluto che le nove tracce di "Una somma di piccole cose" fossero in realtà diciotto, e che non una ma due, tre ore venissero riempite dall'ascolto di un'opera d'autore attraverso la quale Niccolò Fabi riesce davvero a trasmettere il desiderio di voler esprimere un mondo custodito da tempo dentro di sè in questa precisa fase della sua carriera. E non sembrerebbe cosa facile dopo il successo de "Il padrone della festa" e relativo tour in triumvirato con Max Gazzè e Daniele Silvestri. Ma come lo stesso Fabi ha dichiarato, tale esperienza comune non ha fatto altro che amplificare tre caratteristiche distinte e distintive incorporate dai tre: la vena goliardica e teatrale di Gazzè, il ruolo di osservatore delle dinamiche generali del mondo ricoperto da Silvestri e infine l'approfondimento emotivo in cui il quasi cinquantenne Niccolò ritrova il suo valore artistico più profondo.
Così, dopo i fasti delle grandi piazze e kermesse in lungo e largo per lo Stivale, il cantautore che si presentò in scena nelle prime occasioni dedicando un'elogio ai suoi capelli ha deciso di compiere un autentico viaggio di vita, fisico e spirituale, che tradizionalmente appartiene alla cultura statunitense della wilderness, ossia del rifugio dell'essere umano nel cuore solitario e incontaminato della Natura. Una scelta decisa, un'esperienza ex-novo che per primo raccontò nel 1854 nel suo diario "Walden" lo scrittore Henry David Thoreau, cui seguirono in tinte differenti Jack London, il poeta agreste della Beat Generation Gary Snyder, Christopher McCandless aka Alexander Supertramp de "Into the Wild". E nella musica recentemente Justin Vernon, cantante della band Bon Iver che nel 2007 registrò in totale solitudine nell'arco di tre mesi all'interno di una baita tra le montagne del Wisconsin l'album "For Emma, Forever Ago".
Inevitabile il confronto di tale precedente storico con la decisione presa da Niccolò Fabi di ritirarsi per circa sessanta giorni in una casa in campagna situata nella cava vulcanica di Baccano, poco fuori lo stress e i clamori della Capitale. E proprio Fabi nel corso delle interviste ha apertamente riconosciuto di essere partito da una lezione proveniente dal mondo anglosassone, rintracciabile in Bon Iver come nell'americano Surfjan Stevens, nel britannico Ben Howard e l'irlandese Damien Rice, ma anche in numerosi altri artisti appartenenti ad altre geografie (i norvegesi Kings of Convenience e lo svedese The Tallest Man on Earth). Camicie a quadroni come se non ci fosse un domani certo, nella ricerca di un folk naturalistico che il cantautore nostrano ottiene in eccezionale delicatezza e soprattutto è abile a rendere "italiano" incrociandolo con una puntuale osservazione della perdita degli equilibri all'interno della dimensione cittadina e sociale.

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Il giorno di uscita dell'ottavo disco della sua carriera, egli scrive sui social network " 22 Aprile. Un disco, una finestra, uno specchio, un nodo, un balsamo... Una somma di piccole cose". Piccole cose, piccoli oggetti, semplici, leggeri da riconsiderare. Leggeri e recuperati secondo una pacatezza contagiosa che fluisce da una voce che acrobaticamente è in grado di sollevarsi per pochi secondi (nella parte iniziale di "Una mano sugli occhi" e all'inverso nel finale di "Filosofia Agricola" ad esempio) pur rimanendo fusa in armonia con le musiche ricercate, raffinate e affinate esclusivamente da Fabi. Musiche complessivamente distese su chitarre, piano e percussioni tra i quali intervengono respiri e versi prodotti dalla natura e i suoi abitanti e danno dalle prime fresche strimpellate della traccia n.1, "Una somma di piccole cose" per l'appunto, (che riportano a "Misread" dei Kings of Convenience) l'impressione di essere diretta espressione del pensiero di un'unica persona. Come se i suoi cromosomi si siano concretizzati nei suoni dalle cui pieghe spuntano come un'emanazione le parole. Una dimensione allora di estatica ed intima fisicità che si allarga al ragionamento e alla lingua e porta l'uomo Fabi ad incastrare in un puzzle volutamente composto da tasselli che si susseguono senza incastrarsi, fotogrammi di azioni e casi offerti dalle storie della vita.
La vita del cantante Niccolò e dei suoi simili, che raccolgono questi frammenti per poter continuare ad andare avanti, seppur nella delusione vissuta tanto in campo civile ("un voto non dato, ogni voto buttato") che privato ("scelte sbagliate che ho capito col tempo"). Piccole cose che insieme compongono una forza esistente, alternativa, di cui rendersi conto con attenzione rispetto alla speranza dell'arrivo di un'asteroide che arrivi a riscrivere tutto. Una premessa generale di speranza e matura saggezza dalla quale necessariamente partire per poter in seguito dedicarsi ad otto racconti popolati da sfumature del sentimento molteplici. eeeh
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Storie del singolo e della collettività che corrono dal letto del proprio figliolo cui si rimboccano le coperte ai marciapiedi della città caduta invasi dalla tristezza della perdita dei valori alla simbiosi pressochè totale con MadreNatura e le sue atmosfere. Parlavamo in apertura di una commistione continua all'interno dei pensieri di Niccolò tra personale e civile, secondo la quale la critica rivolta alle ipocrisie e ai malfunzionamenti della società servendosi di dettagli importanti ed efficaci in "Ha perso la citta" ("Hanno vinto le puttane lungo i viali, ...le tangenziali alle otto del mattino, i ristoranti giapponesi che poi sono cinesi..") si eleva sotto i cori collettivi di "Non vale più" al livello più alto della fine di un sogno generale di vita, della caduta della sensibilità da parte degli uomini diretti traditori dell'amore vero come di altri valori, e di conseguenza responsabili della crisi degli strumenti mondo creato da loro. Le accuse rivolte da Fabi non appartengono al ruolo di un ideologo o di un portavoce della politica, bensì di un libero pensatore, che osserva e registra la crisi con la calma di ci si è reso conto della realtà e sa che nonostante tutto bisogna cercare di sopravvivere a piccoli passi, nella somma delle piccole cose, ritornando prima o poi alla giungla cittadina dalla quale ci si può assentare ma non per sempre.
Dalla sua esperienza di riitiro in campagna egli ricava linfa pura dalla pace e dalle non interferenze, e consente ai pensieri di fluire in modo netto e chiaro e comprendere nel brano manifesto "Filosofia agricola" la nostalgia della solfa metropolitana e l'incertezza nel lasciarsi andare ad una rivisitazione totale della condizione di essere vivente a dispetto delle paranoie spesso inutili costruite dalla mente. Mettere da parte la testa, affidarsi all'ascolto di se stessi seguendo i sensi al pari di un animale ("se io potessi scegliere mi addormenterei d'inverno"), e poter arrivare ad un distacco da terra in uno status spirituale in "Vince ci molla" che ricorda per molti versi la parabola finale compiuta da Tiziano Terzani ("Lascio andare la fune che mi unisce alla riva.. lascio andare i diplomi appesi in salotto, quella casa nella foresta ...distendo le vene e apro piano le mani, cerco di non trattenere più nulla").
Estasi dei sensi di cui beneficiano i rapporti più profondi e rilevanti, dall'amicizia di "Le cose non vanno bene", all'inteso confronto tra legame padre - figlio di "Facciamo finta" e all'amore che in "Una mano sugli occhi riceve una lettura lenta e sapiente. Si percepisce l'invocazione ad una compagna di vita amata e vicina da tempo esemplare, a fianco della quale non cessa di fermarsi un viaggio comune trascorso attraverso godurie immense e crolli truculenti, silenzi assordanti e una quiete vincente da non smarrire.

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 Immagini tratte da:

- Cover album da www.radioitalia.it
- Post facebook da www.zon.it
- Niccolò Fabi da www.sorrisi.com
- Tracklist da www.blogdimusica.it
- Tour da www.optimaitalia.com

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