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22/9/2017

Sette note in nero per Stephen King

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di Carlo Cantisani
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Il legame fra uno dei più popolari e importanti scrittori del secondo novecento, Stephen King, e il cinema è uno dei più prolifici e duraturi che il nostro immaginario ha mai incontrato. Il mondo del cinema e della televisione si è sempre rivolto verso la figura dello scrittore del Maine, attingendo dal suo vasto bacino di romanzi e racconti per trasporre sul piccolo e sul grande schermo storie prettamente horror, drammatiche, thriller, dai risvolti psicologici e dal fascino fantastico. Quella di King, infatti, è un tipo di scrittura dagli elementi “cinematografici” proprio perché trasmette un senso di continuo movimento, è immersiva e cerca in ogni modo di creare un invisibile ma forte legame con il lettore. Nelle trasposizioni visive delle sue opere la musica ha la sua parte e, anche se non si possa dire che le colonne sonore delle pellicole tratte dalle opere di Stephen King abbiano segnato la storia delle musiche da film, di certo molte sono di ottima e alta qualità, riuscendo ad esaltare passaggi fondamentali, a creare la giusta tensione e a ricreare con le note quello che Stephen King sapientemente evoca con le parole. Come ogni elenco, i titoli seguenti sono una piccola parte frutto di una necessaria e soggettiva selezione, tanto più se poi si parla di un catalogo, come quello dei film tratti dalle opere di Stephen King, vastissimo e che non accenna tuttora a fermarsi. Una mera indicazione, quindi, che potrebbe magari stimolare nuove scoperte.
Carrie – Lo sguardo di Satana (1976)
Inizia con un tema delicato e sognante la prima trasposizione in assoluto del primo romanzo pubblicato da Stephen King, Carrie. Carrie – Lo sguardo di Satana, questo il titolo italiano del film cult di Brian De Palma, si avvale del lavoro di un vero e proprio maestro, Pino Donaggio, che insieme a Morricone, Trovajoli, Rota, Piccioni e tanti altri ha contribuito a rendere grande la musica da film italiana in tutto il mondo. Il tema principale, sostenuto dalla melodia del flauto, crea un affascinante contrasto con la tragica vicenda della protagonista e della sua sanguinosa vendetta, rendendo esplicito ciò che rimane nascosto lungo tutto il film: la profonda drammaticità dell’intera esistenza della giovane Carrie, fragile, sola e in balia di forze più grandi di lei.

​Le notti di Salem (1979)

Le notti di Salem (Salem’s Lot il titolo originale) è il primo romanzo di King trasposto per la tv, ben undici anni prima dei due fortunati episodi di It. La storia del film (anch’esso diviso in due parti come la storia di Pennywise) mette in scena già le classiche ossessioni dello scrittore in lotta con sé stesso e con la propria storia, mischiandole a una trama prettamente horror di vampiri. La musica di Harry Sukman paga un pesante tributo a Bernard Herrmann: gli archi sono gli indiscussi protagonisti che creano un’atmosfera tesa e incalzante, che a tratti sembra rimandare ai vecchi film d’avventura degli anni ’40; oppure al caro, vecchio Hitchcock, come il regista Tobe Hooper (fra l’altro recentemente scomparso) ammise di essersi ispirato per questo suo piccolo cult che ha influito tanti altri film successivi sui vampiri.
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Shining (1980)
Una delle scene d’apertura più famose del cinema dove sembra che il male aleggi dappertutto, presenza impalpabile, aerea, un’entità che si ripresenta ciclicamente e alla quale non si può scappare. Il tema principale, con il suo pesante andamento dato dalle oscure note scandite dai synth di Wendy Carlos e Rachel Elkind, aggiunge a quelle scene un’aura di implacabilità, come se volesse predire l’imminente scivolare nella follia di Jack Nicholson, alias lo scrittore Jack Torrance. Le voci e i sussurri che percorrono il brano aggiungono maggiore inquietudine e profondità, agganciandosi al resto della colonna sonora che si affida soprattutto alla musica non originale di compositori classici quali Béla Bartok, Ligeti e Penderecki. È risaputo che King non ha mai apprezzato il lavoro di Kubrick (a differenza invece della serie tv del 1997 The Shining), ma il risultato è sotto gli occhi di tutti, con buona pace dello scrittore americano.

​La zona morta (1983)

Un senso di mistero e di inquietudine serpeggia lungo le note dello score di La zona morta (The Dead Zone il titolo originale) composte dal newyorchese Michael Arnold Kamen, per questo film di David Cronenberg su un uomo che scopre di avere dei poteri psichici, dopo essersi risvegliato da un coma. In pochi minuti Kamen riesce a sintetizzare con maestria molti dei punti di forza della pellicola, andando a evocare momenti più introspettivi in cui il protagonista è spaventato dalle sue nuove capacità, ad altri in cui la musica sembra aprirsi con l’intenzione quasi di voler dischiudere una zona, per l’appunto, sconosciuta e piena di mistero.

​Christine – La macchina infernale (1983)

Il binomio King-Carpenter è, probabilmente, una delle cose migliori che ogni amante dell’horror possa sperare di incontrare nel corso delle sue letture e delle sue visioni. Tramite questa pellicola, infatti, è quasi intuibile un legame invisibile fra i due artisti che vanno a comporre le due facce di una stessa medaglia. Christine – La macchina infernale (semplicemente Christine nel titolo originale) mette in scena una delle più grandi passioni (e ossessioni) di King, le auto Plymouth Fury del 1958, simbolo di un’era, quella degli anni ‘50, segnata dal rock ‘n’ roll e dalla ribellione giovanile. Carpenter recepisce tutto ciò e, pur rimanendo abbastanza fedele all’idea originaria, apporta il suo tocco registico e musicale inconfondibile, quest’ultimo caratterizzato dai tappeti di synth solcati da note ripetute e ossessive già precedentemente ascoltate, ad esempio, in Distretto 13 – Le brigate della morte e 1997: Fuga da New York. Il tema principale si adatta perfettamente all’immagine della diabolica auto, oggetto inanimato che assume un carattere quasi sovrannaturale grazie alla implacabilità e ferocia. Gli anni ‘50 si ritrovano, quindi, allacciati agli anni ‘80, in un connubio inedito che Carpenter riesce a tenere in equilibrio con grande stile. Rendere “realisticamente” spaventosa un’auto non è cosa facile, e la musica in questo da un grande contributo.

​Grano rosso sangue (1984)

Prima colonna sonora per lo statunitense Jonathan Elias (che in seguito troverà maggior fortuna con le musiche per 9 settimane e mezzo e producendo gli album di molti artisti rock e pop tra cui Alanis Morrisette, David Bowie, Duran Duran e Grace Jones) ma che riesce, sin dalle primissime note, a far immergere l’ascoltatore nell’atmosfera torbida e cupa della vicenda del film. Lungo i minuti del lavoro si possono sentire echi dei Goblin di Suspiria, dell’Halloween di Carpenter e delle atmosfere dell’Esorcista, coniugati in maniera bilanciata a cori profondi e sacrali di voci adulte, ricorrenti nenie infantili, un comparto orchestrale a tratti sin troppo pomposo ma che sa tessere parti molto inquietanti nei minuti più tesi e a un lavoro di tastiere mai invadente. Alquanto sottovalutata e ingiustamente messa da parte a favore di altre colonne sonore kinghiane, la musica di Grano rosso sangue (titolo che sa di thriller italiano anni ’70 ma che in originale è Children of the Corn), riesce in realtà a mantenere in piedi da sola una larga parte dell’atmosfera del film, il quale perderebbe tantissimo senza questo specifico comparto musicale.

​Fenomeni paranormali incontrollabili (1984)

Partendo da un personaggio che ricorda quello di Carrie, Fenomeni paranormali incontrollabili (questo l’orrendo titolo italiano al posto del più semplice e calzante Firestarter) va ad assumere il profilo di una pellicola sci-fi/thriller, con personaggi, questa volta sia bambini che adulti, dotati ancora una volta di particolari capacità psichiche, perseguitati e costretti a lottare per la propria libertà. La colonna sonora è affidata a un gruppo d’eccezione che ha fatto la storia e che nel 1984 era ormai avvezzo alle collaborazioni per il cinema: i tedeschi Tangerine Dream, che per questa pellicola adottano uno stile meno “liquido” e dai toni meno psichedelici a favore di composizioni più ritmate e melodiche, quasi una sorta di Pink Floyd strumentali di Animals e The Wall. Ascoltando di seguito le tracce, si ha l’impressione di essere immersi in una lunga jam del gruppo ma il principale merito dei Tangerine Dream è quello di essere riusciti a creare dei quadri sonori molto ricchi e, soprattutto, indipendenti dalle scene della pellicola.

​Misery non deve morire (1990)

In quello che Stephen King reputa uno dei suoi adattamenti cinematografici preferiti di una sua opera, la tensione non manca di certo. E non manca neanche nella colonna sonora, composta da Marc Shaiman, il quale in sole sei tracce, la maggior parte delle quali durano sei minuti, sembra voler mettere in musica la mente deviata della aguzzina protagonista, Annie Wilkes, interpretata da una grandissima Kathy Bates che all’epoca vinse anche un Oscar per quel ruolo. Partendo dai classici archi tesi e a fior di nervi alla Bernard Herrmann di Psycho, Shaiman riesce a tracciare un suo personale percorso che prova a unire due poli opposti: dei momenti apparentemente più distesi e calmi con altri in cui l’andamento degli strumenti si fa impetuoso, veloce e nervoso. I primi due brani della colonna sonora, infatti, dispiegano sin da subito questa dicotomia e, passare repentinamente da Number One Fan a Go To Your Room, crea uno scarto niente male. La musica si impone alle orecchie dell’ascoltatore e rimanda direttamente all’atmosfera malata e opprimente del film come anche del romanzo, senza lasciare troppo spazio all’immaginazione. La musica di Misery non deve morire (Misery il titolo originale) è elegante e in molti punti riesce a essere anche suadente nella sua andatura, ma l’aspetto più interessante è che riesce comunque a tenere perennemente sulle spine.

​It (1990)

Proprio come il pagliaccio mutaforma Pennywise, interpretato all’epoca da Tim Curry, la colonna sonora dell’adattamento televisivo di uno dei romanzi più famosi e importanti di Stephen King, It, riesce a essere cangiante, varia e altamente originale in molti passaggi. Lungo l’edizione in due cd che raccoglie ben 42 tracce, Richard Bellis mischia tutto ciò che gli passa per la mente, giocando con i suoni, gli strumenti, i silenzi e le dinamiche come un clown al circo. Suoni elettronici che emergono all’improvviso per rompere una melodia di pianoforte, preceduta a sua volta da un’avvolgente andamento degli archi che dipingono delicati disegni sonori altamente emotivi: sulla carta, tutto ciò può significare ben poco ma ascoltando con attenzione non si può far altro che farsi coinvolgere dalle varietà d’atmosfera che man mano si susseguono, anche all’interno di un singolo brano, richiamando alla mente, ad esempio, molte delle cose di Frank Zappa. Spiccano i momenti dedicati a Pennywise, dove la musica accompagna e accentua i passaggi del film più terrorizzanti, ma sapendo anche riempire i vuoti e i silenzi fra i personaggi quando è necessario. Una delle migliori (se non proprio la migliore) colonne sonore di una pellicola tratta da un lavoro di King che riesce a essere all’altezza della densità dell’opera letteraria.

​Immagini tratte da:

http://dailymacabre.com/

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