di Enrico Esposito
Maria, Giada, Greta, Marialaura. Conosciutesi sui banchi del liceo, legate da una chimica cementificatasi nel corso degli anni che le ha portate a rendere Viadellironia una realtà ben nota dalla provincia bresciana al panorama nazionale. C’era molto bisogno di questa band, che manifesta la difficoltà di adattarsi e trovare una sistemazione all’interno del mondo attuale attraverso testi dalla lavorazione e resa letteraria, sia per l’indole poetica, la metafora tagliente e la recitazione. È Maria Mirani, voce e chitarra, a comporli, mentre Giada Lembo (basso), Greta Frera (chitarra) e Marialaura Savoldi (batteria) fissano insieme le direzioni di un rock alternativo ficcante, poderoso e multiforme (che talvolta muta, come nella parentesi reggae di “Architetto”) imparentato con parabole anni ‘90 e 2000 (Afterhours, Baustelle). Il primo album del quartetto che prende il suo nome da una strada di Milano realmente esistita in passato è stato pubblicato lo scorso 20 novembre sotto la supervisione di Davide Cesareo degli Elio e Le Storie Tese. Il chitarrista aveva ascoltato tempo orsono il loro primo Ep “Blu Moderno” (2018) costituito da quattro canzoni all’interno delle quali risaltavano l’intensità, la grinta e la maturità narrativa e sonora delle giovani musiciste. Da allora Cesareo le ha contattate rapidamente attraverso l’importante intercessione di Nicola Bonardi scritturandole per Hukapan, la storica etichetta degli Elio e Le Storie Tese. Come mi racconta Maria Mirani in una lunga e piacevole telefonata, l’incontro tra le Viadellironia e il loro futuro produttore artistico è “un momento alienante”, in virtù della grande disponibilità di Cesareo, che pone la sua mano esperta sull’aspetto sonoro e strumentale con l’attenzione tale da valorizzare il materiale anche spurio dei dieci brani de “Le radici sul soffitto”.
Il primo singolo è “Ho la febbre”, brano dal pugno duro e malinconico che si avvale della collaborazione con Edda. Il suo caratteristico timbro compare all’apertura della seconda strofa ad introdurre scariche elettriche. Questa traccia mette in mostra il linguaggio scarno e figurativo che si fonde con l’impianto musicale in modo armonico, garantendo una coesione maggiore rispetto a “Blu Moderno”. “Un processo di svecchiamento, meno incentrato sui testi” risalenti a circa tre anni fa. “Canzone introduttiva” e “Come vene dal marmo” rivelano la preziosa eredità del retroterra cantautorale (richiami immediati a De André arrivano alla mente istantaneamente) nell’evoluzione narrativa e nell’andamento strumentale. Le Viadellironia scrivono a poco a poco delle novelle moderne appassionate, cariche di una forte carica emotiva. Presentano il conto all’ottusità della società, affidandosi a riprese diverse a un tono sprezzante, beffardo, disincantato. Parlando a proposito della title-track “Le radici sul soffitto” (dietro la quale si cela un proverbio tedesco) Maria Mirani sintetizza il significato più profondo del volume sottolineando il tentativo di “unire l’indolenza e la morte con la fede nel futuro”. Per questa ragione, combattere con vigore può sconfinare talvolta nella stanchezza, in un abbandono necessario al raggiungimento di una rinascita. Sforzare troppo il cervello non serve a rendersi conto della ricorrenza quotidiana con cui tutti ci troviamo a vivere tale stato d’animo. “Le radici sul soffitto” ne mostra sfumature grigie e candide, appellandosi alla meraviglia dei paradigmi letterari (da metà 800 al modernismo del secolo scorso, tra Thomas Mann, Virginia Woolf e James Joyce) e il potere dell’espressione artistica dettata dall’illustrazione (l’allegoria della magnifica decadenza nell’artwork realizzato da Dorothy Black) e dalla mimica (videoclip di “Figli della storia”, ultimo singolo della band). Delicato e intimo il ruolo della memoria: ne “La mia stanza” si traduce in un onirico ricordo d’adolescenza scandito dalla simbologia assunta dai fiori.
Nel finale della conversazione con Maria parliamo della metà mancante della musica da troppo tempo ormai, ossia della dimensione live. Al di là di alcune sporadici momenti, “Le radici sul soffitto” ha conservato intatto il suo potenziale: un mix di riflessione e corrosione tangibile guardando sul canale Youtube le performances di brani inediti e covers che le quattro rockers bresciane hanno confezionato. Personalmente, è partito già il conto alla rovescia.
Immagini fornite dall'Ufficio Stampa Fleisch Agency
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Marzo 2023
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