Venerdì scorso abbiamo avuto il grandissimo onore di assistere al suo concerto al Teatro Signorelli di Cortona (AR) nell'ambito delle iniziative a favore dell'"Associazione Autismo" presieduta da Andrea Laurenzi. Lei, Patti Smith, ha riservato un momento di attenzione particolare alle gravi condizioni vitali legate all'autismo, professandosi direttamente coinvolta nei suoi rapporti personali e ambasciatrice di un impegno perenne per una battaglia estenuante. E lei, la sacerdotessa del rock, Patti Smith, ci ha messo ko tutti. Patricia Lee Smith. 72 primavere il 30 Dicembre. Chiome lunghissime ancor più dei tempi del Chelsea Hotel e di "Radio Ethiopia". Il viso solcato da exploits sontuosi e perdite terribili, una voce poderosa, androgina, che si dilata nei momenti di "tensione" artistica e diventa arrembante quando la sacerdotessa entra al centro della folla e la raccoglie instillando le sue gocce di conoscenza. Ma non è una conoscenza "preparata", acquisita sui libri o dopo lunghi studi. O almeno non è solo quello, o il risultato di una consumata ricerca filosofica. Prende vita una dimensione fuori dal tempo, onirica, di visioni derivate dall'immersione nella vita, nel consesso umano e dallo scambio vivo, vitale con gli altri abitanti della terra. Donne, uomini, bambini, anziani, animali, piante. "People Have The Power" caccia in un altissimo inno al di là delle pareti del teatro. Patti disegna linee di musica che appartengono alla leggenda, dona agli astanti le pagine imbevute delle sue riflessioni nate poche ore prima, alla vista dei magnifici affreschi di Piero della Francesca all'interno della Basilica di San Francesco. Piero, San Francesco, Papa Francesco, portatori di una spiritualità che non va scioccamente interpretata all'interno dei confini ben delineati della devozione a Dio. Dalla grandezza delle loro parole, delle loro figure si può essere influenzati nell'elaborazione della propria visione delle cose, in una prospettiva individuale quanto globale. La Smith ha assimilato questa chiave del vivere dagli albori della sua carriera, da quando con Lenny Kaye riempiva le serate dei locali di New York nel nome di Verlaine e Rimbaud. Come Leonard Cohen, una poetessa prestata alla musica, e da lì a poco una rocker, una pittrice, un'osservatrice accurata della condizione umana. A settant'anni bucati la ragazza di Chicago appare colossale, un totem dei sogni e delle battaglie degli anni Settanta, dall'animo punk e con una decisiva apertura alle problematiche terminali dell'aldiqua e dell'aldilà. Integrata a dovere tra passato (con la cover di "After The Gold Rush" di Neil Young) e presente ("Love is All We Have Left" contenuta nell'ultimo album degli U2). Per sempre compagna del suo Fred. Immagini tratte da: Immagini 1- 2 da Foto dell'autore (Alessandro Ferri) Immagine 3 da Instagram
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Aprile 2023
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