di Alice Marrani Non è passato poi molto tempo da quando eravamo qui a parlarvi di La terza guerra mondiale (La Tempesta, 2016) eppure il trio toscano, ormai diventato quartetto insieme al Maestro Pellegrini, venerdì prossimo salirà sul palco dell’Estragon di Bologna per il primo concerto del tour di presentazione del nuovo disco Il fuoco in una stanza, uscito lo scorso 2 marzo (Woodworm Label/La Tempesta). Se La terza guerra mondiale (La Tempesta, 2016) era uno sguardo alla società e alla contemporaneità senza troppi fronzoli, fra social e punte di cinismo, gli Zen questa volta lasciano lo spritz fra le macerie di una ipotetica guerra e rientrano in casa per guardarsi allo specchio e raccontare, in tredici diversi modi, cosa si può trovare in una stanza dove il “fuoco” può voler dire calore o disastro (o entrambi in alcuni casi). “Parlare degli altri parlando di sé stessi. E viceversa.” per dirlo con le loro stesse parole. Uno sguardo a come ciò che ci circonda e in particolare chi ci è vicino, segna ciò che siamo, entra dentro, modifica, ferisce, pesa, incatena. Nei cinquanta minuti circa di musica contenuti nel disco ricorre la parola “madre”, un ventaglio di emozioni che spazia dall’amicizia alla famiglia, alla solitudine social, al bisogno di identificazione con qualcuno o qualcosa fino a doversi ricordare che in fondo siamo semplicemente tutti umani. Catene, primo brano e primo singolo estratto, inquadra perfettamente il tutto; scritta da Appino di getto dopo un messaggio arrivato dalla madre e aggiunta a disco ormai finito. Non è una novità per loro parlare di questi temi ma forse mai lo avevano fatto con una così densa emotività. Allo stesso tempo non tradiscono il proprio essere: poco sentimentale e frivolo romanticismo e un modo diretto, a tratti aspro, disseminato di rimpianti, sentimenti inespressi, rapporti che rimangono profondi, mondi ideali dove la democrazia è stata abolita e dove ti accorgi che se a vent’anni volevi essere diverso da tutti, a quasi quaranta ti svegli stupito del fatto che assomigli, volente o nolente, ai tuoi genitori. Che ne è stato degli Zen che mandavano “tutti affanculo”? Sono sempre allo stesso posto ma hanno diciotto anni di carriera alle spalle e un numero di candeline sulla torta che si avvicina agli “anta”: l’esperienza cambia il punto di vista e la cura di certi aspetti ma l’anima, quella no. Musicalmente è un disco eterogeneo che il gruppo stesso ha dichiarato essere stato lavorato fin da prima dell’uscita di La terza guerra mondiale. Ha ancora senso parlare di svolta pop dopo lo scorso disco e in un momento nel quale l’indipendente e il mainstream si mescolano continuamente portando al successo una volta uno una volta l’altro? Esiste ancora un confine, sotto questo punto di vista, oltre il quale si può parlare di un gruppo dicendo di aver fatto un disco “tradendo se stessi”? Diciotto anni sono un periodo abbastanza lungo in una vita e a maggior ragione in una carriera. Al primo ascolto di Un fuoco in una stanza si sente inequivocabilmente la scia stilistica del disco precedente, basti ascoltare la title track per rendersene conto. Questo si mescola a rock ed echi di recente sapore baustelliano, idee anni ’80, e caratteristiche tipicamente alternative, le voci dei ragazzi e le ragazze del Nuovo Teatro delle Commedie di Livorno (Sono umano), l’orchestra diretta da Carlo Carcano (presente in quattro di tredici tracce) e il pianoforte di Tommaso Novi che in Caro Luca si intrecciano chiudendo il disco in modo completamente diverso da come era iniziato. In generale molto curato nei suoni, contiene brani che hanno forse il loro luogo ideale più sul palco che in cuffia (La Teoria delle stringhe, Low Cost, Quello che funziona) e altri che invece saranno forse più difficili da replicare live.
Chi è stato almeno a uno dei loro concerti, sa che sul palco tutto questo si mescola al passato costruendo due ore di live basati su una scaletta che salta su e giù nella linea temporale della loro carriera, accostando cose che sembrano idealmente non avere niente (o comunque poco) in comune. Ma è questo il bello e la loro forza: chi va a un concerto targato The Zen Circus ascolta tutti (o quasi) i The Zen Circus, quelli riflessivi e quelli che mandano tutti “affanculo. Svolte stilistiche o meno, nessuno a fine serata rimane con l’amaro in bocca. Le date del tour: 13-apr Bologna - Estragon 19-apr Milano - Alcatraz 20-apr Venaria Reale (TO) - Teatro della Concordia 21-apr Genova - Supernova Festival 27-apr Firenze - Obihall 28-apr Marghera (VE) - Centro Sociale Rivolta 04-mag Roma – Atlantico Foto tratte da: Foto di Ilaria Magliocchetti Lombi Big Time
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Aprile 2023
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