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17/5/2019

Una libellula fragile - Ricordando Mia Martini

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di Federica Talarico
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Un paio di cuffie di registrazione ancora sulla testa, la musica in sottofondo, un braccio proteso verso il telefono.
Così ci ha lasciati Mia Martini, venticinque anni fa, nella sua abitazione di Cardano al Campo, in provincia di Varese.
47 anni, un arresto cardiaco dovuto alle troppe medicine prese, una sorta di flebile sorriso sulle labbra.
Una libellula fragile, Mimì Berté, un nome di battesimo abbandonato per uno pseudonimo più accattivante, più italiano.
Una carriera difficile la sua, fatta di maldicenze e di ostacoli; a lungo trascinatasi dietro la nomea di portare sfortuna - la sua persona, così come la sua musica – Mia Martini ha vissuto per molto tempo nell’ombra, praticamente in disparte, nonostante l’amore per la musica ed il solo e semplice desiderio di poter cantare ed essere se stessa.
Lei, che aveva lottato persino contro la sua stessa famiglia per poter realizzare il suo sogno, al punto tale da incrinare completamente il rapporto con il padre, colui dal quale – più che da chiunque altro – ella avrebbe voluto sostegno ed approvazione.
Una donna brillante e dal carattere pungente, sensibile e per questo molto fragile, una romantica sognatrice il cui unico scopo, nella vita, era quello di cantare e poter dare voce alle sue emozioni, anche se gli altri – il più delle volte – non si mostravano in grado di comprenderla.
Oggi, venticinque anni dopo la sua morte, il mondo della musica si impegna a ricordare Mia come un qualcosa di ben lontano agli anni dello sconforto e della sfortuna: pensiamo a lei come ad un’anima fragile, sensibile e per questo bellissima, che ha emozionato intere generazioni di italiani con brani profondi e poetici, quali “Piccolo Uomo”, “Gli Uomini non Cambiano” o “la Nevicata del 56”.
Ricordiamo la collaborazione con artisti e parolieri del calibro di Bruno Lauzi e Franco Califano.
Ricordiamo, soprattutto, quel Sanremo del 1989 in cui, dopo il periodo più nero della sua carriera, cantò fieramente il suo celebre brano “Almeno tu nell’Universo", aggiudicandosi per l’occasione il premio della critica che (ironia della sorte) adesso porta il suo nome.
Un’esibizione che, dopo anni di sconfitte e porte in faccia, sapeva finalmente di riscatto.
Un riscatto che, ad oggi, non smetteremo certo di ricordare.
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