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5/5/2017

Urlando a squarciagola con i Kasabian

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di Enrico Esposito
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“Cry” in inglese non vuol dire solo piangere. “Don’t cry for me Argentina” cantava Madonna. Ma anche “Crying at the discoteque” degli Alcazar. Certo, in un momento di depressione o di gioia acuto non è impossibile che scatti un pianto tra il dancefloor e il “Move your hands in the air” del Dj. Ma è anche più facile che uno possa invece urlare, a squarciagola, buttare fuori tutto, in inglese per l’appunto “crying out”. Urlare forte, fortissimo, ad alta e spaccavoce, un modo di dire british che equivale al nostro "Accidenti!". Una sorta di via di mezzo dunque tra i due significati. Come dimostra il volto dell'uomo sulla copertina dell’ultimo album dei Kasabian, uscito quest'oggi con il titolo di "For crying out loud".

A tre anni dal festival della psichedelia celebrato con il precedente “48:13” e ad altri mesi ulteriori dal rovente siluro lanciato da “Verociraptor”, la band di Leicester è tornato sulle scene con carica e aspirazione a sfornare un lavoro nuovo, fresco. L’uscita a marzo del singolo “You 're in love with a Psycho”, le performances al Jools Holland Show, l’annuncio del tour estivo con le puntate nostrane, tra le altre al Postepay Rock di Roma  il 21 Luglio e due giorni dopo al Lucca Summer Festival, hanno chiaramente dimostrato il desiderio della band di ricalcare il palco, di rimettere in gioco le proprie carte nel consueto ping-pong sonoro tra elettronica anni ’90 e rock classico retrocesso fino ai Ramones. Sergio Pizzorno, il chitarrista-produttore-compositore, in poche parole il fondamentale deus ex machina del progetto, e di origini genovesi, ha raccontato che ha scritto questo disco mosso dal puro istinto, senza particolari ricami o arroganze. “For crying out loud” suona appena 50 minuti, ma in realtà sarebbe durato anche meno tra i suoi 12 brani, e ha l’intento di restituire sotto la propulsione abituale della psichedelia un pò di gioia mediante i suoi testi affrettati, privi di pausa, martellanti. Il sottofondo elettronico non permette di ragionare troppo, e proprio questa rappresenta la fregatura alla quale non può sfuggire chi invece magari intenda ascoltare il disco per osservare in modo approfondito ciò che racconta. Gioia dicevamo, l’intenzione di donare alla collettività moods positivi evitando il rischio di incartarsi e poi perdersi intorno a un caso singolo.
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I Kasabian. Da sinistra verso destra: il bassista Chris Edwards, il chitarrista Sergio Pizzorno, il cantante Tom Meighan e il batterista Ian Matthews

L’album riporta in prima fila la chitarra di Pizzorno, il rock dunque, la possanza, che conquista l’orecchio soprattutto in “Bless the acid machine” e “III Ray (the king)”. Il synth non può ovviamente scomparire, perché senza synth i Kasabian non sarebbero nemmeno mai nati. Se si eccettuano “Are you looking for action” e i suoi otto minuti che si avventurano in una saga di basso dominante e distorsioni varie secondo lo stile super-elettronico di “48:13”, “For crying out loud” alla disco preferisce il rock indagato anche nella sua chiave melodica, vedi e ascolta “All through the night”, che sin dal titolo tradisce il bisogno di dedicare una ballata malinconica prima dell’alba. Ma è solo un attimo di debolezza, all’interno dell’incessante corsa a diverse valvole di sfogo dal generale malumore che attanaglia l’Europa (e non solo) in questo momento storico. Strano che siano proprio degli inglesi, i primi fuoriusciti, a inseguire uno scopo del genere. Anche questo è un merito di innovazione per i Kasabian, che nel 1997 ai tempi del liceo si costituirono scegliendosi la parola “macellaio” in armeno e il cognome di uno dei membri della setta di Charles Manson, Linda Kasabian.

20 anni già passati in cui il quintetto di Leicester dagli esordi sbarbatelli ma già vigorosi di "L.S.F." e "Club Foot" è riuscito a farsi distinguere grazie a un marchio esclusivo. Il marchio dello "Pyscho-Rock".


  Immagini tratte da:

- Immagine 1 da www.kasabian.co.uk
- Immagine 2 da www.shmag.it

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