di Enrica Manni #Le patologie rare colpiscono 1 paziente su 2000 Giovedì prossimo 28 febbraio 2019 sarà la giornata mondiale delle malattie rare e, come accade ogni anno in questa data, le persone affette da una malattia rara, le loro famiglie, le associazioni dei pazienti, i medici e i ricercatori si riuniranno per cercare di sensibilizzare le istituzioni nazionali ed internazionali e l'opinione pubblica mondiale sull’argomento. Cosa si intende per malattia rara? In Europa si definisce rara una patologia che colpisce meno di 1/2000 persone. L'80% delle malattie rare ha origini genetiche, altre sono il risultato di infezioni (batteriche o virali), allergie e cause ambientali, o sono degenerative e proliferative. Il 50% di queste malattie rare colpisce i bambini. Ci sono oltre 6000 malattie rare, 30 milioni di persone che ne soffrono in Europa e 300 milioni nel mondo, ma per molte di queste malattie non ci sono cure. Si tratta di patologie caratterizzate da un'ampia varietà di disturbi e sintomi che variano non solo da malattia a malattia, ma anche da paziente a paziente, affetto dalla medesima malattia. Perfino sintomi relativamente comuni possono nascondere malattie rare portando così a diagnosi iniziali errate o ritardi nel trattamento. Molto spesso la qualità della vita dei pazienti è influenzata dalla mancanza o dalla perdita di autonomia a causa degli aspetti cronici, progressivi, degenerativi e spesso pericolosi della patologia. La necessità di un'adeguata assistenza sanitaria può generare disuguaglianze e difficoltà nell'accesso alle cure. Ciò si traduce spesso in pesanti oneri sociali e finanziari sui pazienti e si loro familiari. A che pro dedicare quindi una giornata a malattie senza possibilità di cura? Il tema della giornata è l’integrazione dell’assistenza sanitaria con quella sociale. La vita quotidiana di una persona affetta da una malattia rara e dei suoi familiari, è composta da tante azioni e tanti impegni da organizzare e coordinare: visite mediche, medicinali, riabilitazione, utilizzo di apparecchiature specialiste, accesso ai servizi di supporto sociale. Gestire queste attività insieme al lavoro, la scuola e il tempo libero non è affatto facile. La finalità di una simile iniziativa è quindi quella di sensibilizzare l’opinione pubblica, gli operatori sanitari, ma soprattutto le amministrazioni locali e nazionali, far conoscere loro la realtà di un paziente affetto da una malattia rara perché possano favorire un’assistenza sanitaria ottimale ed un’integrazione sociale migliore. A causa della rarità e della diversità delle malattie rare, sarebbe anche opportuno internazionalizzare la ricerca per garantire una connessione fra pazienti, medici e ricercatori di tutto il mondo, affinchè le sperimentazioni cliniche diventino multinazionali ed i pazienti possano trarre vantaggio dalla condivisione delle risorse attraverso i confini. Concretamente, cosa si può fare per supportare quest’iniziativa? In occasione della Giornata delle Malattie Rare è stata lanciata una campagna interattiva sui social con hashtag #ShowYourRare che sta acquisendo sempre più forza soprattutto tra i giovani. Sarebbe un bel gesto di solidarietà dipingere il proprio volto e quello dei propri familiari con il logo della Giornata delle Malattie Rare , farsi un selfie o una foto da condividere su Facebook/Twitter/Instagram usando l’hashtag #ShowYourRare e #RareDiseaseDay Show you care” sui tuoi canali social! Si potrebbe cambiare la foto profilo Facebook e chiedere anche ai propri amici di farlo. Ci saranno per l’occasione social media banners e la foto del logo GMR per il profilo FB su www.rarediseaseday.org/downloads
Infine, anche condividere il video ufficiale della Giornata attraverso i canali social usando l’hashtag #RareDiseaseDay aiuterebbe a dare maggior rilievo e visibilità all’iniziativa. Per chi vive con una patologia rara, ogni giorno è una sfida fatta di piccole e grandi preoccupazioni. Avere il supporto della propria comunità può alleviare molto il senso di isolamento che le famiglie devono fronteggiare. Fonti: [https://www.rarediseaseday.org/] Immagini tratte da: “Show you care” sui tuoi canali social! [https://www.rarediseaseday.org/article/get-involved-join-us-on-our-social-media] Le patologie rare colpiscono 1 paziente su 2000 [http://www.unifimagazine.it/le-malattie-rare-ieri-oggi-domani/]
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di Enrica Manni Il poster ufficiale del World Cancer Day La settimana scorsa c’è stato il World Cancer Day o giornata mondiale contro il cancro, un’occasione per incoraggiare la popolazione all’esecuzione degli screening, sensibilizzare sull’importanza della ricerca, fornire utili indicazioni su come condurre uno stile di vita il più sano possibile, su come affrontare la malattia o come supportare amici e familiari affetti.
Teoricamente un tumore altro non è che una proliferazione incontrollata di cellule del nostro corpo che, seguendo un processo graduale, perdono dapprima la capacità di andare incontro ad una fisiologica morte cellulare, acquisendo quindi l’immortalizzazione, poi iniziano a moltiplicarsi in maniera incontrollata, conducendo ad una proliferazione rilevante ed infine guadagnano la possibilità di superare la membrana basale ed invadere conseguentemente l’ambiente circostante, giungendo all’ultimo step dell’invasione. Naturalmente, nella cancerogenesi a tre stadi, i “gradini” non sono obbligatori: su 100 cellule immortali solo 20 diventano proliferanti e di queste 20 appena 1 o 2 invasive e questo, ovviamente, è un bene, è uno dei meccanismi di difesa del nostro corpo. Quando però tutti i controlli del corpo non funzionano ed il cancro riesce a generarsi e proliferare perché è così difficile eliminarlo? In molti infatti si domandano come sia possibile, nonostante negli ultimi anni si parli spesso di cancro e ricerca sul cancro, che non sia ancora stata trovata una cura efficace che possa debellare definitivamente il “male del secolo”. E’ molto semplice: con la parola cancro in realtà non indichiamo una singola malattia, ma un insieme di malattie che vanno innanzi tutto classificate sulla base dell’organo di origine (un cancro può essere al seno, al polmone, alla prostata etc…) e poi anche sulla base del tipo di cellule da cui derivano: esistono neoplasie epiteliali che quando sono maligne prendono generalmente il nome di carcinomi, neoplasie connettivali, neoplasie del sistema emolinfopoietico, neoplasie del tessuto nervoso. La cellula tumorale inoltre evolve nel tempo e talvolta diventa perfino resistente a ciò che inizialmente era risultato efficace. Il cancro è quindi un insieme di patologie complesse ed in evoluzione che rende molto difficile qualsiasi tipo di approccio terapeutico. Un’altra ragione per cui non si dispone ancora di terapie efficaci contro tutti i tumori è il lungo tempo necessario allo sviluppo di un nuovo farmaco e al suo ingresso in clinica. Un esempio è il caso di imatinib, noto con il nome commerciale di Gleevec, un farmaco introdotto nel 2001 che ha rivoluzionato il trattamento della leucemia mieloide cronica (LMC). Oggi, nella maggior parte dei casi, si riesce a guarire da questa malattia che prima dell’introduzione del farmaco era letale per quasi tutti i pazienti. La storia di imatinib parte però negli anni ’60 del secolo scorso quando un gruppo di ricercatori americani scoprì che nelle cellule del 98% dei pazienti affetti da LMC sul cromosoma 22 mancava una porzione di DNA, che poteva però esser ritrovato sul cromosoma 9 (fenomeno noto come “traslocazione”). Questo cromosoma anomalo venne chiamato cromosoma Philadelphia, dal nome della città americana dove fu scoperto. Questi primi studi aprirono la strada ad un secondo gruppo di ricercatori i quali compresero che proprio il cromosoma Philadelphia fosse alla base della produzione di un particolare enzima che stimola la proliferazione anomala delle cellule. Si iniziò quindi a lavorare sulla produzione di un inibitore di questo enzima giungendo infine all’individuazione di un composto appropriato dopo anni ed anni di sperimentazioni laboratoristiche, di studi sulla formulazione farmacologica, studi di farmacocinetica, screening tossicologici, per approdare solo nel giugno del 1998 all’avvio del primo studio clinico di fase I. Son serviti quasi 40 anni prima che il farmaco potesse essere utilizzato a ragion veduta sui pazienti. Non è così facile quindi introdurre un nuovo farmaco antitumorale perché ogni tumore ha cellule diverse che si comportano in modo diverso per cause ancora una volta diverse e a questo bisogna aggiungere che sono necessari anni prima che un farmaco ottenga l’approvazione all’uso sui pazienti. Inoltre gli investimenti nella ricerca per la cura del cancro, a livello globale, sono davvero ingenti e da questo punto di vista stupisce che queste malattie non siano ancora debellate, ma se si suddivide l’investimento tra le migliaia di tipi di cancro esistenti si scopre che a volte la ricerca su un singolo tipo di tumore può ricevere meno fondi di altre malattie meno gravi e meno letali. In conclusione, una “pillola magica” in grado di curare tutti i tipi di tumori non esisterà mai, per questo medici e ricercatori cercano tante soluzioni differenti al complicato e multiforme problema del cancro; per la stessa ragione la prima regola da seguire, quando si incontra un medico o una persona che promette di curare tutti i tipi di cancro con un singolo rimedio, è diffidare! Contro il cancro o, meglio, contro “i cancri”, bisogna continuare a investire nella migliore ricerca scientifica: https://www.airc.it/ Immagini tratte da: Il poster ufficiale del World Cancer Day [https://www.vexels.com/vectors/preview/137847/world-cancer-day-poster-design] |
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Ottobre 2022
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