Il cambiamento climatico è nell’aria, ne parlano nei giornali, in tv, nei libri, se ne parla a tavola e perfino al bar. Quanto è forte il cambiamento climatico? Quanta colpa ne ha la mia generazione, quanta quella di mia madre e quanta quella di mia nonna? Possiamo fare qualcosa?
Potrei scrivere un articolo fatto solo di domande o potrei farne alcune e tentare di dare risposte, cercherò invece di buttare lì qualche spunto di riflessione. Quello che non viene detto è che noi non siamo colpevoli di aver modificato il clima solo da qualche centinaio di anni poiché stiamo continuando a modificarlo da almeno 12.000 anni. Tutto è cominciato con la scoperta dell’agricoltura nella Mezzaluna Fertile e nella valle del Fiume Giallo in Cina settentrionale ed è stato poi amplificato dal disboscamento e dall’allevamento. L’attività agricola e l’allevamento, connesse alle nuove pratiche industriali, hanno permesso all’essere umano di prosperare (la popolazione mondiale è passata da 1 miliardo nel 1850 a 7,5 miliardi nel 2017). Oggi le coltivazioni occupano dal 10 al 15% delle terre emerse mentre i pascoli dal 6 a 8% e metà delle acque che fluiscono in superficie sono sotto lo sfruttamento umano.
Qualsiasi scienziato che si rispetti vi dirà che il cambiamento climatico è determinato in gran parte dai gas serra; conti alla mano sembra che le emissioni umane da 12.000 anni fino alla rivoluzione industriale (seconda metà dell’ottocento) siano di 40 parti per milione di anidride carbonica e 250 parti per miliardo di metano, comportando un aumento delle temperature globali di circa 0,8 °C. Dalla rivoluzione industriale a oggi invece abbiamo emesso 100 parti per milione di anidride carbonica e 1000 parti per miliardo di metano portando un riscaldamento di soli (si fa per dire) 0,6 °C.
Perché, anche se abbiamo emesso di più, le temperature si sono alzate di meno? La risposta a questa domanda è da imputarsi nel “tempo di reazione” ovvero il ritardo tra l’azione e la reazione del sistema. Per fare qualche esempio potremmo citare 2 ritardi, uno giornaliero e uno stagionale, il primo riguarda l’intensità dei raggi solari che raggiungono il loro massimo a mezzogiorno mentre le temperature più alte della giornata si hanno solo qualche ora dopo; per il secondo esempio possiamo osservare come l’intensità della radiazione solare massima viene raggiunta il 21 giugno mentre le temperature estive raggiungono il loro acme solo a metà luglio. I tempi di reazione del sistema Terra si aggirano sui 40-50 anni circa e questo significa che a oggi la Terra si è riscaldata solo grazie alle emissioni che abbiamo prodotto dalla rivoluzione industriale fino a circa 50 anni fa. Un'altra attenta valutazione riguarda l’aumento delle emissioni nel tempo poiché il 70% di quelle prodotte nell’intervallo di tempo tra la rivoluzione industriale e oggi si sono verificate negli ultimi 50 anni risultando di fatto non ancora operanti sul clima della Terra. La considerazione che mi sento di fare è che non è possibile pronosticare il livello di emissioni future ma una cosa è certa: non abbiamo ancora visto gli effetti collaterali operati sul clima dalle nostre generazioni. Immagini tratte da: Iceberc, da Wikipedia Italia, Di Brocken Inaglory This image was edited byUser:CillanXC - Opera propria, CC BY-SA 3.0, voce "Iceberg"
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Negli anni sessanta, alcuni topi allevati nell’ospedale di Glasgow per fini scientifici svilupparono spontaneamente una mutazione che causava una non funzionalità del timo o la sua totale assenza. Casualmente questi topi avevano anche un’altra caratteristica, non avevano alcun tipo di pelo e per questo vennero definiti topi nudi.
I topi nudi, con un timo alterato e quindi con un sistema immunitario non funzionale, divennero in breve tempo una colonna portante per molti studi di immunologia. Oggi sono più di 30.000 i lavori immunologici pubblicati su riviste scientifiche che prevedono l’impiego di topi. Il loro sacrificio ha fornito tantissime nuove conoscenze su tumori solidi, leucemie e AIDS.
I topi però, non sono gli unici animali a essere usati nei laboratori. Primati, pesci, anfibi, uccelli e invertebrati sono alcuni esempi di animali impiegati per un “bene superiore” e forse è proprio questo il problema. Sono anche troppi.
Gli animali vengono impiegati e sacrificati ogni giorno per attività decisamente discutibili. In Germania, ad esempio, è obbligatorio effettuare la vivisezione di animali in classe a partire dalle scuole medie. Per non parlare del numero di animali ancora largamente impiegati nelle industrie farmaceutiche e cosmetiche, tenuti spesso in condizioni discutibili ed eticamente scorretti. Un disastro su tutti i fronti.
In Italia non esistono finanziamenti a livello statale per lo sviluppo di metodi alternativi sostitutivi.
Gran Bretagna e Germania stanziano invece dai 7 ai 70 milioni di euro l’anno.
Secondo la Humane Society, sono più di 12 milioni gli animali usati ogni anno nei laboratori di tutta Europa per i fini più svariati e più di 115 milioni se consideriamo i paesi di tutto il mondo.
Oggi la tecnologia ci fornisce numerosi test alternativi all’impiego di animali nei laboratori. Tra i test alternativi sostitutivi validati, riportati dal Tracking System on Alternative Methods troviamo: 1 test per individuare un’interferenza ormonale, 1 per l’assorbimento da parte della pelle, 1 per indagare l’induzione di mutazioni genetiche, 5 per testare sostanze che possono corrodere la pelle, 3 per l’irritazione, 2 per l’irritazione degli occhi e 1 per la fototossicità. Decisamente pochi.
Una delle ultime trovate in questo campo si deve all’Harvard Wyss Institute, che ha creato il cosiddetto organ-on-chips: un chip contenente cellule umane in grado di simulare il comportamento dei nostri organi. Questo chip permette di effettuare in vitro test di risposta a diverse molecole e, in base alla domanda dei ricercatori, può essere progettato per simulare la fisiologia di diversi organi umani come il cuore, i reni, i polmoni, la pelle ma anche le ossa e le arterie.
Purtroppo però, il chip simula “soltanto” un organo per volta, dicendoci cosa succede al cuore ma non cosa succede al sistema cuore-polmoni o cuore-cervello; rimane quindi un test parziale e non ancora affidabile se vogliamo conoscere l’effetto di un farmaco sul nostro corpo in tutta la sua complessità. Nonostante oggi possiamo evitare il sacrificio di numerose vite grazie ai giganteschi passi avanti compiuti nel campo della bioingegneria, e questo purtroppo non avviene sempre, per molte altre ricerche invece, restiamo ancora fortemente legati all’impiego di animali. Che ci piaccia o no. È il caso della SISSA, Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste, che ha ottenuto dei risultati molto promettenti nell’applicazione della terapia genica contro il glioblastoma (una famiglia di tumori al cervello molto aggressiva), grazie proprio alla sperimentazione sui topi.
Introducendo una copia aggiuntiva del gene Emx2 nelle cellule tumorali trapiantate nei topi, i ricercatori
della SISSA riescono a condurre al suicidio le cellule tumorali stesse.
Come riportato nel comunicato stampa della SISSA del 2016, “i risultati finora sono stati netti e hanno dimostrato che il gene Emx2 è in grado di uccidere le cellule di almeno quattro tipi diversi di glioblastoma, anche in vivo nei roditori e senza danneggiare le cellule sane del sistema nervoso”.
Un passo enorme verso la cura di questo male, ottenuto grazie al’impiego di specie modello.
Un cervello di topo (sinistra) e dei terreni di coltura cellulari (destra) proveniente dai laboratori della SISSA.
Per quanto triste possa essere, bisogna ammettere che, in determinate circostanze, l’impiego di animali nei laboratori di ricerca è uno step di cui non possiamo ancora fare a meno. Non abbiamo i mezzi e le conoscenze per valutare così tante variabili in gioco ma, con un po’ di pazienza e i fondi necessari dallo stato, riusciremo a vincere una delle più grosse sfide di questo secolo.
La strada però, è tutta in salita. Basti pensare che è stato più facile mandare l’uomo sulla luna. Un grosso ringraziamento all’autrice della ricerca sul glioblastoma, Carmen Falcone, per avermi aperto le porte dei laboratori della SISSA Fonti:
Immagini tratte da: foto dell'autore I grattacieli. Stagliati verso il cielo, imponenti, altissimi, eppure resistenti alle sollecitazioni di venti e sismi. Come è possibile che edifici così alti possano resistere a terremoti di forte entità?
Tapei 101 e la sfera d’acciaio ![]()
Il Tapei 101 è il sesto edificio più alto al mondo con i suoi 508 m di altezza. Il suo nome indica la zona di costruzione, Tapei, e i piani, 101. Ha una forma a “bambù”, cioè composto da 8 moduli a forma tronco-piramidale che, innalzandosi uno sopra l’altro, ricordano il fusto della pianta di bambù. Otto colonne di acciaio, due per ogni angolo, sono riempite di un cemento speciale ad alta resistenza e sono collegate per mezzo di un sistema di travature a una struttura di 16 piloni che dona ulteriore resistenza all'edificio. La vera particolarità dell’edificio è una sfera d’acciaio (un tuned mass damper di 5,5 m di diametro) situata tra l’87° e il 92° piano che, oscillando, controbilancia le azioni provocate dalle raffiche di vento e dai terremoti. La sfera, grazie a dei pistoni idraulici, si muove nella direzione opposta all’inclinazione assunta dall’edificio sotto le diverse sollecitazioni. Può compensare scosse di magnitudo 6,8 della scala Richter.
Petronas Twin Towers e la profondità
Yokohama Landmark Tower e i rulli
Transamerica Pyramid e l’elasticità
Torre Mayor e gli ammortizzatori
Fonti: -Wikipedia Italia; -Green Building magazine, anno VII, numero1, gennaio 2017-03-11 Immagini tratte da: -Burj Khalifa: http://7606-presscdn-0-74.pagely.netdna-cdn.com/wp-content/uploads/2015/09/Burj-Khalifa-Tower-Dubai-Photos-Images-Pictures-Videos-11-800x600.jpg -Tapei 101: http://www.guidanotturna.it/wp-content/uploads/2016/05/orig-taipei-101-from-elephant-mountain-1919hours.jpg -Sfera d’acciaio: https://lh5.ggpht.com/-HK2h2tqlOZ8/U-NG1lhTCuI/AAAAAAAA0-E/t-gnme0pqvs/taipei-101-damper-3%25255B6%25255D.jpg?imgmax=800 -Funzionamento sfera d’acciaio: Di Anarchemitis da Wikipedia in inglese, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=5574665 -Petronas Tower: http://world-visits.com/wp-content/uploads/2013/11/Petronas-Towers-2.jpg -Pianta Petronas Tower: http://2.bp.blogspot.com/-MbMOD6aHgvU/TvosRB-fR0I/AAAAAAAAAZM/Mc3MZ7AdqkM/s1600/petronas3.jpg -Yokohama Landmark Tower: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/9/9f/Yokohama_Landmark_Tower_in_the_evening_twilight.jpg -Transamerica Pyramid: http://cdn.desktopwallpapers4.me/wallpapers/world/2560x1440/5/49034-transamerica-pyramid-in-san-francisco-2560x1440-world-wallpaper.jpg -Torre Mayor: https://c1.staticflickr.com/3/2569/4021524688_b4ba23732c_b.jpg
Qualche giorno fa ha imperversato nel mondo la notizia della scoperta del sistema TRAPPIST-1 che sembra essere composto da 7 pianeti rocciosi (come Mercurio, Venere, Terra e Marte) orbitanti intorno ad una stella molto piccola e fredda.
Si è parlato molto di come questi pianeti possano essere “gemelli” della Terra e cioè avere caratteristiche simili a quelle terrestri, si è parlato di acqua e di “zona di abitabilità”. La prima domanda è: perché le due cose sono collegate? La risposta almeno per ora risulta banale: la zona di abitabilità risulta essere una fascia entro la quale l’acqua può essere ritrovata sotto forma di liquido e non come gas (vapore d’acqua) o solido (ghiaccio).
Che cosa influenza tale zona? Ad influenzarla abbiamo la temperatura del pianeta e la pressione esercitata dalla sua atmosfera: se per esempio la stella produce tanta energia la fascia risulterà essere più lontana da essa (poiché più energia equivale a temperature più elevate sui pianeti) mentre se ne produce poca, come la stella del sistema TRAPPIST-1, la fascia è più vicina.
Ma cosa rende un pianeta davvero abitabile? La risposta questa volta risulta essere molto complessa. La Terra è abitabile poiché possiede molte caratteristiche peculiari intrinsecamente collegate tra loro. Proviamo ad elencarne qualcuna: - il nostro pianeta è “vivo”, sotto la crosta terrestre i magmi si formano e si mescolano dando la possibilità alla crosta di galleggiarci sopra e alle placche di cui è composta di spostarsi modificando costantemente montagne e bacini oceanici, producendo terremoti e eruzioni vulcaniche
- il nostro pianeta ha una massa ed una temperatura atmosferica tale da impedire la fuga dei gas che compongono l’atmosfera stessa (gli unici a sfuggire sono idrogeno ed elio che essendo troppo leggeri col tempo scappano nello spazio), pianeti come Mercurio sono così piccoli da aver perso col tempo la loro atmosfera mentre giganti gassosi come Giove o Saturno, grazie alle loro smisurate dimensioni, sono riusciti a mantenere anche idrogeno ed elio formando un’atmosfera davvero troppo densa per poterci vivere
- la presenza di un’atmosfera così particolare ha permesso l’accumulo di masse d’acqua - la presenza di gas serra determina la temperatura reale del nostro pianeta, se i gas serra come l’anidride carbonica (CO2) od il metano (CH4) non esistessero le temperature risulterebbero nettamente più basse e l’acqua non potrebbe esistere allo stato liquido - l’ossigeno, di cui il nostro pianeta va tanto fiero e che ci permette di vivere, deriva dalla fotosintesi ossigenica, processo grazie al quale le piante (ma non solo!) assorbono CO2, acqua e radiazione solare e producono zuccheri e ossigeno quale materia di scarto
- la presenza di ossigeno in atmosfera ha permesso la formazione dell’ozonosfera, una parte di atmosfera in cui l’ossigeno triatomico o Ozono (O3) blocca l’altamente nociva radiazione ultravioletta
Queste sono solo alcune delle caratteristiche che rendono il nostro pianeta un posto così speciale ma come ci ha insegnato prima Giordano Bruno ed ora questa grande scoperta, potrebbero non essere poi così rare...
Immagini tratte da:
- Terra, da Wikipedia Italia, Di NASA - http://visibleearth.nasa.gov/view_detail.php?id=2429http://veimages.gsfc.nasa.gov//2429/globe_east_540.jpg, Pubblico dominio, voce "Terra" - Zona abitabilità e variazione stato fisico dell'acqua, dispense personali dell'autore - Tettonica a placche, da Wikipedia, Italia, Di USGS/USGov, modified by Eurico Zimbres - http://commons.wikimedia.org/wiki/Image:Tectonic_plate_boundaries.png, Pubblico dominio, voce "tettonica a placche" - Alberi, da pixabay.com - Raggi UV, da ilpost.it
È recentissima la notizia della scoperta di un nuovo mammifero presente proprio nella nostra penisola: lo scoiattolo nero calabrese.
Lo Sciurus meridionalis, o scoiattolo meridionale, è stato individuato in Basilicata e Calabria e, in passato, era stato già catalogato come specie “peculiare” di queste zone.
Infatti, già dal 1895, il Marchese Lucifero aveva studiato tre esemplari raccolti in Calabria (attualmente custoditi nel Museo di Storia Naturale di Firenze) che si distinguevano dallo scoiattolo comune europeo (Sciurus vulgaris), presente nelle zone settentrionali d’Italia, per dimensioni e colore della pelliccia. Tuttavia gli strumenti a disposizione non permettevano di evidenziare caratteri sufficienti a classificarlo come nuova specie.
“Quanto lo scoiattolo calabrese fosse davvero diverso dal comune scoiattolo era difficile dirlo con i mezzi dell'epoca e così per molti anni fu considerato una semplice sottospecie dello Scoiattolo rosso Sciurus vulgaris,”- afferma il Dr. Paolo Agnelli - “ma è proprio per questo che nei Musei di Storia Naturale vengono conservati i reperti naturalistici, perché con l'avvento di nuove tecnologie si possono approfondire le ricerche o leggere i reperti da nuovi punti di vista. E' stato questo il caso dei nostri scoiattoli calabresi che sono stati riesaminati con nuove tecniche di indagine genetica fino a dimostrare il netto isolamento della popolazione calabrese da quella dell'Italia centro-settentrionale e la sua identità di buona specie. A questo punto i nostri scoiattoli sono diventati i Tipi del nuovo Sciurus meridionalis, ossia gli esemplari di riferimento internazionale per rappresentare e descrivere questa specie. Il nuovo nome italiano che abbiamo assegnato alla nuova specie è Scoiattolo nero calabrese”.
Diversamente dai suoi cugini europei, che presentano una pelliccia di colore rosso, lo scoiattolo meridionale è caratterizzato da un manto di colore nero con il ventre, dalla parte interna degli arti anteriori fino a genitali, bianco. Inoltre, differisce dallo scoiattolo europeo per le dimensioni maggiori di corpo e testa: 6,3% più grande in dimensioni e 35% più pesante delle popolazioni di S.vulgaris presenti in Nord Italia. Un’altra curiosità legata a questo mammifero è il suo habitat ristretto: è presente infatti solo in Calabria, nella zona della Sila e del Pollino, e nel Centro-Sud della Basilicata.
La ricerca, pubblicata su Hystrix, il giornale italiano di mammalogia, illustra come questo scoiattolo recentemente classificato sia già in pericolo di estinzione. Questo dipende dalla limitata estensione del suo habitat, solo 7.000 km^2, che porta la IUCN, Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, a classificarla come specie VU-“Vulnerabile”, cioè quando la popolazione di una specie è diminuita del 50% in 10 anni, quando il suo areale è ristretto sotto i 20.000 km^2 o il numero di individui riproduttivi è inferiore a 10.000. Il tutto è aggravato dal fatto che lo S.meridionalis è in competizione con le specie di scoiattoli introdotti artificialmente dall’uomo nel suo territorio.
Questa scoperta contribuisce a far mantenere all’Italia il suo primato europeo di Paese con la maggiore biodiversità, con ben 58.000 specie animali note: un motivo in più per rispettare l’ambiente e chi lo abita.
Si ringrazia Paolo Agnelli, Museo di Storia Naturale, Università di Firenze, sezione di Zoologia "La Specola". Per approfondimenti: - http://www.italian-journal-of-mammalogy.it/article/view/12015/pdf_12015 -http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/animali/2017/02/23/scoperto-in-italia-nuovo-mammiferolo-scoiattolo-meridionale_a0ebfa20-dbae-4931-86a3-2acfbd0ef06a.html
Immagini tratte da:
-Scoiattolo meridionale: http://www.ansa.it/canale_ambiente/notizie/animali/2017/02/23/scoperto-in-italia-nuovo-mammiferolo-scoiattolo-meridionale_a0ebfa20-dbae-4931-86a3-2acfbd0ef06a.html -Scheda originale: concessa da Paolo Agnelli -Esemplare custodito nel Museo di Storia Naturale di Firenze: concessa da Paolo Agnelli -Scoiattolo comune: da Wikipedia, Di Toivo Toivanen&Tiina Toppila -http://www.777life.com/photos/animals/ekahau/Kurre5.jpg -Percentuale specie Lista Rossa IUCN 2017: Da Wikipedia, Di Umberto NURS - Questo file deriva da IUCN Red List 2007.svg:, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=35227445 |
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