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16/3/2020

Perché sembriamo ignorare le raccomandazioni sulla salute?

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​   di Leandro Gentili, psicologo

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​Quando la salute è a rischio, proteggersi dovrebbe essere un atto spontaneo di responsabilità verso sé stessi e verso gli altri.


Le cose tuttavia non sono così semplici, specialmente se ci chiediamo come mai, in piena emergenza epidemiologica una parte della popolazione sembra voler ignorare la gravità della situazione, infrangendo, talvolta deliberatamente, le restrizioni imposte per arginare il contagio?


La teoria della motivazione a proteggersi
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Secondo Ronald Rogers (1975) i comportamenti protettivi per la salute sono il prodotto della percezione della gravità della malattia, della sensazione di vulnerabilità personale e dell’efficacia della risposta di coping nel ridurre tale minaccia.

Questo processo non è razionale e analitico, bensì guidato dalle credenze e dagli atteggiamenti nei confronti del rischio, nonché dalla personale esperienza con la malattia stessa (Kahneman 2012) .

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Quando la minaccia è ritenuta irrilevante, l’individuo non ritiene di dover adottare nessuna azione preventiva.

Inizialmente il COVID-19 ha destato ben poco allarme nei singoli a causa dello scarso impatto emotivo, sia per la distanza geografica sia per l’atteggiamento del falso ottimismo - ritenere di essere immuni dal pericolo rispetto ad altre persone nella medesima situazione -.

Dal punto di vista della massa, invece, la gravità di un pericolo viene stimata da quanto più diffusamente se ne parla; in questo senso la copertura mediatica ha influenzato in modo significativo la percezione del pericolo, per questa ragione solo dalla metà di Febbraio si è potuto assistere a fenomeni parossistici da panico generale.


Se la percezione di rischio è alta, ma il senso di autoefficacia è basso le persone ha paura.

Le misure disposte per prevenire il contagio vengono eseguite se le persone ritengono che vi sia un alto rischio e contemporaneamente nutrono fiducia nel fatto di riuscire a realizzarle (Bandura, 1994). In questo caso la strategia di adattamento - strategia di coping - è incentrata sul controllo del pericolo (Witte & Allen, 2000).
Nel momento in cui non ci si sente in grado di attuare le misure preventive si generano sentimenti di paura e ansia che derivano dal senso di impotenza e incertezza del futuro.
Le azioni degli individui, non potendo agire sulla causa, si orientano allora al controllo dell’emozione.


“Non ho paura e se ho paura vado dove non possa raggiungermi”

Nel tentativo di controllare le emozioni spiacevoli l’individuo è quindi capace di mette in atto comportamenti disadattivi - potenzialmente dannosi - come rifiutare o negare il messaggio di pericolo; ecco che per effetto contrario, egli si espone maggiormente al rischio di contagio.
Ne sono un esempio la ricerca compulsiva dei gel disinfettanti, dei guanti e delle mascherine, il continuare a uscire e ritrovarsi, senza contare gli episodi della stazione di Milano, dove le persone si sono letteralmente precipitate nel tentativo di abbandonare la regione andando contro ogni cautela sugli spostamenti.


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“Se lo fanno gli altri lo faccio anche io”

Quando la situazione è incerta diventa determinante l’influenza del gruppo dei pari (Santrock, 2017) Si guarda allora al modello delle persone che più ci assomigliano (per età, ruolo, posizione sociale, cultura, ecc.) quale modello da seguire. Probabilmente per questo motivo in molti hanno preferito continuare a viaggiare, a incontrarsi e a condurre pressoché lo stesso stile di vita incuranti delle restrizioni imposte.

Come ci protegge veramente?

Conoscere i meccanismi della motivazione a proteggersi e quali sono i fattori che influenzano le scelte è sicuramente il primo passo per monitorare e sorvegliare il proprio atteggiamento nei confronti del pericolo.
All’inizio quello che spaventa maggiormente le persone è il cambiamento e la prospettiva di abbandonare la sicurezza delle proprie abitudini. Le trasformazioni devono però avvenire a piccoli passi, cominciando da quelle azioni che sono più facili e immediate da realizzare; il successo dei piccoli gesti rafforza l’autostima e contemporaneamente permette di controllare il sentimento di ansia. Una volta acquisite le nuove abitudini sarà più semplice passare a modificare comportamenti via via più complessi.
​


Riferimenti

Bandura, A. (1997) Autoefficacia: teoria e applicazioni. Tr. it. Erikson, Trento, 2000.
Kahneman D. (2012) Pensieri lenti e veloci. Mondadori
Rogers, R. W. (1975) A protection motivation theory of fear appeals and attitude change. Journal of Psychology. 91 (1): 93–114
Pasqua M. (2000) Il senso del rischio e devianza minorile. I.S.U. Università Cattolica
Santrock J.W. (2017) Psicologia dello sviluppo. McGraw Hill
Witte K. & Allen M. (2000). A Meta-Analysis of Fear Appeals: Implications for Effective Public Health Campaigns. Health education & behavior. 27. 591-615.
Zani.B, Cicognani E.(2000) Psicologia della Salute. Il Mulino

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