“Ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. […] Ti prego anche di ricordarmi a coloro che ho imparato a conoscere e- ad apprezzare nel tuo Istituto, particolarmente a Sciuti, dei quali tutti conserverò un caro ricordo almeno fino alle undici di questa sera, e possibilmente anche dopo”. Era il 25 Marzo 1938, quando il Fisico Teorico Ettore Majorana scrisse queste parole al direttore dell’Istituto dove lavorava, prof. Antonio Carrelli, la sera della sua partenza via mare da Napoli a Palermo, il giorno prima della sua sparizione. Quella stessa sera, avrà un pensiero anche per la sua famiglia: “Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi”. Tutto faceva pensare che volesse mettere fine alla sua vita o sparire, ma il giorno dopo sbarcò a Palermo dove spedì immediatamente a Carrelli un telegramma con il quale annullava la precedente lettera, scrivendone un’altra in cui si leggevano le parole “Il mare mi ha rifiutato”. Forse un ripensamento? No, nessun ripensamento. Ettore Majorana non rientrerà più a Napoli e da quell’ultima lettera non vi è più alcuna traccia del fisico italiano. Passano gli anni e il caso viene archiviato. Non saranno poche, però, le testimonianze che negli anni seguenti lo collocheranno a Buenos Aires, in Argentina. La prima, quella di Carlos Rivera, nel 1978. Rivera racconta di una conversazione avuta con una donna parecchi anni prima e precisamente nel 1950, la quale asseriva che suo figlio, l’ingegner Tullio Magliotti, fosse amico di Majorana. La donna e il figlio, però, non sono stati più ritrovati (molto probabilmente uccisi sotto il regime di Peròn). Due anni dopo una nuova testimonianza da parte della pittrice Carla Tolomeo che racconta di una conversazione avvenuta a Taormina nel 1974 in cui la signora Blanca de Mora (vedova del premio Nobel per la letteratura nel 1967, Miguel Ángel Asturias) afferma che a Buenos Aires, Majorana era conosciuto e lei stessa lo aveva incontrato a casa delle sorelle Manzoni, discendenti di Alessandro Manzoni. Anche qui però le ulteriori ricerche non portano a nulla. Tutto sembra essersi arenato, fino al 2011 quando, in seguito ad un’ulteriore testimonianza, la Procura di Roma afferma di aver trovato una traccia di Majorana a Valencia, in Venezuela, tra il ‘55 e il ‘59. La testimonianza è di Francesco Fasani, un meccanico italiano emigrato a Valencia che sosteneva di aver conosciuto un uomo di mezza età, il Sig. Bini, che pensava potesse essere proprio Ettore Majorana. Le prove a sostegno della testimonianza di Fasani sono tre: la prima è che gli era stato riferito da un elemento di spicco della comunità italiana a Valencia (il Sig. Carlo, mai individuato dalle autorità) che quell’uomo fosse proprio Majorana; la seconda è una lettera di contenuto scientifico sottratta dall’auto del Sig. Bini con mittente Quirino Majorana (zio di Ettore e fisico di fama mondiale) indirizzata però ad un americano W.G. Conklin; la terza una foto che ritrae Fasani con il Sig. Bini. È proprio la foto al centro delle indagini. Infatti, in seguito alla sua analisi, gli esperti sostengono che vi è una perfetta sovrapponibilità dei tratti anatomici caratteristici del Sig. Bini con il padre di Ettore, Fabio Majorana. In seguito a questa corrispondenza e al frequente rapporto epistolare tra Bini e Quirino Majorana, la Procura ha affermato la presenza di Ettore in Venezuela tra il ’55 e il ‘59 e che, grazie a numerosi accertamenti si è potuto confermare l’allontanamento volontario. Nonostante i riscontri della procura di Roma, la presenza di Ettore in Venezuela non sembra però soddisfare le incertezze della famiglia, che, invece, ha sempre sostenuto e dato per certo l’ipotesi della sparizione volontaria. Non si sa di preciso cosa spinse Ettore Majorana a questo gesto, ma vi sono delle supposizioni. Una di queste è il ritratto fornito da Leonardo Sciascia nel libro “La scomparsa di Majorana” in cui si sostiene che Ettore possa aver percepito i possibili futuri orrori della bomba atomica e che se ne sia voluto distaccare. Le sue ricerche, infatti, hanno dato dei contributi notevoli proprio nei settori della fisica atomica, molecolare, nucleare e delle particelle elementari, e unite alla sua genialità, definita da tutti fuori dal comune, hanno potuto innescare nel fisico il desiderio di allontanamento. Una fuga non solo dalle sue ricerche ma anche da tutto un ambiente, le convinzioni, le imposizioni e i condizionamenti, al fine di ritrovare se stesso e la sua salvezza interiore.
Immagini tratte da: -Ettore Majorana: By Unknown (Mondadori Publishers)[Public domain or Public domain], via Wikimedia Commons -Ettore con la sua famiglia: https://cartusialover.files.wordpress.com/2015/02/confrontoantropometrico-majorana-bini.jpg -Foto Sig. Bini e Sig. Fasani: ttp://www.radioluna.it/news/wpcontent/uploads/2015/02/MAIORANA-635x476.jpg -Confronto Sig. Bini e Fabio Majorana: http://gds.it.cdn-immedia.net/2015/02/Ettore-Majorana-2800x505.jpg -Confronto Sig. Bini e Ettore Majorana: https://cartusialover.files.wordpress.com/2015/02/confronto-antropometrico-majorana-bini.jpg
1 Commento
Si chiama ''serendipità'' ed è la capacità di arrivare a scoperte importanti per puro caso. Che sia per una dimenticanza, o per una serie di coincidenze fortuite, la fortuna ha giocato un ruolo importantissimo nell'avanzamento scientifico e tecnologico, cambiando a volte radicalmente la storia umana. Dalla penicillina alla dinamite, ecco cinque scoperte scientifiche che ci hanno cambiato la vita dovute alla fortuna (e anche allo spirito di osservazione) dei ricercatori. Penicillina Quello della penicillina è sicuramente il caso più famoso di scoperta scientifica fortuita. Nel 1928 il batteriologo inglese Alexander Fleming stava svolgendo una serie di ricerche sul virus dell'influenza. Durante l'estate di quell'anno Fleming decise di prendere un breve periodo di vacanza di tre giorni; il caso volle, però, che prima di partire Fleming dimenticò di distruggere una serie di colture batteriche preparate giorni prima. Al suo ritorno, lo scienziato notò che nelle piastre i batteri erano scomparsi: al loro posto erano comparse delle colonie di funghi. Fleming aveva scoperto la penicillina, il primo antibiotico moderno: e così, grazie a una banale dimenticanza, la storia della medicina cambiò radicalmente. L'eco del Big Bang Nel 1964 Arno Penzias e Robert Wilson, due giovani ricercatori della Bell, stavano lavorando a un prototipo di antenna satellitare a microonde. Il loro compito era ''semplicemente'' quello di tarare lo strumento per evitare interferenze. I due si resero presto conto della presenza di un fastidioso ''rumore di fondo'', un disturbo di origine sconosciuta che interferiva con le comunicazioni dei satelliti e che, cosa inspiegabile, sembrava provenire da tutte le direzioni. Penzias e Wilson le provarono tutte: sostituire l'apprecchiatura, riorientare l'antenna, persino far sloggiare una coppia di piccioni che aveva deciso di fare il nido nelle vicinanze; eppure, qualunque cosa facessero, il ''ronzio'' continuava ad esserci, sempre alla stessa frequenza. Penzias e Wilson avevano captato quella che sarebbe poi stata chiamata ''radiazione cosmica di fondo'', l'eco residuo, diffuso in tutto l'Universo, delle immense energie liberatesi durante il Big Bang. E da quel giorno la nostra visione del mondo non è stata più la stessa. Dinamite Alfred Nobel era un industriale svedese, la cui famiglia possedeva una tra le più grandi industrie di esplosivi d'Europa. All'epoca, nella seconda metà dell'Ottocento, la nitroglicerina aveva preso il posto della polvere da sparo come esplosivo da utilizzare nelle prospezioni minerarie e per la costruzione di grandi opere. Molto potente, la nitroglicerina era però una sostanza estremamente instabile: nel 1866 il piroscafo European saltò in aria mentre scaricava casse di nitroglicerina per i lavori del canale di Panama. Nobel intraprese una serie di ricerche per arrivare a renderla meno pericolosa. Fu a questo punto che il caso andò incontro allo svedese: durante un trasporto una delle fiale di nitroglicerina (allo stato liquido) cadde a terra. Eppure, invece di esplodere, la sostanza venne assorbita dai sedimenti rocciosi su cui era caduta. Nobel lavorò a fondo a partire da questa osservazione fortuita (e fortunata) e creò così la dinamite, molto più maneggevole e sicura. E, roso dai sensi di colpa per aver accumulato un'enorme fortuna producendo esplosivi, creò la fondazione Nobel, con il compito di assegnare il premio omonimo a chi avesse contribuito con la propria opera al progresso dell'umanità. Anestesia Nei primi anni dell'Ottocento il protossido di azoto (il cosiddetto ''gas esilarante'') veniva utilizzato per indurre un'ebbrezza alcolica artificiale. Alcuni comici lo adoperavano addirittura nei propri spettacoli per far divertire il pubblico. Fu durante uno di questi show che Horace Wells, un medico e dentista statunitense, assistette a un evento particolare. Durante lo spettacolo il comico, sotto effetto del protossido di azoto, si procurò un profondo taglio a una gamba. Nonostante ciò, e incurante del dolore che avrebbe dovuto essere sicuramente fortissimo, l'attore continuò la sua performance come se nulla fosse accaduto. Wells riflettè a lungo su tale incidente, e arrivò alla conclusione che il protossido doveva avere qualche effetto anestetizzante del dolore. Sarebbe potuto quindi essere utilizzato in chirurgia per evitare ai pazienti le indicibili sofferenze di un'operazione. Wells, non volendo rischiare la vita di altre persone, decise di provare le proprie teorie su se stesso, facendosi cavare un dente dopo aver assunto protossido di azoto. L'operazione fu un successo: Wells non provò il minimo dolore. Era finalmente nata l'anestesia chirurgica. Olduvai La gola di Olduvai, in Africa Orientale, è un vero e proprio santuario per i paleoantropologi di tutto il mondo. Al suo interno sono stati ritrovati centinaia di resti fossili umani risalenti a milioni di anni fa: dall'Australopiteco all'Homo habilis, una parte enorme della nostra storia evolutiva era nascosta tra le rocce e i sedimenti di quella regione apparentemente anonima della Tanzania. La sua scoperta, apparentemente paradossale, fu uno dei casi più straordinari di serendipità scientifica. Nel 1911 Kattwinkel, un entomologo stava svolgendo una serie di ricerche in quella zona. Mentre cercava di catturare una farfalla Kattwinkel cadde inavvertitamente in un dirupo. Ripresosi, lo studioso si accorse subito di trovarsi in un giacimento fossile di valore inestimabile, rimasto inalterato per milioni di anni. Le ricerche iniziarono subito e portarono a una serie impressionante di scoperte, che continuano ancora oggi. IMMAGINI TRATTE DA:
- Alexander Fleming: http://www.famousscientists.org/alexander-fleming/- - Big Bang: http://www.filosofia.rai.it/articoli/il-big-bang/4812/default.aspx - Olduvai: Wikipedia italiana, voce Gola di Olduvai, CC BY 2.0 - Anestesia: http://www.choosegha.com/anesthesia/history.html - Dinamite:http://it.123rf.com/photo_12360004_foto-di-candelotti-di-dinamite-su-una-scatola.html, autore Fernando Gregory La sonda Juno Giove è il più grande dei pianeti nel sistema Solare, e al pari di Saturno e Urano è classificato come gigante gassoso. E' composto da idrogeno ed elio nella maggior parte e da piccole quantità di altri composti, quali ammoniaca, metano ed acqua. Ad oggi si pensa che la sua struttura sia stratificata e che al suo interno vi sia un nucleo solido di natura rocciosa (carbonio e silicati di ferro) e la sua atmosfera gassosa esercita sul nucleo interno forti pressioni e temperature. L'importanza di questo pianeta è dato dall'influsso che ha all'interno del sistema Solare sugli altri pianeti. La sua rotazione rapida genera un campo magnetico davvero imponente creando una estesa magnetosfera, inoltre emette un'energia che è più grande rispetto a quella che gli proviene dal Sole. Quest'ultimo fenomeno è causato dal fatto che abbassandosi la temperatura esterna del pianeta questa causa un calo della pressione idrostatica che si riequilibra con una conseguente compressione del pianeta, questo genera a sua volta l'aumento della temperatura del nucleo del pianeta. L'effetto appena descritto è alla base dell'equilibrio delle orbite dei pianeti interni al sistema Solare, quindi grazie al suo campo gravitazionale e all'azione congiunta di quello Solare, contribuisce a "ripulire" il sistema Solare da detriti che altrimenti potrebbero colpire i pianeti interni. Essendo uno dei corpi celesti visibile ad occhio dall'antichità ad esso venne associata un'entità divina, basti ricordare appunto Giove padre degli dei nella cultura greca, il cui simbolo "il fulmine" è oggi quello del pianeta. Data la sua importanza nell'equilibrio del sistema Solare varie sono state le missioni Spaziali che hanno riguardato il suo studio, a partire dalla "Pioneer 10" del dicembre 1973 fino ad arrivare alla sonda rotante Juno partita nel 2011 ed arrivata a stabilizzarsi nell'orbita del gigante gassoso il 5 Luglio 2016. Questa è la seconda sonda progettata appositamente per lo studio del pianeta ed è stata progettata sulla base dei limiti della prima sonda entrata in orbita con Giove nel 1995 la Galileo. Quest'ultima dopo 7 anni di ricognizione venne distrutta dalle alte temperature e pressioni nella parte interna al pianeta. Juno nata dalla collaborazione tra NASA ed ASI, è il veicolo spaziale che si muoverà nell'orbita di Giove ad una distanza che è la più ravvicinata mai raggiunta, con il suo set di nove sensori analizzerà per 20 mesi l'intenso campo magnetico del pianeta, nonchè andrà alla ricerca di acqua, la quale darà indicazioni importanti per capire a che distanza dal Sole esso si sia formato. Ancora una volta: "E quindi uscimmo a riveder le stelle". Immagini tratte da: - Immagine 1 da
http://image.3bmeteo.com/images/newarticles/w_1280/giove-e-la-sua-peculiare-caratteristica-la-grande-macchia-rossa-3bmeteo-65482.jpeg - Immagine 2 da http://cdn.ndtv.com/tech/images/gadgets/nasa_pixabay_2.jpg -Immagine 3 da http://www.asi.it/sites/default/files/styles/style_340x238/public/images/340x238_Logo_ASI.jpg?itok=HeIFHM7G - Immagine 4 da https://pbs.twimg.com/media/Cmd2GvUWcAAg_Zx.jpg La terra Australis La Terra Australis era un continente ipotetico che si doveva trovare nell'emisfero australe come indicato in alcune mappe cartografiche tra il XV ed il XVIII secolo. Aristotele ed in seguito Tolomeo ipotizzarono che per equilibrare il peso del continente euro-asiatico dell'emisfero settentrionale doveva esistere un altro continente per equilibrare tale peso. Le mappe di Tolomeo furono usate nel Rinascimento in cartografia ed il continente fu riportato sulle mappe europee. Dopo che i viaggi di esplorazione si resero più frequenti, l'estensione nelle cartine dell'ipotetico continente veniva ridotta ma veniva comunque raffigurata, talvolta con dimensioni enormi, in particolare nell'Oceano Pacifico. La Terra Australis è stata la destinazione di numerose opere di fantasia del genere del viaggio immaginario, spesso a sfondo utopico o satirico, fino al Settecento. Uno manoscritto cartografico realizzato dal matematico francese Oronce Fine (Oronzio Fineo), di rilevante interesse, risalente al 1531 è stato al centro di numerosi studi perchè per la prima volta il continente Antartico veniva collocato nella giusta posizione e diviso dagli altri continenti nei "posti giusti", come lo stretto di Magellano con l'America del Sud. Quel grande continente che nella carta di Finaeus occupava gran parte dell’emisfero sud era denominato “Terra Australis recenter inventa sed nondum plene cognita” ovvero Terra Australe di recente scoperta ma non completamente conosciuta. Fineus in realtà tracciò questa mappa in modo approssimativo unendo le poche informazioni che sino ad allora si avevano delle terre nel continente australe, unendo in alcuni casi lembi di terra che dalle esplorazioni sembravano appartenere a luoghi diversi. Dobbiamo arrivare al 1642 perchè Abel Tasman svelasse che l'Australia, in realtà, non era parte di tale ipotetico continente australe ma una grande isola. Si dovrà arrivare al Gennaio 1820 quando Fabian Gottlieb Thaddeus von Bellingshausen militare russo alle dipendenze dello Zar Alessandro I, esplorando le terre nel Sud avvistò le coste dell'Antartide arrivando fino a 20 miglia dalle stesse, nei giorni seguenti per l''insorgere di una tempesta dovette abbandonare l'idea dell'attracco. Il primo avvistamento del continente è ancora contesa con il capitano Edward Bransfield della Royal Navy ed il cacciatore di foche statunitense Nathaniel Palmer. Ad oggi l'Antartide non avendo mai avuto una popolazione natia è contesa tra vari nazioni, ognuna, presente con varie stazioni di ricerca di carattere stabile, rivendica la propria sovranità su queste terre, ricche di materie prime che vanno dal petrolio alla non trascurabile riserva di acqua dolce rappresentata dai suoi ghiacciai. I paesi che rivendicano tale continente sono: Regno Unito, Norvegia, Cile, Brasile, Australia, Francia , Nuova Zelanda, Argentina, Spagna, Perù, Sudafrica. Tali rivendicazioni sono state congelate dal Trattato Antartico per non darvi seguito, mentre altre nazioni come Stati Uniti, Russia ed Italia hanno avanzato rivendicazioni in sospeso finchè tale trattato risulterà in vigore.
Nonostante questa corsa alla sua scoperta, ancora oggi vi sono zone interne dell'Antartide che rimangono non note, per un' ulteriore spinta alla curiosità umana. Immagini tratte da: - Immagine 1 da http://www.atacama.it/antartide_map3.jpg - Immagine 2 da http://www.diegocuoghi.com/Piri_Reis/Finaeus.jpg - Immagine 3 da Di CIA - CIA World Factbook PDF, Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=3345384 |
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