Il clima del pianeta è da sempre fonte di fascino, misticismo e ricerca. Quest’ultima è in continua evoluzione, si cercano di spiegare eventi puntuali come grandi nevicate o forti siccità ma anche di fare luce sulla matrice che li produce. Questa matrice è molto complessa poiché le indagini devono essere fatte su intervalli di tempo molto lunghi che permettono di fare delle medie relative decenni di ricerca. Mentre molti ricercatori continuano a fare luce sulle caratteristiche dei climi attuali, altri si preoccupano di fare previsioni future con metodi fisici, statistici o analitici. Gli sconvolgimenti climatici che stiamo vedendo, opinione di molti, sono soltanto il principio di grosse variazioni climatiche molto rapide. Ma variazioni di questo tipo possono essersi presentate in passato? Per rispondere a questa domanda è nata la paleoclimatologia, una branca della climatologia che si occupa di studiare i climi e le variazioni climatiche passate, seguendo il principio per cui “Il passato è la chiave per il futuro”. Spesso si sente dire che le variazioni climatiche che si presentano adesso sono troppo veloci per essere naturali ma, sebbene questa affermazione possa apparire in un primo momento “vera”, in realtà non lo è. Variazioni climatiche naturali abrupte (eventi intensi ma di breve durata) si ritrovano in tutti i record paleoclimatici. Tale affermazione non deve essere intesa come una scusante per le nostre azioni di modifica ambientale poiché, pensare che tali modifiche sono d’origine umana e non naturale è di per sé una denuncia verso le nostre azioni e la nostra ignoranza.Tali eventi abrupti sono rintracciabili in tutto l’Olocene (intervallo di tempo che va dalla fine dell’ultima glaciazione a oggi e che copre circa 12.000 anni): se ne contano circa 8, a seconda del metodo con cui vengono ricercati e sembrano avere, almeno per alcuni, una ciclicità di circa 1500 anni. Tali eventi risultano ancora difficili da spiegare ma esistono due scuole di pensiero: la prima identifica queste manifestazioni come causa della variazione di irradianza solare, a sua volta dovuta all’attività della nostra stella, mentre la seconda li vede originarsi da scombussolamenti all’interno del sistema Terra, come ad esempio lo scioglimento di calotte glaciali o lo svuotamento di grandi laghi d’acqua dolce in pieno oceano. Come sempre la verità può essere nel mezzo ma è interessante in questa sede dedicarci non tanto a cercare un’origine, quanto a capire sia l’influenza che queste drastiche variazioni climatiche possono aver avuto sulle civiltà passate sia quanto la loro analisi possa esserci d’aiuto. Se ci chiediamo quanto il nostro pianeta potrà cambiare dopo un riscaldamento planetario di 2 °C in un solo centinaio di anni, cosa che ci si aspetta nelle migliori delle ipotesi, forse la risposta risiede proprio in questi brevi ma incisivi eventi passati. Immagini tratte da: Immagine 1 da http://ceoas.oregonstate.edu/features/deglaciation/glacier.jpg Immagine 2 da https://climate.nasa.gov/system/downloadable_items/38_4_c365-6-l.jpg
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Il metodo scientifico – episodio 3
Come abbiamo visto in precedenza, alla fine del Medioevo si assiste a una graduale evoluzione del pensiero medico con la nascita delle prime università, dove il sapere e le tecniche vengono tramandate in modo sistematico di generazione in generazione.
Sempre alla fine del Medioevo nasce una nuova pratica che oggi definiremmo, a ragione, pseudo-scientifica: l'alchimia. Dare davvero una definizione di cosa fosse l'alchimia è abbastanza complesso, perché si tratta di una disciplina in cui si fondono pratiche molto diverse, dalle più meccaniche alle più filosofiche. L'informazione di più pubblico dominio riguardante l'alchimia, è che avesse lo scopo di tramutare i metalli in oro, di creare la pietra filosofale, o la panacea universale (una cura a tutti i mali). Spesso questi diversi obiettivi erano interconnessi fra loro: ad esempio, la trasmutazione in oro poteva richiedere l'utilizzo della pietra filosofale come catalizzatore; oppure la stessa pietra filosofale poteva essere la panacea universale. Si tratta per lo più di un dibattito filosofico, e la ricerca svolta dagli alchimisti era volta proprio a capire cosa fosse la pietra filosofale e/o come crearla. La domanda da porsi è la seguente: come è stata possibile una disciplina, il cui scopo è quello di scoprire come creare qualcosa di così evanescente, la cui esistenza è incerta? Per rispondere a questa domanda bisogna capire la natura vera dell'alchimia. Alla base di questa disciplina vi sono un forte simbolismo e molta filosofia esoterica. Innanzitutto è fondamentale il principio secondo cui "ciò che sta in basso è uguale a ciò che sta in alto", o in altre parole, esiste un'analogia tra ciò che è terreno e ciò che è celeste (ricordate Platone?). Da questo principio deriva che ogni metallo è legato a un corpo celeste (sole/oro, luna/argento, venere/rame etc....) da cui deriva a sua volta che il processo alchemico è influenzato dagli astri e dalla loro posizione nel cielo. Si potrebbe dire che gli alchimisti tentassero di imbrigliare i processi e le relazioni che esistevano nel mondo celeste, cercando di ricrearle nel mondo materiale. Anche in questo caso il rimando a Platone non può mancare. La simbologia alchemica si spinge anche nel mondo animale, il che mi porta anche a spiegare come avvenisse nei fatti una trasmutazione alchemica. La trasmutazione alchemica, in maniera molto semplificata, consiste di 3 fasi: - Nigredo: opera al nero, putrefazione, fase in cui la materia viene dissolta, simboleggiata dal corvo. - Albedo: opera al bianco, sublimazione, fase in cui la materia si purifica, simboleggiata dal cigno. - Rubedo: opera al rosso, fissazione, la materia si ricompone, fase simboleggiata dalla fenice. È chiaro quindi cosa fa l'alchimista: prende la materia e la scompone e ricompone secondo alcune regole che lui conosce per ottenere composti diversi. Queste regole sono spesso legate alla numerologia esoterica. Chiaro è anche il parallelismo fra la trasmutazione alchemica e la rinascita spirituale. Perché in definitiva, all'origine, il creare la pietra filosofale era solo strumentale al raggiungimento di un fine più nobile. Praticare l'alchimia, infatti, non era che una metafora della ricerca spirituale; attraverso l'alchimia si poteva portare lo spirito a un livello di purezza superiore, tramite un cammino analogo alle fasi della trasmutazione alchemica (nigredo, albedo, e rubedo). Tutto il processo di rinascita spirituale è simboleggiato dall'uroboro alchemico (un serpente che mangia la sua stessa coda rigenerandosi contemporaneamente), simbolo dell'eterno ritorno, dell'uno e tutto, ma anche di quei processi ciclici ma finiti, come appunto la trasmutazione alchemica, o la vita. Tutto ciò può sembrare molto poco scientifico, e in effetti non lo è per niente. Ma fra il XVII e il XVIII secolo avvenne qualcosa che trovo abbastanza divertente. Galileo ha già abiurato, ma dal suo lavoro è nato finalmente il metodo scientifico (ne parlerò nel prossimo articolo), con tutte le conseguenze che ne derivano. Molti alchimisti di quel periodo abbandonano progressivamente il lato esoterico e mistico della disciplina per dedicarsi a studi più rigorosi e matematizzabili. Studi che faranno luce sulla struttura della materia e sul come si comporta durante una reazione chimica (v. Avogadro, v. Boyle), dimostrando l'impossibilità di creare una pietra filosofale e rendendo l'alchimia una pratica obsoleta e chiaramente priva di utilità fattuale. È buffo pensare che la chimica moderna sia nata da alchimisti "eretici" che al loro tempo erano osteggiati dagli alchimisti ortodossi, in quanto non praticavano l'alchimia come ricerca spirituale ma come pratica meccanicistica. Ma la storia della scienza è spesso storia di ribelli. Ribelli veri che abbandonano le verità rivelate per andare alla ricerca delle sensate esperienze. Giusto per citare Galileo, ecco. P.s. Ciò di cui si parla in questo articolo è da considerarsi a puro scopo informativo. NON TENTATE DI PRATICARE A CASA L'ALCHIMIA, può essere molto pericoloso. Immagini tratte da: Immagine 1 da http://www.lifegate.it/app/uploads/alchimia-xiilografia.jpg Immagine 2 da https://puncturedartefact.files.wordpress.com/2014/01/7f6297a1db06c56e1133bfd05373b1f3.jpg Immagine 3 da http://dasandere.it/wp-content/uploads/2016/09/funetta5.jpg Immagine 4 da https://68.media.tumblr.com/fd2f44f2f653d9e097333f1b3b0316c6/tumblr_ojzv1moyid1vxyt2eo1_500.gif
Il metodo scientifico – episodio 2
Dopo una mia breve assenza dalla redazione, riprendiamo il viaggio alla scoperta del metodo scientifico. L'ultima volta abbiamo preso conoscenza di 3 grandi filosofi che da soli hanno gettato le basi per lo sviluppo del pensiero e del metodo scientifico. Ciò avveniva circa 300-400 anni prima della nascita di Cristo, e da allora fino al Medioevo, la situazione scientifica cambiò ben poco.
Per secoli la conoscenza umana fa pochi passi avanti anche un po' perchè da un certo momento in poi tutto il sistema filosofico è vittima dell'ipse dixit di Aristotele. Come detto nel precedente articolo, le costruzioni logiche di Aristotele erano così eleganti e formalmente corrette, che nei secoli a venire nessuno oserà metterle in dubbio. Ed è così che la terra rimane per secoli al centro dell'universo con tutte le altre stelle a girarle intorno al di sotto di una cupola di stelle fisse. Così come fisso rimane qualunque campo dello scìbile su cui Aristotele si fosse pronunciato. Mettere in dubbio la parola del filosofo poteva essere persino considerata un'eresia punibile con la morte. Curiosamente è a un filosofo Arabo, Abū al-Walīd Muḥammad ibn Aḥmad Ibn Rušd, per gli amici Averroè, che si deve il principio di autorevolezza attribuito ad Aristotele; secondo Averroè, Aristotele espone in maniera scientifica le stesse verità espresse nel Corano, per cui non va interpretato ma accettato. Le stesse argomentazioni furono poi riprese dai filosofi Cristiani della Patristica, quelli che fino al VIII secolo d.C. avevano il compito di definire e rifinire i dettami della neonata religione Cristiana.
Qui voglio fare un inciso abbastanza personale. Quanto appena raccontato su come sia l'Islam che il Cristianesimo abbiano attinto ad Aristotele per validare la loro visione del mondo, fino a elevarlo ad autorità da non mettere in discussione, ci dice qualcosa di molto interessante sull'evoluzione del pensiero occidentale. Se da una parte si potrebbe facilmente dire che le teologie pecchino comunque di scarsa immaginazione, dall'altra diventa evidente come la storia del pensiero occidentale sia estremamente variegata e che a volte è molto difficile segnare una linea di demarcazione fra il pensiero Cristiano e quello Islamico, o quello pagano. Il nostro pensiero moderno è invece una commistione e un intricato garbuglio di influenze reciproche (la nostra medicina e la nostra algebra, per esempio, le dobbiamo agli arabi appunto) fra mondi molto diversi. Con buona pace dei moderni oscurantisti che si ammantano di presunte superiorità culturali rispetto ad altre culture.
Torniamo alla storia. Siamo nel Medioevo e, nonostante il principio di autorevolezza, non mancavano tentativi di ampliare la conoscenza del mondo o di aggiornare le pratiche mediche, ma si trattava per lo più di tecniche al limite del magico – che sembrano pericolosamente tornare in auge oggigiorno – e dalla dubbia efficacia. Esempi classici sono l'idea che la malattia fosse qualcosa legata all'anima, e che per liberarsene bisognasse fare penitenza e pregare. Oppure il fatto che alla base dello stato di salute o malattia di un individuo vi fosse l'equilibrio o il disequilibrio fra i 4 umori (bile nera, flegma, sangue, bile gialla). Il vero problema fino a questo punto è che manca un metodo sistematico che permetta di riconoscere un fenomeno naturale o effettuare una vera e propria scoperta scientifica. Le cose cominciano a cambiare alla fine del Medioevo con la nascita delle prime scuole mediche, menzione d'onore alla "Scuola medica di Salerno" (IX-X secolo d.C.), considerata la più importante istituzione medica del tempo. Laica e cosmopolita, è considerata antesignana delle moderne università. Da questa scuola nasce il primo libro in assoluto in cui si trattano le malattie femminili, firmato da una donna, Trotula. Sempre qui Costantino l'Africano traduce dall'arabo i testi di Galeno e Ippocrate, i quali erano stato a loro volta tradotti dagli Arabi a partire dai testi originali. Nel giro di un paio di secoli la scuola diventa famosa a livello internazionale, vi studiano studiosi di ogni nazionalità, religione e sesso; vi viene insegnato il lavoro pratico e scientifico; vengono conservati e tramandati i precetti di Ippocrate, la pratica e l'esercizio medico, l'insegnamento clinico e la chirurgia. "Arretratezza del Sud? Nordici scansateve!" Da qui in poi, in Europa sarà un fiorire di università, il che creerà i presupposti per una più libera circolazione del sapere, oltre che a un fattuale aumento dello stesso. Alla fine del Medioevo emergerà poi un'altra pratica, l'alchimia, che servirà da ossatura per la nascita della chimica. Ma questa è un'altra storia. Immagini tratte da: - Immagine 1 da https://www.justapack.com/wp-content/uploads/2015/06/Supplice_des_Amauriciens1.jpg - Immagine 2 da https://static1.squarespace.com/static/57815e9b3e00be71f465f3b1/t/58bddfb046c3c478cf681543/1488838592994/ - Immagine 3 da https://readtiger.com/img/wkp/en/ScuolaMedicaMiniatura.jpg
Faune Endemiche o Isole in ecologia
Cos’è un’isola? Un ammasso di terra confinata rispetto alle altre dalle acque. La geologia ci insegna però che il pianeta è in costante movimento: attività vulcanica, tettonica delle placche, formazione/distruzione di oceani, formazione/distruzione di catene montuose, formazione di isole e loro annegamento. Oggi possiamo sapere, grazie alle conoscenze acquisite dagli studiosi, quando le isole si sono formate e se nel passato erano attaccate alla terraferma. In geologia si dice Isola Oceanica se è sempre stata isolata, Isola Continentale se un tempo era attaccata alla terraferma e Isola Fossile se vogliamo indicare tratti di “terraferma” che nel passato erano isole. . Isola ha anche una definizione ecologica che la individua come un lembo di terra avente barriere ecologiche che non permettono a organismi all’interno di accoppiarsi con organismi della stessa specie all’esterno di tale area. In tal senso le due definizioni possono non coincidere. Cosa succede agli organismi (specialmente mammiferi) trovatisi per qualche motivo straordinario a passare la barriera? Cosa succede se, per esempio, un elefante che raggiunge regolarmente una penisola si trova isolato perché il livello del mare si è alzato? Tali specie possono scomparire o nei casi più fortunati procurarsi un loro spazio vitale sull’isola, dicasi “nicchia ecologica”. In questo secondo caso si possono sviluppare gli effetti dell’isolamento, si parla del cosiddetto “endemismo”: organismi isolati possono variare la loro forma, alcuni arti possono accorciarsi e irrobustirsi, possono sviluppare difese contro nuovi predatori o aumentare/diminuire le loro dimensioni. Quali sono i processi che portano all’isolamento di vaste aree di terra? I processi si dividono tra quelli di tipo tettonico, che implica movimento delle placche, e quelli di tipo eustatico, che indicano sollevamento o abbassamento del livello del mare prodotto da scioglimento o formazione di calotte glaciali. I paleontologi hanno trovato organismi endemici in tutto il Mediterraneo, prodotti da entrambi i processi sopracitati, sia su isole continentali come Corsica, Sardegna, Sicilia, Malta e Creta sia su isole fossili come laCalabria. Risultati sorprendenti provengono da un piccolo elefante diffuso in Sicilia e a Malta chiamato Elephas falconeri che, per l’isolamento, la possibilità di diminuire il suo fabbisogno alimentare, la mancanza di carnivori e il bisogno di distribuire meglio il peso in un ambiente più scosceso, ha sviluppato una forte diminuzione della stazza. Sempre a Malta troviamo uno spettacolare ecosistema fatto di elefanti nani, ippopotami nani, tartarughe giganti e cigni giganti lunghi più di 2 metri.
Forse però il trofeo per il più strano ecosistema mediterraneo lo merita Creta, un’isola formata con l’evoluzione del Mar Egeo. Qui troviamo due diverse faune che prendono il nome dai due topolini che ne fanno da bandiera, la prima e più antica detta Kritimys zone e la seconda e più recente Mus zone.
La Kritimys zone è caratterizzata, oltre che dal Kritimys stesso, anche dal più piccolo Mammut mai ritrovato dall’altezza di soli 1,1 metri, chiamato Mammuthus creticus, e da un piccolo ippopotamo chiamato Hippopotamus creutzburgi.
La Mus zone è invece caratterizzata da una lontra, un elefante di 3 tonnellate (sempre più piccolo dell’originale), chiamato Elaphus creutzburgi, e da 8 specie diverse di cervidi, probabilmente derivanti dallo stesso genere, il Cardiacervus, che si sono differenziati per accedere a tutte le nicchie ecologiche passando dai più piccoli di 0,4 m a i più grandi di 1.6 m.
In questo secondo ecosistema dell’isola l’unico carnivoro è individuato nella lontra e tutti gli organismi, tranne un tipo di toporagno, sono scomparsi con l’arrivo dell’essere umano a Creta. Non sappiamo però se si siano estinti prima o dopo l’arrivo dell’uomo.
Immagini tratte da:
https://stanflouride.files.wordpress.com/2014/12/elefante_20nano__sicilia.jpg http://carnivoraforum.com/topic/9408259/1/ https://vignette2.wikia.nocookie.net/prehistrico/images/1/16/Ndex-1436873767.jpeg/revision/latest/scale-to-width-down/239?cb=20150714113607&path-prefix=es http://wikivisually.com/wiki/Candiacervus |
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Ottobre 2022
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