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25/10/2017

I defibrillatori nei luoghi pubblici e la semplicità del salvare una vita

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di Enrica Manni
​I defibrillatori automatici esterni (DAE) dovrebbero essere impiantati nei luoghi pubblici, in numero proporzionale al numero medio di individui da cui il posto in questione è generalmente frequentato. Si tratta, infatti, dell’unico strumento che ci permette concretamente di salvare la vita a un individuo in arresto cardiaco (AC). Le patologie cardiovascolari sono la prima causa di morte nel mondo occidentale, responsabili del 44% dei decessi; fra queste l’AC in particolare è certamente quella responsabile del maggior numero di vittime. Affatto infrequente è vedere accasciarsi al suolo individui in luoghi pubblici, anche in quelli dove meno ci aspetteremmo di assistere a una scena del genere, come i campi da calcio, frequentati da atleti giovani e nel pieno delle loro capacità fisiche. Che fare, dunque, dinanzi a un simile episodio? Teoricamente, secondo le Linee Guida dettate dall’European Resuscitation Council, bisognerebbe dare il via alla cosiddetta “catena della sopravvivenza”:
  1. Chiamare il 118
  2. Intervenire con la rianimazione cardio-polmonare (RCP), eseguendo il cosiddetto massaggio cardiaco: una sequenza di 30 compressioni toraciche associate a 2 ventilazioni
  3.  Defibrillare precocemente.
L’importanza della RCP immediata deriva dalla necessità di fornire un minimo, ma essenziale, flusso ematico al cuore e al cervello; la defibrillazione, invece, è l’unico trattamento efficace per bloccare la caotica attività elettrica, di cui il cuore di un soggetto in AC è preda, e ristabilire una corretta gittata cardiaca, con ripresa del normale circolo. Questo protocollo, se eseguito entro i primi 3-5 minuti dall’ arresto cardiaco, può far aumentare la sopravvivenza al 50-70% circa. 
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Tuttavia, per quanto un massaggio cardiaco possa essere eseguito in maniera tempestiva e corretta, il cuore non riprenderà la sua normale attività di contrazione finché non sarà raggiunto dallo shock erogato dal defibrillatore che resetta il muscolo cardiaco e ne interrompe l’aritmia. Quindi, se presente, un defibrillatore va adoperato ancor prima di iniziare a eseguire il massaggio cardiaco. Inoltre, è importante sottolineare che i dispositivi DAE di più recente produzione, definiti appunto automatici o semiautomatici, esonerano anche il soccorritore dalla necessità di riconoscere il ritmo cardiaco del soggetto in arresto (non tutti i soggetti in AC hanno un ritmo defibrillabile, solo il 90% di essi); quindi, posizionando le piastre sul torace del soggetto privo di sensi, esegue in maniera del tutto autonoma l’analisi del ritmo e la scarica elettrica, guidando anche il soccorritore su ciò che deve essere fatto successivamente. È evidente, dunque, l’importanza di questi dispositivi, specie in
  • mezzi di soccorso: non solamente sulle ambulanze, dove sono già presenti, ovviamente, ma anche sulle volanti di polizia, carabinieri, vigili del fuoco, volontari ...
  • in luoghi pubblici particolarmente affollati come stadi, stazioni, aeroporti, centri commerciali, condomini ...
  • in luoghi dove si praticano attività sportive (palestre, piscine, circoli sportivi...).
Perché, se per effettuare un massaggio cardiaco serve un soccorritore istruito, per posizionare due piastre è necessario solo che ci sia un soccorritore.

​Fonti:
- BLS-D per operatori sanitari, Basic Life Support and Early Defibrillation, Rianimazione cardiopolmonare di base dell’adulto e Defibrillazione Precoce per operatori sanitari, IRC edizioni
- Compendio di Cardiochirurgia, edizioni Edra

Immagini tratte da:
La catena della sopravvivenza [http://www.brianzaperilcuore.net/progetto.asp?cat=131] 
Posizione corretta delle piastre sul torace della vittima [https://it.pinterest.com/pin/562809284661789329/]

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18/10/2017

L'ambiente carsico

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di Pietro Spataro
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Uno dei miei maggiori interessi è sicuramente la geomorfologia, una branca di studio che analizza la genesi e l’evoluzione delle forme che caratterizzano la superficie terrestre e, tra tutti i processi geogenici che si potrebbero citare, uno dei più importanti è sicuramente il carsismo, sia nella sua forma superficiale, detta epigea, sia in quella profonda, detta ipogea.
Di cosa stiamo parlando? Il termine Carsismo deriva da una regione, “Carso”, che si trova geograficamente tra l’Italia e la Slovenia e indica l’insieme di processi che agiscono sull’asportazione di rocce solubili, quali per esempio le rocce carbonatiche e la successiva ri-deposizione.
Il processo di solubilizzazione del carbonato è tanto più forte quanta più CO2 è disciolta nell’acqua; l’anidride carbonica di cui il processo necessita viene ricavata dall’infiltrazione dell’acqua piovana all’interno dei suoli di ambiente vegetato, dove è abbondante la decomposizione bioindotta della materia organica. In tal senso, quindi, il processo è molto più sviluppato in ambienti umidi e largamente vegetati come le regioni temperate e quelle tropicali.
L’ambiente epigeo è caratterizzato da roccia affiorante del tipo carbonatico o evaporitico e da assenza di reticoli idrografici superficiali quali torrenti, fiumi o laghi. Quando troviamo la roccia messa a nudo possiamo trovare un elevato numero di “piccoli” elementi prodotti dalla dissoluzione che sicuramente vi è capitato di incontrare (senza magari dargli la giusta importanza), quali campi solcati, solchi a doccia, vaschette di corrosione, lame dentate e città di roccia.
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L’ambiente carsico è caratterizzato anche da grandi forme quali, ad esempio, le doline, voragini nel terreno che si formano da dissoluzione profonda delle rocce carbonatiche in particolari zone di infiltrazione. Le doline possono formarsi gradualmente o per crollo, quando per esempio la volta di una caverna cede.
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Altri processi che spesso hanno la medesima genesi sono i sinkholes, buchi nel terreno con dimensioni variabili tra le decine e le centinaia di metri di diametro e profondità (ricordiamo i Cenotes dove spero possiate sguazzare almeno una volta nella vita).
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Quando i processi dissolutivi arrivano all’estremo si formano ambienti detti Carso a Cockpit, caratterizzati da doline a stretto contatto, contornati da strette insenature, picchi conici e torreggianti; tali ambienti sono molto comuni per esempio nelle regioni della Cina (ricordiamoci per esempio le scene di Kung Fu Panda).
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Quando i processi carsici sono combinati ai processi fluviali si originano forme molto interessanti quali, per esempio, ampie piane contornate da aspri picchi, chiamati Polje e rintracciabili facilmente in Serbia, Slovenia, Croazia e Grecia; oppure le più spettacolari valli cieche, dove corsi d’acqua, anche di elevata intensità, sotto-scorrono all’interno di vere e proprie grotte continuando a scorrere sottoterra, per poi ritornare a giorno qualche chilometro più lontano.
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Immagini tratte da:

- Immagine
1 da
https-//en.wikipedia.org/wiki/Karst#/media/File Rocks_El_Torcal_de_Antequera_karst_Andalusia_Spain
- Immagine 2 da
https-//it.wikipedia.org/wiki/Campo_solcato#/media/File-Silberen2
- Immagine 3 da
https-//it.wikipedia.org/wiki/Dolina_carsica#/media/File-Dolina_Pozzatina
- Immagine 4 da
https-//en.wikipedia.org/wiki/Cenote#/media/File-Cenote_in_valladolid_mexico_(21362599476)
- Immagine 5 da
http-//www.hubhao.com/wp-content/uploads/2015/09/Province-Profile-Guangxi-Totti-Tuo-Website-Photo-2

- Immagine 6 da
https-//en.wikipedia.org/wiki/Karst#/media/File-SourceDeLaLoue

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3/10/2017

Younger Dryas tra passato e futuro

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di ​Pietro Spataro
Uno dei periodi più intensamente studiati del clima passato è sicuramente il famigerato Younger Dryas, un periodo della durata di poche migliaia di anni, caratterizzato da una terrificante variazione climatica.
Lo Younger Dryas risulta l’evento terminale dell’ultima glaciazione, datato in un intervallo che va da 12.9 a 11.7 mila di anni fa e si presenta come una riorganizzazione delle correnti oceaniche profonde, una rapida estensione del ghiaccio marino, uno spostamento verso sud della fascia dei venti occidentali, un forte indebolimento dei monsoni delle fasce tropicali e un clima molto simile all’inverno siberiano in tutto il Nord Atlantico, in Europa e Nord America.

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​L’evento YD si origina in un periodo caratterizzato da condizioni climatiche calde nell’emisfero nord, il cosiddetto Bolling-Allerod, tale evento stava portando allo scioglimento delle immense calotte glaciali che avevano caratterizzato l’ambiente di una glaciazione.
Perché un evento della durata di poche centinaia di anni può aver avuto un effetto così devastante è ancora motivo di studio. La forza del fenomeno ha pochi precedenti, basti pensare che la temperatura delle acque del Mediterraneo in poco tempo si abbassa di 4-5° C, i ghiacciai in fase di scioglimento cominciano a ri-avanzare, in Groenlandia ed Europa cominciano a soffiare venti record e molte specie marine polari raggiungono il Portogallo.
Una delle ipotesi più famose che tentano di spiegare l’origine di un evento di tale magnitudo è il rilascio di acqua dolce di fusione dal lago proglaciale di Agassiz (quello che fu il lago più grande del mondo); tale lago copriva circa 841.000 km2 e si originò per lo scioglimento e la lenta regressione della Calotta della Laurentide (il ghiacciaio che copriva tutto il Nord America).
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Tredicimila anni fa questo immenso lago bordato dalla calotta glaciale perde, colpa del sifonamento del ghiacciaio stesso, circa 5000 km3 di acqua dolce prodotta dalla sua fusione. Quest’acqua viene drenata dal Mississippi e grazie a questo raggiunge il Mar dei Caraibi. Il risultato di quest’abbondante rilascio di acqua dolce è una diluizione di salinità del Mar dei Caraibi e conseguente indebolimento della Circolazione Oceanica Nord Atlantica, dalla quale dipendono il clima europeo e quello artico.
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​Una diminuzione della temperatura del polo nord comporta espansione del ghiaccio marino, raffreddamento e rafforzamento dei venti occidentali che da ovest soffiano verso l’Europa. Le zonazioni climatiche cambiano e vengono traslate verso il basso, questo porta più a sud la fascia tropicale e le zone monsoniche comportando riscaldamento dell’emisfero sud.
Altre ipotesi sono relative al drenaggio della calotta glaciale euro-asiatica, chiamata Fennoscandia, o al classico impatto meteorico ma sembra prendere sempre più piede l’idea che lo YD sia un evento indispensabile al processo di deglaciazione, correlandolo a sua volta ad altri eventi di indebolimento della Circolazione Atlantica.
Proprio perché è possibile che eventi climatici di questa magnitudo possano avvenire grazie al surriscaldamento naturale del pianeta e allo scioglimento delle calotte, molti cominciano a chiedersi se eventi simili possono ripetersi per colpa delle modificazioni climatiche umane.
Lo studio dello YD e di eventi simili è per questo motivo di vitale importanza.

Immagini tratte da:

​https-//www.attivitasolare.com/cambiamenti-climatici-catastrofici-lo-younger-dryas/
http///www.webpages.ttu.edu/dleverin/quaternary_envs/quaternary_environments.html
​http-//scholar.fgcu.edu/jmuller/files/2012/10/NADW

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