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26/12/2018

All’origine dello tsunami

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di Pietro Spataro
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Pochi giorni fa, il 22 dicembre alle 21:30 (ora locale), il vulcano Anak Krakatau ha eruttato producendo un collasso di una parte del suo fianco che ha a sua volta dato vita a uno tsunami. Tale tsunami si è poi abbattuto sulla costa meridionale dell’isola di Sumatra e su quella orientale dell’isola di Giava. Anche se siamo ormai abituati a pensare ai terremoti quali fattori scatenanti dei devastanti tsunami, in questo caso è stata una frana a innescare l’avvenimento. Dopo solo un giorno il numero dei decessi era già attestato oltre i 200 e, dato che alcune aree della regione sono tuttora isolate, ci si aspetta che il numero possa crescere.
Il motivo per il quale la popolazione non si è allarmata è la causa scatenante; invece di una tradizionale scossa di terremoto che si sarebbe avvertita per centinaia di chilometri, una frana è un evento troppo localizzato e di troppa modesta intensità per essere percepito dagli abitanti della regione.
Perché si è parlato di distacco di parte della struttura? Il motivo è che anche se l’attività vulcanica non ha raggiunto un’intensità considerevole, il vulcano, appartenente alla categoria dei Vulcani Strato, si è formato per l’accumulo di depositi vulcanoclastici che per le loro caratteristiche risultano fortemente instabili.
https://twitter.com/twitter/statuses/1076636733717078016
https://twitter.com/twitter/statuses/1077045675290812416
Il vulcano Anak Krakatau è ubicato al di sopra della placca Eurasiatica in un’area che risente della convergenza obliqua tra la crosta oceanica della placca Indo-Australiana e la crosta continentale della sopracitata placca Eurasiatica; risulta localizzato all’interno di quella che è definita “Cintura di fuoco”. La struttura, estremamente giovane e attiva, ha cominciato a crescere pochi decenni dopo la parossistica eruzione del 1883 come si può osservare dal video di seguito.

Prima del 1883 l’area era composta da una grande isola vulcanica chiamata Rakata e da un numero imprecisato di isole più piccole intorno a essa. Tali strutture sono state spazzate via parzialmente o totalmente dall’evento eruttivo dell’agosto dell’83. L’eruzione in questione rientra all’interno delle eruzioni Pliniane (le più potenti della classificazione scientifica vigente) avendo espulso circa 21 km cubi di materiale in concomitanza a una colonna eruttiva alta quasi 50 km. La fase finale e più distruttiva produsse il collasso di un’area di circa 8 km di diametro facendola sprofondare fino alla posizione attuali di circa 800 metri di profondità. L’eruzione produsse anche un numero indefinito di tsunami, che vengono indicati come causa principale dei 36.400 decessi associati all’eruzione.
Gli scienziati sembrano concordi su un’evoluzione ciclica della struttura del Krakatau fatta di crescite e distruzioni ripetute. Anal Krakatau è attualmente nella fase di strutturazione con un tasso di crescita di circa 9 metri l’anno.

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18/12/2018

Affrontare e superare le paure: gli aghi

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di Enrica Manni
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La belenofobia, o fobia degli aghi è piuttosto frequente e colpisce il 10% circa della popolazione mondiale

Più che di paura per alcuni si tratta di una vera e propria fobia. Quale è la differenza fra paura e fobia? La fobia è un’esperienza di ansia e paura irrazionale correlata all’esposizione ad aghi, butterfly, siringhe e qualsiasi procedura che ne richieda l’utilizzo. Può essere anche una possibile causa di risposta vasovagale, che consiste nell’instaurarsi di bradicardia e ipotensione arteriosa, manifestandosi con vertigini, shock, sincope, convulsioni tonico-cloniche, aumento della sensazione dolorosa, eccessiva sudorazione e nausea. Le persone fobiche evitano, seppur necessari per la loro salute, interventi terapeutici quali vaccinazioni, esami ematici, anestesie locali, ecc… Si tratta di un problema che affligge il 10% circa della popolazione con un’incidenza maggiore nel sesso femminile, nei giovani, nelle persone che soffrono di malattie croniche e con un’istruzione scolastica di grado inferiore. Da cosa dipende? Secondo alcuni non va sottovalutato il fattore ereditarietà: l’80% delle persone che soffrono di questa fobia, avrebbero un parente stretto con lo stesso problema. Secondo altri non bisogna dimenticare il fattore esperienziale, specie se caratterizzato da episodi particolarmente dolorosi e/o vissuti durante l’infanzia. Ecco quindi 10 consigli per non farsi sconfiggere dalla paura!
  • ​Accertarsi che la stanza in cui bisognerà sottoporsi alla procedura sia adeguata: tranquilla, ben arieggiata, con una poltrona dove potersi sdraiare per prevenire una eventuale reazione vasovagale o dove fermarsi qualche minuto dopo il termine per potersi riprendere.
  • Impegnarsi per modificare l'approccio mentale. Il modo migliore per iniziare a gestire una fobia consiste spesso nel cambiare il modo in cui si pensa all'oggetto della paura. Invece di convincersi che gli aghi siano la cosa peggiore al mondo bisognerebbe cercare di riformulare tali pensieri, ad esempio ripetendosi che la puntura causa solo un leggero fastidio, ma è utile per la salute
  • Parlare del problema con l'infermiere o con il medico. Non trattenere le proprie emozioni, ma esprimerle alla persona che sta per effettuare il prelievo di sangue o l'iniezione; in questo modo, può comprendere i motivi per cui si ha necessità di distrarsi e può cercare di ottimizzare il confort. Bisogna inoltre informare lo staff medico se si desidera qualcosa in particolare, ad esempio se si preferisce guardare altrove o, al contrario, conoscere alla perfezione, punto dopo punto, la procedura che verrà eseguita.
  • Chiedere che venga adoperato, se possibile, un ago di calibro inferiore.
  • Per la riduzione della sensazione fastidiosa di bocca asciutta provocata dallo stress è efficace masticare una gomma o stringere la punta della lingua stimolando la produzione di saliva. Per di più, sorseggiare acqua o saliva servirebbe a interrompere l’intensificazione dell’ansia.
  • Un’altra tecnica che ha lo scopo di spostare l’attenzione dalla procedura è la visualizzazione geografica: bisogna immaginare un luogo reale o meno che susciti una sensazione di calma, tranquillità e di posto sicuro. È di fondamentale importanza anche il coinvolgimento di altri aspetti sensoriali, come quello olfattivo e cinestetico.
  • Instaurare con l’infermiere o con il medico una conversazione rilassata su argomenti come scuola, lavoro, tempo libero, etc.. Questo permette la creazione di un rapporto positivo e di fiducia fra infermieri/medici e assistito.
  • Potrebbe essere fondamentale anche distrarsi ascoltando, ad esempio, della musica, giocando con il cellulare o leggendo un libro per non dover pensare in continuazione a ciò che sta per succedere
  • Respirare profondamente e lentamente: questo permetterà di far tornare il respiro e il battito cardiaco nel range della normalità dal momento che in particolari condizioni di ansia o stress si tende a diventare tachipnoici (più di 16 atti respiratori al minuto)
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Respirare lentamente e profondamente mentre si ascolta buona musica potrebbe aiutare a vincere la paura)

  • Farsi accompagnare da un amico/a che possa esser di compagnia durante la procedura.
Fonti:
http://www.fnopi.it/ecm/rivista-linfermiere/rivista-linfermiere-page-21-articolo-250.htm

Immagini tratte da:
https://www.nurse24.it/infermiere/dalla-redazione/che-cose-la-belonefobia.html
http://www.lcdentalcare.com/sedation-dentistry/

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5/12/2018

Le 5 W sul test per l’HIV

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di Enrica Manni

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Controllarsi è responsabile, non dev’esser motivo di vergogna

È da poco passata la giornata mondiale contro l’AIDS (1 dicembre), ma la necessità di sottoporsi al test per togliersi ogni dubbio che la distrazione di quella notte ci abbia fatti diventare sieropositivi, resta. Nessuna vergogna. Anche perché è una follia mettere la vergogna prima dell’amore per se stessi, la sicurezza (propria e altrui) e il rispetto verso gli altri. Quindi, cerchiamo di superare questo tabù scoprendo quanto è facile controllarsi. Rispondiamo alle cinque W (Who-What-When-Where-Why) sul test per l’HIV.

WHO – Chi dovrebbe farlo?
Tutte le persone sessualmente attive dovrebbero eseguire il test! Uomini e donne, eterosessuali e omosessuali. La convinzione secondo cui l’infezione sarebbe più frequente fra gli omosessuali infatti è solo un falso mito, dal momento che la modalità di trasmissione più frequente per gran parte delle nuove diagnosi nel corso di tutto il 2017 è stata attraverso rapporti eterosessuali. Quindi è opportuno testarsi comunque, anche se si è in una relazione monogama. Naturalmente è fortemente consigliato specialmente se si pensa di aver avuto rapporti sessuali a rischio non protetti.
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Prevenzione e conoscenza sono alla base di un buon esito della terapia
WHAT – Cosa bisogna fare?
Ci sono diversi test che si possono effettuare: il principale è costituito da un semplice prelievo di sangue per testare la presenza di anticorpi specifici contro il virus HIV. Il test di regola dovrebbe esser gratuito anche se in molti laboratori e centri di screening viene eseguito a fronte del pagamento di un ticket ed esibizione della tessera sanitaria. Gli stranieri senza permesso di soggiorno godono dello stesso diritto dei cittadini italiani. Altra possibilità è il test salivare. Recentemente è stato messo a punto un test rapido, su saliva, che consente di fornire ai pazienti una risposta entro pochi minuti dal prelievo. Se il test è negativo esclude l’avvenuto contatto con l’HIV; la positività, invece, esprime la presenza di anticorpi specifici anti-HIV che vengono prodotti dopo l’esposizione al virus. Un esito positivo, tuttavia, deve essere confermato dall’esame standard su sangue. È importante, a tale proposito, ricordare che la saliva non è in grado di trasmettere il virus, in quanto contiene solo anticorpi specifici rivelabili con il test. Per questo motivo, il bacio (anche profondo) è considerato un comportamento privo di rischio. La terza chance prevede l’acquisto di un autotest in farmacia. Chiunque sia maggiorenne può acquistare il test in tutte le farmacie e parafarmacie al prezzo di circa 20€, senza obbligo di ricetta medica. Il test si basa sul prelievo di una piccola quantità di sangue dal polpastrello, con un apposito strumento monouso presente all’interno della confezione. L’esecuzione richiede circa 5 minuti, più 15 minuti di attesa per la lettura del risultato. Se viene usato correttamente, l’autotest per l’HIV possiede una sensibilità del 100% (vengono cioè correttamente riconosciuti tutti i soggetti sieropositivi) e una specificità del 99.8% (esiste quindi un piccolissimo rischio di falso positivo, ossia di risultato positivo in un soggetto sano). Proprio per questo motivo in caso di esito positivo è indispensabile prendere contatti con il proprio medico per una conferma di laboratorio
 
WHEN – Quando bisogna sottoporsi al test?
Ci si può sottoporre al test in qualsiasi momento. Bisogna tuttavia ricordare che gli anticorpi anti-HIV compaiono in genere dopo 1-2 mesi dal contagio, ma in alcuni casi anche tre mesi dopo. Tale intervallo corrisponde al cosiddetto “periodo finestra”, compreso per l’appunto tra il momento del contatto con il virus e la siero-conversione. Per questo motivo, in caso di pregressi comportamenti a rischio, è bene effettuare il test al terzo e dopo il sesto mese dall’ultimo rischio di contagio.
 
WHERE – Dove eseguire il test?
In tutte le strutture pubbliche il test dovrebbe esser eseguito gratuitamente, ma per maggiori informazioni e per i riferimenti specifici delle Aziende Sanitarie locali si può consultare il seguente link http://www.salute.gov.it/portale/esenzioni/dettaglioContenutiEsenzioni.jsp?lingua=italiano&id=1018&area=esenzioni&menu=vuoto
 
WHY – Perché farlo?
Per responsabilità: la conoscenza precoce dell’eventuale sieropositività permette una cura altrettanto tempestiva e consente di evitare la progressione dell’infezione da HIV verso una malattia sempre più grave (AIDS), con un radicale miglioramento della qualità e dell’aspettativa di vita futura. La condizione di sieropositività implica l’avvio di un percorso caratterizzato da una diagnosi approfondita dello stadio dell’infezione, da una costante sorveglianza e osservanza delle cure che si dovessero rendere necessarie. Purtroppo la sieropositività è talvolta ancora causa di discriminazione e motivo di pregiudizio ed emarginazione dovuti alla paura del contagio, anche se l’unica modalità di trasmissione dell’HIV è attraverso il sangue infetto, i rapporti sessuali o la trasmissione da madre a figlio. Soltanto una corretta informazione può aiutare a superare questi preconcetti tuttora radicati nella mentalità comune.
 
 
FONTI:
[https://www.ok-salute.it/diagnosi-e-cure/test-hiv-gratuito-e-anonimo/]
 
Immagini tratte da:
Controllarsi è responsabile, non dev’esser motivo di vergogna! [https://www.anovahealth.co.za/most-sex-workers-do-know-their-hiv-status-use-condoms-with-clients-few-have-access-to-art-2/]
Prevenzione e conoscenza sono alla base di un buon esito della terapia [https://www.facebook.com/iovaccino/photos/a.1075571142466623/2266169610073431/?type=3&theater]

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